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La letteratura iperrealistica di J.G. Ballard


di Alberto Corda


James Graham Ballard è considerato oggi, giustamente, uno dei maggiori scrittori viventi. Il fatto che egli abbia acquistato tale fama partendo dalla letteratura di science-fiction (un genere che in un certo senso, come tenterò di mostrare, non ha in realtà mai abbandonato) è una conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, della validità artistica e culturale della Sf.

Rispetto a Dick, al cui nome viene spesso accostato e col quale ha in comune un certo "tropismo per il bizzarro" (1), Ballard è più letterato e meno filosofo. Questo gli ha forse permesso, per l'eleganza e la raffinatezza delle sue forme stilistiche oltre che per l'originalità delle sue idee, di conquistare quella fama alla quale-invece Dick, il "romanziere folle" californiano, aspirò sempre inutilmente. Ma procediamo con ordine.

Ballard è inglese: non ingannino la sua nascita in quel di Shangai nel 1930 e la sua infanzia cinese, tutte vicende abbastanza note perché egli stesso le ha narrate nei romanzi "autobiografici".

Noi ci occuperemo, comunque, non tanto della sua produzione realistica (quella che, con L'impero del sole, ha dato spunto al regista Spielberg per un celebre film), quanto di quella tendenza che potremmo definire "iperrealistica" (3), che si è espressa sia nel ciclo cosiddetto delle "catastrofi naturali" sia in quello degli "incidenti" (o delle "catastrofi urbane").

Che di iperrealismo si possa a buon titolo parlare lo ritiene anche Baudrillard, il quale, in riferimento a una nota opera del nostro autore, cosi scrive: "Crash è il nostro mondo, niente vi è 'inventato': il tutto è iperfunzionale, la circolazione e l'incidente, la tecnica e la morte, il sesso e l'obiettivo fotografico; tutto è come una grande macchina sincrona, simulata..." (3). E ancora, poco più sotto: "In Crash non c'è più funzione né realtà: l'iperrealtà le abolisce entrambe" (4).

Il riferimento all'iperrealismo non riguarda solo la tendenza che ha dominato in America negli anni Settanta, ma più in generale la Pop Art: Warhol, Lichtenstein, Oldenburg.

Ballard parte sempre da qualcosa di reale, di assolutamente reale, di troppo reale, qualcosa che potrebbe apparire persino banale, conosciuto, iperconosciuto, e, attraverso un'analisi minuziosa, ne scopre la consistenza allucinatoria, la materia d'incubo, il suo carattere, appunto, iperreale.

È l'esperienza che i moderni psicologi chiamano "camera di Ames". Che cos'e la "camera di Ames"? Lo psicologo Adelbert Ames ha ideato una serie di camere che paiono perfettamente normali a chi le osserva da uno spioncino, ma la cui normalità è dovuta in realtà a finzioni ottiche. La "camera di Ames" dimostra che noi vediamo sempre solo ciò che ci aspettiamo di vedere. La nostra percezione della realtà come "normale" e "rassicurante" è dovuta dunque alla nostra tendenza mentale ad aspettarci certe configurazioni, certi comportamenti, certi valori. In un certo senso, noi vediamo ciò che vogliamo vedere.

Ballard ci aiuta a liberarci di questi nostri pre-giudizi, di questa nostra visione limitata e limitante. Attraverso lo specchio deformante dei suoi romanzi e racconti noi ristabiliamo il carattere "vero" (non deformato dai nostri parametri) della realtà.

Ammesso che ci sia un carattere "vero" distinto da quelli "falsi" (5).

Il percorso letterario di Ballard inizia nel 1956, quand'egli pubblica sulla rivista inglese "Science Fantasy" il suo primo racconto, intitolato Prima Belladonna. Ma il vero esordio di Ballard è databile al 1962, anno di pubblicazione dei suoi primi romanzi.

Erano gli anni in cui tema privilegiato della Sf era ancora la conquista dello spazio.

Non solo, dunque, la Sf "epica", ma anche la Sf "sociologica" erano impegnate a descrivere viaggi interstellari, altri soli, altri pianeti. Erano, d'altronde, gli anni dell'effettivo affacciarsi dell'umanità nello "spazio esterno": fra il 1957 e il 1969 vennero prima lanciati i satelliti artificiali, poi le sonde lunari e infine le astronavi Apollo che giunsero nel 1969 a portare l'uomo sulla Luna.

Ballard, però, aveva intuito sin da allora che tra "spazio esterno" e "spazio interno" non c'era differenza sostanziale e che la vera differenza era nel modo di percepire.

Con una sorta di sensibilità ecologica ante litteram, Ballard, ambientando quasi tutte le sue storie sulla Terra, mise i suoi personaggi alla prova di immani catastrofi, naturali ed umane. I primi romanzi sono lenti, hanno un tempo pigro, un andamento ripetitivo. Ci riferiamo ai celebri Vento dal nulla (The Wind from Nowhere, 1962) e Deserto d'acqua (The Drowned World, 1963). La vicenda è come assorbita dall'ambiente, acquatico, desertico, ventoso: l'ambiente è il vero protagonista unitamente al modo in cui esso viene percepito dagli esseri umani che lo popolano.

La vicenda "esterna" (intesa come "trama", "sconvolgimento") è quasi inesistente, mentre prende corpo la vicenda "interna"; ad esempio, in Deserto d'acqua, quella di Robert Kerans che alla fine del romanzo sceglie di immergersi nel nuovo ambiente acquatico-giunglare, che ha preso il posto dell'antico ambiente terrestre, e di lasciare l'ambiente artificiale della Groenlandia Settentrionale nel quale vivono i cinque milioni di esseri umani sopravvissuti alla catastrofe. In Vento dal nulla un altro fenomeno atmosferico abnorme, una tempesta di vento dalla straordinaria intensità, coinvolge i diversi personaggi.

Al periodo delle "catastrofi ambientali" (1962-66) segue nella produzione ballardiana un periodo di scrittura sperimentale, il periodo delle "condensed novels" ("romanzi condensati") e di La mostra delle atrocità (Atrocity Exhibition, 1969). La sperimentazione sul linguaggio si interseca con un nuovo interesse di Ballard verso la tecnologia e l'universo metropolitano con le sue nevrosi. Quest'interesse porta Ballard a scrivere quelli che sono forse i suoi capolavori: Crash (1973), L'isola di cemento (Concrete Island, 1974), Condominium (High-Rise, 1975).

I primi due sono incentrati sulla tematica degli incidenti automobilistici, ma svolgono il tema in maniera molto differente. Crash infatti esplora il rapporto tra l'incidente automobilistico, con la sua carica di violenza e distruttività, e l'erotismo. La prosa di Ballard si fa ancora più ripetitiva, ossessiva, violenta e tagliente. Il risultato è un romanzo scioccante. Ne L'isola di cemento invece le situazioni sono più mosse. Il punto di partenza è ancora un incidente d'auto, ma questo è solo il pretesto per un'avventura che il protagonista, Robert Maitland, vive su un'isola spartitraffico così incredibilmente separata dal resto del mondo da funzionare quasi come "un altro pianeta". Condominium mostra un climax, ossia un aumento progressivo della tensione e della violenza, all'interno di un enorme condominio del futuro.

Arriviamo dunque al Ballard dei nostri giorni. Scrittore ormai celeberrimo, anche grazie al fatto che il regista Steven Spielberg ha tratto da L'impero del sole (Empire of the Sun, 1984), uno dei romanzi autobiografici ballardiani, un film di grande successo, il nostro autore non abbandona tuttavia la vena fantastica, il suo "tropismo per il bizzarro", la sua tendenza a provocare e a stupire.

Esaminiamo quelli che sono forse i prodotti ballardiani migliori degli ultimi anni: Il giorno della creazione (The Day of Creation, 1987) e Un gioco da bambini (Running Wild, 1988). Potremmo riportare per qualche verso il primo al "ciclo delle catastrofi naturali", il secondo al "ciclo della violenza urbana e degli incidenti".

Il giorno della creazione non ha un contenuto propriamente fantascientifico, mentre Un gioco da bambini (che ricorda in particolare Condominium) è certamente più vicino al "genere" di cui ci occupiamo. Le ossessioni di Ballard sono tutte presenti in questo breve romanzo, ambientato in un quartiere residenziale ing1ese ipertecnologizzato e in un tempo che potremmo definire iper-presente (nel 1988, anno della pubblicazione del romanzo, ma con un'appendice datata... 1993, cinque anni più in là).

In conclusione, Ballard ha compiuto un percorso letterario estremamente coerente, estremamente fantascientifico nel senso lato del termine, guadagnandosi l'ammirazione di un pubblico sempre più vasto e vario. Recentemente, a dimostrazione di quanto la figura di Ballard sia oggi posta, dai movimenti "underground" del mondo anglosassone, alla pari di quella del grande William Burroughs, la rivista underground "Re/Search" ha fatto seguire ad un numero monografico su Burroughs un altro numero dedicato, appunto, allo scrittore britannico di Shanghai.

Ci auguriamo che Ballard possa ancora a lungo donarci le sue storie strane e normali insieme, comunque mai banali.


NOTE

1 K.S. Robinson, Introduzione a Ph. K. Dick, La trilogia di Valis, Interno Giallo, Mondadori, 1993, p. 9.

2 E. Borghi, Lo spettatore è l'ombra del critico, in "Cinemanuovo", n. 341, genn.-febb. 1993, pp. 20-21.

3 J. Baudrillard, Simulacri e fantascienza, in AA. VV., La fantascienza e la critica, Feltrinelli, 1980, p. 56.

4 Ibidem.

5 D. Barbieri, Se il terrore arriva col Nulla, in "L'Unione Sarda", 24.8.1993, p. 7.


Bibliografia essenziale di J.G. Ballard

Millemondi Estate 1981, Urania Mondadori, comprendente Deserto d'acqua, Vento dal nulla, Condominium.

Crash, Rizzoli, 1990.

L'isola di cemento, Anabasi, 1993.

Il giorno della creazione, Rizzoli, 1988.

Un gioco da bambini, Anabasi, 1992






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