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di Carla Giustiniani


"Tutti a Zanzibar", "L'orbita spezzata", "Il gregge alza la testa" ovvero BRUNtBRUNner (1), il Brunner d'attacco.

È grazie a queste tre opere che Brunner si è definitivamente imposto sulla scena della sf mondiale.

Il trittico sociale è iniziato con "Stand on Zanzibar" pubblicato nel 1968. La critica specializzata ha espresso per quest'opera giudizi molto 1usinghieri: "un capolavoro" (Sadoul); un eccellente romanzo sulla sovrappopo1azione" (Aldiss).

Successivamente Brunner affronterà la tematica razziale con "L'orbita spezzata" (1969) che – pur rimanendo notevole - non esprime la completezza di "Zanzibar", la sua vivacità, la sua armonia strutturale, addirittura i suoi elementi profetici (ad esempio la figura di Papa Eglantine, leggi Mons. Lefebvre): è solo trascorso un anno dalla stesura delle due opere e il lettore lo avverte pienamente. Una nuova impennata è, invece, "Il gregge alza la testa" (1972): il tema è l'inquinamento industriale e Brunner lo affronta con un'acuta e realistica estrapolazione futura; la sua è una delle più feroci critiche al sistema consumistico americano e ai suoi creatori: "i duecento milioni di esemplari più stravaganti, e nocivi della nostra specie." Ma "Stand on Zanzibar" rimane, forse, l'opera più riuscita dello scrittore inglese, certamente la meno ortodossa.

Guarda caso il romanzo si è sviluppato da un breve racconto apparso nel novembre 1967 su "New Worlds", la "rivista maledetta" di Michael Moorcock. Il titolo originale. è da ricercarsi nel seguente passo del libro (pag. 9): "E, per finire, la rubrica Piccole Consolazioni. Un rompicacciaballe ha testé calcolato che, assegnando ad ogni femmina, maschio e pupetto uno spazio di trenta per sessanta centimetri, potremmo star piantati tutti quanti sui milleseicentocinquantotto chilometri quadrati di superficie dell'isola di Zanzibar. OGGI tre MAGGIO duemilaDIECI a presto riveDERCI!"

E dato che anche noi siamo dei "rompicacciaballe" troviamo che su 1658 kmq ci stanno 9.119.000.000 di persone! Ovvio, quindi, che il tema principale di quest'opera di 585 pagg. (21,5 x 13,5 cm.) è la sovrappopolazione. NOVEMILIARDICENTODICIANNOVEMILIONI di esseri umani significano una parola sola: CAOS. Per questo Brunner sceglie una struttura narrativa a "mosaico quadricromico" che rende efficacemente l'atmosfera caotica del mondo del 2010. In sostanza l'autore usa diversi stili: giornalistico, scientifico, narrativo (2). Si serve, inoltre, di un lingueggio particolare: uno "slang" del futuro che annovera vocaboli come "sfinfie", per indicare le ragazze, "nuiorcare" cioè "vagabondare per New York": il tutto condito di parolacce, già oggi entrate nell'uso comune. Notare, comunque, che l'utilizzo dello "slang" non è continuo come, ad esempio, nell' "Arancia ad orologeria" di Anthony Burgess, ma è ripartito nel corso della narrazione con equilibrio, come in "Jack Barron" di Norman Spinrad.

Veniamo alla struttura generale dell'opera costituita di quattro piste di lettura:

- CONTESTO: illustra, attraverso vari piani prospettici (socio-economico, ad esempio), la realtà del 2010.

- ULTIMISSIME: brevi squarci generati dalla visione percettiva di ognuno, specie di "flash d'agenzia". In sostanza si tratta di piccoli tasselli che aiutano la comprensione dell'insieme.

- PRIMI PIANI: mettono a nudo la problematica di vita dei personaggi secondari, scelti fra i tipi più disperati.

- SEQUENZA: qui entriamo nel romanzo vero e proprio, o meglio nei due romanzi. Si tratta, infatti, delle storie di due giovani, Norman e Donald: il primo vicepresidente nero della maggiore multinazionale esistente, la General Technics; il secondo sintetista (3) all'inizio, e poi agente ampificato (vedremo in seguito il significato di questa parola). È singolare come Brunner unisca-separi-unisca di nuovo, i loro destini apparentemente proiettati in direzioni opposte. Così come è singolare che tutti i personaggi del libro siano presentati all'inizio, frammisti a svariate notizie, dedicando a ciascuno un due righe; ripresi a metà, riassumendo così la loro situazione; e, quelli defunti, necrologizzati alla fine. In questo caso Brunner ci da una perfetta rappresentazione della vacuità dell'esistenza: le palline estratte dall'urna della vita sono inevitabilmente perdute, le altre continuano a girare aspettando il loro turno. Il pessimismo e, nello stesso tempo, il sarcasmo brunneriani raggiungono l'apice quando, in un capitolo del libro dal titolo significativo di "Cittadino bacillo", l’autore riflette in versi su ciò che resta all'individuo come simbolo imperituro della sua esistenza. Brunner depenna impietosamente: le lapidi dei cimiteri, le idee, i prodotti dell’ingegno e, ahimé, i babé, cioè la nostra unica fonte di pseudo-immortalità. Cosa resta? Solo… (tappatevi il naso!) un ammasso nauseabondo di rifiuti Vale, quindi, la massima di Feuerbach: "L'uomo è ciò che mangia", cioè, con le dovute trasformazioni in una parola sola: "cacca".

Soffocata dai propri rifiuti, l'umanità continua a crescere iperesponenzialmente (110 individui al minuto): un marasma di esseri umani a stretto contatto l'uno con l’altro. Ovunque voi andiate c’è sempre qualcuno di troppo (a 4 miliardi e mezzo, pensate a 9 miliardi!); conseguenza logica: lo "stress da affollamento".

DOMANDA: Cosa accadrebbe all’individuo se gli venisse a mancare tota1mente la "privacy"?

RISPOSTA: Impazzirebbe.

Nascono così gli "amoccatori" individui colti da raptus omicidi che brandendo un'arma, generalmente da taglio, fanno falcidia di coloro che gli stanno intorno. È un'estrapolazione non troppo esagerata, come potrebbe sembrare: noti infatti, sono gli esperimenti condotti sui topi per studiare l'aggressività animale in un ambiente sovrappopolato e note sono le statistiche riguardanti il costante aumento di omicidi compiuti da persone qualsiasi, ma implicati in fatti criminali, preda d’improvvisa fol1ia.

C'è, però, qualcosa di più temibile di un amoccatore: è l'individuo "ampificato", cioè un uomo imbotti to di droghe atte ad accelerare i riflessi sia fisici che mentali; perfetto conoscitore di tutte le armi e di tutti i sistemi per uccidere (a tal punto che, per strangolare un capellone o una ragazza, usa i loro stessi capelli!). Utilizzato per scopi ovviamente militari, l'ampificato reagisce automaticamente in una situazione pericolosa, non si sofferma a riflettere, le droghe e gli insegnamenti indotti gli hanno instillato il modo migliore per uscire dall’inghippo; l'avversario ha un'unica via di scampo: l’obitorio. Nel libro c'è, appunto, lo scontro tra un ampificato e un amoccatore, ed è sintomatica la vittoria del primo, come se l'autore volesse esprimere l'impossibilità totale da parte dell'individuo di reagire al sistema: perfino i raptus di follia omicida sono soffocati da qualcosa di più pericoloso, generata dal sistema stesso.

Donald è l'ampificato, il burattino che ha perso la libertà lavorativa di cui godeva all'inizio, che era anche piacere personale, per cadere nelle mani rapaci dei militari, con il risultato che perfino il suo amico Norman, alla fine, resta di sasso nel vedere il suo cambiamento fisico: "Quando Donald, alla fine, arrivò a Port May, la prima reazione di Norman fu di shock. L'amico aveva perso almeno nove chili, aveva le guance smunte, gli occhi infossati, chiazze di capelli bianchi…". Ma è quando Norman si accorge del totale cambiamento mentale che rinuncia a qualsiasi proposito di rinsaldare la vecchia amicizia: ormai Donald è un povero malato di mente, ne avrà cura Papà Esercito.

Crolla, così, il mito del superuomo tanto caro a van Vogt; ma Brunner non disprezza questa tematica, anzi, le si accosta ancora in altri romanzi successivi a "Stand", ad esempio: "L'orbita spezzata" con il superominismo di Madison drogato e "Pianeta a sorpresa" con il polimatematico Lex, il quale ci dà un esemplare descrizione di sé stesso: "Sono un polimatematico in addestramento. Geni tetraploidali, neuroni modificati, visione estesa agli infrarossi, ritmo dei riflessi più alto, trasmissione dei segnali nervosi accelerati, compatta struttura ossea, immunità indotta a tutto o quasi…". Addirittura il protagonista di "Pianeta a sorpresa" rappresenta la forza positiva che permetterà ai naufraghi terrestri di salvarsi dalla barbarie e di gettare le basi di un nuovo sviluppo.

Il riferimento a van Vogt non è casuale, infatti, un'altra tematica tanto cera allo scrittore canadese è presente in Brunner, sempre ne "L’orbita spezzata" (pag. 151): "Indurre una riserva negra ad ottenergli l'ingresso nel paese con il ricatto è perfettamente in linea con le normali tattiche di Lenigo… anche se lo sto adulando, chiamandole le "sue" tattiche. Questi sistemi risalgono ai periodi di agitazioni industriali del diciannovesimo secolo, almeno, e forse anche più indietro. Quello che ha fatto in Inghilterra seguiva esattamente lo stesso schema. Ha sfruttato il concetto noto da tempo per i1 quale se si riesce ad avere il cinque per cento della popolazione che sostenga un movimento, sia pro o contro qualsiasi cosa, si può rovesciare un governo."; e ancora: "Cosa c'è di buono nella fase attuale del nostro ciclo sociale? " È la teoria spengleriana dei cicli storici che van Vogt il1ustrò ampiamente nel suo "The voyage of the Space Beagle".

Questi elementi vanvogtiani, nati nel periodo campbelliano e mai perduti dalla sf, sono, in "Stand on Zanzibar", innestati nel contesto attuale o meglio in quello del 1967, anno in cui venne scritto il romanzo. L’opera, per apprezzarla maggiormente, deve essere letta e collocata in quel periodo: Brunner ha l'occhio puntato sulle prime avvvisag1ie della guerra civile tra la Nigeria e la provincia secessionista del Biafra; conflitto iniziatosi nel luglio del '67 e conclusosi nei primi mesi del '70 con un bilancio di oltre un milione e mezzo di morti.

Brunner colloca la Beninia, il paese africano, fulcro del suo romanzo, a Nord del golfo del Benin; la popolazione è un miscuglio di quattro rezze cha, dal punto di vista tribale, sono copie delle reali nigeriane. La Beninia non è un'identificazione dell’allora nascente Biafra, questo è certo, sia perché nella storia beniniana non si parla di un conflitto secessionista, sia per i confini che delimitano il paese, e cioè: Toga, Dahomey o Dahomalia e RUNG (Repubbliche Unite di Nigeria e Ghana); Brunner, però, attento agli eventi, inventa uno stato che rappresenti la chiave di volta nell'Africa Nera, una Svizzera africana con a capo un presidente progressista, Zad Obomi. Una lustratina alla memoria, ed ecco l'altro accostamento: Obomi-Kofi Busia, capo del Ghana dal '66 al '72, anno in cui venne spodestato dai militari. Busia ha studiato in Europa, colto e riservato è riuscito a frenare l'indebitamento del suo passe nei confronti dell'estero e parzialmente a ridurlo (circa di 7O miliardi); una mosca bianca tra i presidenti che si sono alternati al potere negli stati de1l'Africa Nera, e anche Zad Obomi è una rarità entomologica circondata da famelici camaleonti.

Da questa Svizzera africana, poverissima, analfabeta, ma carta moschicida per gli investimenti stranieri, proviene l'antidoto all’istinto aggressivo umano: una particolare secrezione emessa dai rappresentanti di una delle quattro razze, gli Shinka. Posta alla fine del romanzo, questa invenzione narrativa si presenta come una vera e propria "boutade" ma, a nostro avviso, non è una maldestra chiusura da parte di Brunner perché, effettivamente, solo un miracolo genetico potrebbe salvare la razza umana dalle conseguenze del suo così violento temperamento.

L'unico a rimanere impassibile, data la sua natura, di fronte alla malattia chiamata "uomo" è "un banale tronco di cono di metallo bianco opaco" di nome Shalmaneser.

Non poteva mancare, in un così poderoso e attuale romanzo, la tematica del computer. Dal primo elaboratore moderno costruito da Konrad Zuse (1941), ne è passata di acqua sotto i poti, ora (2010) si è giunti all"'elaboratore Micryogenico immerso in elio liquido", Shalmaneser, appunto. Questa meraviglia della scienza e della tecnica ha racchiuso.nei suoi circuiti tutto lo scibile umano e le sue capacità analsinteticologiche sono infinite: la parola impossibile non esiste nel suo vocabolario. Non c'è dubbio che Shalmaneser ha raggiunto la consapevolezza della sua esistenza, è un essere pensante come noi, anzi meglio di noi, ce lo rivela il breve capitalo "Parere freddo e obiettivo" (pag. 583): "Immerso nelle sue correnti d'elio liquido, compiuto in sé stesso, immobile, prodigiosamente bene informato da tutti i suoi sensi meccanici: Shalmaneser.

Ogni tanto attraverso i suoi circuiti passa una pulsione che reca l'equivalente cibernetico della frase: "Cribbio che immaginazione che ho" Ma, ironia della sorte, anche Bennie Noakes, l'individuo medio per eccellenza, rappresentante di quella categoria di vegetali umani che trapiantano radici davanti alla Tv, inebetiti e resi completamente idioti da centinaia di ore passate davanti ad uno schermo di cm 30 x 40 (più o meno], ha la mania di dire la stessa frase.

Questo è uno dei migliori esempi di satira, l'arma letteraria cara a George Bernard Shaw, e Brunner se ne serve abbondantemente (del resto non è inesatto considerare "Stand" un’opera satirica) anche attraverso la bocca degli stessi personaggi, principalmente di Chad C. Mulligan, il sociologo, il libero pensatore. Mulligan è nipote dell’heinleiniano Jubal Harshaw, l'eccentrico vecchietto di "Straniero in terra straniera" e padre di Xavier Conroy de "L’orbita spezzata". Tutti tre scrittori, ma con diversi intendimenti: i due brunneriani si distaccano dalla figura di Harshaw, lo scrittore dai due volti, il tipico rappresentante del "self made man" americano, Mu1ligan-Conroy rappresenta lo scrittore anticonformista, impegnato, d’attacco come lo è Brunner in questo suo trittico sociale, come la sono altri scrittori di sf, attuali punte di diamante di questa letteratura: da Spinrad alla Le Guin, da Silverberg a Farmer.

E, per finire, non ci resta che parafrasare l'ultimo capitolo di "Stand. on Zanzibar" un capitolo in cui l’autore giunge perfino ad ironizzare sé stesso e la sua attività di scrittore: "Questo. non-saggio vi è stato proposto da.C.G. che ha usato carta Extrastrong e Gestetner con carta carbone Pelikan su macchina da scrivere Antares meccanica munita di nastro nero Olivetti…"


Note

1 - "Brunt in inglese significa: urto, forza (generata da un colpo) è un gioco di parole che esprime la forza d'urto narrativa di questo autore.

2 - Il Sadoul rivela che, per tale tecnica narrativa, Brunner si è ispirato al racconto di Ballard: "L'assassinio di J. F. Kennedy, considerato come una corsa automobilistica in discesa." Ma Wollheim va ancora più in là, s'innesta nel "mainstream" e trova che l'ispirazione stilistica proviene da John Dos Passos, uno dei maggiori autori statunitesi (The Universe Makers, pag. 57, 1971).

3 - Lavora per il governo e ha il compito di leggere tutto ad estrarre i fatti più significativi. Lo era Robert Redford nei "Tre giorni del Condor,".

4 - Il "Black Power" ha trionfato: racchiusi in riserve autogestite i negri cercano ora lo scontro diretto, Morton Lenigo, leader della rivoluzione negra in 1nghilterra ci riprova negli U.S.A.


B1BLIOGRAFIA

"Tutti a Zanzibar" (Stand on Zanzibar), Narrativa d'anticipazione, Nord ed.

"L'orbita spezzata" (The Jagged Orbit), SFBC, La Tribuna ed.

"Il gregge alza la testa" (The Sheep Look up), Narrativa d’anticipazione, Nord ed.

"Un’arancia ad orologeria" (A Clockwork Orange), Einaudi ed.

"Jack Barron e l’eternità" (Bug Jack Barron), Futuro, Fanucci ed.

"Pianeta a sorpresa" (Polymath), Pocket Fantascienza, Longanesi ed.

"Crociera nell'infinito" (The Voyage of the Space Beagle), Futuro, Fanucci ed.

"Straniero in terra straniera" (Stranger in a Strange Land), Cosmo Oro, Nord ed.

"The Universe Makers", Harper & Row, New York






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