Roma assediata dall'afa: tutti i gradi dell'infelicità
Il termometro a gennaio sale a Roma in modo indecente e Ginevra Elkann, al secondo film dopo Magari, stavolta è sicura sia la punizione biblica per la sua fauna d'infelice e sfacciata umanità, vedi Magnolia. Ma Te l'avevo detto, scritto con Barzini e Bernardini, non fa piovere rane, c'è gran nebbia dentro, la sensazione che nessuno dei cinque sensi possa aiutarci.
E misurando i gradi di infelicità, è una gara: la signora sballata lasciata dal marito per la star pomo imbellettata in finale di partita, con figlia bulimica badante di vecchia aristocratica; il prete in dubbio tossico e sorella che porta ceneri materne (andranno nel water), l'alcolista in lite con l'ex per il figlio. Sono le rappresentazioni astratte di solitudini in offerta speciale, un Laocoonte che si corrompe nei legami di famiglia: l'amore è fuori discussione, arcaico sentimento oggi in disuso.
Tutti insieme apocalitticamente, avvertiti dal titolo in un clima innaturale di foschia, sudore e polvere che diventa buia premonizione nella fotografia di Radozic, trasferendo quel po' di coscienza che resta in una trama che va volontariamente in stop and go perché ognuno abita un suo mondo senza uscite di sicurezza. Ogni attore, nel film che coraggiosamente sceglie la sua strada in salita porta il plus valore del suo vissuto di cinema, dalle donne in disamore Bruni Tedeschi, Golino, Scacchi, Rohrwacher, pezzi unici, alla Borini eterna mamma, a Danny Huston, figlio del regista biblico John, a Riccardo Scamarcio, il più indifeso.
Voto: 7,5
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