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Recensione di Marcello Bonati a "Le cronache di Corum"


Sicuramente molti di voi ricorderanno la prima trilogia del ciclo di Corum, edita dalla Sugar tra il 1973 e il 1974, ovvero "Il signore del caos" (The Knight of the Swords, 1971), "La regina delle spade" (The Queen of' the Swords, 1971) e "Gli Dei perduti" (The King of the Swords, 1971), rispettivamente nei numeri 2, 7 e 11 della collana Delta.

Questo "Le cronache di Corum" racchiude i tre romanzi della seconda trilogia, finora inediti, "Il toro e la lancia" (The Bull and the Spear, 1973), "La quercia e l'ariete" (The Oak and the Ram, 1973) e "La spada e lo stallone" (The Sword and the Stallion, 1974).

Si tratta, come tutti i romanzi dei vari cicli fantasy di Moorcock, delle ennesime avventure di una delle manifestazioni del Campione Eterno, come abbiamo detto a proposito de "I cavalieri d'argento"; in questo caso l'eroe e il Principe Corum Jhaelen Irsei.

Nel primo romanzo Corum viene evocato in un mondo futuro, rispetto a quello dove si trovava, da quei discendenti dei Mabden, come sono chiamati gli Uomini nel ciclo, della razza, cioè, di sua moglie ormai morta, e per la quale ha combattuto nella prima trilogia.

Sono essi, infatti, in grave pericolo, poiché i Fhoi Myore, "Sette giganti deformi, due dei quali femmine (che) hanno strani poteri, controllano le forze della natura, le bestie e forse addirittura i demoni" (pag. 47) e che "Erano precipitati attraverso una lacerazione del tessuto tra i piani. Ora tentavano di ricreare il Limbo sulla Terre" (pag. 147), li attaccano.

Il clou della storia è, tipicamente, una quest, ovvero la ricerca della Landa Bryionak, che sola può evocare il Nero Toro di Crinanass, che è letale agli odiati nemici.

Da notare che la Lancia Bryionak, assume una delle caratteristiche della Spada Nera, l'arma del Campione Eterno: "… la lancia lasciò il corpo dell'uomo e ritornò a posarsi sul palmo aperto della mano d'argento che automaticamente si serrò attorno all'asta." (pag. 146).

Nel secondo, i Mabdeh, stuzzicati dalla visita di un re di un'altra nazione, decidono di unire tutte le popolazioni rimaste e di attaccare i Fhoi Myore.

Ma scoprono che ciò non è praticamente possibile senza il loro Arcidruido, il re dei vari re, tenuto prigioniero del nemico e sotto un potente incantesimo.

Tutta la vicenda, quindi, si incentra sul tentativo, di Corum, di salvataggio dell'Arcidruido Armegin.

Due le cose da notare; innanzitutto un accenno a Tanelorn, la mitica città eterna che starebbe al centro del Multiverso, dei diversi piani, e che avrebbe svariate manifestazioni in ogni livello: "Non sempre Tanelorn è una città. A volte è una cosa, a volte è semplicemente un'idea. (…) C'è chi afferma che questo tempio è una manifestazione dei vari piani dell'esistenza." (pagg. 224-5)

E poi una notevole dissertazione sul cattivo uso che spesso si fa di leggende e superstizioni: "… vi sono molti che usano leggende e superstizioni per i propri fini. Costoro le coltivano non per il loro intrinseco valore ma per i vantaggi che possono ricavarne. I poveri e gli infelici che non possono amare la vita cercano qualche cosa al di là di essa, qualche cosa a cui guardare come a una soluzione migliore di questa vita. Essi… corrompono le conoscenze che gli capita di scoprire… Ma la conoscenza che tu ci hai portato, Corum, è di ben diversa qualità: essa dilata il nostro apprezzamento per la vita." (pagg. 326-7).

In "La spada e lo stallone" si assiste allo scontro finale tra i Mabden e i Fhoi Myore; vincono i primi, grazie ad un aiuto magico che Corum è riuscito ad ottenere in una lunga avventura. E i Fhoi Myore vengono rispediti per sempre nel Limbo da dove erano venuti.

Da notare che in questo terzo romanzo a Corum viene foggiata una spada, Traditrice, per molti versi sorella della Spada Nera di Elric di Melniboné: "Gli pareva di essere attirato nella luna; vi scorgeva dei volti… vedeva una spada non dissimile da quella che teneva in pugno, ma quella era nera mentre la sua era bianca…" (pag. 387); "… ebbe visioni di spade… in particolare di un'altra, una lama nera che, …sembrava avere una personalità complessa… " (pag. 389).

E il finale non lascia dubbi sul fatto che questa seconda trilogia sia anche l'ultima: "E Corum morì" (pag. 513).






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