Ballard: l'opera 2
Giungendo al 1966, eccoci a parlare del terzultimo romanzo ballardiano di cui tratteremo, Foresta di cristallo (The Crystal World), con cui ha termine la tetralogia degli elementi.
Suddiviso in due parti, Equinozio e L'uomo illuminato, segue tuttavia un movimento più flessuoso, e personalmente lo suddividerei in almeno cinque parti, molto ben distinte.
Lo scenario in cui si svolge è quello di una catastrofe naturale cosmica, in cui avvenimenti, accadimenti galattici di incommensurabile portata si riversano sul nostro pianeta, con il venirsi a creare di tre aree infette, in cui tutto si cristallizza, in cui il tempo viene a mancare: una in Russia, una in Florida e una in Africa, nel Camerun; è in questa terza area che si svolgono gli avvenimenti descritti nel romanzo. Ciò che separa le parti è la contrapposizione esterno-interno, fuori e dentro la foresta cristallizzata e in via di cristallizzazione.
La prima parte va dall'inizio a pag. 93, ovvero comprende praticamente tutta la parte Equinozio tranne le ultime sei pagine, già facenti parte della seconda, che arriva fino a pag. 153, comprendendo i primi tre capitoli di L'uomo illuminato. La terza comprende i capitoli "La maschera" e "L'albergo bianco" e le prime quattro pagine di "Duello col coccodrillo". La quarta va da quel punto fino alla fine del penultimo capitolo, mentre l'ultimo capitolo, un vero e proprio epilogo, costituisce la quinta parte.
La prima parte non riveste un grande interesse, è praticamente una lunghissima introduzione, assolutamente necessaria, dei vari personaggi, del luogo ove essi si muovono, delle rispettive pulsioni che li hanno spinti in quel luogo, e serve anche a far crescere la curiosità nel lettore sul vero palcoscenico della storia, la foresta cristallizzata: "Era come varcare la soglia di un mondo incantato" (pag. 93); ecco che Sanders, il protagonista, entra nella foresta, in seguito al precipitare dell'elicottero.
E subito eccoci catapultati in quel mondo fatato: "Su un prato di speroni di vetro verde un triciclo da bambino scintillava come un prezioso gioiello, le ruote simili a brillanti corone di diaspro" (pag. 94).
Il primo capitolo della seconda parte (che potremmo chiamare "Interno 1") consiste in una fantasmagorica battaglia tra Sanders e Ventress da una parte e Thorensen, il padrone della miniera di diamanti, e i suoi uomini dall'altra, per un motivo che resta assolutamente oscuro sia al protagonista che ai lettori. Egli avanza l'ipotesi che sia per via dei diamanti, ma Ventress gli fa capire che non è quella la motivazione principale.
Il secondo capitolo, "La residenza estiva", è assolutamente centrale; Ventress e Sanders, vagando per la foresta, trovano Radek, il capitano dell'esercito, semicristallizzato ma ancora vivo, e il dottore lo libera e lo immerge nel fiume che da li scende verso Port Matarre, il paese più vicino. Mentre fa ciò Ventress dice una frase che si capirà solo molto dopo: "Un giorno si renderà conto di cosa ha portato via a quest'uomo" (pag. 128).
Riincontrano Thorensen, e dopo una nuova sparatoria Ventress fugge e Sanders viene accolto da Thorensen che avendo saputo che è medico lo invita a restare; e così che il protagonista ha l’opportunità di vedere il vero motivo di quella faida: la signora Ventress.
Il terzo capitolo è più che altro imperniato sul flash back della storia della giovane donna, Serena. In sintesi, Ventress vorrebbe riappropriarsi di Serena, e Thorensen vorrebbe toglierlo di mezzo.
Questa seconda parte ha termine con un nuovo incontro tra Sanders e Radek, in cui il secondo chiede con un misto di rabbia e di preghiera di essere riportato indietro nella foresta, mentre Sanders prova un rimorso di coscienza per ciò che ha fatto.
La terza parte ci riporta all'esterno, e ha come motivo portante quello del riincontro tra Sanders e Max e Suzanne Clair, il motivo primo della venuta del protagonista in quel luogo. Tutti e tre erano stati medici in campi per lebbrosi, e tra Suzanne e Sanders vi era stato del tenero. Sanders scopre che Suzanne ha un accenno di maschera leonina, una delle conseguenze della lebbra, e che un folto gruppo di indigeni affetti da tale malattia si aggirano attorno a quell'ospedale improvvisato ma che non viene dato loro nessun soccorso non essendo equipaggiati a tale scopo.
Ciò che risulta maggiormente in queste pagine è il dialogo tra Sanders e Louise Peret, giovane e gioiosa giornalista giunta all'area infetta insieme a Sanders: "A ripensarci, mi pare che tutto abbia il suo riflesso opposto: Ventress con il suo vestito bianco e Thorensen, il proprietario della miniera, con il suo giaccone nero... e poi ci siete Suzanne e tu. Tu non l'hai ancora conosciuta, ma lei è il tuo esatto opposto, elusiva, tenebrosa. Quando tu sei arrivata questa mattina, Louise, ho avuto l'impressione quasi che stessi scendendo dal sole. E poi c'è Balthus, il sacerdote, con quella sua faccia che sembra una maschera di morte... ma dio solo sa chi è il suo gemello contrario-Forse sei tu, Edward." (pag. 176-7). "Naturalmente c'è un lato oscuro della psiche, e immagino che tutto ciò che si possa fare sia di trovare l'altro lato e cercare di riconciliare i due... è quello che succede là fuori, nella foresta" (pag. 178).
Suzanne fugge nella foresta e Sanders le corre dietro. Qui ha inizio la quarta parte (Interno 2).
Il protagonista intuisce il potere anticristallizzante dei diamanti, motivo secondario della lotta tra Ventress e Thorensen. Dopo una nuova sparatoria in seguito alla quale restano vivi solo i tre protagonisti, Ventress chiede a Sanders di andarsene lasciandoli alla loro faida.
Il penultimo capitolo, "I lebbrosi", è forse il più bello. Sanders giunge nella radura dove ha sede la chiesetta di Balthus; i due convivono alcuni giorni, in un'atmosfera surreale, tra le farneticazioni del prete che tenta disperatamente di far collimare in qualche modo ciò che gli accede intorno con la fede cristiana, per decidersi infine per il suicidio, in uno slancio mistico piuttosto sui generis vista l'incompatibilità evidente di tale gesto con i dettami della Chiesa cattolica.
Prima di far ciò dona a Sanders la croce ingioiellata che li aveva difesi fino ad allora, con la quale Sanders riesce a farsi strada nella foresta, decristallizzando le piante al suo passaggio.
In questa breve passeggiata Sanders incontra i lebbrosi, danzanti demoni luccicanti e festosi, tra i quali intravede per un breve attimo Suzanne.
Un bimbo rimane indietro, si ferma un attimo e viene cristallizzato: in un atto che ha del magico Sanders lo libera con un tocco della croce ingioiellata.
Poi vede Thorensen e Serena cristallizzati insieme sul letto, poco prima di scorgere Ventress: "Sanders udì la sua voce che riecheggiò nell'aria gelida. Le parole lamentose erano ingioiellate e decorate come tutto in quel mondo trasfigurato_Serana...! Serena...!" (pag. 220).
L'ultimo capitolo, "Il sole prismatico" (ultima parte, che potremo chiamare "Esterno 3"), ha l'andamento tipico come già detto dell'epilogo; tutto si chiude, si ricompongono le fila, il quadro generale si amplia e si fa più chiaro.
La cristallizzazione investe ormai una superficie notevole del pianeta, avanza rapidissima, e sembra che tale effetto investa altri corpi celesti: "una vasta saracinesca che un giorno si espanderà fino ai pianeti e alle stelle, fermando l'universo nel suo corso" (pag. 222).
Louise Peret decide di partire, mentre Sandrers rimane. Indicativa dell'atmosfera in cui si muovono i personaggi in questo finale una frase di Sanders: "In termini assoluti, ho l'impressione... che l'intera professione della medicina sia stata soppiantata... Non credo che la pura e semplice distinzione tra vita e morte abbia più molto significato. Invece che cercare di curare quei pazienti, dovreste metterli in una lancia e mandarli a Mont Royal (cioè alla foresta cristallizzata)" (pag. 228), che ricorda quei lebbrosi che cercavano nella cristallizzazione la soluzione ultima al loro stato.
Per concludere, direi che qui si viene a riscontrare una messa in scena per mezzo di simboli di una delle caratteristiche fondamentali del nostro universo fisico; l'entropia, la tendenza della materia alla quiete; in termini artistici, una sublimazione del desiderio di morte insito sia nel singolo che nella collettività, cosa che d'altronde è facilmente riscontrabile in praticamente tutti i romanzi catastrofici: di sottofondo c'è il piacere che da la sublimazione della lettura di una catastrofe, della situazione ineluttabile, assolutamente senza via di salvezza possibile, in cui la morte, ciò che per ciascuno rappresenta, viene vissuta seppur in modo indiretto da parte del lettore attraverso i personaggi creati dall'autore.
Sempre nel 1966 escono vari racconti. Vediamone due, cominciando da Domani è un milione di anni (Tomorrow is a Million Years).
Un omicida fugge su un pianeta lontano e un commissario di polizia lo raggiunge, avendo questi distrutto il suo modulo e lasciato in orbita un raggio di emergenza automatico.
Il fatto su cui si basa il racconto è un'illusione in cui il lettore è indotto e che viene verso la fine svelata.
Il commissario comunque alla fine riparte da solo, lasciando l'omicida su quel pianeta di sogni, in cui a causa della lontananza dalla Terra la psiche umana materializza oggetti e persone; un Mare dei Sogni, ma un mare di sabbia a differenza di quello che troviamo in Solaris di Lem, in cui il mare che generava illusioni molto simili era una massa liquida, un unico organismo pensante. Qui è la psiche umana che crea le illusioni, che provengono quindi dall'interno, dall'inconscio.
Secondo racconto di questo 1966 è L'arma omicida (The Assassination Weapon), racconto che fa da trait d'union tra Terminal e L'assassinio di J.F. Kennedy considerato come una corsa automobilistica in discesa, prossimo racconto di cui tratteremo.
Il protagonista è il Traven del primo racconto, ma un Traven con ancora la moglie, mentre al Traven di Terminal apparivano i fantasmi della moglie e del figlio. Questo Traven tra l'altro è ossessionato proprio da Eniwetok, l'isola a cui si reca nel primo racconto. Entrambi aviatori, entrambi pazzi.
Anche qui ritroviamo la stessa struttura fatta di frammenti brevissimi con titolo.
Il collegamento col successivo è l'assassinio di Kennedy, sia qui che là falsi, qui posto come terapia, là come allegoria.
I livelli teorici, i luoghi dell'azione, i significati dei vari personaggi, molteplici, sfumano, slittano, e ciò che un minuto prima sembrava reale, una frase dopo non lo è più. La normalità e i suoi confini, che l'autore cerca di delimitare, conducono con sé nel suo sforzo i lettori, alla fine sfuma, e allora si comprende che i personaggi e i luoghi, ovviamente, sono irreali, surreali, sia quelli che lo sembravano fin dall'inizio sia quelli che parevano essere più tangibili.
Tutto diviene simbolo, il dottore, la moglie, l'infermiera, il capitano, in un finale caotico caratterizzato da una sparatoria contestualmente assolutamente senza senso, ma che forse vista nel contesto atomico potrebbe rappresentare una denuncia della pazzia della guerra, della violenza.
In ogni modo tale struttura permette una notevole varietà di interpretazioni, ma per lo stesso motivo rischia di trascinare in vicoli ciechi, di fare incazzare insomma, come di appassionare per i notevoli stimoli intellettivi che offre. O ci si frustra nel tentativo irrealizzabile di capire il vero senso, il senso interno, una possibile ma inesistente coerenza interna del racconto, o lo si prende per quello che è, un testo surrealista, simbolico... e quando si ha a che fare coi simboli le interpretazioni reali possono essere molteplici, e soprattutto personali; ma non certo uniche e assolute.
In quest'anno sono usciti altri due racconti, entrambi facenti parte di The Atrocity Exhibition, l'antologia ballardiana non tradotta da noi: Tu, io e il continuum (You and me and the Continuum) e Tu, Coma: Marlyn Monroe (You: Coma: Marlyn Monroe), apparsi in Italia sul n. 37/38 di "Nuova presenza", assolutamente introvabile.
Passando al 1967, troviamo altri racconti, e come preannunciato tratteremo prima di L’assassinio di J.F. Kennedy considerato come una corsa automobilistica in discesa (The Assassination of J.F. Kennedy Considered as a Downhill Motor Race), titolo ispirato al racconto di Alfred Jarry La passion considèrèe comme course de còte.
Allegoria in tono scherzoso, si pone come tentativo di trovare "una più soddisfacente spiegazione" al famoso fattaccio di Dallas del 22 novembre 1963.
La tecnica è quella di sovrapporre ai personaggi reali una connotazione fittizia, creando così una saporita allegoria.
Sinceramente non è che io sia molto informato su quell’avvenimento, ma a quanto leggo, sembra che a tutt’oggi non ci sia molta chiarezza in proposito.
Oswald, il presunto assassino, viene presentato qui come lo starter, nel senso che col primo colpo di pistola (o fucile?) diede inizio alla bagarre che sappiamo.
Leggiamo poi: "…un regolatore… fu posto fuori uso" (pag. 15); regolatore è un abile gioco di parole, disvelatoci dal traduttore: il termine inglese significa sia meccanismo di regolazione che governatore; nella metafora quindi lo starter spara erroneamente sul meccanismo di regolazione di una macchina partecipante alla corsa, mentre nella realtà del fatto storico Oswald ferisce il governatore Connolly. E così via.
Una trovata, in fin dei conti, anche se non certo esilarante, ma che fa colpo, soprattutto per l’originalità dell’idea di usare come personaggi di un racconto uomini-mito, tecnica che si ritrova in varie opere ballardiane di questo periodo.
Ultimo racconto di questo 1967 è La vendetta della scultrice (Venus Smile)m compreso in I segreti di Vermillion Sands. È l’ultimo racconto di questa antologia che tratteremo.
Una scultrice di statue canore né esibisce una che emette suoni vari, ma fra i quali spicca nettamente quello del sitar, in ricordo di "…una sua breve relazione amorosa con un famosissimo cantante pop, che era poi morto in un incidente d’auto e che era stato entusiasticamente devoto al sitar" (pag. 120).
La statua di Lorraine Drexel vince un concorso, ma a causa dei suoni del sitar, poco graditi a un orecchio occidentale, non viene comprata da nessuno, anzi provoca gran scompiglio all’esposizione. Piazzata nel giardino di uno dei membri della commissione incomincia a crescere, e a suonare insieme: "…uno spaventoso conglomerato di tutta la cattiva musica che mai era stata composta" (pag. 127). La sua riduzione ai minimi termini e fusione nelle acciaierie, tira un doppio brutto scherzo ai membri della commissione: da un lato la Drexel fa loro causa vincendo un risarcimento di tremila dollari e dall’altro i pezzi fusi rientrano in circolazione sotto le più svariate forme, riprendendo il loro originale scopo: emettere musica.
La vendetta dunque di una scultrice derisa, ma soprattutto di una donna ferita nei suoi sentimenti più intimi, come viene ben raffigurata dall’autore: "Mi aspettavo di scorgere sul suo volto un’espressione di furore o d’indignazione, ma i suoi occhi imperscrutabili mostravano il calmo, implacabile disprezzo di una vedova addolorata insultata al funerale del marito." (pag. 122).
Passiamo ora a un periodo molto successivo, ovvero il 1975, col romanzo Condominium (High Rise).
Penultimo romanzo di Ballard pubblicato in Italia, è senz’altro uno dei suoi più riusciti, primo che non faccia parte della famosa tetralogia, ma pur sempre romanzo catastrofico, sebbene qui gli elementi scatenanti non siano naturali ma sociali.
Il tratto di base che lo caratterizza è l’ambiente in cui si svolge l’azione, per l’appunto un mega condominio del futuro, che però sembra rassomigliare molto a quelli che già oggi ci ospitano, anche se quello del romanzo è praticamente un mondo completamente autosufficiente, con ogni tipo di struttura necessaria già al suo interno.
È la storia del progressivo sfaldarsi dei rapporti sociali normali all’interno di questo mondo chiuso, che in qualche modo richiama alla memoria i famosi luoghi chiusi della letteratura e della cinematografia dell’orrore.
E in effetti è del terrore quotidiano che si narra in queste pagine, dello sfascio fino alla completa barbarie e anarchia di un complesso sociale che si suppone come il più progredito raggiunto dalla razza umana.
Il lato migliore del testo è che riesce a far vivere episodi apparentemente assurdi in modo del tutto consequenziale e logico, perfettamente rientranti nella logica interna del romanzo, nel senso che l’assurdità di tali episodi non è del tutto intrinseca quanto derivante proprio dal fatto di svolgersi in un complesso edilizio che si direbbe e spererebbe perfetto, punta di diamante del progresso umano.
Quei corridoi, quelle stanze, quegli ascensori, in cui avviene di tutto, in cui sembra non esistere più alcuna legge, né civile né morale, ad esempio, mi fanno venire alla memoria i numerosi film sul dopobomba, come Gli avventurieri del pianeta Terra e la seria australiana di Interceptor (Mad Max), e le atmosfere che si vengono a creare all’inizio di romanzi come Il giorno dei trifidi di Wyndham; quei luoghi quotidiani divengono lo scenario di episodi quanto meno inquietanti, e in certa misura liberatori dall’inscatolamento moderno
Certo una tale materia abbisognerebbe forse di una più approfondita analisi delle pulsioni psicosociali che si vengono a creare nei megacondomini, ma credo che ognuno ne possa ricavare l'insegnamento che più gli è consono, come da ogni buona opera d'arte letteraria quale questo romanzo è.
Passando ora al 1976, tratteremo di due racconti apparsi nell'antologia La civiltà del vento. (2)
Il primo è Il pastore aereo (Low Flying Air-Craft); in un mondo spopolato, una giovane coppia aspetta un figlio, mentre un medico traccia segni argentati per guidare una mandria disperata e semi cieca in una radura in un bosco dell'entroterra.
Il bambino nasce anormale come ormai quasi tutti, ma il pastore aereo ha dei dubbi, anzi è convinto che "...si stia verificando un massacro degli innocenti terribilmente superiore a quello di Erode" (pag. 89), cioè che i mostri non siano altro che gli eredi dei cosidetti normali, un altro livello dopo l'homo sapiens, dopo di noi.
Il bambino nasce, e Forrester, il marito, lo affida alla donna ceca compagna di Gould, il pastore aereo, mentre la coppia si allontana.
Molto suggestivo, ha il suo punto di forza nella teoria del medico-aviatore-pastore, ovvero in una originale descrizione della fine della nostra razza, con la prospettiva di una nuova popolazione. Molto suggestiva soprattutto la figura della compagna cieca di Gould, così come la presenza-assenza di un personaggio, il praticante, l'addetto alle nascite e alle uccisioni.
Per concludere, non mi sembra che il tema aborto venga qui ad essere rilevante, sono piuttosto quegli altri elementi sopra evidenziati ad apparire prevalenti.
Secondo racconto di quest'antologia: Il bombardiere aereo (My Dream of Flying to Wake Island), in cui un ex astronauta è ossessionato dall'idea di volarsene sull'isola di Wake, nel pacifico, nella convinzione che le sue emicranie sarebbero senza dubbio passate.
Il testo è parecchio ermetico, direi confuso, ossessivo, ed è proprio l'ossessione la chiave di volta di tutto; egli "...è stato il primo uomo a subire un tracollo psichico nello spazio" (pag. 118), ma questo lo veniamo a sapere solo nel finale. Prima il suo arrancare attorno al relitto del bombardiere semisepolto sembra del tutto assurdo, immotivato.
Egli sa benissimo che la sua è un'impresa disperata e senza speranze. Una giovane aviatrice sembra dargli un barlume di speranza, ma poi parte sola, per andarsi a schiantare.
Ma non è un racconto da raccontare, ma da leggersi; forse c'è da dire che, sebbene l'idea di base sia ben sviluppata, qualche accenno alla vera identità del protagonista sarebbe stato meglio qualche pagina prima, aiutando il lettore nell'ardua impresa di decodificazione del testo.
Il tema poi, lo rende decisamente più realtà che fantascienza, in quanto sappiamo credo tutti quali traumi psichici abbiano subito molti degli astronauti americani delle imprese Apollo; ancora una volta dunque Ballard è l'autore di una Sf che si nutre del quotidiano, che prende linfa vitale dalla psiche dell'uomo, dai suoi meandri, dalle conseguenze degli eventi esterni sullo stesso.
Unico racconto del 1977 di cui tratteremo è Guerra finita (The Dead Time), compreso in Mitologie del futuro prossimo.
Racconto che lascia parecchio perplessi nell'iniziare a leggerlo, poiché parte come un normale racconto di fatti di guerra, e non si capisce cosa ci stia a fare in un'antologia di fantascienza. A incrementare questa perplessità poi vi sono alcuni elementi che fanno subodorare una certa autobiograficità del testo; come abbiamo visto Ballard fu rinchiuso durante la guerra in un campo di concentramento giapponese in Cina, e il racconto parte proprio dal momento in cui i prigionieri non vedono più i loro aguzzini, e conseguentemente sperano che la guerra sia finita.
Altro elemento è il desiderio del protagonista di recarsi a Shangai (città dove è nato Ballard) a trovare i suoi genitori.
Il racconto prende il suo vero avvio quando un gruppo di soldato giapponesi in ritirata ordinano al protagonista (di cui non si viene mai a sapere il nome) e a un suo commilitone di nome Hodson di portare dei cadaveri al cimitero protestante. Inizia il viaggio dei due, e i primi slittamenti coscienziali; dapprima scaricano i cadaveri per potersene andare più velocemente verso la meta comune, Shangai, poi incappano in un posto di blocco giapponese e sono costretti a ricaricare i cadaveri, recuperandoli da un fiume.
Ma l'interessante viene quando Hodson sparisce: "Dove fosse andato Hodson non lo scoprii mai".
Rimasto solo, il protagonista continua a caricare e scaricare i morti senza che se ne capisca il motivo, mostrando chiaramente a che punto fosse la sua pazzia: "...cominciai a rimuovere corpi a uno a uno, gettandoli sulla strada. Nuvole di mosche insozzavano l'aria intorno a me, come per avvertirmi della follia di quanto stavo facendo."
Non rimane solo fino alla conclusione. Entrato in un villaggio cinese col camion ancora carico incontra un vecchio e una bambina. Il vecchio muore e va a ingrossare il carico; la bambina lo accompagnerà nell'ultimo tratto del suo viaggio, così come nel suo ormai impazzito itinerario mentale.
Il finale mostra episodi dalle caratteristiche decisamente rituali, una ritualità tutta pagana legata alla defecazione e al cannibalismo: "Sebbene fossi ancora vergine, esposi i miei lombi ai cinesi che guardavano immoti nei campi. Con quei lombi, avrei seminato i morti", e "Senza pensare, e obbedendo a quello che pareva un impulso insensato, strappai un piccolo brandello di pelle dalla mia ferita e glielo misi in bocca".
Segue un finale di resurrezioni allucinatorie, in cui compaiono le figure fantasmatiche del padre e della madre. Sarebbe effettivamente interessante sapere quanto ci sia di autobiografico e quanto no. In ogni caso sarebbe da leggersi il volume Empire of the Sun, pubblicato da Ballard presso la Gollacz in Inghilterra, "un'opera autobiografica che rievoca la giovinezza trascorsa a Shangai e la prigionia in un campo giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale" (Piergiorgio Nicolazzini, in "Il mondo della Sf", "Cosmo informatore" 2/1984). Personalmente sono propenso a credere che un uomo, dopo un'esperienza come quella descritta, non possa essere in grado di scrivere capolavori quali Ballard ha scritto.
Eccoci ora a Un pomeriggi a Utah Beach (One Afternoon at Utah Beach) del 1978, antologizzato in Ora zero. Una coppia e l'amante praticamente dichiarato di lei a Utah Beach, paesino della Normandia tra quelli del D-Day.
Lei e l'amante fanno passaggiate su passeggiate, mentre il marito si interessa della Casematte tedesche; mentre vede i due amanti abbracciarsi incespica in quello che da principio gli sembra essere un cadavere di un soldato tedesco (paradosso: non avrebbe potuto essere ancora lì), e che poi si rivela per un soldato tedesco vivo e ventenne.
In sintesi in quel punto si verifica uno sdoppiamento che fa credere al lettore che ci siano in effetti due uomini in quella casamatta, il marito e quanto meno un tedesco di non ben chiara provenienza. Un turista tedesco pazzo? Sorge il dubbio, ma poi non sussiste.
In effetti lo sdoppiamento è di personalità, per cui alla fine dopo la catartica sparatoria finale tra gli amanti e il marito-soldato tedesco leggiamo "Guarda quell'equipaggiamento: cinghia di tela della Seconda Guerra Mondiale, munizioni di mitragliatrice, fornello a petrolio, un vocabolario tedesco (!), e tutti quei barattoli di minestra... guardalo... Dio, ma ha addosso una uniforme tedesca, stivali, giubba, tutto quanto!" (pag. 363-4).
Come avrete capito, il folle ha la peggio.
Tratteremo ora di Amore e napalm, U.S.A. (Love and Napalm, Export U.S.A.), anch'esso del 1978, facente parte dell'antologia The Atrocity Exibhition, anch'esso con la struttura frammentaria a brevissimi capitoletti con vari titoli, che qui più che altro sono brevi spezzoni di frasi a senso più o meno compiuto se letti di seguito.
Di atrocità appunto si tratta, atrocità clamorose, filmati di crudeltà, e i loro effetti terapeutici ed educativi.
Si nomina in un titoletto il famoso Traven di Terminal e L'arma omicida.
Non riassumibile perché non-racconto senza trama, trova il suo apogeo nella frase finale: "Questi studi confermano che solo nei termini di un modello psico-sessuale come quello offerto dalla guerra del Vietnam il pubblico degli Stati Uniti può intraprendere col resto del mondo una relazione normalmente caratterizzata dal termine amore" (pag. 65).
Sperimentalismo crudo, io direi così.
Ed eccoci infine all'ultimo romanzo, Ultime notizie dall'America (Hello America), del 1981.
Io principalmente lo vedo come un'enorme proiezione, in molti sensi: proiezione di una visione di un possibile futuro degli USA, abbandonato dopo lo sfascio totale; proiezione in senso più stretto: i membri di una spedizione proiettano i loro sogni nel deserto dorato, nel nuovo Eldorado, nell'America riscoperta; poi, principalmente, la proiezione del lettore stesso; il protagonista principale si chiama Wayne... e all'inizio ci si sforza di effettuare un ben preciso distinguo mentale tra il personaggio e John Wayne, il famoso attore di western; ma poi... un'immensa immagine di John Wayne viene proiettata nei cieli di quell'America, apparendo, come in un sogno allucinatorio, al Wayne protagonista.
In seguito verrà spiegato (non dico come), ma l'impressione rimane.
Infine, la proiezione psicopatica, ovvero il sogno presidenziale realizzato da un criminale nazista che alla fine si troverà come il tipico scienziato pazzo (vedi Il dottor stranamore di Kubrick) nella sala dei bottoni. Lanciando razzi nucleari sulle città deserte.
Richiamano molto i romanzi precedenti, soprattutto Deserto d'acqua, i capitoli cinque e sei ("Verso il mare interno" e "Il gran deserto americano"), in cui i componenti della spedizione si ritrovano in una realtà che assume i contorni sfumati, appunto. dei migliori paesaggi dei capolavori ballardiani.
Anche le scene di guerra e guerriglia dei capitoletti finali richiamano alcuni racconti del periodo d'oro del Nostro.
Certo molto meno convincente dei romanzi della "tetralogia degli elementi", si distingue invece come facente parte del filone molto particolare che ha caratterizzato l'ultima produzione del Nostro.
Mi aspettavo molto di più da questa lettura: l'attacco ai miti americani è esplicito, ma rimane un eccessivo compiacimento nell’elencare i personaggi, sia hollywoodiani che di altro genere, nel portare a galla l'immagine interiore dell'America- mito, l'immagine che più che altro l'America proietta. tanto per cambiare, su di noi europei.
Ballard sembra, tra le righe, voler dire questo: John Wayne, Marilyn Monroe, la statua della libertà, le testate nucleari, sono tutte immagini "interiori" comuni a tutti noi, facenti parte ormai del nostro inconscio collettivo (nostro nel senso ci noi europei), anche perché non "tra le righe" ma molto esplicitamente Ballard dice a proposito: "... mi sembrano (Kennedy, la Monroe, Wayne) personaggi fittizi motto più significativi di quelli che uno scrittore potrebbe inventare". (3)
Ancor a una volta i nuovi miti, il venirsi a creare nella società dei modelli, di una nuova mitologia
Ultima opera del Nostro di cui tratteremo, eccoci a Mitologie del futuro prossimo (Myths of the near future), racconto del 1982 che dà il titolo all'omonima antologia che lo comprende.
Due uomini e due donne. e una strana malattia che colpisce tutta la Terra.
Sheppard, architetto. svagato, giocatore con gli orologi, ha come hobby la pornografia. Elaine, sua moglie. colpita dalla malattia, è ricoverata in clinica. Marlinsen, giovane neurologo, medico curante di Elaine, scacciato dalla clinica per cattiva condotta professionale, fugge in Florida con lei. "Si erano stabiliti vicino a Cape Kennedy. vicino al vecchio centro spaziale."
La malattia, la vera protagonista dell'opera, è chiamata "mal di spazio": "...i primi sintomi erano una certa riluttanza a uscire di casa, il desiderio di abbandonare il lavoro, amici e famiglia, una vivace avversione per la luce del sole e una perdita di peso… nella fase finale dell'affezione appariva un altro sintomo... Senza quasi eccezioni, le vittime si convincevano di essere state astronauti." Vi è una breve e poco convinta spiegazione scientifica di questo particolare disastro: "...si credette di poter individuare la causa nell'impoverimento della fascia di ozono dell'atmosfera... Forse i sintomi di timidezza e di ritiro dal mondo non erano altro che una risposta difensiva ai pericoli delle radiazioni ultraviolette...". Ma come al solito ad essere messe in risalto sono le conseguenze di ciò sulla psiche dei personaggi.
La trama in sintesi consiste nella ricerca della moglie da parte di Sheppard, che non crede alla lettera di Martinsen che, con tanto di certificato, la dava per morta. La struttura narrativa è estremamente complessa. e proprio per come è strutturata risulta estremamente stimolante. Si tratta prevalentemente di un incasellamento di sezioni temporali che vengono a sovrapporsi successivamente le une alle altre, a disegnare un quadro sempre più completo della situazione contestuale.
Senza rivelare il finale, direi che con questo racconto Ballard conferma la sua enorme capacità narrativa e la sua immensa immaginazione. E ora, in conclusione di questo saggio, vorrei riportare il finale della frase che cito in apertura, dalla prefazione a I segreti di Vermilion Sands: "… e io aspetto ottimista che assuma forma concreta attorno a me".
Note
(1) Da "La parola nuda: aspetti del sincronismo apocalittico nella tetralogia degli elementi di J.G. Ballard" di M. Domenico Cammarota, pag. 39
(2) La data in realtà è quella della pubblicazione dell’antologia; che i racconti siano proprio di quell’anno non ci giurerei, comunque così dice il "Catalogo generale" di Gianni Pilo… crediamogli!
(3) Da Science fiction can't be immune from change, 1969, frase tratta da Ieri il futuro di Gianni Montanari .
[ Indietro ]
Articoli per bibliografie e saggi sulla sf italiana Copyright © di IntercoM Science Fiction Station - (3 letture) |