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di Mario Lepore


Un automa abbandonato in un magazzino pieno di polvere continua a ripetere incessantemente:

"Sono un uomo meccanico,

due braccia meccaniche,

due gambe meccaniche,

ruote, transistor ed ingranaggi… "

(Da Mechanical Man - Devo)


Premessa.

Tra le domande che più ci assillano pensando al futuro, se escludiamo quelle comparative sul tipo - dove arriveremo? Cosa scopriremo? - c'è la profenda ad essenziale: Come saremo?

La letteratura fantascientifica ha dato larga risposta a questo quesito, per la maggior parte dogli scrittori è scontato il totale assorbimento di tutto quello che la tecnica avanzata ci può dare: le abitazioni, le auto (elettriche naturalmente) e tutto quello che ci circonda sarà computerizzato.

I nostri gesti, le parole e forse anche il pensiero sarà strettamente legato alle macchine, i pulsanti da schiacciare (già ne schiacciamo una certa quantità oggi, se ci fate caso) saranno le uniche attività che resteranno da fare. Nascerà una catena di montaggio dell'uomo?

***

Alcuni musicisti, soprattutto delle ultime ondate, si sono posti il problema "come sarà l'uomo?". Da Akron nell'Ohio, una delle città più industrializzate degli USA, dove si trovano le più famose fabbriche della gomma come Dunlop, Firestone e Goodyear, giunge un segnale d’allarme. Le tute di plastica e le maschere antismog che i Devo, nati nel 1976, portano, la loro musica fatta di ritmi ripetuti quasi meccanicamente, la loro nascita, che essi fanno risalire ad una fortuita creazione di laboratorio, danno una precisa immagine dell'homo industrialis, l'atto finale dell'evoluzione sul nostro pianeta.

Naturalmente quello che i Devo rappresentano è un estremismo tecnologico. Nel loro programma del futuro, già prestabilito e chiamato De-volution, si nota che stiamo andando verso una metamorfosi uomo-macchina. Si arriverà ad un ibrido che nascerà in provetta, che avrà una vita standard con emozioni, sensazioni e pensieri unificati.

Vivrà in una società estremamente meccanizzata e non avrà più problemi del tipo come fare ad esprimere la propria fantasia, perché non possiederà fantasia. È una visione abbastanza nota a chi ha letto "1984" di George Orwell.

Un punto d'incontro ideale tra letteratura fantascientifica e musica è la struttura tecnologica che circonda l'uomo del duemila e passa. I cardini di questa tecnologia sono essenzialmente le fonti energetiche, lo spazio ed i servo meccanismi, quelle cose cioè che dovranno tramite il loro uso rendere più facile la vita, i robots.

Sensibili a questa problematica si sono dimostrati i tedeschi Kratftwerk, provenienti dalla tetra ed affumicata Dusseldorf (faccio notare, il precisare il luogo di provenienza dei musicisti che cito non è casuale, poiché io ritengo che sia indispensabile per la comprensione del "background" e quindi delle scelte del musicista), l'ultima produzione dei Kraftwerk (Centrale Elettrica), nati nel 1970 come angosciosi sperimentatori elettronici, ha visto l'uscita di lavori dedicati ad ognuno di questi problemi.

Mi soffermo su "Radioactivity" del 1976, che parte da una indagine storica sull'atomo e pone le basi per i progetti futuri.

L'affascinate processo della fusione dell’atomo, affascinante perché sono ancora da scoprire i vasti campi di utilizzazione, rimane un mezzo energetico importante, anche se il suo processo sviluppa un qualcosa di terribilmente pericoloso; la radioattività.

L'atomo diventa dunque scintilla di vita e di morte, come fonte di un'energia inesauribile e come mezzo che, se usato in maniera assurda per fare cose ancora più assurde, può provocare immense distruzioni, compresa quella di chi l'adopera.

Sotto questi aspetti il futuro assume anche toni drammatici, dove conseguenze di alcuni gesti non meditati possono portare a danni irreparabili per l'umanità, ipotesi questa già prevista da una buona parte degli scrittori di fantascienza.

"Radioattività

È l'inizio della vita per te e per me,

Radioattività

Il risultato dei lenti studi di madame Curie/

Radioattività

Toni e luci su melodie,

Radioattività

È l’inizio della fine per te e per me... "

(Da Radioactivity - Kratftwerk)


I Kratftwerk sono, sotto l'aspetto tecnico, tra i musicisti più avanzati. L’ultimo loro ritrovato è uno stretto collegamento con il computer che grazie ad un "soft-ware", un linguaggio particolare, assume un ruolo a volte determinante nella composizione dei brani. Prevedendo un perfezionamento di questo ''linguaggio" potremo ottenere la musica dei calcolatori.

Intanto c’è già chi dice che il programmatore sarà l'ultimo degli artisti.

Per chi ama le vie di mezzo, naturalmente solo a livello espressivo, può rivolgersi alle Teste Parlanti; i Talking Heads.

Provenienti da New York, la più grande megalopoli del mondo. La loro musica è soprattutto influenzata da questa origine; vivere in una città enorme, in continua evoluzione, comporta un adeguarsi a ritmi di vita estremamente veloci ed estenuanti che riducono notevolmente la possibilità di contatti sociali.

Le conseguenze di una chiusura, di un lungo isolamento, portano inevitabilmente a forme deteriori come le psicosi e la violenza.

Un'analisi critica di questo stato di vita è il punto di partenza per le teste parlanti. Sentiamo cosa dice David Byrne, ventotto anni, scozzese di nascita ma ormai americano a tutti gli effetti, leader dei Talking Heads:

"Immaginiamo con troppa facilità, degli esseri o molto meglio o molto peggio di noi, e tutto questo ci allontana dalla realtà. Forse perché lo studio dei processi avanza troppo in fretta per noi, e non abbiamo il tempo di assimilare qualcosa che già c'è qualcosa di completamente nuovo da capire, e questo ci spaventa, ci colpisce in modo positivo o negativo…"

Nati nel 1975 i Talking Heads hanno, soprattutto con gli ultimi lavori, miscelato sapientemente il rock urbano con una musica afro-tribale che viene vissuta come un ritorno alle origini, su dei testi che affondano ovunque e tra accenti Hitchochiani, trappole del futuro e vuoti mentali, viene fuori la causa di tutto quello che e il "sovraccarico".

"… Una frequente restituzione

ed un abbandono nascosto

una condizione di pietà

un cambio di tempo

una veduta da ricordare.

Il centro è mancato

loro discutono dove sta il futuro

negli occhi di qualcuno

che discute dove sta il futuro.

(Da "The Overload - Il Sovraccarico - Talking Heads.)


I tre gruppi di cui avete appena letto sono naturalmente presi a campione in quello che è un vero esercito di artisti, più o meno illuminati ed illuminanti, che riescono ad esprimere in suoni e parole le visioni di un domani dove l'uomo, come si è visto, potrebbe trovarsi a disagio se non fa seguire allo sviluppo della conoscenza fisica anche una più interiore, di pura umanità.

In fondo noi non abbiamo due braccia meccaniche, due gambe meccaniche, ruote, transistors ...






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