Anemia
di Alberto Abruzzese-FANTASTICO
"Riflessi" n. 15, ed. Theoria, '84, 146 pagg., 7.500 £ (3,87 €); © by Edizioni Theoria s.r.l.
Altri contributi critici
-"Vizi privati di pubbliche figure", di Antonio Caronia, "Linus" n. 4/'85, pag. 112
Dopo l'enorme successo letterario de "Il nome della rosa" di Umberto Eco, ecco che un altro semiologo tenta la via della narrativa; e per la prima volta, come
dice Antonio Caronia. Nella stessa recensione troviamo questa indispensabile indicazione: "...una tendenza che sembra timidamente affiorare nella letteratura italiana... gli scrittori mett(o)no in scena figure pubbliche del
nostro tempo... spesso colti nel loro soccombere all'ineluttabile forza di situazioni che essi dovrebbero (si suppone) padroneggiare e che invece li travolgono."
Nel romanzo di cui andiamo a trattare questa tendenza si manifesta come "...lo scacco della razionalità di fronte all'irrazionale..."
È, comunque, di primaria importanza il fatto che l'autore sia un ottimo conoscitore ed estimatore delle ghotic stories, come dimostra ampiamente nel suo ottimo saggio "L'abbandono della sacra dimora" (in "Racconti
di fantascienza", "Cultura politica" n. 182, ed. Savelli, '77, pag. 189), in cui, in una delle sezioni in cui si articola, dà un'interpretazione decisamente stimolante del "Dracula" di Bram Stoker ("Oscar
classici" n. 380, ed. Mondadori).
La storia è, nel complesso, estremamente lineare: un potente, un burocrate del P.C.I., come risulta evidente, anche se l'autore non ne esplicita la sigla, malato
della malattia di cui al titolo, ne è il protagonista; il primo dei tre capitoli di cui si compone è caratterizzato dall'accumularsi, dal susseguirsi di stati di coscienza anomali, di sempre più frequenti irruzioni dell'anomalo
nel quotidiano di questi.
Cinofilo da sempre, adesso, quando entra in una sala cinematografica: "A poco a poco l'energia fuggiva altrove. Cominciò questo suo nuovo centro vitale sensitivo, ad oscillargli sopra la testa... Si muoveva con rapide cadute... ad un palmo dai volti pallidi degli spettatori, tra i quali con raccapriccio vide se stesso... gli pareva di volare in un antro maleodorante e di lambire le carni
dei suoi abitanti." (pagg. 32-33).
Durante una cenetta in un ristorante, mentre Marcella, la sua compagna, gli sta raccontando un sogno, lui si incanta, la sua coscienza si fissa in un altrove lontanissimo da lei; dopo essere stato destato, tra gli sguardi sbigottiti di quelli: "Quel che vide gli provocò un singulto di vomito (...); nel fondo del piatto le sue mani, armate di coltello e forchetta, continuavano ancora,
meccanicamente, a martoriare la carne del filetto ridotta ormai ad una poltiglia di sangue." (pagg. 50-51).
Questi ed altri fatti lo inducono a chiudersi in casa, senza voler vedere nè sentire nessuno.
Vi sono qui due paginette e mezza, neanche, tra le più pregnanti dell'intera opera: "Ridotta la casa a pochi percorsi ossessivi... Umberto U. trascorreva
lunghe ore di silenzio con... la mente concentrata su un qualche gesto che sin dal mattino s'era imposto di compiere e che invece rimandava continuamente e, con ostinata rinuncia, proiettava nella sfera del possibile e forse anche del necessario, ma non fattibile... Spesso... perdeva il controllo su sè stesso. Si smarriva, allora, in opposti e contrari desideri, in fantasie sparse e tra loro ostili, in fissazioni corporali... lo insidiava una smania di uscire nell'umido della sera, di cercare le prime ombre della notte... A volte resisteva, a volte cedeva. Non poche volte, a notte ormai inoltrata, riusciva, pieno di angoscia,
ad abbandonare l'appartamento e, scivolando per i vicoli già deserti del centro, ad inoltrarsi nei giardini più bui o, affacciato da qualche ponte, a fissarsi sullo scorrere dell'acqua." (pagg. 53-55).
In seguito a tutto ciò decide di trasferirsi nella villa in cui era stato da fanciullo, in un paesino.
Il secondo capitolo è nettamente distinto in due parti, ovvero il proseguimento della narrazione sul piano narrativo del primo, e una lunghissima parentesi
diaristica, consistente nella lettura, da parte di Umberto U., di vecchie e logore pagine del povero nonno.
E senza dubbio nella prima che si trovano le cose migliori: "La tranquillità del luogo gli aveva concesso una sonnolenta calma... Aveva ritrovato tutti i luoghi della sua memoria... Ma... non ricordava il sapore di un tempo." (pagg. 71-72).
Il tema della "sacra dimora" direi che è qui molto esplicito; dopo il suo abbandono, il ritorno e quindi la "...dimora ritrovata..."; la poetica dell'ultima frase citata mi ricorda molto da vicino quella del Barnabò
buzzantiano (vedi), quando, dopo l'esilio in pianura, torna alle sue crode.
La parte diaristica descrive la follia del vecchio, terrorizzato dalla sorte a tal punto da, appunto, impazzire, per compiere orrendi atti di vandalismo nei cimiteri; ma questa atroce verità Umberto U. la scoprirà in un secondo tempo; nel diario tutto è narrato attraverso il fitto velo dell'erudizione tutta particolare del
vecchio: "...se leggo di fantasmi, il cuore mi sembra ricevere sollievo e quasi rallegrarsi nella finzione dell'orrore." (pag. 95); si cita Hoffmann, tra le sue letture, che fra l'altro, questi, sicuramente, è tra i
favoriti del Nostro.
Nel terzo ed ultimo capitolo si possono notare alcuni motivi sovrapposti: l'atteggiamento psicologico del burocrate dinanzi al sottoproletariato, al ceto medio, agli
operai, la non comunicabilità con questi, il loro essere, per lui, solo "...forti referenti del lavoro..."; "...risorsa da scambiare." (pag. 137). La sua angoscia di non riconoscersi "...nel numero dei superstiti..." in una eventuale "...catastrofe
universale..." (pag. 146). E, poi, la ripresa, direi essenziale, di un motivo delle prime pagine, il soffermarsi della libido di lui "...il pulsare tranquillo e allettante di una piccola vena..." di Marcella (pag. 34), che qui "...sta offrendo allo sguardo di Umberto U...." (pag.
145).
A letto con l'amante, infine, le succhia il sangue da un graffio al seno: "Così, riverso sul petto di Silvana, Umberto U. poco a poco riprende energia, sente tornargli un calore prima sconosciuto, prova un lungo e inestinguibile
piacere." (pagg. 149-150); ove l'ipotesi razionale dell'anemia e quella irrazionale del vampirismo cozzano duramente; "...gli sembra possibile il paradosso fantastico, e tuttavia per lui così familiare, di essere un
vampiro." (pag. 152).
Ed ecco che, quindi, magistralmente, un grande della nostra intellighentia ha saputo dar corpo ad un'opera sul vampiro, archetipo che "...non è di nessun autore, ma è ormai entrato nel patrimonio archetipico, oltrechè artistico, del mondo occidentale e non." (Claudio de nardi, in "Mainstream, vampiri e dintorni", "L'altro regno" n. 2, anno 1°, ed. Solfanelli, '85, pag. 13), che qui "...segna l'irruzione nella vita di ciò che la politica, per fondare se stessa, ha dovuto rimuovere: il senso del pericolo e della morte." (Antonio Caronia, op.cit.).
Da questo romanzo è stato tratto un film omonimo (vedi).
originariamente in "Algenib notizie" n. 9/10, '91
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