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a cura di Vittorio Curtoni, Gianfranco de Turris e Gianni Montanari-FANTASCIENZA

"Galassia" n. 113, "Bigalassia" n. 15, ed. La tribuna, '70, '72, 204 pagg., 350 £; prezzo remainders: 7,75 €; © by Casa Editrice La Tribuna



È, questa, la seconda antologia vera e propria esclusivamente dedicata alla fantascienza italiana, senza contare i sette numeri di "Interplanet", e la rivista "Futuro" (vedi l'antologia trattavi), dopo quel "I labirinti del terzo pianeta".

E la qualità è decisamente migliore; molti i racconti, come vedremo, davvero ottimi.

Nell'introduzione i curatori, partendo, inevitabilmente (vedi data di pubblicazione), dallo sbarco sulla Luna ("Nei giorni "caldi" dell'impresa spaziale abbiamo sentito noti intellettuali proclamare che la fantascienza è morta; che ormai essa è ridotta a fatto di cronaca, e non possiede più alcuna idea nuova da esprimere. Niente di più sbagliato. La Sf, semmai, è rinata..." (pag. 8)), parlano poi delle sorti della Sf nostrana fino ad allora, con la scomparsa delle fanzine, e la mancanza di qualsiasi spazio per i nostri autori, per proseguire coll'asserire che: "...i nostri autori, se aiutati ed incoraggiati, possono produrre lavori di grande rilievo; in una parola che anche in Italia si (può) raggiungere il livello degli altri Paesi." (pag. 11).

E, a riguardo dei racconti dell'antologia, mettendo in rilievo il fatto più marcato che vi spicca : "Ci pare evidente, in tutti gli autori, un superamento di ogni influenza esterna..." (pag. 11), e un altro, forse più importante, che in effetti caratterizza tutta quest'opera: "Assolutamente predominante risulta l'impegno introspettivo... che fa assumere sovente più importanza ai personaggi che non alla trama.", cosa che, anche, fanno notare, "...raramente si ritrova in molta parte della Sf americana..." (pag. 12).

Ma vediamo i racconti ad uno ad uno.


-"Guarda che notte splendido tesoro", di Gogo Tao Carrara (pagg. 15-20)-ottimo, è sostenuto solamente dall'atmosfera soffusa che vi si riesce a creare; infatti lo scenario in cui si muove viene lasciato totalmente in ombra, solo accennandone degli elementi.

Come ben si dice nell'introduzione parla della: "...sensazione di qualcosa di superiore e di misterioso che ci spia in ogni momento della nostra vita." (pag. 14), che potrebbe, erroneamente, far pensare a qualcosa di lovecraftiano.

-"Ritratto del figlio", di Vittorio Curtoni (finalista, 3°, premio "Italia" '72; pagg. 23-49)-anche questo ottimo, è il tipico racconto del Curtoni, cioè un mainstream camuffato da racconto di Sf.

Qui siamo in un'Italia post disastro nucleare, che, all'inizio, viene decisamente scambiata per una del secondo dopoguerra: "La guerra è finita. Ci avete aiutati, e vi ringraziamo. Ma adesso basta, non vogliamo più carità." (pag. 25), sentiamo infatti dire da un contadino ad un militare americano.

Ma, poi, il quadro comincia a delinearsi; le radiazioni hanno, oltre che ucciso e distrutto, creato "...animali strani..." (pag. 26), mutanti, che poi scopriremo esserci anche fra gli umani.

E l'intero assetto geologico del pianeta si stà modificando: "...l'Africa stà scivolando nel mare. Tra un paio di secoli il continente sarà completamente sommerso.... Questo porterà ad altri sconvolgimenti, e praticamente il volto della terra si cambierà." (pag. 29).

Come si dice nell'introduzione, "I racconti di Curtoni non hanno in genere più di due protagonisti..." (pag. 22), e questo non fa certo eccezione; ma è il figlio del contadino il protagonista virtuale del racconto: "Ha sei anni suonati, e non ha mai detto una parola in vita sua. Non parla, non risponde, forse neanche ci sente. Certi giorni lo guardo e mi sembra che sia un estraneo, un mostro. È così distante da noi." (pag. 28).

Un tipico diverso, anche se non, sembrerebbe, un vero e proprio mutante; il finale vede la sua fuga, ed un pensiero strano (ma non troppo), del contadino: "Si sarebbe trovato un posto adatto, e tutti gli altri che gli erano simili l'avrebbero prima o poi raggiunto. Un'enorme diaspora che avrebbe fatto sorgere la società del futuro." (pag. 49).

-"La sua mano", di Luigi De Pascalis (anche in "Incubo", "Biblioteca di fantasy e horror" n. 4, ed. Mondadori, '80; pagg. 51-80)-che è una specie di riscrittura di un racconto fantastico/marinaresco dell'ottocento, come se ne possono leggere tanti.

Riscrittura fatta senza alcuna ironia, ma esattamente come se lo fosse.

Vi si usa, quindi, un linguaggio arcaico, che, con l'argomento trattato, la tratta degli schiavi, riesce a creare, esattamente, l'atmosfera di quei racconti.

L'elemento fantastico è dato dalla presenza, fra gli schiavi, di un gigante, che presto si rivela essere qualcosa d'altro; e che porterà l'ammutinamento e la morte, e, quindi, ad un mondo decisamente altro, nel quale più nulla è come nel nostro; il sole: "...assai più grande... e la sua luce aveva riflessi rossastri..." e "...il mare... aveva un incredibile colore violetto..." (pag. 79); e dove i morti vivono per sempre remando in immense, veloci navi di metallo.

Anche il phatos che vi si vive è quello di quell'epoca, con la Razionalità ad avere un'importanza che oggi non ha più: "Per tutta la vita ho cercato di spiegarmi razionalmente ogni fenomeno che osservavo. Da sempre sono stato convinto che la ragione umana potesse spiegare i segreti dell'Universo... ero... convinto che la differenza tra l'uomo e la bestia umana fosse la Ragione, e che l'uomo razionale avesse ogni diritto su questi pupazzi, su queste larve nere ricolme di superstizioni e di paura." (pagg. 66-77).

-"Natale su Miranda", di Gianfranco de Turris (originariamente apparso su "Folla" n. 1, '66, finalista, 2°, premio "Italia" '72; pagg. 83-95)-quasi autobiografico, per assurdo, ha per sovrastruttura uno scenario di vera Sf, un uomo su di una stazione scientifica su quel satellite di Urano, ma dice, appunto, di una fuga; infatti il protagonista è andato là volontario, poiché il suo: "...modo di vivere, i (suoi) principi fondamentali contrasta(va)no con il cinismo la freddezza l'egoismo l'ipocrisia..." (pag. 92) che ormai permeavano la vita sulla Terra.

Il de Turris ha vissuto, ciò, nella sua stessa vita, come ben si sa, e si dice bene nell'introduzione: "...disimpegnarsi intellettualmente da un mondo ormai quasi esclusivamente consumistico e materialista..." (pag. 82).

Il racconto verte sul dialogo fra il protagonista ed un'entità là trovatavi: "...un essere pensante più antico della razza umana..." (pag. 86), nel quale si dicono (telepaticamente), di religione, e fede: ""Non è qualcosa che si trasmette. Un giorno o l'altro ti rilassi. È la fede"", è l'epitaffio alla seconda parte, da Bradbury (pag. 86); e sul Natale: "...manifestazioni che possono essere sì belle e nobili e buone ma che restano sempre esteriori..." (pag. 88); "...si è dimenticato lo scopo, non si "sente" più nulla, non si crede a nulla." (pag. 89).

Per concludersi con un Dio, un pò panteistico, ritrovato nell'immensità degli spazi siderali: "...lì erano solamente lui e Dio. L'uomo era seduto e Dio era intorno a lui. Dappertutto.... un Dio che gli uomini non avevano riconosciuto nella Natura che li circondava..." (pag. 94); sentimento comune detto da molti astronomi.

-"Il pianeta delle maschere", di Tiberio Guerrini (originariamente apparso su "Oltre il cielo" n. 154, ed. Esse, '70; pagg. 97-109)-scritto in forma di lavoro teatrale, vi vede citati, anche, vari brani di commedie classiche e moderne, da Eschilo a Lorca.

E ha tre personaggi, che scendono con un'astronave su un pianeta lontano, portandosi dietro un delitto: qualcuno, di loro, ha infatti ucciso una delle due donne, la moglie di uno dei due uomini.

In sintesi, dice dell'impossibilità dell'Uomo di lasciarsi dietro le proprie meschinità, per quanto lontano, ed in posti favolosi vada: "Abbiamo portato fin qui il nostro sterco. In questo mondo ancora intatto." (pag. 102).

-"Deserto rosso", di Riccardo Leveghi (pagg. 111-21)-onirico, racconta, per immagini sfuggenti ed incerte, di quelli che sembrerebbero essere gli ultimi rappresentanti della razza umana, alle prese con i resti di una razza creduta estinta; ma che, almeno nei sogni, allucinazioni, di questi, sembra non esserlo del tutto.

Immagini stracolme di barocchismi ne dicono le immense dimore, e i ricordi di orrori sanguinosi; ma è il sesso come possibilità di vita, sia reale che psicologica, ciò che in realtà vi si dice: "...qualcosa di morbido, caldo, che mi stringeva mentre morivo dentro di lei per risorgere e morire ancora un'altra volta." (pag. 118).

-"Gli arpionatori", di Mauro Antonio Miglieruolo (pagg. 123-31; vedi anche "Gli ultimi anni", in "Le frontiere dell'ignoto", di Vittorio Curtoni, "Saggi" n. 2, ed. Nord, '77, pag. 178)-narrato dal "...punto di vista di uno storico del '500... con gli occhi del Leonardo del "Diluvio"". (pag. 122), come si legge nell'introduzione, è la divertente/scioccante narrazione, in questo stile aulico, di un disastro immane capitato alla razza umana, a causa della sovrappopolazione, che l'ha fatta regredire alla necrofagia.

-"Ad maiorem dei gloriam", di Gianni Montanari (tradotto in tedesco come "Ad Maiorem Dei Gloriam", in "Das Gewand der Nessa", '84, tr. Hilde Linnert; pagg. 133-51)-in cui si racconta di un'interminabile futura, guerra, combattuta da un occidente guidato niente di meno che dalla Santa Sede, contro i Rossi dei soviet.

E vi aleggia qualcosa di detto e non detto, riguardo ad una qualche arma, quasi metafisica, spirituale, ma dalle devastanti conseguenze, usata dai primi nell'episodio narratovi.

-"Il mare bianco", di Massimo Pandolfi (tradotto in tedesco come "Das weisse Meer", in "Labyrinthe der Zukunft", a cura di Lino Aldani (Wilhelm Heyne, '84), tr. Hilde Linnert; pagg. 153-63)-splendido, come praticamente tutto, della produzione dell'autore, è una sorta di fiaba, un racconto trasognato di avvenimenti improbabili che si svolgono in un'aura incerta, indefinita, anche se, per un altro verso, ben definita all'interno di una tipica struttura fantascientifica.

Vi si dice, in sintesi, dell'Amore: "...quella strana facoltà che chiamiamo empatia... mi capitò di comprenderla attraverso gesti insignificanti." (pag. 159); "...anche lei mi amava, lo sentivo oscuramente, lo sapevo proprio per quella specie di empatia che mi aveva fatto sentire i suoi bisogni e le sue paure... lo sapevo, e questo mi bastava, questo soltanto." (pag. 161).

E la soluzione finale, che vede estrinsecarsi nell'unica maniera possibile il phatos d'amore del protagonista per la donna, perfetta e completa, ma dalle dimensioni impossibilitanti ad altro, è davvero molto toccante.

-"Rivelazioni sul Tropical project", di Pierfrancesco Prosperi (anche in "Segretissimo presenta Inverno Spia 1979", ed. Mondadori, '79; pagg. 165-81)-buon racconto sugli universi paralleli, in forma di ricostruzione a posteriori, in un colloquio fra l'autore di un libro sull'episodio in questione ed un agente della CIA.

Ma nel quale non si dice davvero nulla di nuovo, sull'argomento; mi è invece sembrata significativa questa frase, detta di fronte allo scetticismo dell'agente della CIA: "Supposizione (quella dell'esistenza degli universi paralleli) che una mente logica e raziocinanante non può, evidentemente, sognare di accettare." (pag. 180).

E divertente la nota a calce, un riferimento al libro di cui si parla: "(tratto da "Rivelazioni sul Tropical project", ed. Bompiani, 1982, pagg. 216 (ril., Lire pesanti 2,5)" (pag. 181).

-"A pesca sul lago Qumran", di Maurizio Viano (anche in “Futuro Europa” n. 39, ed. Perseo libri, 2004; tradotto in russo come "Dvoe na ozere Qumran", in "Dvoe na ozere Qumran", '72, tr. L. Versinin, in tedesco come "Zum Fischen an den Qumran-See", in "Die Stimme der Unendlichkeit", a cura di Mariangela Cerrino, '81, tr. Hilde Linnert, e in esperanto, come "Boate sur lago Qumran", in "Sferoj" # 9, '94, tr. Giulio Cappa; pagg. 183-204)-ennesimo ottimo racconto di quest'antologia, è una sorta di elogio della lettura, quale mezzo per fuggire dal quotidiano: "Questo mondo qui dove tutti sembrano trovarsi a loro agio-e non ne capisco il motivo... costruito in maniera così goffa e volgare, e che non è se non la maschera d'argilla impressa ruvidamente sulle ali della farfalla..." (pag. 197).

Ad una lettura superficiale sembrerebbe che vi si dica qualcosa di filosofico riguardo all'Uomo, visto come qualcosa di innaturalmente legato alla materia, al corpo, che anela a fuggire via, ma penso che una lettura più giusta sia quella che ho accennato: "...mentre il corpo sta giù immobile, un'altra parte, più interna e leggera, sembra esca fuori e si metta a viaggiare." (pag. 192); "...la crisalide della vita... anela istintivamente di fuggire nella dimensione che le è propria. Qui non esiste più il tempo e lo spazio come noi lo concepiamo." (pag. 193), in cui quel "qui" mi pare proprio significare lo spazio mentale della lettura.

E della scrittura, dell'opera letteraria come catalizzatrice dei sogni dell'Uomo, che, per mezzo loro, riescono a spiccare il volo che desiderano spiccare senza dover goffamente ricadere a terra: "...la gente non è abituata a volare... Quando spiccano il volo non varcano completamente la soglia che conduce dall'altra parte... Simili ad uccelli ciechi battono continuamente contro gli ostacoli... fino a quando il terrore delle vertigini e l'esaurirsi della spinta iniziale non li riconducono verso il basso, a riaccucciarsi dentro il corpo" (pag. 193).

Insomma la narrazione come qualcosa che incanala le "Silenziose ed invisibili correnti d'energia (che) percorrono ogni punto di materia disseminata nei molteplici universi", un "...elemento ricevente..." per mezzo del quale "...ci affidiamo al flusso, e saldamente guidati, come una zattera sulla corrente di un fiume, ci lasciamo tranquillamente trasportare." (pag. 194); altrimenti, solo nei sogni c'è qualcosa di simile, ma, appunto, senza un catalizzatore: "Dormono e si sforzano di salire... Non hanno, del resto, nessun posto dove andare. Niente di sicuro." (pag. 203).

La trama è costruita davvero bene, e portata avanti in buono stile, partendo da un assunto iniziale davvero divertente.


Dunque davvero quest'antologia deve aver lasciato molto ben presagire per le sorti, allora molto incerte, della nostra Sf; vedremo che, a questa, ne seguirono ben altre due, "Amore a quattro dimensioni" e "Sedici mappe del nostro futuro", cosa, per allora, davvero incredibile, ma che la redazione di "Galassia", davvero avanti, come si direbbe oggi, si impegnò a fare, anche per l'ottimo riscontro di pubblico e di critica a questa prima.






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