Dove stiamo volando
di Vittorio Curtoni-FANTASCIENZA
"Galassia" n. 174, "Bigalassia" n. 42, ed. La tribuna, '72, '79; © by Vittorio Curtoni; 400, 1.400 £, prezzi remainders: 7,75, 4,13 €; 118 pagg.
Altri contributi critici
-"Alla scoperta di noi stessi", intervista a Vittorio Curtoni, "La bottega del fantastico" n. 3, '81, pag. 28
-recensione in "Nei labirinti della fantascienza", a cura del collettivo "Un'ambigua utopia", "Universale economica" n. 879, ed. Feltrinelli, '79, pag. 67
-"La droga e il metadone", di Vittorio Curtoni, "La collina" n. 4, ed. Nord, '83, pag. 40
Dopobomba.
Un mutante senza sesso lascia il padre e va alla ricerca di Nuova Parigi, in compagnia di Ivo, questi in cerca del proprio fantasmatico fratello. Giuntovi, entra nel ghetto dei mutanti, si innamora di uno di loro e scopre la propria femminilità.
Decidono per l'operazione.
Mentre i due viaggiano alla volta del chirurgo, nel quartiere dei normali, apprendono della rivoluzione che i loro simili stanno per attuare, ma continuano.
La rivolta avviene ma è subito soffocata nel sangue.
Al ritorno lei viene presa da un raptus di misericordia cristiana, uno slancio di empatia, e corre in mezzo alla battaglia a portare soccorso; lui muore.
Rimasta sola, prima incontra l'assassino del suo uomo, poi raggiunge quella che era stata la sua dimora nel ghetto, apprendendo la morte di tutti i suoi amici, e,
infine, viene violentata dal padre sulla spiaggia, attirata magicamente, per poi distruggere Ivo, rivelatosi un robot, e la sua di conseguenza falsa ricerca.
E il suicidio.
Questa, in sintesi di massima, la trama.
Quello che più colpisce, comunque, è lo stile, estremamente poetico, che, a volte, non riesce più a restare imbrigliato nelle linee regolari della prosa, e prorompe in versi veri e propri, magari non rimati, ma alquanto toccanti, come:
"Per quello che ricordo: /chilometri e chilometri di polvere; /un villaggio incontrato sul percorso; /qualche chilometro di prati; /un solo bosco senza animali; /tredici strade diverse tra cui scegliere; /la mia solitudine."
(pag. 13).
"Come io adesso/sulla riva di questo mare/non conosco più bandiere." (pag. 33).
Dodici capitoletti, centosei pagine, appena appena un romanzo, l'unico, poi che il Curtoni abbia prodotto.
Narrato in prima persona, vede, in sintesi, lo svolgersi nelle pagine di un dramma umano legato, più che altro, al conflitto interiore tra interesse personale e comunitario, e questo soprattutto nel finale, ove la coppia suddetta si ritrova a dover scegliere tra continuare il viaggio e l'unirsi alla lotta, e dove, più avanti, la nuova lei sceglie per la seconda strada, con le conseguenze già
accennate.
Quello che conta, però, è che in ogni pagina, in ogni riga, si ritrovino spunti e motivi di dibattito, che, per lo più, vanno a creare nel fruitore un ricchissimo
bagaglio a cui molto spesso occorre attingere per poter continuare la lettura in modo decoroso. Ad esempio, ecco ciò che risponde il capo di una tribù nomade incontrata durante il viaggio di Charles e Ivo, dopo essere stato interrogato niente di meno che sul significato della vita: "È qui-mi disse Jacques-il significato della mia vita. Nel mio lavoro, nel mio campo, nei miei figli e in
mia moglie; negli amici che ho e nei nemici che mi odiano. In tutte le cose che dico o faccio o vedo o penso in ogni minuto della mia esistenza" (...) "Credi in dio?" gli domandai.(...)"La morte chiude tutto"-rispose lui. "Vita e significati. Non puoi pretendere di più"" (pag. 21).
Nello stesso episodio, molto interessante la descrizione di un'usanza funebre, riguardante il comportamento femminile in quelle occasioni. (a questo proposito, interessante il volume "Morte e pianto rituale" di Ernesto
de Martino, "Universale scientifica", ed. Boringhieri, '75).
Altro episodio: i due, in una città deserta, incontrano un vecchio morente, il quale, tirando gli ultimi, ha un delirio che diviene esplosone di significati riposti
in lui, gettati fuori sotto forma di quattro lunghi periodi senza punteggiatura, luoghi mentali vomitati fuori all'impazzata, liberatori; sfogo liberatorio in linguaggio sciolto dalle catene della grammatica. (pag. 32-3).
Tra l'altro poco dopo leggiamo: "...muto, impenetrabile, il sole traccia le sue traiettorie e dietro di lui vengono la luna e ancora le stelle e i pianeti, e non sanno nulla di ciò che succede quaggiù", che a me ha ricordato il
famoso "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia" del Leopardi (nei "Canti").
Sempre in tema di apprendimento cognitivo, l'inizio del capitolo "Luci d'inverno": "E giù a Nuova Parigi", mi ricorda quello del racconto di Delany "Si, e Gomorra" (in "Al servizio di uno strano potere", "Robot" n. 35, ed. Armenia, '78, pag. 95), "E scendemmo a Parigi", anche per il tipo di prosa utilizzata, piuttosto simile. Le pagine 39 e 40 sono ricchissime; verso la fine della prima leggiamo:
"A volte mi chiedo, e quasi sorrido di me stesso, se tutto quello che provo e sento venga realizzato da me, o non sia piuttosto imposto dall'esterno...", in cui si ripresentano dubbi epistemologici di base su ciò che si intende per reale, dubbi già espressi, più semplicemente, dal
Curtoni nel suo saggio "Dove finisce la realtà" (in "La banca della memoria", "Robot" n. 30, ed. Armenia, '78, pag. 220)
Girata pagina, invece, ci ritroviamo a leggere del dubbio teologico, conseguente al primo; un dio burlone e crudele, ecco l'immagine che ne esce: "...esiste qualcosa
di talmente superiore, di talmente grande da sfuggire alla nostra comprensione, che ci considera semplici giocattoli nelle sue mani fatte di spazi infiniti?".
Tirando le somme, quindi, una ricerca di un qualche tipo di trascendenza, di cui il Curtoni scrive nell'introdurre il bellissimo "Oltre Apollo" di Malzberg ("L'universo distrutto di Malzberg", "I libri di Robot" n. 6, ed. Armenia, '78, pag. 15).
A pagina 51, poi troviamo un pensiero razionale sul pensiero stesso, un contorcersi, quindi, dello stesso, seguito da un pensiero poetico-esistenzialista: "Il
pensiero è l'unica vera maledizione dell'uomo, forte sulle sue spalle più di qualsiasi altro peso: vanifica la realtà, cancella i successi, immiserisce l'orgoglio."
"Come figure di carta stiamo immobili sull'orlo dell'abisso, poco salde sui nostri piedistalli; e il vento furioso che ci sferza da dietro, obbligandoci a piegarci in avanti, nasce esclusivamente dal nostro voler indagare. E dunque sia la pace, sia il riposo: costruiamo della nostra vita una tomba. Non avremo più orecchie per sentirci urlare.", a creare un bel contrasto, che, in definitiva, però, arriva alla conciliazione degli opposti, ad una espressione unitaria di un sentimento piuttosto pessimista, riscattato, però, nella pagina successiva: le radici profonde del comportamento umano rimangono le stesse
"...nonostante l'inganno delle metafore/nonostante gli apparenti progressi/nonostante le rivoluzioni tentate.../niente (...) è mai cambiato."
Per fare un esempio delle descrizioni a tutto tonto dei vari personaggi vediamo quella di Joseph, vecchio ubriacone del ghetto: "Mi considerano pazzo. Pazzo sputato. È solo che ogni tanto mi capita tra i piedi una bottiglia, e allora mi si annebbia il cervello, te lo giuro, e scopro di averne due balle così. Di tutto, di tutto quanto. Non c'è una sola porca cosa che si possa salvare. Sento lo schifo, qui in gola." (pagg. 55-6).
"...Joseph... il tempo e le necessità quotidiane gli avevano insegnato a fare un uso strabiliante dei piedi... Riusciva perfino... a stappare le bottiglie... senza
braccia e senza mani sei praticamente paralizzato... se gli veniva voglia di ubriacarsi sul serio si chiudeva da qualche parte, e per un paio di giorni non si faceva più vedere in giro." (pag. 66).
A pagina 63, poi, troviamo questa frase: "Se qualcosa di nuovo deve prendere possesso del pianeta, è fatale che noi scompaiamo... Come esperimento l'uomo è stato una grossa delusione, non trovi?", che a me ricorda l'apocalittico
"Fase IV" di Malzberg ("La ginestra" n. 145, ed. Longanesi,
'77), con le formiche che divengono le padrone del pianeta; a questo proposito leggiamo "...a me Malzberg piace molto", nella recensione che il Curtoni fa di quel libro. ("Robot" n. 4, ed. Armenia, '76, pag. 127).
In seguito, ecco che Charles si intrattiene prima con "Pierre, vent'anni, col suo volto da vecchio deluso", e poi col sopracitato Joseph; in questi due colloqui vengono esposte due posizioni filosofiche antitetiche, ovvero il velo di Maya, dietro al quale si nasconde "...l'aspetto segreto dell'universo" e "Scava sotto le cose, sotto tutto quello che vuoi, e vedrai che non c'è altro."
In conclusione, "il finale (è) venato di un misticismo chiaramente cristiano...", come dice Montanari nella presentazione, e ciò lo si constata, più che altro, in queste frasi: "...l'impulso di carità si andava facendo più forte di qualsiasi altra cosa ed ero veramente eletta ad un
compito di consolazione, seppellire i morti, come mi disse il vecchio della città, visitare gli infermi, e non capisco perchè questi simboli d'una religione troppo vecchia per essere ancora valida tornino di continuo ad ossessionarmi e si trasformino da soli in parole coerenti o piene di
ribrezzo." (pag. 102).
"Oh, dio, sei stato tu a permettere che arrivassero col ferro e col fuoco a sterminarci; sei stato tu a sanzionare l'assalto vigliacco, le ferite alle spalle; ed è questa la tua giustizia? È questo il mondo che avevi preparato per
l'orgogliosa razza umana? È questa, veramente, l'unica strada possibile?" (pag. 112).
La prima esprime l'impulso di Charles, la sua risposta empatica, il suo gettarsi nella mischia, mentre l'altra è più che altro una preghiera a quel dio burlone e
sadico di cui si diceva prima.
Dalla morte di Pierre, l'amante del (della?) protagonista, il romanzo si muove tutto in un'atmosfera di sospeso stupore, fino a culminare nell'attrazione
primordiale del mare, il padre, il fuoco, la distruzione (Ivo), lo stupro, il sangue, la morte; archetipi basilari accatastati, un groviglio di vibrazioni; la catarsi, alfine, il chiudersi di ogni altra vicenda possibile, i fili
riannodati, i conti che tornano, e la speranza di "un'altra resurrezione. Un mondo nuovo."
Originariamente in "The Dark Side" n. 3/4, anno 5°, '86
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