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I cani di Gerusalemme


di Fabio Carpi e Luigi Malerba-FANTASTICO

"Riflessi" n. 49, ed. Theoria, '88, 146 pagg., 8.000 £ (4,13 €); © by Edizioni Theoria s.r.l.


Altri contributi critici

-"La crociata del barone attorno al suo castello", di Giovanni Raboni, "Corriere della sera" del 4/12/'97


Come ben sappiamo, di tipi di letteratura fantastica ce ne sono molti, ed, effettivamente, credevo proprio di averne letti, almeno esempi, proprio tutti, prima di leggere questo romanzo. Non è, infatti, fantascienza, né fantasy, né horror, né alcuno dei vari sottogeneri di essi. Si tratta di quel tipo di fantastico che nasce dalla satira filosofica, e che si svolge in un mondo normale, ma che non per questo è meno fantastico.

Questo "I cani di Gerusalemme" è infatti la storia di un barone e del suo servo che intraprendono un viaggio metaforico. Come si possa intraprendere un viaggio metaforico è presto detto. Essi vogliono percorrere tanta strada quanto quella che ci sarebbe fino a Gerusalemme, ma girando intorno al castello, per andare alle crociate. Ed è già fantastico.

Il reale del loro assurdo girare per centinaia di volte e quello del viaggio reale si sovrappongono, nelle loro menti, creando una gustosa situazione.

La differenza sociale e culturale fra i due protagonisti insaporisce ancor più la cosa: "L'odio del servo per il padrone è l'odio più antico, più sicuro, più umano, fra tutti i modi di odiare." (pag. 97).

Per capire che cosa abbiano voluto dire gli autori basta sapere che l'assurdo viaggio è stato suggerito dal prete del castello, vista la riluttanza del barone per ogni tipo di violenza, per, esplicitamente, far si che i debiti del padrone venissero annullati per beneficio dell'intervento della Chiesa, come succedeva a chi andava alle Crociate, ma, segretamente, per farlo morire di fame e di stenti a pochi passi dal suo castello ed impossessarsi, lui e la sua curia, dei suoi beni; e questa frase: "...oggi tutto quanto si compie in nome di Dio e per volontà... dei migliori uomini della Chiesa, è solo vanità e opera di inganno, e perciò porta il marchio della sopraffazione e della violenza. Allora io scelgo il non-fare, la non-azione, la non-partecipazione, l'assenza. È il mio modo di battermi contro l'ignoranza e la crudeltà di questa nostra epoca ottusa. Io mi nascondo, mi cancello, dico di no." (pagg. 30-31).

Molto nichilismo, dunque, che rispunta anche nell'ultimo capitolo, intitolato appunto: "Dove Nicomede dichiara che il mondo non c'è e che è meglio dormire per sognare di esistere." (pag. 144). E un fortissimo anticlericalismo, all'insegna di una scetticismo filosofico.


Originariamente in "Algenib notizie" n. 12/13, '91






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