Il tesoro dei poveri
L'Abruzzo fantastico da D'Annunzio a Flaiano, a cura di Lucio D'Arcangelo-OLDIES
"la Chimera" n. 1 ed. Solfanelli, '87, 107 pagg., 8.000 £ (4,13 €); © by Marino Solfanelli Editore
Ottima antologia del D'Arcangelo, professore universitario di Letteratura ispanoamericana presso l'Università "G. D'Annunzio" di Pescara, in cui si raccolgono alcuni dei racconti fantastici che gli scrittori di quella regione hanno prodotto.
Dopo una più che buona introduzione del curatore, si inizia con due racconti di Domenico Ciampoli (1852-1929), entrambe da "Fiabe abruzzesi", 1880.
"La rupe della Zita", (pagg. 17-21); una favola macabra di fantasmi (""Udite quei rumori? Non è solo il vento che li fa: sono anche le anime di alcuni morti che escono a ridda nel mezzo della notte, perchè non fecero buona vita."" (pag. 19)), in cui una giovane donna che stà per maritarsi viene rapita da uno di questi ("...quand'ecco, non so donde, uscire un fantasma spaventoso, tutto lordo di sangue, afferrare la giovinetta alla vita e via perdersi con lei in un baleno nell'oscurità di quell'abisso..." (pag. 21)), e che si conclude con uno dei più tipici finali per racconti di questo genere: "Narrano poi d'aver vedute a mezzanotte andare errando laggiù due bianche larve; e talvolta cambiarsi in due pallide fiammelle che guizzavano un poco e si perdevano poscia nell'immensità delle ombre." (idem).
E "La maggiorana" (pagg. 23-7); l'intensa e struggente storia di una donna brutta, che nessuno vuole in sposa, e che prega la Madonna di mandargliene uno;
ma egli non verrà mai, e la storia è il delirio del suo spirito che trasfigura la cerimonia funebre in quella del suo matrimonio.
Vi sono poi tre racconti di Gabriele D'Annunzio, tutti da "Parabole e novelle", "Collezione dei grandi autori antichi e moderni", ed. Bideri, '16.
Si comincia da "Santi e Madonne in terra" (pagg. 31-4); dal tipico linguaggio piuttosto baroccheggiante, racconta della devozione popolare, semplice ed ingenua.
A dire il vero non vi si riscontrano elementi realmente fantastici; non si possono infatti considerare tali le figure dei santi che vanno di casa in casa, ne quella della Madonna che parla al popolino.
Il secondo è "I crisantemi" (anche in "Da uno spiraglio", a cura di Riccardo Reim, ed. Newton Compton, '92; pagg. 35-7); è un trasognato viaggio
dello spirito tra le sensazioni che un campo di tali fiori da al protagonista.
Anche qui non vi sono reali elementi fantastici.
L'ultimo è quello che dà il titolo all'intera antologia, "Il tesoro dei poveri" (pagg. 39-41); una vera e propria fiaba, come, sinceramente, non credevo
proprio il D'Annunzio avesse scritto.
Narra di due poverelli che incontrano un gatto che li conduce ad un rifugio in cui si illudono di trovare delle braci che credono riscaldarli.
Ma, al mattino, esse si rivelano essere nient'altro che gli occhi del gatto, che così li apostrofa: "Il tesoro dei poveri è l'illusione" (pag. 41).
Si prosegue con due racconti di Giovanni Titta Rosa (1891-1972), da "L'avellano", '43.
Il primo è "La leggenda di Sant'Amico" (pagg. 45-7); storia dello stupore di dei bambini ai racconti della nonna.
È, forse, più un racconto sul fantastico che propriamente tale.
L'altro è "Il malincontro" (pagg. 49-52); favola proprio, questa, racconta di un gigante che infesta un sentiero ("...un gigante nero, in piedi, con le
nude gambe piantate sopra la roccia, una di qua e una di là, che dominava tutta la valle così, maledetto, in mezzo alla notte." (pag. 51)), e che riempie di terrore le notti dei pargoli del paese: "I ragazzi, che stanno a
sentire con gli occhi spalancati, hanno paura di guardare fuori, dietro ai vetri della finestra. E vedono quella faccia là, livida e impietrita, dietro i vetri; e anche quando cascano dal sonno rivedono quel gran mantello nero che svolazza dentro il cielo come una nuvola." (pagg. 51-2).
Seguono poi tre racconti di Nicola Moscardelli (1894-1943);
il primo è "Il manichino" (da "La città dei suicidi", '27; pagg. 55-6); favola moderna nella quale ci si intristisce della sorte dei manichini, e si immagina per loro una sorta di rivalsa: "Una di queste sere, se non è già successo,
qualcuna di queste donne, a forza di esser osservata a lungo e di avere perciò assorbita attraverso la rosea cera la vita che le manca, si alzerà trasognata con un brivido ipnotico dalla poltrona di vimini ove espone l'ultima creazione della stagione, entrerà nel negozio, si confonderà tra le clienti ed uscirà in strada, con la stessa aria indolente e senza memoria con cui le donne al di qua della vetrina si svegliano ogni mattino." (pag. 56).
Il secondo è "Un uomo quasi vivo" (da "Il sole dell'abisso", '30; pagg. 57-61); forse uno dei primi racconti italiani sui robot, parla appunto di uno di questi, facendo trasparire quella sindrome di Frankenstein tanto tipica: "...più egli progredisce, più io arretro inorridito, impotente a dominare lo sgomento che dà alla mia la sua esistenza." (pag. 60).
L'ultimo è "Come nacque la paura" (da "Racconti per oggi e per domani", '38; pagg. 63-8); racconta della malattia e della morte di un uomo d'affari, e del successivo ammalarsi anche del suo segretario, ma senza alcun elemento fantastico.
Vi sono poi tre racconti di Luigi Antonelli (1882-1942), da "Primavera in collina", '29.
Il primo è "L'ammonimento" (pagg. 71-6); buon racconto a sorpresa finale, in cui si racconta di un bambino che si rifugia in una chiesa per ripararsi da un
temporale, che poi viene accompagnato a casa da quello che lui crede essere un frate, ma che si rivelerà essere...
Il secondo è "Darei la mia vita" (pagg. 77-85); il più lungo dell'intera antologia, è un racconto in cui si sviluppa in modo originale un tema classico della letteratura fantastica, quello del vendere l'anima al diavolo.
Qui un uomo lega il proprio destino a quello di un amico per salvargli la vita, in modo tale che questo atto, normalmente considerato Male, si ammanta di un'aura di
Bene, cosa che, a mio parere, lo caratterizza.
Interessante quest'osservazione di Belzebù alla domanda del perché abbia scelto proprio il protagonista, un italiano: "Perchè la vostra letteratura è piena di questi
fatti straordinari: di gente che rinasce, che torna indietro con gli anni, che si rifabbrica il proprio destino, e via di seguito..."" (pag. 80).
L'ultimo è "La piccola sirena" (anche in "Enciclopedia fantastica italiana", a cura di Lucio D'Arcangelo, "Oscar narrativa" n. 1272, ed. Mondadori, '93; pagg. 87-90); bella fiaba di un pescatore che raccoglie, sulla riva del mare, una piccola
sirena morente, e la cura fino a guarirla.
Si finisce con tre racconti di Ennio Flaiano (1910-1972).
Il primo è "I giorni della sirena" (da "Una e una notte", '59; pagg. 93-8); storia in cui si mescolano il senso del meraviglioso e del fiabesco con la quotidianità, a creare un forte e stridente contrasto.
Gli altri due sono tratti da "Le ombre bianche"; "Il sogno del conte" (anche in "Cyborg" n. 6, ed. Star Comics, '91; pagg. 99-102), racconto su un sogno creduto tale che invece si rivela essere realtà.
Privo di reali elementi fantastici.
L'ultimo è "L'invasione" ( pagg. 103-7); racconto umoristico, in cui si ipotizza un'invasione da parte dei Capolavori, esseri dotati di pelo, e che:
"Lordano tutto. Quadri, libri, strumenti musicali sono i loro oggetti preferiti." (pag. 105).
Le battute si susseguono a ritmo serrato, e sono piuttosto divertenti: "Mia moglie voleva che lo mandassi via (aveva paura che sporcasse per casa, lei sa come
sono le donne anche di fronte al soprannaturale, temono sempre per i tappeti)..." (pag. 104).
In conclusione direi che senz'altro questa antologia sia una buonissima cosa, fra le tante che la Solfanelli già da vari anni ci offre.
Qualche segno di un maggiore interesse dei media per questa piccola casa editrice già c'è stato; speriamo che continui, o, meglio ancora che aumenti.
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