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Le aeronavi dei Savoia


a cura di Gianfranco de Turris, "Narrativa" n. 150, ed. Nord, 434 pagg., 15,49 €



Ottima iniziativa, questa del de Turris, che, come dice nell'introduzione, "Quando la bandiera italiana sventolò su Venere", corona quello che era stato da tempo un suo pensiero, e cioè quello di dimostrare concretamente, dopo che ciò è stato ormai abbondantemente fatto nei riguardi del fantastico, che anche la fantascienza italiana ha dei suoi precursori, un suo, per quanto limitato, retroterra culturale.

E, per fare ciò, è stato necessario, comprensibilmente, un lungo e difficile lavoro di ricerca, di lettura, di vaglio, dal quale è emerso, innanzitutto, che quanto si pensava fosse, della quantità, dei precursori della fantascienza italiana, non era; c'è molto di più, e, molto spesso, di veramente stupefacente; in quanto ad idee nuove, spesso in anticipo anche sui grandi della letteratura mondiale, e in quanto a chi, li scrisse.

Come vedremo, infatti, essa contiene anche "... storie di grandi scrittori cadute nell'oblio, quasi sconosciute agli stessi critici letterari..." (de Turris, Introduzione, pag. XXI), come quelle di Massimo Bontempelli, Luigi Capuana, Guido Gozzano e Pier Maria Rosso di San Secondo.

Il sottotitolo è "Protofantascienza italiana 1891-1952", alla vigilia dell'uscita di "Urania", e della creazione del neologismo fanta-scienza, da parte di Giorgio Monicelli.

E, al dover scegliere fra il, come detto, molto materiale scovato, si è scelto di coprire la maggior parte degli anni, e delle riviste; anche se, il fatto che alcune egemonizzarono la produzione di quel tipo, ha inevitabilmente portato a dover pubblicarne molti da quelle.


I racconti sono suddivisi per tipo.

La prima sezione è intitolata "Altri mondi", comprendendo racconti che parlano di essi, sia "reali" che immaginari.

Ogni parte è introdotta da una pagina di presentazione, contenente, prevalentemente, indicazioni bibliografiche dei testi presentati.

-"Il fascino dell'ignoto", di Anton Ettore Zuliani (originariamente in "Giornale di viaggi e avventure di terra e di mare" nn. 62-63 (con lo pseudonimo di Almazor)-64/66-67 (con lo pseudonimo di Almangori), ed. Giacomo Gussoni, 8, 15, 22, 29 giugno 1905, 6, 13 luglio 1905; pagg. 3-49)-viaggio a Venere in aerosfera, alla ricerca di un tesoro di diamanti; e tricolore al Polo Nord venusiano.

Molto fantascientifico, stracolmo di spiegazioni, appunto, scientifiche, come in tanti romanzi Sf odierni; datate, ma tantè.


-"La morte del re Salibù", di Eugenio Prandi (originariamente in "Sonagliere sulla via del meriggio", dell'autore, ed. Azione letteraria italiana, '42; pagg. 50-61)-nani e orchi che tentano di detronizzare un re alla Ercole, che ha ricevuto in dono dal Sole la Verità riguardo la sua forza immensa; in una prosa aulica davvero al limite del leggibile, oggi, è un racconto "a morale".


La seconda sezione è intitolata "Esseri di altri mondi", comprendendo i, pochi, racconti validi rintracciati nei quali si parli di alieni.

-"Dalla Terra alla Luna", di Antonio Acierno (originariamente in "Giornale illustrato dei viaggi" n. 11, anno 38, ed. Sonzogno, 12 marzo '22; pagg. 65-8)-un vero e proprio racconto di Sf, che, se non fosse per il linguaggio che vi si usa, potrebbe essere stato scritto magari non oggi, ma negli anni '50, '60, tranquillamente; di lunatici dall' "...unico occhio dalla vista perfetta..." (pag. 65) e dalle "...sei mani e ancora un'altra, supplementare, nell'estremità della coda." (pag. 67) che classicamente, appunto, mandano una sonda sul nostro pianeta, che, sbarcata nel deserto, le fa dedurre che sia tutta così, e che i terrestri siano... leoni.


-"HRN", di Giorgio Cicogna (originariamente in "Canti per i nostri giorni-I ciechi e le stelle", ed. L'eroica, '31, '59; pagg. 69-72)-in cui si punta al concetto di relatività culturale, dicendo di come, ad un alieno abitante su di un pianeta dalle caratteristiche totalmente differenti dalle nostre (anche se non fino a punti tipo quello di "Solaris"), ci immagina in maniera distorta dalla sua soggettività: "Forse, per il gran calore, catafratti di incombustibili scorze. Forse, per la giovinezza dell'astro, simili a... mostri..." (pag. 70).

Ma dice anche, in un linguaggio non molto desueto, dell'universalità di alcune cose; la violenza sadica, ad esempio.


-"Vita delle comete", di Salvatore Gatto (originariamente in "Le grandi firme" n. 281, 1 marzo '36, ed. Ars; pagg. 73-5)-in cui si racconta, anche questo in un linguaggio non molto antico, di persone divenute, non si dà motivo, comete; della loro noia, e, quindi, tentativo di fuggire da una guardiana, di comete.


La terza sezione è la più consistente, con ben 9 racconti, e 84 pagine; si intitola "Invenzioni straordinarie", e raccoglie i più significativi fra i comprensibilmente molti, di quell'epoca, che dicevano delle meraviglie che si immaginavano possibili dalle nuove invenzioni.

In particolare, è l'elettricità la protagonista di molti questi racconti, decisamente i più squisitamente fantascientifici, in quanto, appunto, vi si rivela lo spirito pieno di scalpitante aspettativa che doveva essere almeno degli animi vivi di quegli anni.

-"Il chiesofono", di P. (originariamente in "La tribuna illustrata" n. 26, anno 2, 5 luglio 1891; pagg. 79-82)-in cui si vede come la Sf sia, effettivamente, profetica; vi si racconta, infatti, dell'invenzione del... telefono.

E, nonostante la data di stesura, contiene appena quattro parole desuete: "impero" per "dominio", "serotina" per "serale", "inteso" per "capito" e "ricollocavo" per "riponevo", quest'ultima ancora in uso, anche se, appunto, raramente.


-"Il mago", di Egisto Roggero (originariamente in "I racconti meravigliosi", ed. La poligrafica società editrice, 1901, dell'autore; pagg. 83-95)-nel quale lo scienziato al centro della narrazione ha, appunto, una connotazione magica; un mago che fa esperimenti sulla possibilità di indurre ipnoticamente alterazioni sensibili alle percezioni, e, perfino, di far fuoriuscire l'anima dal corpo per portarla nel mondo dell'infinitamente piccolo.


-"Un esperimento del dott. Alset", di Attilio Donatuti (originariamente in "Biblioteca moderna de "La Gazzetta Italiana"" n. 2, volume 1, 1906; pagg. 96-102)-intitolato, nella pubblicazione originale, "Quando Marte si diverte", qui titolato con quello corretto a penna dall'autore, racconta di un esperimento per mandare un segnale, elettrico, a Marte, ed il protagonista è la trasposizione di Nikola Tesla, avversario di Marconi e Edison.


-"L'esperienza di Donati", di Ettore Santi (originariamente in "La domenica del corriere" n. 10, anno 8, 11 marzo 1906; pagg. 103-19)-probabilmente il primo racconto che tratti del teletrasporto; è, infatti, proprio un esperimento su tale marchingegno fantascientifico fra i più noti ad essere al centro del racconto: "Ho trovato una forza che, agendo sopra un corpo vivente... ne dissocia le parti... in molecole, le molecole in atomi, gli atomi in... elettroni, e ciò senza uccidere la vita di quell'organismo! Ho trovato... il modo di far convergere questa forza in guisa che gli elettroni, prodotto del corpo smaterializzato, vadano a ricomporsi nella forma prima, identica ed organicamente completa, in quella località ove io colloco l'apparecchio ricevitore." (pag. 108).

Marchingegno dalle conseguenze sul sociale, ampliamente sviscerate dalla Sf adulta, già qui intuite: "...tutti i mezzi di trasporto, dal più veloce dei treni elettrici all'umile carretta tratta a braccio dall'uomo, spariscano e diventino anticaglie dinanzi a quello comodo e sicuro di addormentarsi in casa propria e, senz'essere mosso, senza aver fatto sforzo veruno, risvegliarsi a destinazione, qualunque sia la distanza a valicare!" (pag. 109).

Come già si riesce a capire da questi brevi brani, il testo è pieno di espressioni molto desuete: fra tutte, "lasciar da banda", per "lasciar perdere", "divisamento", per "decisione" e "ad ogni patto" per "ad ogni modo".


-"Il fascino del passato", di Manuele Oris (originariamente in "La domenica del corriere" n. 34, anno 9, 18-25 agosto 1907; pagg. 120-8)-nel quale lo scienziato buono di turno inventa niente di meno che un metodo per utilizzare il tempo che la luce ci mette ad attraversare gli spazi siderali per leggere gli avvenimenti storici direttamente, così come realmente accaddero.

Da un dato reale, un racconto che oltrepassa il possibile.


-"L'acciaio vivente", di Luigi Capuana (originariamente in "Il giornale d'Italia" del 1 ottobre '13; pagg. 129-37)-nel quale si anticipa uno dei temi più rilevanti affrontati decenni dopo dalla Sf, ovvero quello del dilemma fra organico ed inorganico, di fino a che punto l'intervento umano su se stesso non gli faccia superare la soglia di ciò che è; basti pensare a Dick, Jeter, Ballard, e a tutto il cyberpunk: "...l'individuo può... diventare fisiologicamente insensibile a certe commozioni, ridotto da capo a piedi d'acciaio; ma è bene che avvenga ciò. La razza umana è minacciata di distruzione dalla crescente nevrastenia." (pag. 132); "Non ho ben calcolato che dentro quelle fibre, quei muscoli, quei nervi c'è l'inafferrabile, l'incoercibile quid che chiamiamo anima.... Non ho calcolato che togliendo all'organismo la facoltà dell'emozione e del sentimento a benefizio delle funzioni puramente vitali, dovesse prodursi (uno) stato di egoismo spietatamente inconsapevole..." (pag. 136).

Vi si racconta, infatti, di un esperimento per conservare eternamente la giovinezza tramite iniezioni di una sostanza "acciaiante"; significativa, mi sembra, questa considerazione della donna a cui si propone la cosa, su che cosa sia quel qualcosa che valorizza, effettivamente, la loro bellezza: "...oggi siamo diverse da quelle di ieri, e... appunto l'incessante mutabilità è quella che conserva il fascino della giovinezza e della bellezza delle donne." (pag. 134); anche fa dire quel "è bene che avvenga ciò", l'opinione dell'autore è ben chiara.


-"Il rapitore della folgere", di Armando Silvestri (originariamente in "Giornale illustrato dei viaggi" n. 49, anno 4, 6 dicembre '25, ed. Sonzogno; pagg. 138-42)-che racconta dell'isolamento dell'elettricità, da parte di uno scienziato italiano, e del furto di esso, da parte di un tedesco; trasposizione drammatica del duello per la paternità della scoperta.


-"La macchina dai raggi blu", di Edgardo Baldi (originariamente in "Giornale illustrato dei viaggi" nn. 21-22, anno 42, 16-23 maggio '26, ed. Sonzogno, poi "L'avventura" n. 36, 3 gennaio '29, ed. Sonzogno; pagg. 143-55)-in cui un altro scienziato inventa un'altra applicazione strana dell'elettricità, decisamente, e comprensibilmente, lo spunto più sfruttato in quegli anni; qui, una macchina che trasforma il nichel in platino.


-"L'autocasa", di Arnaldo Fraccaroli (originariamente in appendice a "Il mistero di casa Spada", di Luigi Ugolini, "Il romanzo mensile" n. 6, anno 41, 15 giugno '43, del "Corriere della sera"; pagg. 156-60)-in cui si racconta, in tono umoristico, di un problema decisamente fantascientifico, per i tempi; la progettazione di... garage!!


La quarta sezione, anch'essa piuttosto consistente (7 racconti per 64 pagine) è intitolata, molto significativamente, "Scienziati pazzi", e come si può facilmente capire, comprende quelli nei quali si esplica la fatidica "sindrome di Frankenstein".

Anche qui i racconti, anzi qui ancor di più, sono spesso incentrati sull'elettricità, e sue più o meno stravaganti applicazioni; con l'aggiunta di quello che sembra essere stato uno stilema fisso dell'epoca, per racconti di questo tipo: lo scienziato pazzo, alla fina, muore della sua pazza invenzione.


-"Fu un sogno?!!", di G. Massa (originariamente in "Per terra e per mare" n. 42, anno 2°, ottobre 1905, ed. A. Donath; pagg. 163-76)-altro racconto dalla fantascientificità spiccata; vi si racconta, con lo stilema di "ma era tutto solamente un sogno", tipico di molta narrativa fantastica ottocentesca, di questo scienziato pazzo che, ancora, trova delle utilizzazioni fantastiche dell'elettricità (con, anche, la crescita istantanea delle piante che troveremo anche nel successivo), e che muore per esse; ma la fantascientificità che dicevo deriva dall'entusiasmo per l' "umanorum progressio", che la scoperta dell'elettricità diede allora, qui espresso benissimo: "...l'uomo, scosso questo giogo umiliante (vi si fantastica che, con l'elettricità, si possa produrre cibo sintetico in enormi quantità, a basso costo), potrebbe alzare superbo la fronte e volgere tutta la propria energia, tutto il proprio ingegno ad operare il bello, il nobile, il buono... l'immenso sviluppo... le vaste regioni dell'atmosfera conquistate da navi poderose... i misteriosi baratri dell'Oceano solcati per ogni dove da sottomarini agilissimi, e gl'immacolati ghiacci del polo dominati dalla bandiera della civiltà...!" (pag. 166).

E poi, quell'essere un sogno, di quanto si racconta, viene posto molto in dubbio, lasciando il lettore in un'inevitabile sospensione del giudizio.


-"Svilucpator", di Paolo Ghiringhelli (originariamente in "Il giornale dei viaggi" n. 80, 11 aprile 1907, ed. Roma (Como); pagg. 177-85)-nel quale l'invenzione spaventosa è quella di un marchingegno che incanala l'energia solare, in grado, in maniera decisamente inverosimile, di far crescere la vita in un istante, invece che coi suoi normali tempi; e in cui lo scienziato pazzo perde la propria vita.


-"L'uomo di legno", di Gastone Rossi D. (originariamente in "La sfinge" n. 1, 15  maggio 1907, ed. Roma; pagg. 186-92)-altra invenzione di un'applicazione stravagante dell'elettricità, qui l'infondere l'anima ad oggetti inanimati, ed altra morte dello scienziato pazzo di turno.


-"L'annientatore", di Luigi Motta (originariamente in "Biblioteca fantastica dei giovani italiani", n. 16, 2° serie, ed. Società editoriale milanese, 1907, illustrato da O. Rodella, detto Tavio; pagg. 194-201)-speculare al precedente, vede, infatti, l'invenzione di una macchina che, tramite l'elettricità... toglie la vita a ciò che è animato, rendendolo statua; che, per l'appunto, è il modo con il quale l'inventore si fa passare per uno scultore abilissimo, dalle sculture che... paiono... vere.

E, lo scienziato pazzo, muore, della sua pazza invenzione.


-"La scomparsa dell'Australia", di Mario Panizza (originariamente in "Giornale illustrato dei viaggi" n. 44, anno 38, 29 ottobre '22, ed. Sonzogno; pagg. 202-7)-altro racconto spiccatamente fantascientifico, nel quale già si dice di una delle problematiche che, poi, la Sf sociologica svilupperà molto, quella della sovrappopolazione: "... noi uomini siamo troppi... La minaccia che il nostro aumento continuo costituisce per i popoli avvenire è terribile... La progressione (de)... i nostri mezzi di sussistenza..., in luogo di geometrica (come quella dell'aumento della popolazione), sarà aritmetica e i nostri figli non avranno di che nutrirsi!" (pag. 202).

A parte un finale davvero debole, come ben dice il de Turris nell'introduzione alla sezione, il racconto, quindi, probabilmente per la prima volta, propone questo tema, già accennando a scenari decisamente... fantascientifici: "Oh!... io li vedo, questi uomini dell'avvenire, costretti a tornare all'antropofagia in mezzo alle invenzioni e ai ritrovati di una civiltà ben più progredita che la nostra... andar raminghi per un pugno di grano e una tazza di latte nelle città grandiose dei secoli futuri..." (idem).


-"Il segreto della vita", di Gastone Simoni (originariamente in "Giornale illustrato dei viaggi" n. 50, anno 46, 14 dicembre '30, ed. Sonzogno, poi in "L'isola del faro rosso", dell'autore, ed. Sonzogno, '32, '35 e in appendice a "I naufraghi del Poplador", di Emilio Salgari, "Il romanziere illustrato" n. 98, '41; pagg. 208-15)-ancora un'applicazione balzana dell'elettricità, con lo scienziato pazzo che ne muore; qui è, niente di meno, un marchingegno che... resuscita!! 


-"Il fabbricante di diamanti", di Ciro Khan, pseudonimo di sconosciuto (originariamente in "Il romanzo d'avventure" n. 82, anno 8, marzo '31, ed. Sonzogno, illustrato da Nat; pagg. 216-24)-in cui, con lo stilema del racconto nel racconto, si dice della tragica fine di un esperimento per fabbricare diamanti; e, qui, lo scienziato pazzo, lo racconta, non ne muore; ma erano due!


"Mostri vegetali, animali e umani" è invece il titolo della quinta, sezione, nella quale sono compresi racconti nei quali è, appunto, il monstrum, nelle sue più svariate forme, ad essere protagonista.


-"L'avventura del capitano Wilson", di Mario Contarini (originariamente in "Il vascello" n. 5, anno 1, 15 luglio 1906, ed. Nerbini; pagg. 227-34)-in cui si racconta del ritrovamento, al polo sud, di una Terra dimenticata dal tempo: "...la terra ha cinquantamila anni di meno." (pag. 232), con un finale quasi orrorifico, di persona che appare in altre spoglie, per essere, in ultimo, ritrovata cadavere.


-"La donna-ragno", di Ercole Luigi Morselli (originariamente in "Noi e il mondo", mensile del quotidiano "La tribuna", n. 10, anno 5, 1 ottobre '15, ed. Tribuna, illustrato da Edmondo Abbo; pagg. 235-43)-toccante racconto di una visita di una coppia ad un padiglione di un circo, nel quale la tematica del diverso viene affrontata in maniera, appunto, piuttosto commovente, con la donna-ragno che, al sentire i discorsi moraleggianti del lui, si commuove, appunto, commuovendo il lettore.

Oltre ai soliti vocaboli desueti, vi si trovano toscanismi, anche in certe costruzioni della frase: "...ti ricordi bello...", "rincorbellimento".  


-"L'uomo vegetale", di Luigi Ugolini (originariamente in "Giornale illustrato dei viaggi", n. 26, anno 33, 1 luglio '17, ed. Sonzogno; pagg. 244-49)-interamente composto dal racconto dell'esperienza straordinaria occorsa ad un uomo che, punto da una pianta sconosciuta, ritenuta "il grande spirito delle piante" dagli indios dell'Amazzonia, si è trasformato... nella medesima: "... quando l'avessi trovata ti renderebbe simile a sé." (pag. 247). 


-"L'ultimo fauno", di Umberto Gozzano (originariamente in "Giornale illustrato dei viaggi", n. 32, anno 36, 8 agosto '20, ed. Sonzogno; pagg. 250-6)-ancora un racconto sul diverso, qui, addirittura, un fauno, l'antica divinità boschiva, che parla fluentemente il latino, e che, prima di essere arso vivo dopo una scena che non può che ricordare l'archetipico Frankenstein, si lamenta del progresso, che ha ucciso la sua specie: "... sol io resto in vita ché gli altri li avete uccisi ad uno ad uno voi uomini atterrando gli alberi e spianando boschi per le vostre orribili strade dritte..." (pag. 254).


-"Jungla di Barba Blu", di Paolo Buzzi (originariamente in "Le grandi firme" n. 218, 15 luglio '33, ed. Ars; pagg. 257-62)-storiella un pò debole su un pezzetto di giungla amazzonica fatto rivivere in un giardino in piena Roma da un personaggio decisamente eccentrico; c'è un albero antropofago, ma solo detto, e ciò che vi si dice verte su tutt'altro, il Barbablu del titolo, la misoginia.


Una delle più brevi è la sesta sezione, "Il mondo prossimo venturo", poichè, come spiega il de Turris nella presentazione, i racconti che si svolgevano nel futuro di quegli anni avevano, prevalentemente, un intento didattico, tipo "I viaggi di Gulliver", per intenderci, e questi sono i, pochi, che si è riusciti a trovare, di... normali.


-"Un viaggio nel 2000", di Mario Saviolo (originariamente in "Giornale illustrato dei viaggi", n. 2, anno 34, 13 gennaio '18, ed. Sonzogno; pagg. 265-73)-racconto saggio, nel quale si dicono, di tutti i progressi dell'uomo, anche i loro aspetti negativi, e le inevitabili difficoltà iniziali.

Su tutto prevale, ovviamente, l'elettricità ("...di cui è satura l'aria..." (pag. 267)), ma vi è anche una "...forza radioattiva"; vi si immagina un mezzo di trasporto transoceanico innovativo, una sorta di hovercraft che viaggi ad un 400 Kmh, a non molta altezza dalle acque

E le "tavolette alimentari" di tanta fantascienza moderna, a partire da "2001" di Kubrick: "... tavolette di una sostanza che assomigliava molto alla cioccolata senza però averne il gradevole sapore." (pag. 270); che, giustamente, sono pensate senza... avvenire: "La passione per la buona tavola è nata col mondo e morrà con esso." (idem).


-"Una visita al museo di centropoli", di Emanuele Correa d'Oliveira (originariamente in "Il sole prigioniero", ed. F. Campitelli, '23, poi, rivista, in "Le curiose esperienze del dottor Inventus", ed. Accademia, '32 e Arti grafiche italiane, '? (dopoguerra); pagg. 274-79)-utopia negativa, nella quale si immagina un mondo nel quale le arti sono: "...attività giudicate oggidì universalmente superflue..." (pag. 275), ma che ha conservato: "... tutto quanto presentava un'importanza rigorosamente scientifica..." (pag. 278).

È la visita ad un museo di quel tempo, fatta con "dietrofront" e "avanti-march", un tempo che comprende che: "I nostri antichi... avevano metodi di vita infinitamente più riposati di noi: l'arte era il natural frutto di quel riposo del loro spirito." (pag. 277), e che, il moto inarrestabile del progresso, la frenesia del vivere moderno, li ha allontanati dall'arte.


-"La vita di domani", di Luigi Colombo, con lo pseudonimo di Fillia (originariamente in "La morte della donna", dell'autore, con pseudonimo, ed. Sindacati artistici, '25, illustrato da Curtoni; pagg. 280-8)-l'autore è un esponente del movimento futurista, e la cosa si sente molto; nella narrazione della vita quotidiana di un uomo del futuro, infatti, troviamo: "... senso spirituale di allegria gioia velocità..." (pag. 283), e, per descrivere la sensazione di un'invenzione recente, il "treno marino", "mistero rosso del NUOVO" (pag. 286), a dire il vero l'unico espediente grafico oltre alla composizione dei paragrafi, quasi a poesia.

È un futuro pieno di tumulti, e, un pò stranamente, in un futurista, con una nota di negatività; la "... rassomiglianza..." fra tutti gli uomini "...meccanizzava l'umanità: impressione visiva di automi azionati, materiati con gomma elastica, ferro, vetro, legno verniciato- giocattoli sensibili mossi dallo sviluppo ambientale..." (pag. 284)


La settima sezione è l'unica comprendente un solo racconto; come potete vedere vorrebbe essere di racconti "ucronici", cosa che, sinceramente, mi sembra un pò una forzatura: "Mondi possibili"


-"Non votò la famiglia De Paolis", di Donato Martucci e Uguccione Ranieri (ed. Longanesi, '48, pp. 30; pagg. 289-301)-libretto pubblicato in vista delle cruciali elezioni del 18 aprile '48, aveva, evidentemente, un intento di dissuasione al votare il Fronte Popolare; il de Turris, nella presentazione, dice che "... ai nostri occhi, essendo stato sconfitto il Fronte Popolare, esso è diventato una ucronia" (pag. 288), ed in effetti...

In forma epistolare, accentua in maniera evidentemente smaccata quelle che sarebbero state le conseguenze della vittoria delle sinistre.


"Guerre future" è il titolo della settima sezione, e si può capire; il primo, penso, avrebbe potuto essere messo, meglio, nella precedente.


-"Il "radium"", di Enrico Novelli, con lo pseudonimo di Yambo (originariamente in "Letture per la gioventù" n. 5, anno 6, 31 gennaio 1904, ed. G. Scotti & C.; pagg. 305-24)-in cui, in un futuro 1950, c'è una guerra fra americani ed inglesi, nella quale i primi riescono ad avere la meglio sui secondi per mezzo del radium, appena scoperto dai coniugi Curie.

La trama verte sul tradimento dell'ospitalità di un generale americano ospite degli inglesi, e sul suo innamoramento della figlia dell'ospitante, che si tenta di curare da un oscuro male proprio con quell'invenzione.


-"Cronache di una città futura", di Pier Giuseppe Colombi, con lo pseudonimo di Pigiko (originariamente in "La lettura", mensile del "Corriere della sera", n. 4, anno 34, 1 aprile '34, illustrato da Tabet; pagg. 325-7)-in forma cronachistica, dice di "...Antiaerea, capitale di uno dei tanti Regni di Utopia..." (pag. 327), città futura costruita per resistere a qualsiasi bombardamento, con lo scopo... utopistico, di far terminare l'Era delle Grandi Guerre: "... tolta dal quadri bellici la più formidabile arma, spunterà l'alba della Grande Pace. Gli uomini, non potendosi più distruggere, cominceranno a stimarsi a vicenda, a rispettarsi, forse anche, chissà, ad amarsi..." (pag. 326).


-"La fine di Venezia", di Umberto Bertuccioli, con lo pseudonimo di Berto Bertù (ed. Tipografica A. Vidotti, '52; pagg. 328-45)-scritto in un'ottima prosa, racconta di un immaginario attacco, addirittura, atomico, a Venezia, così come a tutte le città del nord Italia, per una ragione, e da un nemico, che si lasciano nel mistero.

Belle e suggestive le descrizioni del dilagare del disastro, e delle reazioni dei veneziani; purtroppo, vi si si dilunga in maniera decisamente eccessiva nell'enumerare le opere d'arte che vi vengono distrutte, o dati storici relativi a questo o quel caseggiato che va distrutto dalle fiamme.


Ottava sezione è "Catastrofi", che, come la prima, ne descrive una reale e una immaginaria.


-"Ciò che accadde a noi tutti il 9 settembre 190...", di Secondo Lorenzini (originariamente in "La lettura", mensile del "Corriere della sera", nn. 5-6, anno 6, maggio-giugno 1906; pagg. 349-80)-bel racconto nel quale si descrive in maniera incredibilmente verosimile, per le conoscenze del tempo in cui fu scritto, un disastro di dimensioni planetarie, il disintegrarsi della Luna, ed il precipitare sul nostro pianeta dei suoi frammenti.

E, di più, gli effetti di ciò sull'Uomo, anche in virtù di un effetto collaterale di tale cataclisma, l'aspetto meno verosimile dell'opera, il fermarsi della rotazione della Terra; gli uomini, o in un giorno o in una notte eterni.

Il tutto, poi, è introdotto da un avviso di ciò da parte niente di meno che di mercuriani, coi  quali i primi sperimentatori del telescopio fanno come dei segnali con gli specchi.


-"Cataclisma", di Massimo Bontempelli (originariamente in "Il secolo XX" n. 7, anno 23, 1 luglio '24, ed. Treves, poi nell'antologia personale "La donna dei miei sogni", ed. Mondadori, '25; pagg. 381-5)-che ne racconta uno onirico, immaginario, ma, forse, uno realissimo; l'invasione, delle nostre coscienze, da parte della pubblicità, che, forse per creare un contrasto, viene detta: "... il grido del lavoro che esalta se stesso, si ubriaca di sé: si moltiplica ogni giorno per poter gridare la propria grandezza ogni notte. Grida con la luce." (pag. 383). 


L'ultima, sezione, è "Avventure metapsichiche", per la quale il de Turris così si giustifica: "Non è un arbitrio inserire questa sezione in una antologia dedicata alla fantascienza... lo fece anche Hugo Gernsback all'inizio della sua avventura editoriale (un nume tutelare di "Amazing Stories" fu infatti) Poe... (che) attinse a piene mani a temi quali l mesmetismo, lo spiritismo, il vampirismo i revenants, e così via." (pag. 388).


-"Il mio terribile segreto", di Emilio Salgari, con lo pseudonimo di Enrico Bertolini (originariamente in "Psiche" n. 38, anno 21, settembre 1904, ed. Salvatore Biondocome; pagg. 389-96)-tipico racconto di fatti straordinari nel quale il protagonista, e narratore, è un "rigido materialista", che stenta a credere a ciò che va raccontando, espediente, appunto, tipicissimo di questo tipo di racconti.

Qui Salgari racconta di un viaggio istantaneo, del trovarsi in un luogo lontano da un momento a quell'altro, senza saperne il motivo: "In (un) breve spazio di tempo compii un viaggio di circa duemila chilometri in virtù di forze della natura che ignoro e che voglio ignorare." (pag. 390).

Vi è, poi, la, ancora, tipica storia d'amore, con lieto fine, ma la meraviglia del fatto è resa piuttosto bene.


-"Dopo il voto tragico", di Guido Gozzano (originariamente in "La stampa" del 30 gennaio '14, col titolo di "Un voto alla dea Tharata-Ku-Wa", poi "Giornale illustrato dei viaggi" n. 36, anno 30, 30 agosto '14, ed. Sonzogno, in "L'altare del passato", ed. Treves, '18, "L'altare del passato. L'ultima traccia", 3° vol. opere complete, ed. Treves, '35; pagg. 397-403)-in cui, come nel precedente, è il contrasto fra la razionalità del protagonista e l'evento incredibile che vive a creare il vero pathos; qui è un voto ad una dea indiana, fatto come uno scherzo, irridendone la possibilità di realizzazione, ad avere, invece, una conseguenza tragica.


-"Avventura notturna", di Cesarina Lupati (originariamente in "La domenica del corriere" n. 37, anno 20, 15-22 settembre '18; pagg. 404-7)-buon racconto, nel quale l'orrore segnatamente ispirato a Poe si stempera in un'atmosfera soffusa.

Vi si dice, anche, della propensione tutta umana di tentare ad ogni costo di colmare i vuoti che la ragione lascia, anche a quello di forzature che sembrano quasi impossibili da sostenere: "Non è forse troppo comodo e troppo primitivo l'attribuire ai capricci d'un sogno fatti che non sappiamo spiegarci altrimenti?"; "... certo, si doveva trovare una spiegazione all'inverosimile." (pag. 407).


-"Trasfigurazione", di Pier Maria Rosso di San Secondo (originariamente in "La lettura", mensile del "Corriere della sera", n. 12, anno 42, dicembre '42, illustrato da Francesco Chiappelli; pagg. 408-14)-tenue, racconta dell'amicizia del narratore con uno scrittore, affetto da una malattia che gli affatica il corpo, e lo spirito, che, andato per una vacanza in una località montana, incontra qualcuno, una figlia di un'amica dell'albergatrice, ad una, possibilissima, spiegazione razionale, ma non è solamente ciò; ella è, decisamente, anche altro: una naiade dei boschi, che lo solleva dalle sue sofferenze, e gli ispira un capolavoro che solo lei, però, potrà leggere, finchè vivrà.

Evidente, e anche altri elementi forti della trama lo confermano, la trasposizione poetica della focoltà terapeutica femminina all'animo dell'uomo tormentato.


Per concludere, bisogna innanzitutto dire che quanto detto per i primi racconti, a riguardo dell'uso di un linguaggio desueto, è, ovviamente, anche di tutti gli altri, con le dovute gradazioni.

Bertù e Lorenzini mi sono sembrati quelli che ne utilizzano uno più vicino nostro, ma, comunque, risultano tutti più che facilmente leggibili.

Il de Turris dice, fra l'altro, che il materiale da lui raccolto è più che sufficiente anche per un'altra antologia come questa, e che non servirebbe altro che un altro editore disposto a rischiare l'evidente difficoltà di una scelta editoriale come  questa; la cosa più probabile mi sembra che la Nord gli conceda un'altra possibilità, sempre che questa non gli abbia fatto perdere troppi soldi, ma, comunque, sarebbe senz'altro un'ottima cosa se ciò potesse concretizzarsi.

Ora che abbiamo avuto la prova concreta che anche la nostra letteratura ha avuto, oltre al Salgari, e ai Motta che già sapevamo, molti altri precursori, e non solamente nel verso fantastico, ma anche in quello più specificatamente fantascientifico, penso che il buon lavoro che si stà facendo per essa potrà trovare ancor più energia, e, più solido, avventurarsi per sentieri, inevitabilmente, ancora differenti ed innovativi.

Il volume ha anche un'appendice, "Gli autori e le riviste", di Claudio Gallo (pagg. 415-434), nella quale si danno delle brevi, a volte per forza di cose, note sulle biografie degli autori e sulle riviste dalle quali sono tratte.






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