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L'epopea


di Michele Bettini-FANTASCIENZA

ed. Edizioni Italiane di Letteratura e scienze, '81; 235 pagg., 8.000 £ (4,13 €)


Altri contributi critici

-recensione di Angelo Lo Piano, "The Dark Side" n. 2, '82, pag. 24

-recensione di  Anna L. Conti, "Strips" n. 2, '82


"Roma 11 marzo '81

OMAGGIO

a

LA BOTTEGA DEL

Fantastico

nella certezza

che finisce in buone mani"

Michele Bettini

Questa la dedica ad ignoto che ho trovato subito all'interno del volume, avendolo appunto acquistato alla suddetta bottega, mio abituale luogo di Sf shopping.

Chiaramente, il Caso volle che finisse proprio nelle mie mani, quelle del miglior critico di fantascienza in assoluto... A parte gli scherzi, mi trovo, ora, essendomi proposto di recensirlo, appena ultimata la lettura, con una marea di idee e di dubbi, più o meno seri.

Questa E.I.L.E.S. è fantomatica o no? Io non l'avevo mai sentita prima; indirizzo e numero di telefono uniche garanzie. (facciamo presente ai lettori che la stesura della recensione è del 1985, comunque ho effettuato una piccola ricerca sugli elenchi telefonici romani, ma dell'"EILES" nessuna traccia. L'indirizzo era, comunque, in Via Cornelia 13-00166 Roma (una zona abbastanza periferica). (Fabrizio Frattari)).

E Luigi Bugliosi, "Il più noto collezionista di fantascienza in Italia", è mai esistito o è unicamente un altro degli innumerevoli parti della fantasia del Bettini? Anch'egli non l'ho mai sentito nominare, e si che un pochettino, di Sf, me ne intendo, qualche cosa ho leggiucchiato anch'io, qua e là!! (Luigi Bugliosi esiste davvero! L'indirizzo che di solito appare (o è apparso) in diversi annunci del "Cosmo informatore", è quello del suo studio legale, dove ho avuto modo di parlargli alcune volte, anni fa. (Fabrizio Frattari)).

Può comunque darsi che tra voialtri, qualcuno lo conosca benissimo, e che il Caso voglia che, addirittura, questa mia cada proprio nelle fauci dello stesso che, incazzatissimo, mi farà avere il suo curriculum fantascientifico, una pergamena di dodici chilometri.

Comunque, a parte questo, vediamo di arrivare alla recensione vera e propria; "Romanzo cosmico", "La Storia ufficiale dell'universo scritta tra qualche miliardo di anni", questo in effetti è; vi si narra di grandiosi cicli a cui l'universo tutto è sottoposto, in maniera, chiaramente, epica.

Del Big Bang sappiamo tutti, ed in effetti non è improbabile, se non addirittura estremamente possibile, che di questi inizi ve ne sia stato più di uno: l'entropia che domina l'universo reale, è stato più volte detto, sembra far pensare al lentissimo ma inevitabile esaurirsi dell'energia, fino a raggiungere un'altra volta una massa unica ed uniforme; un nuovo big bang è considerato da molti cosa praticamente certa.

Scienza e miti di creazione, per lo più biblici, si trovano riuniti in questo testo; più di una volta argomenti di origine evidentemente biblica sono trattati fino all'estremo del blasfemo, mentre cognizioni scientifiche sono a volte trattate con tale leggerezza da sembrare quasi scherzi, burlette, invenzioni fantasiose e stravaganti; per meglio dire, scienza e religione, con i loro diametralmente opposti parametri per interpretare e spiegare l'origine dell'universo, si trovano talmente affastonati l'uno all'altro, che lo sforzo e la credibilità, l'umanità della prima, si trovano a volte sovrapposti alla favolistica della seconda.

Mito, narrazione leggenda saputa tale, consolatoria e addolcente, e teorie faticosamente elaborate dalla mente umana, estrapolate dal divenire, razionale e irrazionale. A completare il tutto c'è, ovviamente, una dose massiccia di filosofia, Nietzsche in particolare.

La visione del mondo, il punto di vista che permea l'intera opera è decisamente nietzschiano, anche se, con l'andare della narrazione, il grande filosofo tedesco viene decisamente accantonato, per un superomismo decisamente sui generis.

Quello che rimane di pregnante, di Nietzsche, è comunque il pensiero abissale dell'eterno ritorno dell'uguale, il presente come attimo mirabolante tra il mare del passato e quello del futuro, da cogliere e vivere, in un eterno dir di sì; la figura del bimbo che gioca, che dice si, è recuperata in parte verso la fine, il concetto di eterno ritorno più volte ripreso e detto e ridetto, rivoltato o, per dirla in breve, ben espresso.

Tutto potrebbe far pensare ad una pesantezza inaudita, in una difficoltà di lettura terrificante, ed invece no, il tono è decisamente divertente, le vicende molteplici e, in alcuni punti, addirittura mirabolanti.

Una caratteristica macroscopica; la mancanza praticamente totale di conversazione; il tutto è narrato attraverso uno degli espedienti letterari più conosciuti, ovvero quello della narrazione fatta da un personaggio (Bugliosi); i punti in cui si può gustare una vera e propria narrazione, una vera e propria esposizione in forma romanzata di un accadimento, sono scarsissime, anche se aumentano con l'inoltrarsi nel testo.

Interessanti queste considerazioni dello stesso Bettini nella premessa: "Dall'inizio alla fine mi sono servito di tutto l'edificio... (l'impianto strutturale)... un edificio grande quanto un monumento... un monumento dove sono rappresentati tutti gli stili."; "Il mio romanzo è cosmico, tragico, comico, paradossale, onirico, fantascientifico, mitologico, pornografico, giallo, satanico, simbolico, iniziatico, orrido, filosofico, esoterico, realistico, esistenziale, ufologico, epicureo, magico, alchemico, utopico, individualistico, profetico, sociologico, sentimentale, razionale.". Poco oltre, comunque, riafferma: "Questo è un libro di fantascienza..."

Si diceva di razionalità e irrazionalità: "...dove finisce la fantasia e inizia la realtà?"; "...Dove alberga la certezza?... abbinamento ragione-sentimento... Quale equilibrio...?"; ovvero il principio di realtà che spesso e volentieri si contrappone insolubilmente all'esigenza di piacere.

Ed infine: "La mia unica Verità è nella Legge d'Amore, a cui si può attingere solo tramite la Conoscenza", ovvero la ragione, la razionalità, posta al servizio dell'uomo, per il raggiungimento di una migliore qualità della vita, cioè per il potenziamento del piacere potenziale racchiuso in ognuno di noi, ed estrinsecabile; vivere l'utopia subito!!!!

Ultima considerazione che vorrei fare, è quella sulla figura femminile; dice Bugliosi: "Bettini, l'autore, non ama le donne, anzi, più esattamente, non le stima; in tutta l'opera le donne vengono considerate esseri inferiori, prive di particolari capacità, che non siano quelle tipiche di oggetto sessuale..." (pag. 251).

Ed in effetti la misoginia del Bettini si estrinseca in più punti; riporto qui i più significativi: "Aveva concepito (Grande mente = Dio) la donna perché divenisse oggetto di piacere e di riproduzione, cioè perchè si rendesse dilettevole e utile. La più alta dignità della donna era quindi costituita da un'ossequiente complementarità... ad esse si addicono i piagnistei." (pagg. 52-54); "...nessun movimento femminista reclamava l'emancipazione, giacchè le donne presero coscienza di essere inferiori all'uomo." (pag. 77); "In quanto alle donne, esse non erano tanto da considerare sotto l'aspetto antropologico, quanto sotto quello zoologico." (pag. 117); "...l'incarnazione di tutte le negatività, corruzione ed emotività comprese." (pagg. 214-215), quest'ultima una specie di definizione di "donna".

L'antifemminismo, per essere buoni, o, come dicevo prima, la misoginia straripante ignoranza del Bettini, si esplicano qui nel migliore dei modi; ed è proprio questo modo di tenere in considerazione il gentil sesso, in effetti, la parte più deleteria del pensiero nietzschiano, vedasi quel "Delle donnicciole vecchie e di quelle giovani" di "Così parlò Zarathustra" (Also sprach Zarathustra", "Piccola biblioteca" n. 1, ed. Longanesi, '79, pag. 109), solo uno dei molti esempi.

Come avrete notato, della trama non vi ho detto praticamente nulla, e questo soprattutto perché, in effetti, essa non esiste, o, perlomeno, la si riesce solo alla fine ad individuare nel mare magnum delle idee, ipotesi, farneticazioni, divagazioni e cogitazioni che occupano, in percentuale, la maggior parte del romanzo.

Niente conversazioni, niente scavo psicologico, personaggi che sono unicamente più o meno vuoti simboli, non certo figure a tutto tondo in cui il lettore si possa identificare.

Comunque, come spesso accade, non bisogna scoraggiarsi all'inizio della lettura; una volta che la lunghissima parte iniziale ci ha introdotti nel clima, anzi qui più propriamente nell'universo del racconto, le cose si fanno decisamente più sopportabili, e un minimo, anche se pur sempre tale, di scorrevolezza, c'è.

A me non è che sia piaciuto un gran che, ma, comunque, qualcosa di buono vi si trova lo stesso, magari non a livello di di sentirsi narrare una storia, quanto a quello di filosofia esistenziale, di spunti di pensiero che, in qualche modo, germoglieranno.


Originariamente in "Alpha Aleph" n. 2, marzo '93






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