Notturno italiano
a cura di Errico Ghidetti e Leonardo Lattarulo-OLDIES
"Albatros", ed. Riuniti, '84, 731 pagg., 50.000 £ (25,82 €); © by Editori Riuniti
Altri contributi critici:
-recensione al 1° vol., di Domenico Cammarota, "Sf...ere" n. 2/'86 (41)
-recensione al 2° vol., di Domenico Cammarota, "Sf...ere" n. 4/'86 (43)
Notturno italiano è un'antologia in due volumi dedicati, rispettivamente, ai racconti fantastici dell'ottocento e del novecento, curate, la prima, dal solo Errico Ghidetti, e la seconda da quello insieme a Leonardo Lattarulo.
Vorrei, attraverso il commento di alcuni dei racconti ivi contenuti, farvelo conoscere.
Nell'introduzione al primo volume il Ghidetti fa una molto interessante dissertazione sul perchè la letteratura fantastica abbia tanto tardato ad inserirsi in quella del nostro paese: "Abbiamo... fatto nostre le premesse di un celebre saggio dedicato... da Benedetto Croce ed Arrigo Boito... nessun romantico in Italia tra il 1815 e il 1860!" (pag. IX); per poi dire che per tali fatti l'antologia
parte dal 1868, con l'apparizione della Scapigliatura, prima ad introdurre in Italia il fantastico letterario.
"L'eclisse della Scapigliatura non comporta nè l'estinzione nè una recessione quantitativa del genere fantastico... (con) il naturalismo e lo spiritualismo decadente il fantastico conosce un ulteriore incremento..." (pag. XI); "..il tema su cui si esercita la fantasia degli scrittori di orientamento naturalistico... (è) praticamente unico: lo spiritualismo..." (pag. XI); vedi, esempio limpidissimo, i racconti Edoardo Calandra, come abbiamo avuto modo di notare (vedi "Dame Isabeau").
"...eccezione... Luigi Capuana che... tenterà... il racconto fantastico praticamente in tutte le sue possibili declinazioni, fino ad approdare alla fantascienza di cui rimarrà, da noi, sperimentatore unico (ed ignorato) per oltre mezzo secolo". (pag. XII).
Importante una dichiarazione di metodo: "...il criterio di scelta... prescinde dalla tassonomia del genere che ne ha tenta Tzvetan Todorov... per affidarsi più empiricamente al suggerimento di Louis Vax, secondo il quale, in fondo,
"non c'è altro vero fantastico se non quello che è stato voluto tale."" (pag. X).
Tra i racconti di questo primo volume non si poteva trascurare quello di colui che è da molti considerato uno dei migliori esponenti della Scapigliatura, Igino Ugo
Tarchetti, "I fatali" (originariamente apparso in "I racconti fantastici", ed. Treves, 1869; anche in "Tutte le opere", ed. Cappelli, '67, "Universale", ed. Jandi, '44, ed. Guanda, '77, "Tascabili" n. 563, ed. Bompiani, '93, tradotto in inglese come "The Fated", "Fantastic Tales", '92, tr. Lawrence Venuti; pagg. 15-43).
Vi si narra di un uomo che: "...un destino crudele, tremendo, ineluttabile... condannava a compiere il male, a schiacciare sotto il peso della sua fatalità tutti quegli esseri buoni ed affettuosi che lo circondavano." (pag. 39); "...quel giovine sì bello, sì dolce, sì attraente spargeva d'intorno a sè la desolazione e la sventura, lasciava delle tracce spaventose sulla sua vita." (pag. 34).
Interessante un passo, all'inizio, in cui non si può non notare la moderna definizione del fantastico quale quel qualcosa che induce ad una sospensione del giudizio:
""Questa incertezza di fatti, questa incompletazione di idee, questo stato di mezzo tra una fede ferma e una titubante, costituiscono forse ciò che noi chiamiamo sospensione..."(pag. 18).
Altro scapigliato di cui ci interesseremo è Arrigo Boito, che fu sì prevalentemente musicista, ma che scrisse anche quattro racconti, "L'alfiere nero",
l'incompiuto, "Il trapezio", "Iberia" e quello qui
pubblicato, "Il pugno chiuso" (originariamente apparso, in cinque puntate, in appendice al "Corriere di Milano", nel dicembre 1870; anche in "Racconti neri e della scapigliatura", a cura di Gilberto Finzi, "Oscar" n. 1267, ed. Mondadori, '80, "La memoria" n. 26, ed. Sellerio, '81, in "Novelle italiane. L'Ottocento", a cura di Gilberto Finzi, ed. Garzanti, '85, e in "Da uno spiraglio", a cura di
Ricardo Reim, ed. Newton Compton, '92; pagg. 45-63); vi si narra della maledizione gettata da un fantasma che è più uno zombie: "Quell'orribile fantasma aveva le gambe allacciate al legaccio mortuario, camminava a fatica... portava sul capo una zolla del sepolcro, e le radici delle ortiche gli crescevano nelle fosse nasali..." (pagg. 52-3), su un usuraio, e delle conseguenze della stessa.
Ma, oltre agli scapigliati, come abbiamo detto, altri narratori dell'ottocento italiano si cimentarono col fantastico, e uno di questi fu niente di meno che il verista
Giovanni Verga de "I malavoglia" e "Mastro don Gesualdo".
"Le storie del castello di Trezza" (anche in "Tutte le novelle", ed. Mondadori, '79, in "Novelle", ed. Salerno, '80, in "Racconti fantastici di scrittori veristi", a cura di Monica Farnetti, "Grande universale" n. 137, ed. Mursia, '90, in "Da uno spiraglio", a cura di Riccardo Reim, ed. Newton Compton, '92, in "Storie di fantasmi", a cura di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco, "Grandi tascabili economici: I Mammut" n. 39, ed. Newton Compton, '95, "Storie di fantasmi italiani", "Oscar narrativa" n. 1586, ed. Mondadori, '96, in "Racconti neri e fantastici dell'ottocento italiano", a cura di Riccardo Reim, "I big" n. 76, ed. Newton & Compton, 2002 e in , e in "Fantastico italiano", a cura di Costanza Melani, "Bur", ed. Rizzoli, 2009-originariamente apparso in "Nuova illustrazione universale", in 4 puntate, fra il 17 gennaio e il 7 febbraio 1875, poi in "Primavera e altri racconti",
ed. Brignola, 1876; pagg. 121-56), è veramente una storia mirabile, in cui, per di più, il linguaggio non è più, come nei precedenti, piuttosto lontano dal nostro, ma moderno ed attualissimo.
Vi si narra del fantasma di una giovane sposa: "Si dice che sia l'anima della povera donna Violante, la prima moglie del barone..." (pag. 131), che infesta un castello siciliano, ed è diviso nettamente in due parti.
Nella prima vi è la narrazione più veramente fantastica del fantasma che inquieta le notti del barone e della seconda sposa: "...le avevamo detto degli spiriti che si sentivano nel Castello, e che la notte era un gran trapestio pei corridoi e per le scale, e si trovavano usci aperti e finestre spalancate, senza sapere come nè da chi-usci e finestre che erano stati ben chiusi il giorno innanzi-che si udivano gemiti dell'altro mondo, e scrosci di risa da far venire la pelle d'oca..." (pag. 127); "Alcuni pescatori... raccontarono d'aver visto l'anima della baronessa, tutta vestita di bianco... passeggiare tranquillamente su e giù per la scala rovinata, ove un gabbiano avrebbe paura ad appollaiarsi, quasi stesse camminando su un bel tappeto turco, e nella miglior sala del castello." (pag. 132).
All'inizio è solo la seconda baronessa a credere a queste storie, ma poi il barone, lasciatosi convincere, dispone due suoi scagnozzi, e il fantasma ricompare:
"...un grido terribile rimbombò per l'immenso corridoio; era un grido supremo di terrore, di delirio, che non poteva riconoscersi a qual voce appartenesse, che non aveva nulla d'umano..." (pag. 138); lo vede il barone, coi suoi occhi, e decide di stare alzato lui stesso.
La prima moglie gli riappare: "...le tenebre furono squarciate da un lampo, e videsi di faccia, ritta, immobile, quella figura bianca che... lo guardava con
occhi lucenti e terribili." (pag. 140), e lui la uccide, essendosi lei rimaterializzata in carne ed ossa: "Vicino alla parete giaceva il cadavere di donna Violante, vestita del suo accappatoio bianco, com'era fuggita dal letto del marito la notte in cui s'era creduto che si fosse buttata in
mare." (idem).
La seconda parte narra, invece, dei precedenti, ovvero del matrimonio infelice fra Violante e il rozzo barone.
Altro "grande" della nostra letteratura di fine ottocento che si sia cimentato col racconto fantastico è Antonio Fogazzaro, quello di "Malombra" e "Piccolo
mondo antico".
"Malgari" (originariamente apparso, col titolo di "Màlgari o la perla marina", in "Lettere e arti" del 27 aprile 1889; anche in "Racconti brevi", ed. Enrico Voghera, 1894, e, col titolo "Màlgari o la perla marina", in "Tutte le opere", ed. Mondadori, '39; pagg. 277-86)
è un racconto veramente notevole che narra di una perla, scaturita dalle lacrime di un re-poeta cadute nell'oceano, che diventa bambina per alleviare le sofferenze di una madre a cui era morta la figlia piccolissima.
Molto bello l'incontro fra la perla-bambina e le Nereidi.
A chiudere questo primo volume, c'è un racconto di Luigi Capuana, "Un vampiro" (originariamente apparso in "Lettura" del 1° luglio 1904; pagg. 329-45), che è un pò un trait d'union tra i due, vista la sua data di
pubblicazione originale.
Come ben dice il Ghidetti nell'introduzione, il Capuana fu proprio l'epigono della fantascienza italiana, e questo racconto ne è un esempio probante.
Vi si narra, infatti, di uno scienziato che ascolta la storia di un amico sul caso del primo marito di sua moglie che, morta non molto tempo prima, visita notturnamente ed invisibilmente la coppia, succhiando il sangue al frutto della loro unione.
Lo scienziato, mostratosi dapprima scettico, sentita la storia, ne dà una spiegazione-soluzione degna del miglior racconto di fantascienza moderna: "...quei rimedi empirici, tradizionali siano i resti, i frammenti della segreta scienza antica, e anche, più probabilmente, di quell'istinto che noi possiamo oggi verificare nelle bestie.... con l'atto apparente della morte dell'individuo, non cessi realmente il funzionamento dell'esistenza individuare fino a che tutti gli elementi non si si siano completamente disgregati.... È fatto, non insolito, attorno al quale la così detta superstizione popolare... la
divinazione primitiva potrebbe trovarsi d'accordo con la scienza... E sai qual'è la difesa contro la malefica azione dei Vampiri, di queste persistenti individualità che credono di poter prolungare la loro esistenza succhiando il
sangue o l'essenza vitale delle persone sane?... L'affrettamento della distruzione del loro corpo." (pagg. 339-40).
Gli altri racconti contenuti in questo primo volume sono sedici: "Narcisa", di Luigi Gualdo, "Un corpo", di Camillo Boito, "Il violino a corde umane", di Antonio Ghislanzoni, "Gentilina", di Giovanni Faldella, "Le tre maruzze", di Vittorio Imbriani, "Storiella bizzarra", di Giuseppe C. Molineri, "Aura-Eloim", di Vincenzo
Giordano-Zocchi, "Il mago", di Carlo Dossi, "Da uno
spiraglio", di Roberto Sacchetti, "Leggenda di Capodimonte", di Matilde Serao, "Natale in famiglia", di Ambrogio Bazzero, "Sirena", di Giovanni Alfredo Cesareo, "Donato del Piano", di Federico De Roberto, "Brutus", di Salvatore Di Giacomo,
"Telepatia", di Edoardo Calandra, e "Confessione postuma",
di Remigio Zena.
Passando quindi al volume dedicato ai racconti fantastici del novecento, bisogna innanzitutto dire che il Ghidetti e il Lattarulo, nella prefazione, notano che:
"Anche se uno sguardo di insieme al panorama della letteratura fantastica italiana del novecento... rivela... una singolare fioritura del fantastico, non si deve tuttavia credere che questo sia stato l'onesto frutto della non ingente eredità ottocentesca." (pag. VII).
Infatti, a parte cose come i racconti di Svevo e di Gozzano, che: "...rielaborano situazioni canoniche del repertorio fantastico ottocentesco..." (pag. XI), altra è la genesi della letteratura fantastica novecentesca del nostro paese: "L'ostilità idealistica per il mistero, il rifiuto di considerare la realtà come enigmatica... contribuiscono a chiarire ulteriormente la marginalità
(che non significa affatto scarsa presenza) del fantastico nella letteratura italiana novecentesca.
Un tipo di narrativa mirante piuttosto ad oscurare che a chiarire, piuttosto ad inquietare che a rassicurare, non può non vivere una vita difficile là dove domini un
pensiero che consideri la realtà come tutta penetrabile e tutta spiegabile, perchè tutta spirituale.... l'altro, il diverso, il perturbante sono sempre di nuovo assimilabili allo spirito.... Il fantastico è qui una delle espressioni
attraverso cui si manifesta l'inquietudine dei giovani intellettuali d'avanguardia, incapaci di superare sul piano teorico il compiuto immanentismo idealistico, ma oscuramente insoddisfatti di quella compiutezza." (pagg.
IX-X).
Si comincia proprio con un racconto di Italo Svevo (quello di "Una vita", "Senilità" e "La coscienza di Zeno"), "Lo specifico del dottor Menghi" (da "Due racconti", "All'insegna del pesce d'oro", ed. Scheiwiller, '67; pagg. 1-26), databile attorno al 1904.
Vi si narra di un medico che scopre quello che secondo lui dovrebbe essere una specie di elisir di lunga vita, ma che, dopo averlo sperimentato, tipicamente, su se stesso e sulla propria madre moribonda, si rivela un'"orribile
cosa..."
Altro racconto di cui vorrei parlare è "Alcina", di Guido Gozzano (originariamente apparso in "Illustrazione italiana" del 26 dicembre '13; anche in "L'altare del passato", "Le spighe", ed. Treves, '18, "Opere di Guido Gozzano" n. 3, ed. Fratelli Treves, '35, ed. Garzanti, '42, in "Poesie e prose", ed. Garzanti, '61, in "L'altare del passato", "Biblioteca del viaggiatore", ed. Passigli, '91, e in "Poesie e prose", "Universale economica. I classici" n. 123, ed. Feltrinelli, '95; pagg. 58-71).
Vi si narra di una giovane donna segnata nel fisico da una brutta gobba, figlia di un famoso archeologo ed essa stessa appassionata dei templi greci, che appare al
protagonista nelle forme di Fedra, sana e bellissima, e che altri, si verrà a sapere, avevano visto nelle stesse sembianze: "...forsennati che giuravano d'averla vista con un corpo fidiaco." (pag. 71).
Ma veniamo al contributo del Futurismo alla letteratura fantastica del nostro paese, e non poteva non essere che un racconto di Filippo Tommaso Marinetti, "Fabbricazione di una sirena" (da "Novelle colle labbra tinte", ed. Mondadori, '30; pagg. 155-60).
Vi si narra di un poeta che vuole realizzare la "...creazione di una sirena!", appunto, e che, per farlo: "Languidamente pesco colgo e raduno tutti i colori sapori odori rumori del mare." (pag. 157), scende:
"...con glu glu di botti-spumante", nei fondali marini. Finchè: "...scintillò sott'acqua una lunga coda di pesce e belle squame d'argento cesellato... emerse grondante di amorosi sudori il pallido e ardente ovale
perfetto... mani tanto liquide da confondersi coll'acqua stessa." (pag. 159).
E poi arriva un idrovolante dell'aviatore fiumano Keller e: "Preziosamente issammo la donna marina nella carlinga. Capricciosa e pratica voleva tenere fuori eretta la sua coda di pesce per meglio (diceva) aiutare i timoni."
(pag. 160).
Divertente, è pieno, come abbiamo visto, di quegli accorgimenti letterari tipici del Futurismo.
Ma arriviamo a Luigi Pirandello, premio Nobel per la letteratura nel '34, di cui ricorderemo il romanzo "Il fu Mattia Pascal", la raccolta di novelle "Novelle per un anno", del '57, da cui è tratta anche quella qui
antologizzata, del '34, e le commedie "Così è (se vi pare)",
"Sei personaggio in cerca d'autore" e "Enrico IV°".
Questo "Di sera, un geranio" (dal "Corriere della sera" del 6 maggio '34; anche in "Novelle per un anno", ed. Mondadori, '57, "La villa del caos", "La chimera" n. 8, ed. Solfanelli, '93, "Novelle fantastiche", "Segnalibro", ed. Morano, '93, "Racconti fantastici del novecento italiano", a cura di Maria Antonietta Cruciata e Monica Farnetti, "Segnalibro", ed. Morano, '93 e "Pirandello e il mistero", "Pinnacoli" n. 3, ed. San Paolo, '96; pagg. 179-83), è la narrazione in prima persona di uno spirito che
lascia il proprio corpo dopo la morte: "...ora lui è come la fragranza di un'erba che si va sciogliendo in questo respiro, vapore ancora sensibile che si dirada e svanisce, ma senza finire, senz'aver più nulla vicino.... Una cosa,
coesistere ancora in una cosa, che pur sia quasi niente, una pietra. O anche un fiore che duri poco: ecco, questo geranio..." (pag. 183).
Ed ha per finale, dopo due righe dalla parte dei vivi, questa frase bella e piena di favoloso: "Di sera, qualche volta, nei giardini s'accende così, improvvisamente, qualche fiore; e nessuno sa spiegarne la ragione." (Idem)
-"I borghesi sul fico", di Enrico Morovich (da "I ritratti nel bosco", ed. Parenti, '36; pagg. 209-12), bella short-story nera, con protagonista niente di meno che la Morte stessa.
Ma eccoci ad uno dei più grandi maestri del fantastico italiano, quel Dino Buzzati di cui ho parlato nel mio articolo "Il realismo magico di Buzzati", e di cui
viene qui antologizzato il bellissimo "Sette piani" ('42, da "I sette messaggeri", "Oscar narrativa" n. 1792, ed. Mondadori, '84; tradotto in spagnolo come "Siete pisos", in "Miedo en la Scala y otros cuentos", '83, tedesco, come "Das Haus mit den sieben Stockwerken", in "Das Haus mit den sieben Stockwerken", '86, '91, tr. Antonio Luigi Erné e Nino Erné, olandese, come "De lift", in "De betoverde burger", '88 e finlandese, come "Seitsemän kerrosta", "Portti" # 4, '92; pagg. 219-34).
Vi si narra, come molti di voi sapranno, di un malato di una malattia imprecisata che, seppur affettone in maniera lievissima, consigliato, si reca in un sanatorio ove curano esclusivamente quella malattia.
Qui i malati sono distribuiti secondo la gravità dal settimo al primo piano, in crescendo.
Ed è un vero e proprio crescendo quello che si sviluppa nel racconto, una discesa inesorabile, per i più vari motivi, tranne l'aggravamento della malattia. (Da questo racconto è stato tratto il film "Il fischio al naso", con lo
scomparso Ugo Tognazzi. (Fabrizio Frattari)).
È questo senz'altro il racconto che maggiormente deve aver fomentato l'accostamento Buzzati Kafka, che, come ho detto in quell'articolo, è, in generale, non esauriente.
Altro grande della nostra letteratura che si sia cimentato col racconto fantastico è il recentemente scomparso Alberto Moravia, qui presente col racconto
"L'albergo splendido" (originariamente apparso in "L'epidemia: racconti surrealisti e satirici", "I compagni di strada", ed. Documento, '44; anche in "Opere complete di Alberto Moravia", e in "La mascherata, Agostino, La disubbidienza, L'amore coniugale,
L'epidemia", "Classici", ed. Bompiani, '56, '74; pagg. 251-8). Del tutto umoristico, e veramente ben congeniato; narra di un pranzo di nozze decisamente sui generis. Il primo slittamento della narrazione realistica si ha quasi subito, con la sposa che, andando verso l'albergo, dice: "Era proprio vero, ella disse, che andavano allo Splendido? O piuttosto non fuggivano lungo i platani denudati dell'inverno e arrossati dal sole intirizzito, non fuggivano per salvare la vita?" (pag. 253).
Ma è là arrivati che, dapprima lentamente, poi sempre più precipitosamente, il racconto si ribalta in grottesco e, appunto, umoristico: "...che significavano quelle catene che penzolavano dalle tenebre sul capo di ciascun convitato?" (pag. 256); "Ma perchè questi camerieri si mettevano così vicini ai convitati? E addirittura gli salivano a cavalcioni sulle spalle?" (pag. 256); "...la madre non trovò nulla da ridire quando tutti i camerieri, come obbedendo ad una parola d'ordine, introdussero una caviglia di ciascun convitato nell'ultimo anello di
quelle catene che penzolavano sulle seggiole." (Idem).
Il finale è imprevedibile e decisamente divertente.
Altro racconto di cui vorrei occuparmi è "La moglie di Gogol", di Tommaso Landolfi (originariamente apparso in "Città" n. 5, anno 1°, '44; anche in "Ombre", ed. Vallecchi, '54, "Biblioteca Adelphi" n. 282, ed. Adelphi, '94-tradotto in tedesco come "Gogols Frau", in
"Gogols Frau", '94, tr. Heinz Riedt; pagg. 305-17), in cui si immagina che Gogol avesse per moglie una specie di golem di plastica gonfiabile dallo scheletro di ossa di balena: "La moglie di Nikolaj Vasilevic... non era una donna, nè un essere umano purchessia, neppure un essere comunque vivente, animali o pianta... ; essa era semplicemente un fantoccio." (pagg. 307-8).
Ma che poi questa diventasse una presenza decisamente inquietante: "Nikolaj Vasilevic aveva la bizzarra inpressione che colei che andasse acquistando una propria,
sebbene indecifrabile personalità, distinta dalla sua, e gli sfuggisse per così dire di mano." (pag. 312).
Proseguendo coi grandi, ecco un racconto di quel Giuseppe Tomasi di Lampedusa del "Gattopardo", "Lighea" (da "Racconti", ed. Feltrinelli, '61; pagg. 319-42).
È nettamente diviso i due parti quasi uguali; nella prima il protagonista, emigrato siciliano a Torino, incontro un suo celebre compaesano, un illustre grecista, e nella seconda questi gli racconta una storia davvero fantastica di due settimane d'amore con una sirena: "...sotto l'inguine, sotto i glutei il suo corpo era quello di un pesce, rivestito di minutissime squame
madreperlacee e azzurre, e terminava in una coda biforcuta che lenta batteva il fondo della barca. Era una sirena." (pag. 337).
Penultimo racconto di cui ci occuperemo e anche dell'antologia è "I dinosauri", di Italo Calvino (anche in "Le cosmicomiche", "Supercoralli", ed. Einaudi, '65, "La memoria del mondo e altre storie cosmicomiche", "Un libro al mese", ed. Club degli Editori, '68, "Le cosmicomiche", "Biblioteca giovani" n. 50, "Nuovi coralli" n. 198, ed. Einaudi, '75, '78, "Immaginatevi", a cura di Stefano Benvenuti, "Aperture", ed. Bruno Mondadori, '81, "Cosmicomiche vecchie e nuove", "Narratori
moderni", ed. Garzanti, '84, "Racconti fantastici del '900. Vol. 2", a cura di Giuseppe Lippi, "Oscar" n. 1985, ed. Mondadori, '87, "Le cosmicomiche", "Gli elefanti", ed. Garzanti, '88, "Opere di Italo Calvino", ed. Mondadori, '93, "Tutte le cosmicomiche", "Oscar grandi classici" n. 75, ed. Mondadori, '97, "Intercom" n. 144/145, '97; tradotto in russo come "Dinozavri", in "Kosmikomiceskie istorii", '67, e in "Luna dvadzati ruk", '67, trad. E. Solonovic, in inglese come "The Dinosaurs", in "Cosmicomics", '68, trad. William
Weaver, in olandese come "De dinosaurussen", in "Kosmikomische verhalen", '83, e in spagnolo come "Los dinosaurios", in "Breve antología de cuentos fantásticos", '98 e, 2001, trad. Equipo Dunque; pagg. 359-74), tutto tenuto, appunto, su di un tono scherzoso, narra delle peripezie dell'ultimo dinosauro sopravvissuto all'estinzione della sua specie.
In ultimo c'è "Quaestio de centauris", di Primo Levi (da "Storie naturali", "I coralli" n. 234, "Nuovi coralli" n. 236, ed. Einaudi, '66, '79, ed. Eurclub, '90; pagg. 375-86), quello di "Se questo è un uomo" e "La tregua".
Vi si narra di un centauro: "Nonostante i suoi duecentosessant'anni, era di aspetto giovanile, sia nella parte umana che in quella equina." (pag. 377), e della sua particolare inclinazione, comune a tutta la sua specie:
"...tutti i centauri... sentono per le vene, come un'onda di allegrezza, ogni germinazione, animale, umana, o vegetale. Percepiscono anche, a livello dei precordi... ogni desiderio ed ogni amplesso che avvenga nelle loro
vicinanze..." (pagg. 381-2).
In questo volume, oltre ai racconti di cui ci siamo occupati, ve ne sono altri venticinque: "Satana in treno", di Ardengo Soffici, "Storia completamente assurda", di Giovanni Papini, "Vampiro", di Enrico Boni, "Parole di un morto", di Federico Tozzi, "Il diavolo nell'ampolla", di Adolfo Albertazzi, "Il braccio troncato", di Roberto Bracco, "Trapassati", di Giulio Caprin, "Tre croci", di Persio Falchi, "Il forte di X...", di Mario Puccini,
"Il talismano di Fioretta", di Alfredo Panzini, "Quasi
d'amore", di Massimo Bontempelli, "Il sogno di una notte a
Versailles", di Paolo Buzzi, "I ridestati del cimitero", di Nino Savarese, "Crepi l'astrologo", di Domenico Giuliotti, "Colui che non voleva mostrare il nonno", di Beniamino Joppolo, "La gamba della Namur", di Nicola Lisi, "Fine di una festa", di Antonio Delfini, "Casa "La Vita"", di Alberto Savinio, "Avventura a Campo di Fiori", di Giorgio Vigolo, "L'ultimo licantropo", di Riccardo Bacchelli, "Ballo in giardino", di Guelfo Civinini,
"L'infante sepolta", di Anna Maria Ortese, "Il ritratto della regina", di Aldo Palazzeschi, "Lotta di maghi", di Arturo Loria, e "L'amico americano", di Mario Soldati.
Ora che abbiamo terminato, l'impressione più viva è senz'altro quella che la letteratura fantastica del nostro paese abbia delle radici ben solide, anche se il loro germinare è stato più difficoltoso che altrove.
Un'ultimissima annotazione: i due volumi costano complessivamente cinquantamila lire; non poco, ma senz'altro ben spese.
Originariamente in "Algenib" n. 13, gennaio '92, poi in "Oltre..." n. 1/2, ed. associazione culturale "Il borghetto", '93
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