Profumo alchemico
di Pierfelice Bernacchi-FANTASTICO
"la Lampada di Alhazred" n. 17, ed. Solfanelli '92, 75 pagg., 6.000 £ (3,1 €); © by Marino Solfanelli Editore
Questa bella collana della scomparsa ed. Solfanelli offriva dei romanzi brevi quasi esclusivamente italiani di una certa qualità.
Ora sono praticamente introvabili, ma, e forse proprio per questo, mi pare giusto dirne.
Qui, è il personaggio dell'archeologo Enrico Hoffman, creato dall'autore nel racconto "Astarte: il genio del venerdì", che ha un'altra avventura.
Questa volta scopre, nelle campagne toscane, niente di meno che una fonderia nella quale si cela il segreto alchemico, appunto, della trasmutazione dei metalli
vili in oro; in una chiesetta sconsacrata dove, prima, vede il cadavere di un morto ammazzato, e poi rischia di fare la sua stessa fine.
Una chiesetta che: "...benchè lontana dalle vie del commercio e priva di ogni interesse militare, fu teatro di sanguinosi scontri per la sua conquista tra i monaci dell'Ordine del Tempio e quelli dell'Ospedale." (pag. 32).
Ma, tutto ciò, è raccontato in una cornice di quieta quotidianità, con contorno di storia d'amore, cosa che fa risaltare maggiormente la fantasticità di quanto poi vi
avviene; una figura misteriosa vi si muove sullo sfondo, che, alla fine, si rivelerà essere, effettivamente, qualcosa di molto... alieno.
Infatti, dopo l'esperienza quasi mistica in un sotterraneo celato della chiesetta ("...percepiva la presenza di qualcosa a lui sconosciuto... sensazioni mai
provate prima. La capacità di avvertire gli stimoli provenienti dall'ambiente esterno e da quello interno del proprio organismo, pareva centuplicata. L'ordine delle sensazioni infinito... (ma a ciò) corrispondeva una lenta e
progressiva atrofizzazione delle masse muscolari... presenza aliena..." (pag. 55); "Un coro gregoriano mescolato al soffiare dei mantici e del battere dei magli invase l'intera fonderia.... D'un colpo la fonderia si era animata di sette cavalieri, nudi sino alla vita, che assorti lavoravano tra mortai e crogioli." (pag. 57)), il protagonista, risalito indizialmente a che gli ha telefonato uno strano ammonimento, si ritrova a parlare con costui in una "...dimensione parallela... dove tempo, spazio e materia hanno valori ben diversi da quella terrena." (pag. 70), come quella nella quale l'aveva vissuta: "Pur consapevole di trovarsi nella bottega, seduto su di una comoda poltrona chester, e che Emilia lo stava aspettando sul viale dei tigli, gli pareva di volare tra vortici di fuoco e gigantesche cascate di cristalli."
(pag. 69).
Che gli racconta di come essa sia la "...dimensione della Grande Opera." (Idem), e che: "L'immaginazione è il potere creativo, la più potente maga dell'universo..." (pag. 70), cosa che, probabilmente, ha fatto si che:
"...la sua professione lo (abbia) portato ad un grado intuitivo altissimo, arricchendo la parte spirituale di sé." (pag. 71), portandolo ad essere stato in grado di vivere quell'esperienza; e questa.
E del profumo alchemico: "...l'antica mistura di Mosè... Onice, storace, galbano e incenso puro. Introvabile ormai nella dimensione usuale. Il segreto risiede nelle dosi." (pag. 71).
Il finale è altamente immaginativo, col protagonista che, inseguitolo, non solo non lo trova più, ma capisce di essere stato, nuovamente, in una dimensione, appunto,
altra: "Non esisteva altra stanza al di fuori della bottega degli orologi" (pag. 72), dalla quale il personaggio misterioso, un orologiaio... era entrato, e dalla quale era uscito, e che, il Tempo, là, era
differente: "Ma se ho parlato con il vecchio almeno per un quarto d'ora?"; "Esattamente un minuto e trenta secondi. Ho controllato per sicurezza." (pagg. 72-3).
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