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Occhi d'argento


di Fabio Calabrese, "Narratori europei di science fiction" n. 21, ed. Perseo libri, 2005, 318 pagg., 19,50 €


Fabio Calabrese è attivo nel mondo della fantascienza ormai da molti anni, ma, ancora, non aveva avuto modo di pubblicare una sua antologia personale.

Ora la casa editrice del Malaguti, che offre forse lo spazio maggiore alla nostra Sf, gliene ha dato l’opportunità; e sono solamente in minima parte rispampe di suoi vecchi racconti già pubblicati su fanzine.

La qualità, come vedremo, è abbastanza buona.


-"Occhi d’argento" (pagg. 11-32)-racconto ufologico molto umanistico, nel quale un’avvocato che "…è un cultore di fantascienza, e che in passato ha pubblicato anche diversi racconti sulle fanzine del genere." (pag. 27), rivive per mezzo dell’ipnosi un suo "incontro ravvicinato", e ne ha l’esistenza stravolta, tra la preoccupazione di perdita di credibilità, per la sua professione, e l’amante con la quale intendeva ritentare un’esperienza matrimoniale, dopo un fallimento, che giudica questa "pagliacciata" la tipica goccia che le fa troboccare il vaso, della disistima.

Per quanto riguarda l’atteggiamento nei confronti della questione Ufo, vi si dice quanto detto in "Le due faccie degli Ufo" di Watson, espressamente citatovi.

Il finale, intimista, ricorda invece quanto, in generale, dice Shepard nella sua opera: "…attorno a noi esistono segreti per noi intangibili, la cui conoscenza potrebbe appagarci…" (pag. 32).


-"Sheila" (originariamente apparso in "Universo e dintorni", a cura di Inìsero Cremaschi, "I Garzanti" n. 716, ed. Garzanti, ’78, pagg. 77-86; pagg. 33-41)-di hard Sf, racconta del tipico primo contatto con una razza aliena, qui aviformi, cioè discendente dagli uccelli, o, comunque, dal loro corrispettivo di quel pianeta.

E dell’acclimatarsi decisamente eccessivo del terrestre, unico componente la missione, che arriva fino a partecipare ad un rito di accoppiamento comunitario; e ne impazzisce.


-"Il re di Sherennam" (originariamente apparso in "Astralia" n. 12, '80; pagg. 43-52)-palesemente ispirato al "Solaris" di Stanislaw Lem, racconta di un membro di una squadra di esplorazione terrestre su di un pianeta alieno che viene "catturato" dall’essere, unico ed intelligente, che vi vive, e che vince una sorta di braccio di ferro psichico, con quell’essere, e diviene, così, il padrone di quel pianeta, a tutti gli effetti.

Una variazione, quindi, decisamente divertente, e ben riuscita.


-"Festa di compleanno" (pagg. 53-63)-in cui si affronta il tema classico dei viaggi nel tempo da una prospettiva decisamente nuova, per quanto, ciò, possa sembrare impossibile; vi si ipotizza, infatti, che un viaggio nel passato faccia, poi, vivere, al suo autore, il proprio tempo soggettivo al contrario, mentre viene percepito, da quelli che gli stanno attorno, come se lo vivesse giusto.

E, ciò, è inserito in un racconto che ha molto di quello ottocentesco, dello scienziato pazzo e dell’altrettanto tipico scettico, costretto poi dai fatti a cambiare idea.


-"Axolotl" (originariamente apparso in "Terzo pianeta" n. 1, '81; pagg. 65-75)-in cui si racconta della scoperta, da parte di una guardia privata di un latifondista brasiliano, di un… popolo, che gli ricorda le leggende del Piccolo Popolo, frutto di esperimenti con gli axolotl del titolo "…una varietà del comune tritone crestato che presenta un adattamento neotenico molto… elastico…" (pag. 73).

Ed è questa cosa dell’adattamento neotenico (…il permanere in una condizione infantile, cioè primitiva, fino alla maturità sessuale… un’astuzia dell’evoluzione per eliminare i gradi di adattamento superflui…), il suo vero fulcro, in quanto vi si arriva a dire che l’Uomo "… è una scimmia neotenica, che dal punto di vista anatomico come da quello psichico somiglia molto di più ai cuccioli delle scimmie antropomorfe che non agli adulti delle stesse specie." (pag. 74).

Gli axolotl, inutile dirlo, saranno una minaccia per l’intera Umanità: "Forse per la prima volta l’uomo ha un valido concorrente su questo pianeta." (idem).


-"Un buco nel cielo" (pagg. 77-87)-anche questo, come il primo, ricorda quanto Shepard dice nelle sue opere; racconta, infatti, della tipica missione di soccorso, seguente una prima, fallita in un massacro totale non si sa per quale ragione.

La struttura è quindi quella del giallo, almeno all’inizio, ma poi la maledizione che ha causato il primo disastro colpisce ancora: il sole freddo di quel pianeta fa perdere il sonno, o meglio, i sogni, sostituiti da una veglia che ne ha sempre più le caratteristiche.

E gli uomini regrediscono ad uno stadio primitivo, nel quale, a comandare, è il cervello primitivo: "Il cervello dei mammiferi si è sviluppato come un ulteriore strato al disopra di quello ereditato da antenati rettili… controlla l’aggressività, le gerarchie sociali, i rituali di gruppo…" (pag. 83); "Cività, umanità, inibizioni, sofferenze, frustrazioni; ecco cosa ha ereditato la nostra specie con i processi di simbolizzazione." (pag. 87).

Vi si dice anche delle endorfine, in Shepard dette proprio in relazione a stimolazioni finalizzate all’aumento dell’aggressività; e il finale ricorda quelli catartici, di totale, appunto, esplicazione della Volontà di Potenza nella sua accezione deteriore.


-"Esperimenti di deprivazione sensoriale" (pagg. 89-109)-esistenzialista, nel quale un simile esperimento viene raccontato dalla parte della cavia, un fallito colto che vi trova una possibilità di sopravvivenza.

E che, ancora, riecheggia il pensiero di Shepard: "…ogni uomo è in contatto con la totalità della vita, con la sua energia possente, e solo la nostra incapacità di rendercene conto ci rinchiude nei muri opachi delle nostre vite limitate." (pag. 106).

Il protagonista, uno dei tanti laureati/disoccupati, regredisce non solo fino al momento della propria nascita, ma fino all’uomo primevo, e alla sua sensibilità ("Stati di allucinazione", di Ken Russell); e, quindi, ad una Volontà di Potenza, primeva, proprio quella bestia ottusa e violenta che è in noi, e di cui Shepard ha detto così bene: "Ora so che in ogni uomo ed in ogni cosa vi è la potenzialità dell’universo, che ogni cosa non è che un aspetto dell’essere." (pag. 108), si dice, ma poi uccide, senza neppure più riuscire a capirne la gravità morale, la donna che gli si è rifiutata.

Al di fuori dei condizionamenti sociali, è pericoloso, andare: "…tutti i condizionamenti e l’educazione che facevano si che reagisse in quel modo." (pag. 109).


-"Ayers rock" (pagg. 111-118)-nel quale un altro aspetto del Shepard-pensiero viene ripreso, e bene; qui, è quel dire della presunzione, dell’uomo occidentale, di essere superiore a cose che, semplicemente, gli sono troppo lontane, nel sentire: "…un tipo di rapporto, di simbiosi con la natura e le sue forze segrete che era al di là della comprensione di una mente occidentale." (pag. 114; la sottolineatura è mia); gli aborigeni autraliani, col loro Tempo del Sogno, offrono un’ottimo spunto, per dire ciò.


-"Robots" (pagg. 119-133)-nel quale, i robots, sono gli esseri umani che si sono lasciati irretire completamente dai condizionamenti sociali, perdendo la propria umanità; gli "arresi" di Shepard.

Si, perché, anche questo, è un racconto decisamente shepardiano; che racconta di un uomo che, capito di vivere in un mondo falso, fatto unicamente, appunto, di condizionamenti, decide di fuggire, per andare fra i perdenti, gli emarginati, gli unici fuori da esso: "…che vivevo in un mondo falso, che le giornate che scorrevano via in una lunga teoria come le perline di una collana, il tempo della mia vita che a poco a poco se ne andava, avevano un suono fasullo, come una moneta di latta." (pag. 129).

Che procede pacato, in un susseguirsi di lunghi flash back molto descrittivi, molto intensi, a chiarire il presente nel quale il protagonista si muove.

Di shepardiano, come dicevo, moltissimo; dall’appiattimento che i media infliggono alla cultura: "…sciocchezzaio a cui il potere persuasivo dei media dava la forza di un fiume in piena, (che) finiva per travolgere qualsiasi possibilità di una cultura superiore, di uno sviluppo autonomo della personalità, annegava ogni cosa in un grigio conformismo." (pag. 130), alla magia come quel qualcosa di estremamente importante che ci siamo lasciati indietro: "…si, forse era questo che avevamo perso o stavamo perdendo, il senso del magico." (idem), fino al finale nel quale, proprio come in molte opere di quell’autore, il protagonista varca una porta su di un mondo altro, magico.


-"Darwiener" (pagg. 135-150)-incentrato sull’aggresività umana, nel quale si ipotizza la costruzione di un mondo virtuale nel quale vivano, e si evolvano, degli esseri; un mondo visitabile, e nel quale, appunto, questi esseri apprendono l’aggressività umana dai visitatori che "…pensano di giocare a Space Invaders" (pag. 140).

E che, quindi, decidono di "…levare la pistola carica di mano allo scimpanzè…" (pag. 149), di non essere più minacciati dagli uomini.

Dice, cioè, ancora di quello strato profondo della mente di cui ha detto Shepard: "Spesso è la parte più antica, il cervello-rettile che prende il sopravvento, ed allora gli uomini non dimostrano più assennatezza di un branco di coccodrilli…" (pag. 143).


-"Una notte d'estate" (pagg. 151-158)-saggio camuffato da racconto, è una riflessione sulla fantascienza, da parte di un appassionato vero, che si rende conto di come gli entusiasmi delle letture giovanili siano ormai finiti, affievoliti dall’essere diventati adulti, ma, anche, che quella magia esercita ancora il suo potere su di noi.

Che la razionalità che ci fa dire che gli alieni difficilmente verranno mai a trovarci fa a pugni con la fantasia che ce li fa, incontrare.

Il bambino, che è in noi, in lotta con i condizionamenti sociali; Shepard.


-"La sagola" (pagg. 159-175)-hard Sf ecologico/rivoluzionaria, nella quale si racconta di un ecoterrorista a cui viene offerta la possibilità di riscattarsi, andando a portare fra le stelle la possibilità, per l’Uomo, di non soccombere all’esplosione demografica.

Ma che, accettato, si comporterà da vero irriducibile, lanciando verso la Terra un pezzetto di antimateria che eliminerà, per quanto drasticamente, il problema, e alcontempo "L’infezione umana sarebbe rimasta confinata alla Terra…" (pag. 174).


-"Erpetofobia" (pagg. 177-189)-ancora hard Sf, questa volta sui viaggi nel tempo, nella quale si immagina la costruzione di un’astronave ad effetto appunto temporale, che limiterebbe l’effetto relativistico, e renderebbe i viaggi interplanetari possibili.

Ma che, per la paura dei rettili del titolo del suo inventore, fallisce; e questo sarebbe il meno: infatti, spostandosi per errore in maniera inconsulta, va a deviare, in maniera a dire il vero decisamente inverosimile, l’asteroide che si presume abbia fatto estinguere i dinosauri, cosicchè, al rientro, i crononauti trovano una Terra abitata non più dagli Uomini, ma da questi.

Decisamente non riuscito, ha anche la pecca di insistere in maniera eccessiva sui particolari scientifici.


-"Il viaggiatore" (pagg. 191-201)-facente parte di quel tipo di racconto che sembrerebbe essere mainstream, e che si legge un po’ con l’attenzione a ciò che viene narrato, ma anche un po’ a tentare di carpirvi un qualche elemento di "novum", è una lieve, delicata narrazione di viaggi, di amicizie, pieni di calore, di un’umanità pulsante, viva, vera; che avvengono, però, un po’ troppo ravvicinatamente, e con la parola "balzo" ripetuta più volte, che potrebbe, anche, significare "fare un salto a"….

Alla fine, però, capiamo che il protagonista è l’inventore di un congegno per il trasporto istantaneo della materia, che, per una sua conoscenza fortunatamente realistica del genere umano, ha deciso di non renderla pubblica, arricchendosi, ma di lasciarla alla sua possibilità di essere un viaggiatore del tutto particolare; per i possibili utilizzi buoni, della sua scoperta, si rende conto, che ce ne potrebbero essere altrettanti decisamente disastrosi.

E vi è, anche qua, un richiamo allo Shepard-pensiero, con quella capacità di riuscire a conservare il proprio Io bambino come una possibile chiave per una vita degna di essere vissuta: "…voglio sperare che siano ancora pieni di ingenua meraviglia infantile; ci penserà presto il trascorrere degli anni a togliere ogni poesia all’esistenza." (pag. 195).

E, il rimpicciolimento del mondo, dato da quell’invenzione, da modo di dire, per quanto alla lontana, della globalizzazione: "…una Francia rurale che va scomparendo…" (pag. 199).


-"Clone" (pagg. 203-224)-sulla genetica, insistendo forse un po’ troppo in spiegazioni scientifiche; racconta di un clone che, ritrovato il padre che non ha mai conosciuto dopo anni, lo scopre un essere abbietto, proprio come se lo era immaginato.

La genetica è detta molto favorevolmente, anche se con tutti i principali dubbi che suscita, dagli immensi interessi economici che vi sono attorno ai suoi possibili usi negativi ("Ciò che può dare la vita può anche dare la morte, e ciò che dà la morte può anche dare la vita." (pag. 220)).


-"Gaia" (pagg. 225-233)-una sorta di fiaba ecologista, nella quale si immagina che, dopo che l’umanità abbia portato al collasso se stessa ed il pianeta, la Terra si riprenda, come dopo la catastrofe che, molto probabilmente, estinse i dinosauri (qui narrata estesamente).

Ma che non riconosca più i suoi figli, tornati dall’esilio siderale.


-"La casa delle orme" (pagg. 235-257)-bel giallo fantascientifico incentrato sul dissolversi del divario umano/artificiale, quasi diviso in due racconti a sé stanti, il primo processuale, molto lineare, il secondo molto più movimentato, con, anche, la problematica della transessualità, ed un susseguirsi di trovate davvero buone, con la dovuta dose di scioglimento progressivo delle questioni.

Il finale è davvero mozzafiato, un po’ horror-fantascientifico; nulla da invidiare al dr. Adder di Jeter.


-"Zagadoka" (pagg. 259-268)-Sf classica, con un astronauta terrestre che racconta di una sua avventura durante una delle ultime missioni Apollo, che gli ha fatto conoscere il fatto che Firenze, sotto la guida illuminata di Leonardo da Vinci, è giunta, dopo secoli, alla Luna.

E che una razza aliena, la stessa che ha aiutato gli egiziani a costruire le piramidi, è tornata per rivendicare il possesso della Terra.

L’astronauta è ormai un alcolizzato, e così il racconto, visto il livello di sospensione del giudizio che richiede, barcolla fra la spiegazione razionale (è semplicemente uscito di senno), e quella irrazionale (è tutto vero).


-"Ali membranose" (pagg. 269-282)-nel quale si immagina che una ragazza, prostituta e tossicodipendente, affascinata dalla possibilità che i draghi possano essere esistiti davvero, e vistasi rifiutare una tesi di laurea nella quale sosteneva ciò, li trovi, e se ne innietti il dna: "…era quasi ovvio che desiderasse di non farne più parte." (pag. 282).

Il tutto è sorretto da una trama da giallo, con un cattivo (il magnaccia/spacciatore) che vuole rintracciarla; ed il finale immaginifico e catartico.


-"Il nuovo amico" (pagg. 283-302)-nel quale si racconta di un esperimento scientifico mirante a tentare di capire verso quali direzioni l’evoluzione umana possa dirigersi.

Struttura che, però, è pretesto per dire molte cose; dall’assurdità del razzismo: "…i "caratteri razziali"… erano semplici adattamenti a condizioni climatiche locali… nulla (in essi)… testimoniava la superiorità o l’inferiorità di una razza rispetto all’altra…" (pag. 289); l’immobilismo di certi modi di pensare come, ancora una volta molto shepardianamente, uno fra gli ostacoli più grossi ad un reale progresso dell’umanità: "…mentalità conservatrice e chiusa per partito preso a qualsiasi novità." (pag. 290); e non si nasconde certo che sia il cristianesimo, seppur in una sua concezione erronea.

C’è, anche, una forte componente messianica; il co-protagonista è stato concepito in una modalità che non può non ricordare l’immacolata concezione evangelica, e: "…ho la sensazione che… non sia venuto al mondo per un semplice caso, che debba avere uno scopo, una missione." (pag. 296), che, se anche concettualmente molto distante dal "messianesimo" di Shepard, potrebbe esservi attinente, visto l’indubitabile debito culturale a quell’autore che abbiamo visto.


Abbiamo dunque visto, come vi avevo anticipato, che la qualità media di questi racconti è davvero buona, e come, prababilmente inconsciamente (non se ne fa cenno alcuno, nella postfazione), spesso vi si dicano concetti espressi da Shepard nella sua opera.

La prosa, là dove non deve essere spiegazione scientifica, raggiunge anche dei punti di discreto lirismo, ed un certo sessantottismo traspare di frequente.

Il volume è completato da una "Presentazione" di Lino Aldani (pagg. 5-10), e da una "Postfazione" dell’autore, "Guardare il mondo con occhi d’argento" (pagg. 303-313), nella quale si dice, prevalentemente, della così detta "ispirazione", come di un concetto superato, e del suo "metodo di lavoro", che consiste, appunto, invece, dal prendere ispirazione dalla lettura di articoli scientifici, od altro: "…fantasia disciplinata da una buona dose di razionalità nel momento del’ideazione…" (pag. 312).






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