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Gioventù cannibale


a cura di Daniele Brolli-HORROR

"Tascabili stile libero" n. 400, ed. Einaudi, ’96, 214 (202) + x pagg., 14.000 £; tradotta in spagnolo, da Juan Vivanco, come "Juventud caníbal", ed. Grijalbo, '98, e in francese, da Serena Gentilhomme, come "Jeunesse Cannibale", ed. Naturellement, 2000


La strafamosa antologia del Brolli, che vi dice "…ha l’ambizione di essere il segnale di una svolta dell’immaginario, che esce dal limbo della cultura recintato dal moralismo per appropriarsi di una lingua senza compromessi. " ("Le favole cambiano"; edizione francese: "Les contes de fées ne sont plus ce qu'ils étaient", pagg. 5-11; spagnola: "Los cuentos cambian"; pagg. 231−236; ix-x).

Il sottotitolo è "La prima antologia italiana dell’orrore estremo", e, in effetti, si può tranquillamente dire che si tratti di horror, anche se certo non come quello che siamo soliti intendere come tale: "Quando gli scrittori horror (americani) sono passati da una scrittura essenzialmente consolatoria e rassicurante a una scrittura che non voleva più confermare il consenso alla società, si sono rivolti al sangue…. Quegli scrittori si sono chiamati splatterpunk…" (pag. ix).

E rivendica le radici culturali nostrane, di una simile svolta: "Il cinema macabro o thrilling di Mario Bava e Lucio Fulci, fino a Dario Argento, insieme a fumetti come Diabolik, Kriminale Satanik, hanno trasmesso all’immaginario italiano l’idea che per tutto c’erano due volti, che nelle premesse del benessere c’era in agguato la devianza." (pag. vii).

Sono racconti molto "forti", nei quali, appunto, a prevalere, sono le motivazioni dei gesti estremi che si pongono in essere; la mancanza, di motivazioni reali: "…il male si rivela come scaturito dall’assenza, dalla completa mancanza di determinazione, originato da individui senza desideri né coscienza…" (pag. v), che sono "…il prodotto di "nuovi scenari sociali". " (pag. vi); "…gesti privi di passione e di senso, atti che squarciano il velo superficiale della normalità per rivelare che le sue basi poggiano su un terreno incandescente di inquietudine." (pagg. vii-viii).

I "cannibali" nostrani hanno si "…modalità di racconto e motivazioni analoghe a questi (splatterpunk) scrittori americani…" (pag. ix), ma si sono addentrati in questa nuova zona della creatività che "…si cimenta con le zone d’ombra della nostra vita quotidiana scoprendovi una lingua ancora in via di formazione che raccoglie senza falsi pudori le sue parole dai palinsesti televisivi, dalla cultura di strada, dal cinema di genere, dalla musica pop." (pag. viii), in quanto "…si sono rese necessarie nuove forme di narrazione per render conto nell’immaginazione collettiva del prevalere semplice e originario del sangue." (pag. vi).

Ma andiamo a vedere i racconti, per riparlarne dopo.


Atrocità quotidiane; spagnola: "Atrocidades Diarias", francese "Atrocités quotidiennes"


-"Seratina", di Niccolò Ammaniti e Luisa Brancaccio (spagnola: "Nochecita", pagg. 9-54, francese: "P'tite virée", pagg. 15-65; pagg. 5-44)-una nottata folle di tre giovani romani, fra droga, alcol e… stupidità. Infatti, ciò che risalta, di tutto il loro agire, e la sua stupidità. Ogni cosa che fanno, ogni scelta, è stupida.

Vanno a farsi una canna in un posto "infrattato", vicino allo zoo, e decidono di entrarvi, scavalcando.

Uno dei due ragazzi, quando la ragazza gli chiede, come ricompensa per avergli fatto una sega, di prenderle un cucciolo di canguro, lo fa; entra nella gabbia dei canguri, e quasi si fa ammazzare.

Col cangurino nel bagagliaio (!!), poi l’altro decide che sia il caso di attaccar briga con un travestito "al lavoro", e di sparargli ad un piede dopo averlo lasciato sulle spine, morente di paura, a lungo.

Evidente che, ciò che si vuole dire, è il vuoto, il vuoto di valori, il vuoto di prospettive, di ideali, che, solo, è la vita di quelle persone.

La violenza gratuita, dettata unicamente dall’essere "fuori come un balcone", sadica, ancora, stupida.

Il protagonista narratore, che appare come il meno sfasato, ha un po’ la funzione di riallacciare tutta questa assurdità con la normalità; lui era uscito solamente per farsi qualche canna veloce con l’amico, e si ritrova coinvolto in questa serie di scelte stupide, di sniffate di coca, di cervelli che sballano, e, nonostante tutto, riesce a conservare un minimo di umanità, di lucidità, che gli fanno riconoscere quello che stanno facendo per quello che è.

Anche se, alla fine, prometterà di chiamare un’ambulanza, per il travestito ferito, ma non lo farà.


-"E Roma piange", di Alda Teodorani (spagnola: "Y Roma llora", pagg. 55-62, francese: "Et Rome Pleure", pagg. 67-76; pagg. 45-52)-un killer della mafia deve fuggire dal paesello, e, a Roma, trova un vecchio con un anno di vita che ha deciso di spendere i suoi soldi per "ripulire la città", in una sorta di "pulizia etnica", da tutti gli emarginati.

Decisamente impressionante, per la ferocia e l’indifferenza assoluta per ogni considerazione di carattere morale.


-"Il mondo dell'amore", di Aldo Nove (spagnola: "El mundo del amor", pagg. 63−74, francese: "Le monde de l'amour", pagg. 77-89; pagg. 53-62)-due semi-analfabeti, intrisi di "cultura" televisiva passano il proprio tempo libero "… alla Iper della Folla di Malnate." (pag. 53).

E, poi, comprano la cassetta porno meno caro, che si rivelerà fatale; il loro spirito di emulazione, la loro disperazione, e la loro ignoranza, li spingono ad un gesto di estrema, irreparabile stipidità; imitano la scena di evirazione alla quale assistono, e muoiono facendo "…l’ultimo sessantanove della mia vita. Il primo da donna. E l’unico da moribondo." (pag. 62).

Decisamente estremizzata, qui, la stupidità indotta dalla "cultura" televisiva, è comunque, purtroppo, un male col quale ognuno di noi ha da doversi confrontare ogni giorno.


-"Cappuccetto splatter", di Daniele Luttazzi (spagnola: "Caperucita Splatter", pagg. 75−82, francese: "Petit Chaperon rouge sang", pagg. 91-98; pagg. 63-68)-versione appunto splatter della fiaba di "Cappuccetto rosso", che, però, prende unicamente come modello immaginario, è esageratamente truculento, e totalmente insensato. Il finale, poi, non rispetta neppure una minima plausibilità interna, con due personaggi appena massacrati, fatti a pezzi e divorati che "resuscitano" dalle viscere del killer.


-"Diamonds are for never", di Andrea G. Pinketts (spagnola: "Diamonds are for never", pagg. 83−94, francese: "Diamonds are for never", pagg. 99-112; pagg. 69-78)-abbastanza divertente, e l’ironico racconto delle "conseguenze" di un suicidio sulla vita di alcuni malviventi. Infatti, il pullman sul quale uno che ha rubato, alla mala, dei diamanti, e vorrebbe rifarsi una vita pulita, finisce sul cadavere (si è buttato da un ponte), proprio mentre stà dando dimostrazione di un’affettatrice.

Molto meno splatter dei precedenti, e con una trama complessa che si va a ricostruire, nel lettore, piacevolmente. Certo, il "tema" non è il massimo.



Adolescenza feroce; spagnola: "Adolescencia feroz", francese "Adolescence féroce"


-"Diario in estate", di Massimiliano Governi (spagnola: "Diario en verano", pagg. 97−112, francese: "Chronique d'un été", pagg. 115-131; pagg. 81-94)-una storia d’amore raccontata attraverso i diari dei protagonisti. Dal finale tragico, e violento.

Protagonisti che sono uno "sballone" che si strafà di continuo, e una ragazzina che diventa maggiorenne durante il racconto. Bello l’accostare i racconti, delle medesime vicende, dell’uno e dell’altra.

Il finale, assurdo, lo rovina un pò, ma, altrimenti, qui non ci sarebbe potuto stare.


-"Treccine bionde", di Matteo Curtoni (spagnola: "Trencitas rubias", pagg. 113−120, francese: "Couettes blondes", pagg. 133-142; pagg. 95-102)-bello, e poco splatter. Ad un concerto punk un ragazzo è attirato da una ragazzina, non capisce neanche lui perché. Ma, poi, si rende conto che è perché è morta. È morta, ma continua a "ballare" perché sostenuta dalla folla. Tutto il suo entusiasmo, ovviamente, si smonta in un attimo, e, abbracciatala, continua a ballare con lei, piangendo e ridendo.

Poi, parla col confesso assassino: "…il senso di ciò che aveva detto l’assassino gli stava riempiendo la mente, la gola e l’inguine come una marea lurida e schifosa che saliva e saliva e saliva, inarrestabile." (pag. 100).


-"Cose che io non so", di Matteo Galiazzo (spagnola: "Cosas que yo no sé", pagg. 121−141, francese: "Des choses que j'ignore", pagg. 143-168; pagg. 103-121)-che dice della tipica "inversione" fra l’educazione ricevuta e ciò che si diventa; la protagonista-narratrice è, infatti, la figlia di una coppia di Testimoni di Geova, infatuata di un ragazzo che ha ucciso genitori e sorella in un modo particolarmente raccapricciante ("Li hai legati a due sedie in salotto, poi li hai costretti a guardarti mentre facevi l’amore con la tua sorellina. E sono morti entrambi di infarto." (pag. 115)).

Che racconta, in uno sproloquio incessante, di una sua, e di un suo amico, nuova religione, che vorrebbero diffondere nel mondo. Sbilenca e blasfema.

Ma, ciò che risalta, in tutto ciò, è come, leggendo, si tenda a sorvolare velocemente su tutte le questioni, comunque risibili, che vi si espongono, aspettando unicamente le parti "hard". Questo dopo una lunga digressione sull’apocalitticità, dei Testimoni di Geova: "…quando sentono una buona notizia, tendono a non fidarsi troppo, a mettere in dubbio le fonti… A ogni catastrofe che accade, invece… una felicità, una speranza li riempie." (pag. 104).



Malinconie di sangue; spagnola: "Melancolías de Sangre", francese "Mélancolies sanglantes"


-"Il rumore", di Stefano Massaron (spagnola: "El ruido", pagg. 145−176, francese: "Le choc", pagg. 169-203; pagg. 125-152)-altro buon racconto, prevalentemente il ricordo di un’esperienza infantile molto traumatica, da parte di un uomo adulto e relativamente soddisfatto. Se non fosse, appunto, per quel ricordo che lo tormenta.

Alternato col racconto della "vita familiare" della vittima del fatto.

Buona la resa della psicologia infantile, mentre la parte prettamente splatter è minima, ed essenziale alla trama.


-"Giorno di paga in via Ferretto", di Paolo Caredda (spagnola: "Día de paga en la calle Ferretto", pagg. 177−230, francese: "La forme d'une ville", pagg. 205-270; pagg. 153-200)-poetico, ma di una poeticità molto particolare. Che serve a far da contrasto a quanto vi si racconta.

Infatti, è la storia di un "lavoretto" molto particolare che un uomo che ha subito uno sgarbo, davvero da poco, da una donna, affida al protagonista/narratore. Che consiste nel rovinarle irrimediabilmente la vita. La prospettiva di un futuro.

Lavoretto che svolge nella maniera forse più sordida possibile. Cioè prima seducendo la vittima, illudendola che rappresentare l’esatto opposto di ciò che sarà per lei. E poi deturpandola appunto in maniera irrimediabile. Ed uccidendole il figlio.

Davvero molto buono, riesce a creare un’atmosfera d’aspettativa intensa, che viene poi ben ripagata.



Abbiamo dunque visto che la qualità spesso latita, in questi racconti.

Il Ronci scrive: "Dal calderone posticcio e splatter di questa iniziativa discutibilissima salverei Stefano Massaron con Il rumore (forse il racconto più bello della raccolta), Matteo Galiazzo con Cose che io non so (brillante commistione fra cronaca nera e terrorismo, questo si, religioso) e Diario in estate di Massimiliano Governi (delicato, paradossale no?, quadretto sentimentale. Il resto, credetemi, è pura spazzatura.".

Io sono stato un pò più genoroso, ma alcuni sono davvero al limite del leggibile.

Forse, come ipotizza ancora il Ronci, ciò è dovuto alla corsa, degli autori, a un linguaggio che fosse "nuovo" ad ogni costo, cosa che poi li ha portato a trascurare altri fattori, come le trame plausibili o quanto meno internamente coerenti; non centrando, poi, neppure l’obbiettivo che si erano prefissati : "…gli autori… sono accumunati da un lessico amorfo, spento, imitante, oserei dire ideologico nella sua piatta uniformità.".

Rimane, comunque, una lettura senz’altro stimolante, di "rottura": "L’orrore estremo che ci rammentano è quello della cronaca quotidiana, strappato dalle pagine di nera dei giornali, o estremizzato con l’aiuto di un’ironia acida e malsana."; "I cannibali nostrani iniziano a raccontare, senza peli sulla lingua né autocensure, in barba all’idiota stereotipo degli italiani "brava gente", tutti mamma e buoni sentimenti. Finalmente." (Nistri).



Altri contributi critici: "Ma a che serve tanta violenza?", di Angelo Guglielmi, "L'espresso" del 31/10/'96; "Gioventù vegetariana?", di Alfredo Ronci, "Il paradiso degli orchi" n. 16, ’96, pagg. 30-38 (30-32); trafiletto di Roberto Nistri, idem, pag. 33; non tradotti: "Canibalismo prêt-à-porter", di Roger Wolfe, "Ajoblanco" (Spagna), giugno ‘98, pag. 16; recensione di Juanma Santiago, "Gigamesh" (Spagna) n. 15, luglio ’98; "Les Jeunes cannibales", di Severino Cesari, "Magazine littéraire" (Francia) n. 407, marzo 2002, a cura di Jean-Jacques Brochier e Jean-Louis Hue, pagg. 20-24; "À l'attaque de la citadelle Littérature: les "jeunes cannibales" italiens des années 90 et la découverte de l'horreur extrême", di Stefano Lazzarin, "Le fantastique contemporain/Iris/Les cahiers du Gerf" (Francia) n. 24, a cura di William Schnabel (Éditions littéraires et linguistiques de l'université de Grenoble III, febbraio 2003, pagg. 93-105






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