Il mio assassino
di Angelo Mainardi, "La lampada di Alhazred" n. 5, ed. Solfanelli, ‘90, 4000 £, 72 pagg.
Bel mistery esistenzialista, che indaga quello che è "l’unico problema filosofico veramente importante": il suicidio.
Un miliardario si ritrova a non essere più interessato alla vita; la noia e l’indifferenza ad ogni cosa, ormai, permeano unicamente la sua coscienza.
E, questa noia, che già si è palesata in tre tentativi di suicidio mancati anche per scarso impegno, poca dedizione anche nell’approntarli, si esplica in un’idea che, unica, lo stuzzica.
Pagare un servo, un suo dipendente, perché lo uccida. Al prezzo di un’ingente somma di denaro, la sua Rolls-Royce e… sua moglie.
Il tutto è raccontato come un lungo monologo interiore del protagonista, nel quale si inserisce, sporadico, qualche dialogo ricordato. Monologo che va ad indagare, quindi, il suo animo riposto, sospettoso, intricato, per nulla razionale, che lo porterà, alla fine, a recedere dal suo intento, e ad uccidere egli il sicario che aveva assoldato per sé.
Veramente molto buono, non eccede in introspezioni insondabili, ma concede abbastanza al racconto vero e proprio, in maniera tale che, la miscela, risulta degustabile, ed intellettualmente stimolante, senza essere tediosa.
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