Una magica avventura
di Rossana Camerano, "Narrativa", ed. Nuovi autori, ’94, 15.000 £, 144 pagg.
Una vera e propria fiaba, con tanto di intento morale.
Una ragazzina trova, in casa propria, una porticina, che non c’era mai stata, e, seguendo il suo gatto che vi si intrufola, comincia un’incredibile avventura.
Che sarà, appunto, magica.
Ella, infatti, attraverserà cinque regni, della fantasia, della creatività, della mitologia, della spiritualità e della conoscenza. E sarà un succedersi continuo di meraviglie una più… meravigliosa della precedente, fra esseri magici di ogni tipo, luoghi fatati, rimpicciolimenti ed emersioni (di creature magiche), e quanto altro.
Forse il difetto più macroscopico, di quest’opera, è questo affastellarsi senza tregua di queste meraviglie.
Che, per più di cento pagine, stancano un po’.
Comunque.
Alla fine la protagonista tornerà nel mondo reale con una verità che le addolcirà la vita: quando si muore non si viene annientati, ma si va in un altro luogo, dal quale si rimane in contatto coi viventi.
"Tutto è nato dai tuoi sogni, dai tuoi desideri, dai tuoi ricordi e dalla tua straordinaria creatività, troppe volte stemperata in un’immensa solitudine." (pag. 134).
Che la protagonista sia la narratrice è palesato in maniera esplicita (alla fine, deciderà di scrivere… "Una magica avventura").
E, quando torna nel mondo reale, le sarà anche stato detto che incontrerà il… principe azzurro, e che lo saprà riconoscere facilmente.
Un Grande Saggio, nel racconto, la… coccolerà, e: "… piacevole sensazione di affetto e di calore, quello che il suo cuore anelava tanto da soffrirne, come soffre l’assetato in una terra arida. Lei aveva bisogno di amore, di affetto, di calore, e solo ora si accorse di quanto grande fosse questo bisogno, di quante volte l’avesse represso, mascherandolo con le più diverse motivazioni per la paura di doverne prendere atto, di doversi trovare di fronte alla sua disperata solitudine." (pag. 109).
Insomma, "… un viaggio iniziatico fondato sui valori assoluti…" ("Prefazione", di Luigi Surdich, pagg. 5-6; 5), attraverso il quale si raggiunge una controprova fattuale alla propria fede, e la rassicurazione che la propria maggiore preoccupazione, la solitudine, il desiderio d’amore, sarà soddisfatta.
Vabbè che le fiabe sono consolatorie per definizione, ma qui mi pare si esageri un po’.
La prosa, comunue, è buona, e, in fin dei conti, riesce a non far pesare più di tanto quell’afffastellarsi di continue meraviglie.
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