Atlantide
di Daniele Mansuino e Gianni Pilo, "I libri di fantasy" n. 23, ed. Fanucci, ’88, 15000 £, 288 pagg.
Il mito di Atlantide raccontato come se fosse Storia, in una narrazione che si rifà alla Historical fantasy che, ai tempi, era in auge grazie a "Gilgamesh" di Silverberg.
Vi si raccontano infatti le storie di due re, entrambi di umili origini, che determineranno, in due epoche differenti, dei cambiamenti fondamentali per quella ipotetica civiltà perduta.
Nell’introduzione, "Daniele Mansuino e la "Historical fantasy"" (pagg. 5-8), Pilo precisa che il "… libro è intermente di Mansuino…" (pag. 5), e che il suo fu solamente un lavoro di revisione "… alla luce di una più attenta resa letteraria…" (idem). E che l’autore poi volle ad ogni costo che apparisse come co-autore.
Comunque. Il racconto è abbastanza piacevole, la prosa discreta, con anche qualche punta di poeticità.
Il fantastico, a parte lo spunto di narrare di una, appunto, presunta civiltà perduta, vi appare raramente, in qualche credenza atlantide che sembra avere dei fondamenti, e, prevalentemente, in un personaggio che appare brevemente nel bel mezzo del racconto, e che sarà centrale per il finale. Un Plutone, dio delle profondità terrestri, che appare quasi come una delle deità lovecraftiane, molto ben descritto, e dal forte pathos.
Sarà lui, nel finale, a dare all’unico superstite della catastrofe che cancellò Atlantide il potere di portare con sé la Civiltà, affinchè le conoscenze, di Atlantide, non vadano perdute.
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