Il meraviglioso viaggio del viaggiatore turchino
di Hal Belson, pseudonimo di sconosciuto, "Narrativa" n. 4, ed. Terra di mezzo, ’94, 30.000 £, 288 pagg.
Bel romanzo fantastico nel quale un uomo si ritrova, senza sapere come ci sia arrivato, su di una nave, diretto ad una meta che non conosce. Dalla quale sono stati buttati a mare tutti i suoi bagagli.
Sbarcherà su di un’isola, e, là, comincerà per lui un viaggio iniziatico che lo porterà a ritrovare la piena armonia con la natura.
Molto simile ad una fiaba, i nomi semplicemente descittivi di ciò che il personaggio fà, è però portatore di un messaggio che si rivolge a chiunque.
E, proprio questa differenza fra bambino ed adulto, ne è al centro.
Questo uomo, che viene dal nostro grigio mondo, è ancora impastoiato da tutte le sue credenze: "… ciò che ritiene, pensa e crede la gente dei mondi di fuori, soprattutto ultimamente, è quasi sempre un mucchio di parole inutili e senza alcun significato." (pag. 229).
Dovra, percui, lentamente, e faticosamente, sgrossasrsi, da tutto ciò, superando varie prove che diranno quanto se ne sarà allontanato, per riavvicinarci, quindi, alla natura.
Le supererà tutte, dando sempre più a vedere quanto adatto sia al destino, a lui ancora sconosciuto, che lo attende alla loro fine.
Il suo viaggio lo porterà ad una foresta incantata, nella quale, tornato bambino sia nel corpo che nell’animo, giocherà felice. Fino a riuscire ad uccidere, simbolicamente, la sua parte scura, tetra, pensosa e pesante, per riuscire a vestire i panni del suo animale interiore, essendo così pienamente in armonia, con la natura.
Di fiabesco ha veramente molto, come il tipico dire che si ritrova un po’ in tutte le favole: "… con il passare del tempo, gli uomini si dimenticarono di essa (quella terra incantata), nessuno più ne parlò e nessuno credette più alla sua esistenza." (pag. 220).
Ma che, qui, assume una valenza differente, in quanto si vuol dire di come, il nostro mondo, si sia allontanato, dalla natura, di quanto sia ormai in disarmonia, con essa.
La pretesa dell’uomo di essere, nel mondo, dominatore, col diritto di poter farne ciò che vuole, è il motivo, di ciò: "… tutti fanno parte della grande famiglia della Natura e chi pensa di essere diverso e crede di poter imporre ad essa la propria violenza ed il proprio volere, come spesso fanno gli uomini del mondo esterno… commette un sacrilegio, perché la Natura è sacra." (pag. 246).
Quei bambini, saranno, in realtà, degli adulti che sono arrivati ad essere riusciti a tornare ad essere tali proprio per riuscire ad esserlo maggiormente, in armonia. Il loro compito, là, è infatti "… di coltivare i buoni stati d’animo, di cercarli, afferrarli e di farli vivere sempre al… (loro) interno, in sintonia con le vibrazioni di naturale armonia…" (pag. 254).
Alla fine, il protagonista prenderà la decisione più difficile, e cioè quella di non rimanere in quel luogo incantato nel quale aveva ormai ritrovato la piena felicità, ma di tornare nel nostro mondo, per tentare di additare agli uomini una possibile via d’uscita: "… testimoniare, in quei lontani luoghi da cui la gioia e la speranza sono quasi del tutto sparite, che esiste un modo per uscire dalla tristezza e dall’oscurità, che vi è la possibilità di mettersi in cerca di una via che condu(ca)…" (pag. 268) ad una riappacificazione con se stessi, e con il mondo.
Cosa che, evidentemente, si è prefissato l’autore. O l’autrice? (Mi è sembrato che possa esserlo).
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