Elena dei chip
di Gianfranco Bettetini, ed. Sugarco, ’95, 20.000 £, 160 pagg.
Tre amici formano una società di computer grafica, e il professore che segue la tesi di laurea di Elena, una di loro, scompare.
Poi cominciano ad arrivare strani messaggi, dal professore, nel quale parla di quel panmongolismo che i ragazzi avevano trovato lavorando ad un video sull’Apocalisse come di una cosa reale.
È proprio su questo dubbio fra realtà e virtualità, di quanto accade, che è giocato.
Le lettere del professore, il ritrovamento del suo cadavere mummificato, si capiranno poi essere stati stratagemmi di uno dei ragazzi, per avvicinare Elena, e sposarla.
Ma pensando che, tutte quelle chiacchiere sul panmongolismo, fossero appunto tali.
Mentre, poi, vivranno, proprio loro, già sposati, un’avventura che metterà in serissima crisi la loro capacità di discernere, appunto, fra realtà e virtualità.
Elena vivrà, ma poi non sarà per nulla sicura di averlo fatto, o perlomeno non riuscirà ad accettarlo razionalmente, un’esperienza che dirà loro che, quel movimento, detto nell’Apocalisse come il manifestarsi dell’Anticristo, è realissimo, e si stà servendo proprio della realtà virtuale per sviluparsi.
Mentre per Giulio, il marito/truffatore, sarà appunto il balenare improvviso della certezza che tutto quanto aveva creduto falso, era vero. E, conseguentemente, di essersi baloccato con qualcosa di molto pericoloso, senza esserne consapevole.
Il tutto, però… è scritto molto male.
Lo stile non è per nulla letterario, e la trama si sviluppa in maniera estremamente semplicistica, talvolta sfiorando l’inverosimile.
C’è anche in capitolo nel quale si descrive quello che si capirà poi essere un sogno di Elena, nel quale i personaggi si parlano cantando, come nell’opera lirica, davvero orripilante.
Alla fine si capisce che, il libro, è stato ispirato all’autore da una sua paura a riguardo dei possibili sbocchi che l’accelerazione esponenziale dei progressi nel campo dell’informatica, della realtà virtuale, potranno portare, evidentemente vertente su di un suo possibilissimo andare ad interferire con la percezione della realtà: "… la Realtà Virtuale procedeva per la sua strada con un’accelerazione sempre più intensa… il suo "ordine" si sarebbe costituito in una prospettiva "naturale", di servizio o avrebbe comportato l’indefinibile apertura verso altri mondi, altri modi di comunicare, di esserci e di convivere?" (pag. 158).
Altri contributi critici: "Fermati spettro del tubo catodico: sei bello", di Giulio Giorello, "Corriere della sera" del 13/6/'96
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