L'astrologo straniero
di Giovanni Floris, ed. Mediterranee, ’82, 14000 £, 288 pagg.
Un uomo viene ricoverato in ospedale per aver perso la vista a causa di una malattia. E comincia a balzare nel passato.
E si ritrova, presente fra i presenti, ne L’Aquila del 1268, per la precisione nella notte fra il 19 e il 20 agosto, di quell’anno.
All’inizio, ovviamente, non riesce a spiegarsi minimamente il perché di ciò, ma poi, di volta in volta, comincia a capire che è là con una missione ben precisa. Deve far si che un accadimento di quella notte… avvenga come è avvenuto, come è stato tramandato nel suo 1978.
E non come, all’inizio, capisce che stia per verificarsi.
La sua sarà un’apparizione quasi mistica, di preveggente che saprà indirizzare gli avvenimenti nel giusto verso, di astrologo, appunto.
La narrazione procede con, per ogni capitolo, una prima parte ambientata nell’ospedale nel quale è ricoverato, e una seconda che racconta degli avvenimenti di questo passato nel quale viene sbalzato.
In una di queste prime parti incontrerà un personaggio misterioso, che capirà poi essere un uomo del suo, futuro, che gli spiegherà molte cose.
Ma, comunque, anche quando tutta l’avventura sarà finita, e avrà compiuto la sua "grande missione", in realtà non avrà capito per nulla ciò che in realtà gli è capitato.
Gli rimarrà solamente una sensazione, quella che, il Tempo, in realtà abbia una configurazione totalmente differente, da quella che normalmente gli diamo. Che, in realtà, sia come fermo, contemporaneamente esistente in ogni suo istante, tanto da poterlo percorrere in ogni direzione.
Molto ben scritto, intriga parecchio, nonostante i molti dialoghi vuoi in francese, vuoi in latino o perfino in tedesco, se non nel volgare dell’epoca.
Il volume è corredato da una "Prefazione", di Alessandro Clementi (pagg. 7-8), una "Lettera all'autore", di Pietro Cimatti (pagg. 9-16) e da un’appendice di "Documenti storici" (pagg. 275-288).
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