Il castello sospeso
di Andrea Lonigro, "Carta da visita" n. 76, ed. Tabula fati, 2006, 6,00 €, 128 pagg.
Un uomo affetto da schizofrenia vaga per la propria anima.
Si immagina un re che abiti in un immenso castello, nell’800, fra carrozze e danze.
Che, quando ha un incidente di caccia, e perde un braccio, si ritira dal mondo.
Sarà un bambino, che dice di chiamarsi Troll, a farlo uscire da quell’isolamento, facendolo girare, appunto, per le stanze della propria mente, dove vedrà cose meravigliose e vivrà avventure una più incredibile dell’altra.
La cui morale sarà proprio quella che "… ciò che conta è essere se stessi sempre e accettare le crudeltà che il destino può riservarci." (pag. 93).
Cose che, fin verso la fine, il lettore è portato a credere essere la realtà del racconto. Soltanto allora scopriamo quella che è la Realtà vera.
Il protagonista ha la propria parte malvagia che si è come personificata in quel Troll, : "… la tua anima che si è incarnata!" (pag. 26), e che… lo ha ucciso. In un certo senso.
Mi è sembrato che questo finale sia un’aggiunta non necessaria, che, anzi, vada a capovolgere il senso, in un certo suo senso interno sensato, di quanto si era letto fino ad allora. Che avrebbe avuto un suo significato metaforico molto più netto, che, invece, così, va un pò a perdersi.
Il volume e completato da una "Presentazione", di Angelo Damiani, pagg. 5-6.
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