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La topa di Capannori - romanzo - Pres. ministro Matteoli Inserito : 05-03-2006 @ 10:17 am |
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PRESENTAZIONE DEL MINISTRO ALTERO MATTEOLI - Tradizione popolare, cronaca politica, ragione e sentimento, paura, rabbia e quotidiano: tutto questo emerge dalle pagine di un libro che, attraverso l'affabulazione, ripercorre la matassa di un filo che si ricongiunge addirittura dall'altra parte dell'Oceano, in America.Ed è proprio in questo quadro, da "Lucchesi nel mondo" alla ricerca di sé stessi, che lautore attraversa un percorso a me caro, fatto di militanza politica in una terra che ormai da anni è per me una specie di seconda patria, sede di luoghi che sono stati teatro dei miei primi successi e delle mie sconfitte.Perché le grandi maturazioni degli uomini, delle idee e dei partiti, avvengono nei momenti di maggiore difficoltà ed a seconda dell'ambiente in cui si verificano. Non vi è dubbio che l'ambiente è uno dei fattori fondanti dell'identità.L'interazione tra l'uomo ed il territorio in cui esso vive produce nel tempo una serie di reciproche modificazioni che finiscono per caratterizzare in maniera univoca entrambi. Gli uomini assumono una loro precisa connotazione culturale grazie all'ambiente che li circonda.Nel corso dei secoli si sono così formate forti identità territoriali cui sempre è stato legato lo sviluppo economico e culturale delle diverse aree. Lucca, per esempio, risente ancora del fatto di essere stata indipendente dal Granducato per oltre sei secoli.E così "La topa di Capannori" acquista qui un valore quasi esoterico, che al di là della sua connotazione oggettiva di maschera semi-parlante apposta sopra un campanile, ma che diviene quasi un simbolo recondito e dimenticato della forza di un popolo di grandi tradizioni popolari e culturali, quale quello della piana lucchese.Ma è attraverso la cronaca degli anni settanta, di quegli anni di piombo terribili e indimenticabili, che rivedo una per una le facce degli amici citati nel volume: persone che, in molti casi, mi hanno accompagnato per tutta la vita.L'anticomunismo è qui un valore che fa da collante in ogni pagina, la significanza estrema di molti percorsi, di tante scelte di cui oggi si è persa la memoria.Proprio in quegli anni, nella vita sociale del nostro paese, qualcosa cambiava: la modernizzazione divenne un fatto reale, compiuto e si posero le basi per quello che, nel decennio successivo, sarebbe stato il boom dello strapotere dei media, della politica gridata in televisione dopo decenni trascorsi all'ombra delle federazioni.Ma cosa rimane di quel mondo?Cosa resta di un partito come il Movimento Sociale Italiano messo al bando da ogni forma mediatico-informativa, eccezion fatta per la cronaca nera? Quale cronista ha avuto il coraggio di intervistare chi gridava "Fascista basco nero il tuo posto è al cimitero" e soprattutto spiegare alle masse il perché di quella follia collettiva? La guerra delle parole, di cui Almirante tratta ampiamente in un discorso fedelmente riportato da Riccio, deve continuare ad essere perduta per sempre? Chi parlerà ancora di "Autobiografia di un fucilatore", del "Processo alla Prima Repubblica" e di tanti scritti che il segretario missino ha profuso in gran numero?Questo non è vittimismo, ma la pura e semplice constatazione che, in assenza di un'organica documentazione di partito, la storia del medesimo è affidata al ricordo ed alla buona volontà di chi c'era nel testimoniare un percorso che deve essere comunque consegnato alla storia.Ed è anche per questo che un libro come quello scritto dall'amico Riccio è importante.Importante non solo per rievocare tra noi quanti e chi eravamo, ma soprattutto per parlare di noi a chi non c'era, oppure era troppo distratto dalle cose del mondo per ricordare che, nella civilissima Italia, c'era gente che gridava e moriva per un ideale, pagando a caro prezzo una vita controcorrente.Ma se è vero che non si può basare un percorso politico sul rimpianto e la vendetta, è giusto tener presente che esistevano uomini come Danilo Ravenni e Beppe Niccolai che questo steccato l'avevano già saltato.Rammento le nostre cene, i momenti di intimità in cui la politica correva di pari passo con l'evoluzione di una comunità dai vincoli fortissimi; ricordo gli scherzi, i comizi, gli scontri talvolta violenti, la vita vera, due uomini che si sentivano giovani nelle idee prima che nelle azioni.E insieme a loro gli amici dei comitati centrali, la vita di provincia, la violenza delle piazze e, soprattutto, la passione. Ché la passione è sempre sinonimo di libertà, qualunque sia la sua origine: sia essa politica, fisica, intellettuale.Guai all'uomo che non sa lasciarsi andare, che non sa sbagliare e dunque trovare nel fondo del proprio animo un palpito che meriti di essere vissuto.Il protagonista del libro, Damnic, è sicuramente un ragazzo come tanti, ma con una storia particolare da raccontare e soprattutto un'esperienza da vivere che ci intriga pagina dopo pagina sino al lieto fine, sempre sospinta da un immenso amore per la libertà.Proveniente da una famiglia democristiana, c'è qui tutto il tormento di una scelta diversa da quella che era stata voluta per lui, passando attraverso delusioni profonde ma efficaci, perché attraverso queste ha trovato la propria strada, affrancandosi dalla famiglia e diventando un adulto.E la politica, a volte, può essere maestra di vita, magari attraverso il gioco di sintesi e teoremi che ci costringe a svolgere, magari inconsapevolmente.E sullo sfondo dell'azione letteraria, l'orgoglio della terra di Lucca di essere latrice di messaggi di libertà, di voglia di crescere attraverso la politica, l'amicizia, il sacrificio, la vita.Ma regina incontrastata è lei, la protagonista, la topa di Capannori che, tra scherzi e facili doppisensi, è avvezza a scandire le ore, ora accompagnando una campana ora metafora di immagini procaci, e lasciata per anni nell'ovattata quiete di una canonica.Ma il destino la scova.Perfino Giacomo Puccini nello scritto fedelmente riportato da Riccio dichiara: "Ah, quella era profonda, davvero come la topa di Capannori", dimostrando che, in fondo, anche i grandi artisti alle volte si fanno prendere la mano all'affabulazione popolare.L'ineluttabilità dei tempi e del loro cammino porta nuovamente la vecchia maschera di legno alla ribalta delle cronache con tutta la verve e lo spirito di uno scrittore diventato toscano che, seppur dedito alla politica, dimostra di aver saputo ben coltivare, parallelamente, la passione dello scrivere.Seconda solo, mi auguro, a quella del vivere. Altero Matteoli-Ministro dell'Ambiente
Ultimo aggiornamento il 05-03-2006 @ 10:17 am
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