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Papa Lucio III, Lucchese (di Domenico Riccio)
di: damnic
Inserito : 11-04-2006 @ 10:15 pm

L’antica e nobile città di Lucca ha avuto anche l’onore di vedere un proprio cittadino ascendere fino al soglio pontificio. E’ accaduto otto secoli fa con Ubaldo degli Allucingoli, che divenne papa col nome di Lucio III. Lo ricorda un marmo apposto sulla facciata rinascimentale del palazzo Burlamacchi, edificato in centro storico, accanto al palazzo Bernardini, sulla casa medievale degli Allucingoli, sul quale c’è scritto: “Magione e torre degli Allucingoli donde Lucio III Pontefice”. E non a caso l’attuale piazza del Suffragio, che si trova sul retro del palazzo ed era di pertinenza dello stesso, viene chiamata ancora oggi da molti lucchesi “Corte del Papa”. La nobile famiglia degli Allucingoli, che era originaria della vicina contrada di Lunata, oltre al papa ha annoverato anche due cardinali (entrambi nominati da Lucio III): Gherardo, cardinale diacono di S. Adriano, e Uberto, cardinale prete del titolo di S. Lorenzo in Damaso; ma poi si è estinta nel corso dei secoli. Ubaldo Allucingoli nacque a Lucca verso la fine dell’undicesimo secolo, nel 1097 secondo alcuni storici. Entrato molto giovane nell’ordine monastico dei Cistercensi, nel 1138 fu ordinato da papa Innocenzo II cardinale diacono di Sant’Adriano e, tre anni dopo, cardinale prete di Santa Prassede ed inviato in Francia col titolo di legato pontificio. Nel 1158 papa Adriana IV lo nominò cardinale vescovo di Ostia e Velletri. Durante il lungo papato di Alessandro III divenne uno dei cardinali più influenti e capeggiò la delegazione pontificia in difficili missioni presso la corte di Federico Barbarossa, che ebbe a stimarlo moltissimo. Alla morte di Alessandro III, avvenuta il 30 agosto 1181, i cardinali, riuniti nella cattedrale di Velletri, lo elessero papa il giorno successivo. Ubaldo Allucingoli, che aveva già superato gli ottant’anni di età, un’enormità per i suoi tempi, fu consacrato il 6 settembre del 1181 ed assunse il nome di Lucio III. Visse a Roma solo pochissimi mesi. I contrasti con la città, che si era proclamata libero Comune e che lui naturalmente non volle mai riconoscere, lo costrinsero a trascorrere in esilio, principalmente a Velletri, Anagni e Verona, tutto il resto del suo pontificato. Chiuso nel castello di Segni, mandò a chiamare dalla sua Tuscia Cristiano di Magonza, vicario dell’imperatore Federico Barbarossa, perché lo difendesse con le sue truppe dagli attacchi dei romani. Cristiano sconfisse i romani, ma più tardi morì a Tuscolo colpito da una febbre maligna. Allora i romani, dopo aver messo a ferro e fuoco tutto il territorio circostante, tornarono ad attaccare il castello del papa. “Il loro odio contro il clero – scrive lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius nella sua “Storia della città di Roma nel Medioevo” - era selvaggio e barbarico. Una volta catturarono un certo numero di preti nella campagna, li accecarono tutti salvo uno, li fecero montare su degli asini e, dopo averli incappucciati con mitre e pergamene su cui erano scritte nomi di cardinali, comandarono a quello che avevano risparmiato di condurre al papa questo macabro corteo”. Era la fine dell’estate del 1183. Il pontefice riuscì a fuggire a Verona, dove si trovava anche l’imperatore, che solo un paio di mesi prima, il 25 giugno, aveva sottoscritto la Pace di Costanza, concedendo ampia autonomia ai Comuni della Lega Lombarda. Tra Lucio III e Federico Barbarossa nacquero presto molte controversie. Da quella relativa all’eredità della Contessa Matilde di Canossa, i cui diritti, reclamati dal papa, l’imperatore non volle riconoscere, alla regolarizzazione, desiderata dal Barbarossa, dei vescovi tedeschi eletti durante lo scisma, in particolare per la sede dell’importantissima città di Treviri, che il pontefice rifiutò di concedere; dall’indisponibilità dell’imperatore ad aiutare il papa con le armi contro i romani, al rifiuto di Lucio Terzo di incoronare Enrico, figlio del Barbarossa, essendo questi ancora in vita, ritenendo incompatibile l’esistenza contemporanea di due imperatori. Nel 1184, presente l’imperatore, Lucio III indisse il concilio di Verona e, dopo aver scomunicato tutti gli eretici (Catari o Albigesi, Patarini, Valdesi e Arnaldisti) e i loro sostenitori, concesse ai vescovi il potere di “inquirere” gli eretici anche in futuro, ponendo le fondamenta di quella che sarebbe diventata la Santa Inquisizione. Federico Barbarossa tornò in Germania e annunciò il fidanzamento tra il figlio diciottenne Enrico e la trentenne Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero II di Sicilia. Quel legame, molto temuto dal papa, avrebbe portato ad ampliare notevolmente l’impero e a stritolare da nord e da sud lo Stato della Chiesa. I contrasti divennero allora insanabili e portarono alla rottura dei rapporti tra il papato e l’impero. Nel 1185, accogliendo gli appelli del giovane re di Gerusalemme Baldovino IV d’Angiò, minacciato da Saladino, il pontefice cominciò anche i preparativi per la Terza Crociata, ma non riuscì a completarli. Prima di morire, innalzò agli onori degli altari il cavaliere ed eremita senese Galgano Guidotti, dopo aver fatto portare a termine dal cardinale Conrad di Wittelsbach la “prima causa canonica” della storia della chiesa. Lucio III morì a Verona il 25 novembre del 1185 e fu sepolto nel duomo di quella città.

Ultimo aggiornamento il 11-04-2006 @ 10:15 pm


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