un racconto di Claudio Tanari
13 Aprile 1855,
isolotto di Es Vedrà
Nella grande grotta in
cui ho trovato riparo c’è una sorgente di acqua dolce che basta ai miei bisogni.
Durante la giornata mi dedico alla preghiera e alla meditazione. Invoco spesso
la Vergine. E’ passato il giorno ed è giunta la notte. Il mare era calmo, l’aria
soave, il cielo in parte coperto da nuvole. La luna mostrava il suo quarto
crescente: la sua luce appariva piuttosto fioca. E vidi di fronte a me venire da
lontano un’ombra da principio indistinta. Man mano che si approssimava ne
distinsi la forma: era da sola, bianca come la luce medesima della luna; una
bimba di sedici anni, candida, attraente. Giunta accanto a me, i cieli si
aprirono e alla luce raggiante del sole capii di chi mi trovavo al cospetto.
L’isolotto si riempì della gloria di Dio e vidi la figlia del Padre eterno in
tutta la sua bellezza, per quanto è possibile ad occhio mortale. La mia
sofferenza stava nel non poterla discernere come desideravo: una specie di velo,
invero molto trasparente, le copriva il volto. Taceva e anch’io non pronunciavo
parola, ma una voce muta mi parlò.
Padre Francisco Palau
L’applauso liberatorio e
stupido dei turisti italiani dopo l’atterraggio, le facce stanche dei miei
compagni di viaggio e lei, impassibile dietro le sue lenti azzurre: Viola.
Sono le otto di mattina di
Martedì e siamo a Ibiza; ci infiliamo straniti e assonnati, io e gli altri tre,
in un bar del porto dove ci ha scaricati, vagamente disgustato dai piercing di
Viola, il tassista. Josep ordina un caffè per sé e per Carole. Io un cappuccino;
Viola, ovviamente, una birra.
L’abbiamo incontrata sulle Ramblas domenica sera,
danzava in calzoncini e top, gli occhi chiusi, sotto la massa bionda di treccine
rasta sulle note del registratore di un mimo, strafatta e irresistibile: i suoi
movimenti, sinuosi come quelli di un cobra, attiravano e nello stesso tempo
tenevano alla larga le attenzioni e gli sguardi delle orde di giovani in libera
uscita dopo qualche tapa. Ho scambiato una sua occhiata insistita per un
invito esplicito; dopo aver aspettato che crollasse, sfinita come un derviscio,
l’ho accompagnata a casa o a quella che lei mi ha detto essere la sua casa, non
senza aver ottenuto il numero del suo mobile. Con sorprendente lucidità, per una
ventenne impasticcata, non mi ha permesso di entrare, frustrando il mio
desiderio, fin troppo evidente. Ieri l’ho invitata a venire con noi a Ibiza,
suscitando la perplessità di Josep, l’amico di Barcellona che ha avuto l’idea di
una due giorni di sballo. Carole, però, mi ha appoggiato piegando senza sforzo
le resistenze di Josep, benché nessuno di noi sappia praticamente nulla di
Viola.
Josep ci porta nella sua casa vicino a Sant Antoni, una
vecchia finca dalle mura spesse e intonacate in mezzo a un campo di
carrubi; Viola scambia qualche parola con Carole piegandosi in avanti verso il
sedile anteriore del fuoristrada: il solco della sua schiena, profondo e lucido
di sudore, termina lì dove comincia la linea nera del perizoma che emerge dai
jeans corti sfrangiati e lisi. Fisso l’attaccatura dei capelli che lei raccoglie
dietro l’orecchio con un gesto frequente. Finalmente mi chiede da fumare,
accennando un sorriso: le passo lo spinello che avevo preparato per me; mentre
Viola mi guarda studiandomi a lungo forse per la prima volta, il motore tace e
la jeep si ferma. Solo allora mi accorgo della vibrazione metallica e continua
delle cicale e del rosso ruggine della terra intorno a noi: per entrare in casa
c’è da scavalcare una fitta pietraia.
- Mira Roberto che in Ibiza non ci sono
escorpiones o serpenti velenosi, estàs tranquillo!
- Già, solo lucertole e vecchi hippy come lui – conferma
Carole ridendo.
Ci fermiamo a guardare Viola che, rivolto il viso al
sole, piega all’indietro la testa e spalanca le braccia, come in estasi.
17 Aprile 1855,
isolotto di Es Vedrà
L’amata mi visita
ormai da cinque notti. La voce, rispondendo alle mie domande sul perché non
posso vederla con maggior chiarezza mi ha risposto che “noi in cielo vediamo le
cose senza ombre, ma sulla terra voi potete distinguere soltanto una pallida
idea, un riflesso della verità”. Padre
Francisco Palau
La stanza è attraversata da una lama di sole densa di
pulviscolo che entra dalla finestra piccola e profonda. Gli occhi verdi di Viola
brillano nella penombra: è sdraiata sul letto basso, il corpo abbandonato,
morbido. Mi ha offerto una delle sue capsule variopinte che ora sta facendo
effetto… Mi tira su di sé quasi con violenza, il suo respiro soffocato si
mescola al vento tra i carrubi e al ronzio incessante e ipnotico delle cicale…
adesso mi cavalca inarcando a ritmo sempre più incalzante le reni, i capelli
sciolti incollati alla schiena… i piercing sui capezzoli ondeggiano
luccicando… Poi si rivolge di schiena, carponi, dondolando e sollevando i
glutei, gira lo sguardo indietro, verso di me, provocante: la afferro ed esplodo
dentro di lei a lungo, prima di crollare…
Il fascio di luce che taglia la stanza è diventato un
raggio azzurro, poi gialloarancio e dipinge i seni e il ventre madidi di Viola
di screziature cangianti… Una luce rossastra avvolge le sue membra come se ne
emanasse, pulsante. Ora il rettangolo della finestra scintilla quasi
insopportabile di una tinta cremisi, poi granata. Immagini lisergiche e distorte
si affollano alla mente: prendono corpo dai contorni indistinti degli oggetti e
delle suppellettili della stanza, poi cominciano a vivere di vita propria,
confondendo i contorni originari. Una maniglia assume movenze serpentiformi
saettando la lingua azzurra… La lampadina appesa al soffitto si gonfia, riempie
lo spazio come un pallone impazzito… all’interno un’atmosfera spessa, vorticosa:
nuvole… luci verdi e vitree dal mare di sangue… rocce metalliche e forme
geometriche fatte e disfatte come in un caleidoscopio… una figura di donna
velata, candida e trasparente… frattali vertiginosi… dendriti e circonvoluzioni
cerebrali… rami di fulmine, sagome elettriche… un triangolo al neon dotato di
braccia, aperte e accoglienti… Mentre affondo in una notte vorace percepisco lo
sguardo enigmatico di Viola, incandescente come quello dei felini al buio.
Verso sera, siamo svegliati da un clacson strombazzante
e dalle urla che arrivano da fuori. Mi accosto alla finestra notando appena
l’assenza di Viola tra le lenzuola. Un gruppo di ragazzi sembra intenzionato a
entrare in casa…
- Che cazzo volete?! – urlo uscendo nel patio.
- Tranquillo, Roberto! – mi blocca Josep – Sono
amigos!
- Sì, il vecchio hippy ama circondarsi di carne fresca…
- interviene Carole sorridendo.
- Sei la solita rompiballe! Vieni, Roberto, te li
presento. Quim, Jordi e le loro nuove amiche: Ines, Julia, Luci e Margarita,
detta Margot! Questo è Roberto, mio grande amico italiano!
I due giovani – sui vent’anni – mi salutano
calorosamente, mentre le quattro ragazze – apparentemente di un paio d’anni più
giovani - si guardano intorno indifferenti. Le osservo mentre Josep, le braccia
intorno alle spalle dei suoi due amici, li porta sotto il patio a bere qualcosa:
un po’ indispettito da quell’atteggiamento di ostentato distacco, vengo però
attratto da qualcosa, non so bene cosa… Sembrano comunicare con rapidi cenni
d’intesa, gli sguardi languidi e opachi lampeggiano fra loro per frazioni di
secondo per poi tornare alo stato di quiete. Quelle treccine rasta… Ma certo! Le
stesse di Viola! E i piercing: Luci ne ha uno sul labbro inferiore, Ines e Julia
sul sopracciglio, Margot…
- Quoi, Roberto? Ti piacciono le acconciature
sauvages? Guarda che qui a Ibiza vanno molto di moda quest’anno…- interviene
Carole distraendomi – Tieni, manda giù un’horchata…, non senti che caldo?
In effetti, la calura del primo pomeriggio imperversava
sul piazzale assolato, bianco come in una fotografia sovraesposta. Bevo un sorso
dal bicchiere ghiacciato assaporando il gusto pastoso e dissetante della
chufa cui Carole ha aggiunto foglie fresche di canapa, dall’aroma
dolciastro.
Quando cerco con un’occhiata le quattro ragazze, sono
già sedute intorno al tavolo scrostato del patio, in ascolto.
- Che caldo! – Fa Josep - Quim, perché non andiamo a
farci un bagno a Cala Negra: un tuffo, un po’ di fumo…
- Cala Negra è troppo affollata, ammicca Jordi rubando
la parola all’amico – Meglio Cala Boix…
- Està bien! - Esclama Josep – Come volete, ma
andiamo, altrimenti il mio cervello scoppia dal caldo!
- Il cervello ti scoppia per tutte le pasticche che
ingolli – ammonisce severa Carole – Alla tua età…
- Callate, donna! – La interrompe ridendo Josep –
Alla mia età sono capace ancora di far girare la testa alle nostre amiche, no
es verdad?
Le quattro, come ad un segnale convenuto, ridono per poi
ripiombare lentamente nel loro torpore.
- Quim, Jordi! Che cosa avete fatto a queste bambine?
Sembrano addormentate! A vent’anni, io… Altro che storie! Adrenalina pura!
Il gruppo ride di nuovo, mentre Carole scuote la testa
rassegnata. – Io vi aspetto qui, a stasera…
Le ragazze tacciono all’improvviso, la linea del loro
sguardo conduce al riquadro della porta della finca: Viola è appena
uscita, il seno nudo e lucido, i pantaloncini attillati. Le saluta con un lieve
movimento della testa cui Luci risponde per le altre due con un sorriso
indecifrabile.
Tanit aveva al suo
servizio giovanissime sacerdotesse che esercitavano la prostituzione sacra (…)
Era la dea fenicia dell’amore, della fertilità e anche della morte: in suo onore
venivano sacrificati bambini, adulti e animali. Segno di Tanit era un triangolo
sormontato da un disco e attraversato da una linea orizzontale.
Mariano Planells, Diccionario de secretos de
Ibiza – Ediciones Obelisco, Barcelona 1982
Cala Boix. Le tre del pomeriggio: la spiaggia
miracolosamente deserta con alle spalle la pineta risuona del canto ipnotico
delle cicale che il vento di terra diffonde a folate fino al bagnasciuga
trasparente, insieme all’odore della resina. I miei amici stanno nuotando verso
lo scoglio che affiora un centinaio di metri al largo mentre Viola e Margot
parlano passeggiando indolenti lungo la riva. Le altre tre sono sdraiate,
immobili e nude al sole. Mi sembra di notare un gesto di Julia che sfiora il
braccio di Luci prima che quest’ultima si diriga verso di me, sotto un pino
prostrato dal vento. In silenzio, con un sorriso strano Luci mi infila tra le
labbra una capsula gialla, che deglutisco quasi involontariamente. Mentre
l’involucro insapore si dissolve liberando la sostanza amarognola che avvolgeva,
la ragazza mi afferra e comincia ad accarezzarmi e a baciarmi. La lascio fare
intorpidito dal caldo e dall’acido e intanto la sua bocca mi raggiunge
l’inguine: le labbra calde e umide interrotte dal metallo del piercing mi
sciolgono con dolcezza… Prima di addormentarmi faccio in tempo a guardare Josep
e i due ragazzi: poco lontano Margot, Ines e Julia sono su di loro, i corpi di
sabbia animano la spiaggia in lenti movimenti sinuosi, confondendosi con le
dune… Viola, dall’alto dello scoglio là in mezzo alle onde azzurre e lievi
domina la scena compiaciuta.
- Oye, muchacho!
- Sveglia, Roberto!
Quim e Josep mi scuotono: dalle profondità di un sonno
senza fondo riemergo aggiustando la vista sui loro volti sorridenti.
- Allora? Che ne dici di Ibiza? Te gusta?
Farfuglio qualcosa scatenando l’ilarità dei due e mi
tiro su facendo leva su un gomito.
- Che ore sono? – riesco a pronunciare con qualche
sforzo.
- Le sette de la tarde, amigo! Hai dormito più di tre
ore! Quella Luci…
Sciacquo via il torpore sudato nel mare caldo: al mio
fianco Viola che mi prende per mano e mi accompagna verso il largo carezzandomi
i capelli.
- Non ti dispiace…
- Di cosa? – Mi chiede con la sua voce profonda
- Di me e di Luci.
Sorride – Ma Ibiza è l’isola dell’amore, no? – E mi
bacia con la sua lingua morbida e sapiente.
TRASCRIZIONE – NASTRO 34 – GIORNO 11.XI.1979 – CANALE 3
ORA EMITTENTE MESSAGGIO
22.04 Torre BCN
Barcellona, buona sera JK297.
22.04 JK297
Buona sera, Barcellona. Potete confermarci un traffico sulla nostra sinistra,
approssimativamente a quattro o cinque miglia?
22.05 Torre BCN
JK297, negativo. Non abbiamo traffico segnalato.
22.05 JK297 Ho due tracce visive…
luci rosse, anche adesso a circa tre miglia a ore dieci. Più o meno alla nostra
stessa quota.
22.05 Torre BCN
Ricevuto, grazie JK297. Non abbiamo informazioni su nessun traffico su questa
rotta. Potete confermarci che le luci sono in cielo e non in mare?
22.06 JK297 Il traffico procede
apparentemente alla nostra stessa altitudine. Adesso stiamo alzandoci a 250.
22.06 Torre BCN
Ricevuto, grazie. Potete confermare che il traffico procede nella vostra
stessa direzione?
22.06 JK297
Affermativo. Lo abbiamo sempre più vicino… Barcellona, posso vedere due luci
rosse fisse, non lampeggianti… Ho aumentato la quota a 280 ma il traffico è
molto più veloce di noi e si avvicina ancora.
22.07 Torre BCN Ricevuto, JK297.
22.07 JK297 Barcellona, faccio
rotta su Valencia Manises!
“El Girasol” è un bar gestito da hippy, “vecchi” come
Josep. Hans si trasferì qui all’inizio degli anni Sessanta, sposò una ragazza
austriaca con la quale mise al mondo una figlia: Vanessa serve ai tavoli e aiuta
il padre nel preparare i cocktail. Siamo seduti ad un tavolo pieghevole sotto la
pergola ombrosa di uva fragola. Perro, il cane, ci invita al gioco, che consiste
nel lanciare pigne verso la strada, pigne che lui afferra e mastica un po’,
prima di riportarle indietro. E ricominciare da capo.
- Andate a Es Vedrà, ho sentito – accenna Hans
all’indirizzo di Josep.
- Claro! Le signorine vogliono vedere il tramonto a Cala
d’Hort…
- Es Vedrà… Se siete fortunati potete vedere qualcosa di
più interessante del tramonto…
Il parlottare sommesso e indisponente di Viola e delle
altre tace di colpo.
- Cioè? – Chiedo incuriosito dalla reazione delle
cinque.
- Hombre, gli ufo! Ibiza è famosa per gli
avvistamenti oltre che per sesso, droga e discoteche…! – Risponde Hans sorpreso
dalla mia ignoranza.
- …e vecchi hippy rimbambiti dalle anfetamine –
Interviene Carole che nel frattempo ci ha raggiunto, in mano un vassoio
preparato da Vanessa.
La risata generale suona come un segnale per le ragazze
che ricominciano il loro fitto e tacito colloquio. Il profumo di lievito e
zucchero delle enseimadas appena sfornate irrompe sul tavolo insieme alla
caraffa di sangria ghiacciata e invitante e ai bicchieri di hierbas.
Ma Hans insiste – Vanessa, raccontaglielo tu di quel
francés di San Rafael…
- Sì, a un amico di papà si fuse l’impianto elettrico, e
il maresciallo Benitez, della Guardia Civìl del paese, insieme ad un
maestro di scuola elementare, dissero di aver visto proprio sulla collina di
fronte alla casa di… Papi, come si chiamava el francés?
- El francés! Tutti lo chiamavamo così!– risponde
Hans dalla cucina
- Si insomma, proprio su quella collina un bagliore a
forma di piatto che atterrava silenziosamente.
- Proprio così. E poco dopo, i tre salirono sulla
collina e trovarono gli arbusti bruciati… no, non bruciati: piuttosto inceneriti
da qualcosa di circolare che aveva lasciato la sua traccia sul terreno.
Viola e le altre continuano a parlare tenendo però fissi
su Hans gli occhi attenti.
- Era il 1976, me lo ricordo bene… I giornali ne
parlarono per un po’…- Conferma Hans.
- Beh, Hansi, è una prova che qui a Ibiza la roba buona
circolava già dal ’76… - Ridacchia Jordi.
- Puoi scherzarci su, se vuoi. – Dice un po’ risentito
Hans - Certo non scherzavano gli yankee della base di Puig Major a
Maiorca: nell’estate del ’53 gli avvistamenti furono più di cento su Ibiza e i
radar americani ammisero, naturalmente controvoglia, un certo movimento di
oggetti non identificati sul cielo delle Baleari.
- Adesso che ci penso: ho letto qualcosa sull’”incidente
di Manises” – Rincara serio Quim – Un aereo civile fu costretto ad
un’atterraggio di emergenza a Valencia dal volo di ufo in rotta di collisione…
- Sì, - annuisce Hans - e il comandante del Caravelle,
non mi ricordo il nome, fece anche il suo bel rapporto, confermato dalla torre
di controllo di Barcellona…
- Vabbe’ - fa annoiato Josep – C’è materia per una serie
di X-files…
- … e prima di cambiare rotta, il Caravelle
sorvolava proprio Es Vedrà. Ma lo sapete che intorno a quello scoglio le bussole
impazziscono? Anche i piccioni viaggiatori… – continua Hans.
Viola e le altre si scambiano un’espressione
preoccupata.
- Tranquille, ragazze! E godetevi il tramonto a Cala
d’Hort! – Una donna anziana ma ancora molto bella, i capelli grigi raccolti in
un gomitolo di treccine, si rivolge materna al gruppo di Viola uscendo
dall’interno del locale. Il tono della voce, calmo e rassicurante, smentisce
l’espressione severa e l’occhio freddo e imperativo. Luci si alza istintivamente
dalla sedia, seguita da Margot e Luci e corrono a stringere la mano alla donna;
Ines e Viola chinano la testa in un gesto di rispetto.
- Tania: mia moglie! – la presentò Hansi – Nel ‘65 era
la ragazza più bella di tutta Ibiza. E lo è ancora, no?
Tania sorrise appena, continuando a fissare il gruppo
delle ragazze poi disse: - Signorine, i vostri uomini devono proprio annoiarsi
se parlano di ufo mentre potrebbero impiegare il loro tempo in piacevole
compagnia! Siete molto carine: guardate il sole, come è basso sull’orizzonte;
devo forse spiegarvi come divertire questi ragazzi?
Il tono perentorio della donna ha interrotto la
conversazione che adesso languisce imbarazzante. Le espressioni delle cinque
ragazze tradiscono una certa agitazione mista ad un’incomprensibile umiliazione.
- Ma mamma, lo sai che papà è un po’ fissato… - si
giustifica Vanessa.
- Senti, Tania, non mi sembra il caso di rimproverare le
ragazze: colpa nostra e dei nostri cervelli ammuffiti… - Prova a rompere il
silenzio Josep.
- Non mi sembra di aver parlato di niente di male… -
rumina Hansi.
- Vanessa! Tu non intrometterti! E vai in cucina: c’è un
mucchio di ordinazioni per stasera.- Esclama Tania. Poi, più malleabile: -
Testone di un Hansi, guarda che hai combinato: stavi suggestionando queste
giovani ragazze coi tuoi racconti strampalati! E voi, uomini! Andate a guardare
il tramonto come dicevate di voler fare: Cala d’Hort è l’ideale per gli amanti
che scappano dalla la folla… - Torna dentro, non prima di aver sfiorato con la
stessa distratta carezza che si dedica a una cane i fianchi e i volti accesi di
vergogna delle cinque ragazze. Prima di sparire si ravvia i capelli d’argento
scoprendo per un attimo un lobo attraversato da una perlina d’acciaio
luccicante.
- Beh, – accenna Josep sollevato – A Cala d’Hort!
- Ma sì, - ripete Jordi – A Cala d’Hort! E portate la
roba!
- A Es Vedrà... – Sorprende tutti la voce calda di
Viola.
22 Aprile 1855,
isolotto di Es Vedrà
Una voce mi ha
destato: la cima dell’isolotto è avvolta di una luce azzurra e da una musica
meravigliosa. Su di un trono la figlia del Padre eterno, dopo avermi ordinato di
non fissarla, mi invita a salire verso la vetta: lì, insieme ad altre figure
luminose, mi mostra degli abiti da indossare. Vestiti di un tessuto finissimo,
bianco come la neve, la cintura oro e cremisi; di una materia tanto morbida e
preziosa che non ne riconobbi l’origine. Una volta indossati gli abiti, e un
globo trasparente come copricapo, una voce mi avvertì: “Guardati dallo scoprire
la testa perché non potresti sopportare la maestà di Dio”. !”
Padre Francisco Palau
Dalla torre di Savinar, dove Josep ha fermato la jeep,
la schiena di drago delle due isole: Es Vedrà e Es Vedranell, la cima di
Atlantide, lo scoglio delle sirene, un buon posto per il sabba di Valpurga… In
trasparenza, sembra quasi di vederle, strane infrastrutture in pietra sommerse
ai piedi di Es Vedrà.
- Eccolo, l’accumulatore magnetico che fa scomparire le
navi – ride Quim – Avete sentito quello strafatto di Hansi?
- Una specie di spazioporto per alieni, con tanto di
radiofaro – rincara ghignando Jordi.
- Guardate i gabbiani… - dice Viola sognante alle amiche
in uno dei suoi rari interventi.
Il volo concentrico degli uccelli mossi lungo
traiettorie lente e regolari da fili invisibili disegna una corona dissonante
intorno alla vetta dell’isolotto maggiore. Il sole rosso sta sparendo tra i
vapori dell’orizzonte marino.
Sei giorni dopo il “caso
Manises” alle 17,20 del 17 Novembre, i radar militari spagnoli individuarono su
Granada una traccia non identificata che provocò il decollo di un caccia F-1
dalla base aerea di Los Llanos.
Il pilota cercò di
avvicinarsi senza successo all’enorme oggetto che, secondo il rapporto ufficiale
era fatto di “tre luci intense a forma di triangolo isoscele” Mentre tentava di
qavvicinarsi all’UFO sentì in cuffia sul Canale 11 UHF una voce infantile di
provenienza sconosciuta che diceva: - Ciao, come stai? Ciao, ciao….
Nessuna spiegazione è
stata mai data di quella misteriosa “intrusione”.
J.J. Benitez, Il caso Manises –“Mundo
Desconocido” n°12 - 1997
22 Aprile 1855,
isolotto di Es Vedrà
Le ombre che
accompagnano la Vergine fanno splendere il sole in piena notte. Ho potuto vedere
il suo bellissimo corpo, la sua testa incoronata di gloria, i suoi capelli come
fili d’oro purissimo, ognuno radioso di luce. La sua folta chioma in un istante
prese la forma di una corona; il viso, al calor bianco, mi parlò intimandomi :
“Non guardare, è un mistero!” Padre
Francisco Palau
Le urle allucinate di Jordi e Quim:
- Yu-uuu! Verso il triangolo della morte! – urla Quim.
- Altro che Area 51! – Gli fa eco Josep – Il triangolo
delle Bermude!!
Alla fine eccolo, l’isolotto magico. Sui curiosi coni
della vetta alture da capre: dal gozzo la roccia è arida e impressionante, dopo
il tramonto le nuvole di uccelli schiamazzanti si sono dileguate e adesso rimane
una strana piramide dai riflessi metallici verdazzurro illuminata quasi a giorno
dalla luna piena. Viola ha voluto prolungare la nostra visita proprio sullo
scoglio di Es Vedrà. Abbiamo affittato un gozzo poco dopo il tramonto: vista da
Cap Blanc, la superficie del mare era solcata da strane scie iridescenti:
riflesso della luna ormai alta o effetto delle pastiglie gentilmente offerteci
da Viola e dalle altre? La barca solca lentamente le onde, lunghe e placide. A
poppa Quim e Ines sono avvinti da effusioni che si fanno prolungate e profonde.
Carole distoglie lo sguardo da Josep, impegnato in un approccio via via più
audace nei confronti di Margot, poi subisce le stesse attenzioni da Jordi. Viola
mi tocca attraverso il costume mentre vedo Luci e Julia avvicinarsi con i volti
disfatti dal desiderio. Quando il gozzo tocca l’approdo roccioso di Es Vedrà, la
luminescenza dei flutti aumenta di intensità e di ampiezza. Sembra quasi che
sotto la superficie si muova un colossale veicolo o un macchinario misterioso,
forse un’intera città… Gemiti di piacere dal fondo della barca, l’odore dei
corpi e degli umori; Viola indica al gruppo, ormai spossato dal sesso e dalle
droghe, il sentiero verso la grotta di cui ci ha parlato a Cala d’Hort. Ci
avviamo, stravolti e in preda ad allucinazioni intense ed incredibilmente
persuasive: Luci e Julia quasi trascinano Josep e Carole, abbandonati in balìa
delle loro visioni. Mi sembra di notare le sagome scure delle capre selvatiche
su un dirupo; percepisco distintamente l’ansimare convulso dei miei amici che
scolora nel mugghiare pesante di un montone, le corna a volute e gli occhi rossi
sbarrati su di noi.
Il mare… il mare abbaglia di un verde fosforescente,
attraversato da saette di un azzurro elettrico… all’entrata della grotta,
faticosamente raggiunta in un’agonia di fatica. Viola e le altre galleggiano
nell’aria, leggere e luminose, i loro corpi, fino a poco fa di carne e sangue
pulsante, si smaterializzano in un alone lieve. Adesso anche la volta della
grotta sfolgora i nostri volti inebetiti… da lassù, dalla sommità, un cono di
luce ancora più potente dardeggia il terreno sotto i nostri piedi… il triangolo
d’oro, le forme femminili coperte da un velo cangiante… una figura gigantesca,
seduta su una specie di trono… i capelli sottili e candidi, il volto fatto di
luce… un canto o un suono ci attira verso l’alto… Una voce di bimba:- Ciao,
come stai? Vieni, andiamo…
Le mie mani… posso attraversarle con lo sguardo… il mio
corpo dissolve nella luce… i miei amici sono parvenze tremolanti e incerte… il
triangolo, sempre più vicino… respiro la polvere impalpabile del mio corpo che
svanisce… luce… luce bianca… bianco… bianco…
Bianco.
REUTER – IBIZA 17.6.04 –
Disperso gruppo di giovani presso di Es Vedrà. Ritrovata indenne l’imbarcazione
alla deriva contenente alcuni indumenti e sostanze stupefacenti. Nessuna traccia
dei passeggeri. Le ricerche sull’isolotto non hanno dato alcun risultato. Le
autorità affermano che, al momento del probabile incidente, le condizioni
meteomarine erano del tutto nella norma.
Il beato Francisco Palau
nacque ad Aytona (Lerida) nel 1811. Entra nell’ordine dei Carmelitani a
Barcellona nel 1833; risiede in Francia alcuni anni e quando torna fonda la
Scuola della Virtù, la cui attività lo fa condannare dalle autorità
ecclesiastiche al confino ad Ibiza. Dal 1855 è sull’isola; in febbrili giornate
di isolamento e meditazione, afferma di avere visioni mistiche sull’isolotto di
Es Vedrà.