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Programmazione
Inserito Giovedì 31 marzo 2005
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|
un racconto di Annarita Petrino
Il giudice Finning colpì violentemente la scrivania con il martelletto, cercando
di riportare l’ordine: “Silenzio! Ho detto silenzio o faccio sgombrare l’aula!”
quindi vedendo che il brusio si attenuava si riassettò la parrucca, vecchio
fregio di recente reintrodotto nelle corti e si rivolse all’imputato “Bene,
signor Colin, continui pure.”
“Come stavo dicendo, per la sera dell’omicidio io non ho un alibi.” disse Colin
rivolto alla giuria
A quelle parole nell’aula scoppiò di nuovo un gran trambusto e il giudice si
lasciò andare contro lo schienale della sedia. Se l’imputato continuava a
dichiarare di non avere un alibi non sarebbero arrivati a nulla. Finning fu
costretto a sospendere il processo per due ore e chiese all’avvocato della
difesa e a quello dell’accusa di conferire in privato nel suo studio.
“Signori avvocati,” iniziò “vorrei sapere da voi come intendete procedere.”
L’avvocato dell’accusa, Alfred Elroy, balzò in piedi: “Le difficoltà di questo
processo nascono dalla natura dell’accusa e da quella dell’imputato, me ne rendo
conto, ma c’è stato un omicidio ed è nostro dovere assicurare il colpevole alla
giustizia!”
“Oh andiamo!” intervenne George Cunningham della difesa “Come intende dimostrare
che Colin ha commesso un omicidio? Lei sta sostenendo che un ologramma avrebbe
ucciso un essere umano!”
“Va bene signori, basta così.” disse il giudice “C’è un cadavere di mezzo ed è
necessario trovare il responsabile. Un’accusa è stata lanciata e alla difesa
spetta il compito di dimostrarne l’infondatezza. Vi avverto però, badate bene a
come avete intenzione di condurre gli interrogatori perché non ammetterò altri
disordini nella mia aula!”
I due avvocati annuirono a poi si lanciarono uno sguardo di sfida. Finning li
congedò e Cunningham tornò nel suo ufficio dove trovò Colin, splendente come
sempre e comodamente seduto sulla sua poltrona.
“Come fai a essere dappertutto?” gli chiese l’avvocato
“Non dappertutto, solo dove ci sono percorsi di fibre ottiche e cellule di
proiezione come in aula o in questa stanza. Che voleva il giudice?”
“Chiederci di sbrigare al più presto questa faccenda. È per questo che adesso
dovremo ricominciare daccapo per capire esattamente cosa è successo. Magari mi è
sfuggito qualcosa.”
Cunningham andò a sedersi sulla poltrona mentre Colin scompariva per riapparire
in piedi vicino alla finestra.
“Va bene,” disse allora l’ologramma con la sua voce programmata “ricominciamo
pure dall’inizio. Dunque, quella sera…”
La vittima, Sara Mendel, lavorava alla TecnoCorp come programmatrice di
ologrammi domestici prodotti dalla sua compagnia. Il giorno della sua morte era
rientrata a casa alle 20.30, dopo aver fatto una sosta nella palestra
rigeneratrice. Tre ore più tardi il suo cadavere era stato rinvenuto nella sala
da pranzo. Colin, il suo ologramma domestico, aveva chiamato il pronto
intervento, ma in realtà per Sara non c’era più nulla da fare. Secondo il medico
legale, il cuore aveva smesso di battere, ma non erano state ancora accertate le
cause del decesso. Anche se la morte di Sara Mendel non presentava le
caratteristiche di un omicidio, l’accusa aveva puntato il dito su Colin, che era
l’unico testimone oculare. L’ologramma, però, aveva più volte dichiarato di non
aver assistito alla morte della sua programmatrice, ma di essere apparso solo in
seguito al decesso. Purtroppo non c’era nessuno in grado di confermare dove
fosse Colin esattamente al momento della morte della Mendel e così si era giunti
al processo. Alfred Elroy era un osso duro, Cunningham lo sapeva bene ed era
sicuro che avesse accusato Colin con il solo scopo di godere della pubblicità
che il caso avrebbe sollevato. Infatti i media gli avevano prestato la massima
attenzione.
Cunningham rimase con il suo cliente fino alla ripresa del processo. Toccava
all’accusa interrogare ed Elroy chiamò a deporre proprio Colin.
“Signor Colin, nel precedente interrogatorio lei ha sostenuto di non avere un
alibi per la sera dell’omicidio. E’ sempre di quest’idea? Le ricordo che si
trova ancora sotto giuramento.”
“Temo di sì. Quando Sara è tornata a casa mi ha detto che non aveva bisogno di
me quella sera, così sono scomparso e quando sono riapparso l’ho trovata morta.”
“Perché è riapparso? Non doveva essere Sara a richiedere la sua presenza con un
comando vocale?”
“Normalmente è così, ma Sara mi aveva programmato affinché potessi decidere
liberamente quando apparire.”
“Così decise di apparire. Perché?”
“Era passato molto tempo e mi sembrava strano che Sara non richiedesse la mia
presenza.”
“Molto tempo? Dunque lei è cosciente del tempo che scorre nella sua…”
“Matrice. Si sono in grado di contare le ore e i minuti. E tre ore erano davvero
troppe.”
“Non era mai accaduto prima che Sara la lasciasse in pace per un periodo di
tempo così lungo?”
“No.”
“Perché la chiamava Colin? Che genere di aiuto lei offriva a Sara Mendel?”
“Sara era una programmatrice e io le servivo per sperimentare i vari tipi di
programmazione che metteva a punto.”
“Li provava su di lei?”
“Si.”
“E non le dava fastidio?”
“Non posso negare che fosse piuttosto irritante, ma ero stato creato per questo,
quindi non potevo esimermi.”
Alfred Elroy andò avanti ancora per un po’ cercando di far capitolare Colin ma
alla fine fu costretto ad arrendersi. Non c’era modo di dimostrare che Colin
avesse effettivamente commesso quell’omicidio. Quindi passò agli altri
testimoni, parenti e amici della vittima, ma l’accusa non fu in grado di
dimostrare la colpevolezza dell’imputato. Di conseguenza la giuria non potè
pronunciarsi sul caso e Colin venne prosciolto dall’accusa di omicidio. La morte
di Sara Mendel venne archiviata tra i casi irrisolti.
Cunningham e Colin lasciarono insieme il palazzo di giustizia passando dal
retro, per evitare la folla di giornalisti che assediava l’ingresso.
“Cosa farai adesso?” chiese l’avvocato
“Immagino che verrò assegnato ad un’altra postazione, anche se non sarà certo
come lavorare con Sara. Lei era un mago della programmazione.”
“Come credi che sia morta?”
“Non ne ho idea. Non mi intendo di organi umani, ma non ci vuole molto a capire
che se il cuore smette di battere allora non c’è molto che si possa fare.”
“Già, il cuore ha smesso di battere…curioso. Soprattutto se pensiamo che non
sono state riscontrate cause evidenti.”
“Hai qualcosa in mente?”
“Pensavo al lavoro di Sara. Lei era una programmatrice di ologrammi domestici,
ologrammi come te Colin. Con i comandi giusti avrebbe potuto farti parlare
un’altra lingua, cambiare d’abito e magari anche farti scomparire per sempre.”
“Ebbene?”
“Non dev’essere bello sentirsi in balia di qualcuno che può decidere della tua
vita. Mi stavo chiedendo…”
“Cosa?”
“Oh non fraintendermi, parlo da profano. Sono completamente ignorante in fatto
di ologrammi e programmazione, ma c’è un’idea curiosa, che mi è venuta in mente
mentre Elroy ti stava interrogando.”
“Parla pure liberamente.”
“Mi chiedevo se il cuore di un essere umano non possa essere programmato per
smettere di funzionare.”
“Non dire assurdità.”
“E’ una cosa assurda vero? È quello che penso anch’io. Eppure non riesco a
togliermi dalla mente l’immagine di Sara al lavoro con gli elettrodi applicati
alla fronte, mentre ti riprogramma. In quei momenti era come se foste una cosa
sola, non è così? In un essere umano è il cervello a comandare tutto il corpo ed
il cervello funziona a impulsi. Con quelli giusti credo che sarebbe in grado di
fare qualsiasi cosa. Beh…arrivederci Colin. Il tuo caso è sicuramente il più
curioso che mi sia mai capitato.”
“Arrivederci.”
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