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LA SCISSIONE DI VERTER

Inserito Domenica 03 aprile 2005

Narrativa un racconto di Annarita Petrino






Il caso Verter fece parlare per parecchio tempo, divise l’opinione pubblica e scatenò violente polemiche. Nella storia degli scandali fu di certo il più eclatante. Potete fidarvi di me, perché non troverete nessun altro in grado di raccontarvi la storia nei minimi particolari. Il mio nome è Jonathan Hudson e sono il giornalista che se ne occupò.
Tutto ebbe inizio nel mese di febbraio del 2025, quando controllando il sito dell’OCU – Ordine Giornalisti Uniti, mi imbattei per caso in una notizia archiviata tra le Infondate. Il sito era collegato a tutti i più importanti bollettini telematici di informazione. Riceveva ogni giorno migliaia di notizia smistate automaticamente e suddivise in categorie di importanza. C’erano le Prioritarie, le Mezzane e le Infondate. Questi erano i tre principali raccoglitori, ognuno dei quali aveva delle sottocategorie di argomenti.
Di solito lasciavo le prioritarie e le mezzane agli squali in cerca di scoop e mi concentravo sulle infondate, perché erano quelle dove il gusto per la ricerca tipico dei giornalisti poteva essere pienamente soddisfatto. Nella sottocategoria Benessere delle Infondate trovai dunque il seguente post:
Non ci voleva molto a capire perché fosse stata archiviata tra le Infondate; una tale dichiarazione messa così suonava come una grande presa in giro. Eppure… Una specie di sesto senso, simile ai sensi di ragno del popolare supereroe di fine secolo, mi diceva che valeva la pena indagare. Presi nota dell’indirizzo del professore e prenotai un biglietto per Atlanta per il giorno dopo. Scelsi un volo Sonic, capace di coprire la distanza tra New York e Atlanta in un lasso di tempo decisamente inferiore rispetto ai voli normali. La notizia era stata postata il giorno prima e questo significava che avevo già perso una giornata intera. Questo, nel mio lavoro, poteva significare lasciarsi sfuggire uno scoop eccezionale. Se qualche altro iscritto alla OCU aveva già adocchiato la notizia, poteva avermi preceduto.
Quando arrivai all’aeroporto, noleggiai un’auto e chiesi indicazioni per raggiungere la casa del professore. L’indirizzo corrispondeva ad un tranquillo quartiere residenziale, attraversato da un viale alberato. Individuai il numero civico che stavo cercando su un palazzo di finto mattone rosso, quindi parcheggiai e mi avvicinai per suonare il campanello.
Pochi istanti dopo venne ad aprirmi un vecchietto dall’aria simpatica. Aveva perso quasi tutti i capelli sulla parte superiore della testa, ma alcuni ciuffi grigi resistevano ancora ai lati. Doveva avere più di 60 anni, ma l’espressione era vivace.
“Buongiorno.” disse con voce mite
“Buongiorno, sono Jonathan Hudson, giornalista dell’OCU.”
Ero preparato alla più violenta delle reazioni. In diversi anni di onorata carriera avevo imparato a non fidarmi delle apparenze. Anche la persona più tranquilla, poteva trasformarsi in una belva a sentir solo nominare la parola ‘giornalista’.
“Prego si accomodi.” disse invece
Tutto sommato mi era andata bene. Lo seguii all’interno di un accogliente salotto, dove ci sedemmo.
“Mi dica tutto.”
“Bene,” iniziai sporgendomi in avanti “sono qui per via della sua scoperta Professor Verter… ”
“Oh! Lei cerca il professore… dovevo immaginarlo. Mi segua.”
Mi lasciò decisamente senza parole, ma lo seguii fin davanti ad una stanza, davanti alla quale si fermò.
“Prego.” disse e poi se ne andò
Bussai e quando qualcuno da dentro disse avanti, entrai in uno studio elegante. Seduto ad una scrivania in noce c’era un uomo anziano di circa settant’anni.
“Il professor Verter?” chiesi stavolta per evitare errori
“Si, sono io.”
“Sono il giornalista Jonathan Hudson.”
Richiusi la porta dietro di me ed avanzai. Mi fece segno di sedermi ed io presi posto su una sedia, mentre fissavo l’attestato di cerebrostudioso appeso alla parete dietro di lui. Affianco c’era l’ingrandimento di una foto che aveva l’aria di essere molto vecchia. Il professor era ancora giovane e riceveva il premio cerebro, uno dei massimi riconoscimenti nel campo della ricerca. La data sotto la foto risaliva a 40 anni prima.
“Perché è qui signor Hudson?”
“Per la sua scoperta, la Scissione di Verter.”
“Ha letto la notizia, dunque.” poi notando il mio sguardo interrogativo aggiunse “Sono stato io a postare il comunicato.”
“Sta scherzando, vero?”
“Io non scherzo mai.”
“Ma questo vuol dire che non è stata fatta alcuna dichiarazione ufficiale!”
“Infatti ed è per questo che la notizia è stata catalogata tra le Infondate.”
“Dunque… ”
“Esatto signor Hudson, non c’è alcuna scoperta che sia stata resa pubblica, ma speravo che arrivasse qualcuno come lei a verificarne l’infondatezza.”
In quel momento scattai in piedi: “Mi sta dicendo che sono venuto sin qui da New York per niente? Come le è venuto in mente di postare una notizia su una scoperta inesistente?”
“Si calmi signor Hudson, ho detto che non c’è alcuna scoperta che sia stata resa pubblica, no che non esista.”
Tornai a sedermi lentamente: “La prego, cerchi di spiegarsi meglio.”
L’uomo sorrise, mettendo in evidenza denti piccoli e bianchi, un impianto senza alcun dubbio, quindi batté le mani e le luci si spensero. A poca distanza dal ripiano della scrivania venne proiettato un ologramma che riproduceva l’intero encefalo.
“Ecco,” disse il professor Verter “ora osservi.”
I due emisferi si divisero e nella parte centrare ed interna di quello destro venne colorata una minuscola zona.
“Quella è la Scissione di Verter, dove risiedono i rancori umani.” la luce tornò nella stanza e il cervello olografico scomparve “Sono anni che studio il cervello umano, signor Hudson. Gli ho dedicato tutta la mia vita ed ora ho bisogno di qualcuno che dia risalto alle mie scoperte. Vuole essere lei?”
“Perché non ha fatto una dichiarazione ufficiale? Sarebbe stato più semplice.”
“In verità non mi è venuto in mente.”
“Ci devo pensare… ”
“Non è necessario che mi dia una risposta adesso.”
“Tornerò domani.”
Mi alzai e lasciai l’abitazione del professor Verter, per raggiungere il mio albergo. Una volta nella stanza collegai il mio palmare per raccogliere informazioni sulla carriera del professore. Hans Verter aveva iniziato i suoi studi giovanissimo e si era subito distinto per intelligenza e acume. Le notizie reperibili si fermavano a circa 40 anni prima, più o meno in coincidenza del periodo in cui aveva ricevuto il premio Cerebro. Dopodichè sembrava essere scomparso nel nulla. Saltò fuori un nome, Edward Ross, cerebrostudioso di fama mondiale e primario dell’ospedale di Atlanta. C’era anche una foto. Lo riconobbi all’istante: era lo stesso uomo della foto del premio, nello studio di Verter.
Decisi che dovevo parlarci. L’atteggiamento del professore non mi convinceva. Negli ultimi 40 anni sembrava essersi dedicato interamente alla ricerca, allora come diavolo aveva fatto a non pensare a dare l’annuncio ufficiale della sua scoperta? Mi diressi dunque all’ospedale, dopo aver chiesto informazioni all’usciere dell’albergo.
L’ospedale era un massiccio edificio in finto marmo bianco variegato. All’entrata chiesi del dottor Ross e mi fu indicato un ufficio al terzo piano. Quando arrivai trovai la porta aperta ed un uomo seduto all’interno.
“Il professor Ross?”
L’uomo sollevò le folte sopracciglia bianche: “Si.”
“Sono Jonathan Hudson, un giornalista.” proseguii entrando “Potrei rivolgerle alcune domande?”
“Ma certo, prego si accomodi.”
Mentre mi sedevo lanciai un’occhiata ad una piccola foto appesa al muro, identica a quella di Verter.
“Da quanto tempo conosce il professor Hans Verter?”
“Abbiamo fatto gli studi insieme. Hans era un giovane molto promettente. Eravamo anche ottimi amici, ma i nostri rapporti si sono interrotti dopo la consegna di quel premio.”
Istintivamente tornai a guardare la foto: “Per quale ragione?”
L’uomo alzò la mano destra e solo allora mi accorsi che gli mancavano l’anulare e il medio.
Alla mia domanda muta rispose così: “Hans Verter me li ha strappati a morsi. Per mia fortuna sono mancino e riuscii a colpirlo, prima che avesse il tempo di terminare il suo lavoro.”
“Sembra una persona così mite.”
“Lo è, mi creda. All’epoca, però, stava lavorando a quella sua maledetta Scissione di Verter.”
“Dunque lei sa di cosa si tratta?”
“Sicuro, è la più grande scoperta di tutti i tempi, ma non sono tenuto a dirle altro.”
Rimasi interdetto e il professor Ross mi congedò con una stretta di mano. Una volta nella mia stanza d’albergo, mi buttai sul letto e presi a riflettere. Ross aveva parlato dell’aggressione dell’amico come se fosse un fatto di poca importanza. Verter aveva passato quarant’anni a preparare la sua scoperta e non ne aveva dato annuncio ufficiale. Ross sapeva tutto ma aveva taciuto. La storia era più intricata del previsto.
Decisi che mi sarei occupato della cosa, ma solo se vi fosse stato qualcosa di concreto di cui parlare. Quindi il giorno dopo tornai da Hans Verter e fui accolto dallo stesso vecchietto del giorno prima.
“Buongiorno signor Hudson e bentornato.”
Lo salutai a mia volta, dopodichè mi condusse dal professore, che trovai di nuovo seduto alla sua scrivania.
“Sono contento che sia tornato.” disse una volta soli
“Ho deciso di occuparmi della sua scoperta, ma prima mi dica, chi è la persona che abita con lei?” il mio istinto di giornalista mi imponeva di indagare, soprattutto se la faccenda non era molto chiara
“Oh, è mio fratello Benjamin, abita con me da quando vent’anni fa è rimasto vedovo.”
“Mi dispiace, com’è successo?”
“Lidia era una persona orribile e terribilmente invadente. Mio fratello l’amava, ma io non la sopportavo, così l’ho uccisa.”
“C… cosa?!” balbettai
“L’ho avvelenata e adesso stiamo decisamente meglio.”
“E suo fratello lo sa?” chiesi incredulo
“Certo, come pensa che sia finito su questa sedia a rotelle?”
Verter spostò la sua sedia e mi resi conto che non aveva più le gambe.
“Mi disse che dovevo perdere qualcosa di altrettanto importante e visto che non ero sposato… ”
Inorridii: “E nonostante tutto abitate insieme?”
“Oh, non ci portiamo alcun rancore. Questa è la prova che la mia scoperta funziona.”
“Si spieghi.”
“In questa casa ho allestito un piccolo laboratorio personale con l’aiuto di Benjamin. Lì c’è un macchinario programmato per colpire con il laser la Scissione di Verter e cancellare i rancori. Anche il dottor Ross vi si è sottoposto. Immagino sia già andato a parlargli e le avrà raccontato il nostro piccolo diverbio.”
Annuii: “Va bene professore, mi dica tutto ed io pubblicherò l’articolo.”
Passai la giornata a prendere appunti, quindi feci ritorno a New York, dove scrissi forse il miglior articolo di tutta la mia carriera, nonché l’ultimo.
Una volta pubblicatolo si innescò una paurosa reazione a catena, che spaccò a metà l’opinione pubblica. Da una parte c’erano coloro che volevano credere alla scoperta del professore e dall’altra quelli per i quali si trattava di una montatura. Il professor Verter venne invitato a tutti i più importanti Talk Show nazionali e internazionali e la notizia fece il giro del mondo. Gli spettatori inorridirono al sentir raccontare di come avesse perso le gambe e dell’aggressione a Ross e lo scandalo scoppiò violento. Molti furono quelli che vollero provare la macchina, credendo di perdere per sempre i loro rancori.
Seguì un’escalation di violenza su scala mondiale. Il mio articolo, infatti, non parlava di possibili effetti collaterali. Sono un giornalista ed il mio lavoro è quello di riportare una scoperta nei dettagli e dare prove della sua validità. Era quello che avevo fatto. Non era certo compito mio indicare gli aspetti negativi della terapia, anche perché non immaginavo che ve ne fossero. Se avessi fatto più domande, avrei scoperto che Hans Verter aveva ucciso la cognata, dopo che il fratello gli aveva rotto un vaso a cui teneva molto e che aveva aggredito Ross in seguito alla perdita delle gambe. Il macchinario, infatti, riusciva ad individuare i rancori delle singole persone, ma invece che rimuoverli li indirizzava su altre persone, senza che il soggetto provasse il minimo senso di colpa. Quando me ne resi conto, era troppo tardi… anche per me.
Nonostante tutto questa storia mi è valsa il più importante riconoscimento giornalistico. Peccato, che poi abbia lasciato che altri si accaparrassero gli scoop più importanti. Non mi importava. Ero seccato solo perché Hans Verter non mi aveva detto tutto.
Ora sono in prigione a scontare l’omicidio di Benjamin Verter.


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