Exodus
Inserito Mercoledì 07 gennaio 2004
|
|
un racconto di Claudio Tanari
In uno dei frammenti a lui
attribuiti, Alessandro Poliistore descrive la comparsa nel Golfo Persico di «un
animale dotato di ragione, che fu chiamato Qoannes». Questa creatura aveva una
coda di pesce o di serpente ma anche piedi simili a quelli degli esseri umani, e
parlava con voce umana. Insegnò agli uomini la scrittura e le scienze, ogni
sorta di arte, e anche a costruire case e templi. “In breve, egli li istruì in
tutto ciò che poteva civilizzarli”. Qoannes era solito trascorrere la notte in
mare, o nelle acque dei fiumi, perché era anfibio. Dopo di lui, giunsero altre
creature della sua razza.
Gristle M. e Dieterle G., 1999: "Qoannes:
un dieu du Golphe Persiques", Journal de la Societé des Orientalistes”,
20:273-294
Un antico cronista, Abideno,
discepolo di Aristotele, parla dei re dei Sumeri e menziona “(…) un altro
semidemone, molto simile al mitico Qoannes, che giunse una seconda volta dal
cielo”. Egli menziona anche “ (…) quattro personaggi che gettavano duplice
ombra”, con ciò intendendo presumibilmente metà uomini e metà pesci, “che
giunsero dal mare”. Secondo Abideno, tale semidio avrebbe inseminato la terra
facendone nascere la stirpe degli uomini.
Francisco de
Montellano B.R., 2000 "The Gods Revisited", Skeptical Inquirer, v.20, n.6, p.45
Apollodoro d'Altene scrive che
all'epoca di re Amennon il Caldeo «(…) apparve il Musarus Qoannes, uscendo dalle
acque del Golfo Persico», e in seguito “altri quattro si spinsero sulla terra
verso i quattro punti cardinali, dopo essere giunti dalle stelle ed erano metà
uomo e metà serpente”. E durante il regno di re Euedoresco comparve un altro
uomo-serpente di nome Quenna nel continente chiamato Africa. Lì egli lasciò la
sua prole che prosperò e si diffuse in attesa di ricongiungersi a Lui.
Johannes Van
Der Siegler “Ancient and Modern”, New Brunswick: Transaction Books, 1991
L’aereo di linea sorvolava perdendo
quota la periferia di Mabako; il comandante aveva appena finito di annunciare
che nell’antica lingua del paese Mabba Ko significava “fiume del coccodrillo”…
Osservai la lenta curva del fiume Umtana che lambiva una città fatta di
abitazioni basse, abbacinate dal sole di mezzogiorno. Solo due giorni prima il
Direttore del Dipartimento di Antropologia dell’Università di Siena mi aveva
convocato per affidarmi una missione piuttosto fuori dell’ordinario: avrei
dovuto recuperare le carte di Grazia Chiarini.
Laurea a pieni
voti all’Università La Sapienza di Roma, master in Linguistica all’UCLA di Los
Angeles, dottorato presso l’Australian National University di Canberra,
ricercatrice al Laboratory of Comparative Human Cognition all’Università di San
Diego, titolare della cattedra di Antropologia all’Università di Siena… Me la
ricordavo, jeans e polo scolorita lungo i corridoi della facoltà, sempre in
procinto di partire per uno dei suoi viaggi di ricerca.
L’ultimo fu
proprio in Malange, dieci anni prima, mentre infuriava la guerriglia delle
truppe del generale Sangane, a pochi chilometri dalla falesia di Bangara.
Testarda Grazia! L’avevamo sconsigliata di imbarcarsi in quell’impresa, ma non
aveva voluto sentire ragioni: aveva l’impressione che i suoi colloqui con Ogo,
anziano dei Croneg, stessero volgendo al termine, il vecchio cacciatore sembrava
stanco di parlare e sempre più vecchio. Ma, qualche mese più tardi, Grazia smise
di inviare sue notizie, per sempre: sparita, letteralmente dissolta proprio
durante una delle più cruente offensive di Sangane. Gli stessi Croneg sembrarono
spazzati via in una di quelle periodiche mattanze tribali della storia del
continente nero. Naturalmente fu aperta un’inchiesta da parte della magistratura
italiana, cui la polizia locale collaborò peraltro attivamente: per qualche
tempo i quotidiani e le tv italiani parlarono del “caso Chiarini” con dovizia di
particolari. Poi, a poco a poco, la notizia perse le prime pagine, l’inchiesta
venne archiviata in seguito a una dichiarazione di morte presunta. Ricordavo la
cerimonia di commemorazione di Grazia, un po’ surreale, alla presenza delle
cariche istituzionali e accademiche e del personale della facoltà: il ritratto
fotografico in bianco e nero della Chiarini, proiettata sulla parete di fondo
dell’aula magna, dietro il banco degli oratori, sorrideva enigmatico.
Mabako mi
accolse con una squillante cacofonia di musica e motociclette; davanti alla
spianata del Grand Marché le bancarelle all'aperto lungo i marciapiedi
esponevano ogni sorta di mercanzia, dai tessuti indaco agli oggetti d'oro alle
cassette di musica africana. C'era pure il tipico venditore di medicine
tradizionali con i suoi aghi di porcospino, uccelli mummificati e teste di
scimmia. Presi per il Musée National, nelle viuzze adiacenti all’edificio
ispirato alle antiche strutture in mattoni di fango altri venditori offrivano
illegalmente, per pochi spiccioli, le antiche figurine di terracotta di Djemba.
Il giorno seguente venni accompagnato
da un autista locale proprio a Djemba, lungo la valle dell’Umtana, per poi
proseguire verso Muptì: anche qui, nella piazza del mercato vociare altissimo,
turbanti, contrattazioni concitate… Dopo una breve sosta Dolò, l’autista, puntò
decisamente verso la falesia di Bangara per Sangha, dove ci aspettavano i
documenti di Grazia. Il capo della polizia mi fece accomodare nella sua stanza:
lì il caldo era appena mitigato da un ventilatore a soffitto la cui corrente
d’aria faceva frusciare l’incartamento, tenuto precariamente assieme da un
cordino grigio.
Sbrigate le formalità di rito (il
signor Balani, capo della polizia, non aveva mai smesso, durante il nostro
colloquio, un’espressione grave di rammarico per la misteriosa sorte della
“dottoressa Chiarini”) e congedato Dolò, trovai alloggio presso l’unica taverna
del villaggio. Qui la febbrile attività di Mabako appariva remota, il silenzio
del pomeriggio afoso che penetrava nella stanza dalle fessure delle imposte mi
fece cadere in un pesante torpore: fui svegliato qualche ora dopo dalle voci
della gente che usciva dalle case a godersi la brezza serale e dalle grida dei
giochi dei bambini.
Pensai che fosse il caso di dare
un’occhiata all’incartamento di Grazia: la mia attenzione fu attirata da un
quadernetto dalla copertina nera, zeppo di disegni e appunti della ricercatrice.
27 maggio, villaggio di Numma
Ogo piuttosto stanco e
invecchiato. Gli occhi bendati, pare si sia ferito in un incidente di caccia. Ci
siamo seduti di fronte alla Casa della parola a bere del djinganè. Mi ha parlato
della difficile situazione dei Croneg: la guerriglia di Sangan e le mine hanno
ucciso venti membri della tribù negli ultimi sei mesi. L’epidemia di Sirti e il
pessimo raccolto dello scorso anno provocato dalla siccità hanno allarmato gli
anziani. La settimana scorsa la danza Tonomare ha evocato gli Otto fratelli che
hanno promesso di aiutarli. Ogo ha sorriso notando il mio scetticismo e,
insieme, la mia evidente preoccupazione: mi ha detto, quasi consolandomi, che
tutti gli anni trascorsi fra loro non mi hanno insegnato niente.
29 maggio, villaggio di Numma
Nella notte spari e colpi di
artiglieria. Non so quanto vicini. I Croneg non hanno comunque interrotto il
canto sirige: “Vieni, Serpente Guinn, portaci con te su Bo dolo…”. Tutto il
villaggio, compresi donne e bambini, partecipano al rituale, gli occhi rivolti
verso Sirio. E’ impressionante.
Mi ero informato sulla cultura Croneg
prima della partenza: due antropologi, Margot Debray e Jean Leduc li avevano
studiati dal 1998 al 2003, e avevano descritto una cerimonia associata con la
stella Sirio, che si tiene ogni 60 anni. Dai loro studi risultava che i Croneg,
che si credono discendenti di strani esseri venuti dal cielo, metà uomini metà
serpenti, hanno nozioni straordinariamente precise sul sistema di Sirio, che non
è possibile ottenere se non con strumenti tecnologicamente avanzati. In
particolare conoscerebbero l'esistenza di una stella compagna (Sirio B), che
ruota attorno a Sirio con un periodo di 50 anni, composta di materia
incredibilmente pesante e che i Croneg chiamano “Bo dolo”. Sirio B è visibile
solo con un telescopio di discrete dimensioni, e la sua massa e' stata
determinata con tutto l'armamentario teorico dell'astronomia dell'inizio del XX
secolo. Debray e Leduc non facevano nessuna ipotesi su come i Croneg siano
venuti in possesso di tali conoscenze.
All’interno della valigia che
raccoglieva i documenti della Chiarini c’erano anche un paio di minidischi. Si
trattava delle registrazioni di tutti gli incontri che Grazia aveva avuto con
Ogo. Ne inserii uno nel lettore:
- Dio vi porti! Dio vi porti!
- Salve! Come va il tuo corpo?
(La voce parlava la più pura lingua
dei Croneg; si avvicinava lentamente. Fruscii di mani sfregate sui muri e sul
legno degli stipiti. Un bastone tastava le pareti un suonare vuoto di vasellame,
passi strascicati)
- Salute a coloro che hanno sete!
- Salute! Salute di sole, Ogo!
- Su che cosa stavi tirando,
quando il fucile ti é scoppiato in faccia?
- " Su un porcospino. Ma non fu un
incidente, era l'ultimo avvertimento: un ramo cadde sulla mina che mi esplose
vicino. La divinazione mi aveva detto che dovevo smettere di cacciare, se volevo
conservare i miei figli. La caccia, che è un lavoro di morte, attira la morte.
Ho avuto ventuno figli. Me ne restano cinque, a causa di Sangan. Gli Altri non
sognano che il disordine e la morte… Nulla in essi è fisso.
- Sangan è vicino: che farete?
Lascerete il villaggio?
- Quando un bambino viene al
mondo, la madre regge il suo fuso per ricordare che il granaio venuto dall’alto
era attaccato a un fuso confitto nella volta del cielo. Il filo che essa svolge
è quello che si è dipanato durante la discesa e la freccia che essa porta in
mano è quella che il Fabbro brandiva per difendersi nella sua traversata delle
stelle.
La mattina seguente, Dolò mi portò al
villaggio di Numma. La desolazione regnava su tutta la zona: benché la guerra
civile fosse finita ormai da due anni, il territorio che la land rover stava
attraversando ne portava ancora addosso le tracce. L’area desertica appariva
calcinata dal fuoco delle esplosioni, qua e là scheletri di capanne carbonizzati
e carcasse di mezzi militari.
-
Che fine hanno fatto, i Croneg? chiesi all’autista.
-
Non più qui, quando Sangan è arrivato -, rispose con uno strano sorriso
Dolò.
-
Vuol dire che si sono spostati in un’altra regione? Più a monte, verso
Douma?
-
Forse, verso Douma…- continuò a sorridere enigmatico.
Del villaggio, dalla bassa altura che
lo sovrastava, era ancora visibile la tipica pianta antropomorfa, in onore degli
antenati venuti dal cielo: la “testa” corrispondeva ai muretti ormai in rovina
della Casa della Parola. Entrammo da sud, dalla parte dei “piedi” e della
“coda”: un torchio ovale, più avanti, rappresentava il sesso femminile.
-
La pietra maschile è là, fuori dal villaggio, per rispetto alle donne -
fece Dolò indicandomi un altare fallico che si stagliava a qualche centinaio di
metri di distanza.
Ci sedemmo presso la Casa della
Parola, accanto al luogo cerimoniale della danza Tonomare, un recinto,
sbrecciato in più parti, in terra cruda, dagli angoli curvi, levigati dalle mani
che vi avevano lasciato il segno.
Il deserto aveva catturato
stabilmente la savana trasformandola in una distesa arida dove i campi di miglio
sembravano un triste insieme di poche e stentate piantine. A qualche chilometro
ad est la stessa pianura sembrava spezzarsi, dando vita a una spettacolare
falesia, lunga oltre cento chilometri e alta fino a trecento metri.
-
Portami alla falesia di Bangara, qui non c’è più niente da vedere – dissi
a Dolò.
Durante il percorso, ripresi a
sfogliare gli appunti di Chiara.
6 giugno, una zona a est, lungo la
falesia di Bangara.
; Ogo ha insistito per portarmi con
loro. Le mie lacrime dell’altra sera lo hanno colpito. Non sopporterei di
assistere alla fine vicina dei Croneg, che, incredibilmente, hanno rifiutato
qualsiasi aiuto governativo. Siamo in quattrocento circa, con pochi viveri e una
riserva limitata di acqua. Mi era sembrato di essere riuscita a convincerli a
spostarsi in una zona più sicura, lontano dalla guerra. In realtà Ogo e i suoi erano già intenzionati a raggiungere la falesia, per loro un luogo sacro. Le
rocce qui sono coperte da splendidi graffiti: Ogo dice che si tratta della
lingua degli antenati venuti dal cielo. Questo che ho copiato è il simbolo per
“nazione” o “casa” o “terra dei padri”. Sembra una rappresentazione del sistema
di Sirio.
7 giugno
A quasi ventiquattro ore dal
nostro arrivo in questa zona desertica, i Croneg continuano ad invocare Quinn.
Siamo stremati. Stanotte il cielo ha mostrato bagliori e scie luminescenti di
incredibile intensità: probabilmente la guerra che ci insegue, anche in questo
luogo sperduto. I Croneg, naturalmente, hanno attribuito i fenomeni
all’imminente arrivo dell’Uomo-Serpente. Non riesco più a comunicare con la
capitale. Durante l’ultimo contato ho segnalato la nostra posizione. Ogo mi ha
mostrato quello che ha chiamato il “corpo di Quinn”. Stasera canterò con loro il
sirige: che altro ci resta da fare?
Era l’ultima pagina del quaderno di
Chiara. Davanti a noi la falesia mostrava la sua ferita aperta color ocra.
-
Dottor Manservisi, venga qui…
Ogni traccia era stata cancellata dal
vento, ma a non molta distanza da quello che doveva essere stato l’ultimo
bivacco dei Croneg, otto depressioni profonde circa un metro e larghe due
disegnavano un ellisse regolare al cui interno il terreno conservava un’impronta
carbonizzata. Il recinto rituale, in origine evidentemente circondato da una
possente palizzata, misurava sull’asse maggiore circa cinquanta passi.
-
L’ultimo fuoco dei Croneg…
-
Forse, Dottore… – rispose col suo solito, insopportabile, sorriso Dolò –
… però più in là ce ne sono altri…
A passo spedito avanzammo nel
crepuscolo che stava scendendo ad addolcire una delle solite giornate afose del
Malange meridionale. In effetti a cento metri dal primo recinto era visibile,
parzialmente sepolto da una duna di sabbia erratica, un secondo cerchio rituale.
-
Sono dieci, tutti uguali… - ridacchiò Dolò – Guardi.
Solo ora l’autista tirò fuori dalla
giacca una foto aerea della zona risalente a qualche settimana prima, scattata
in occasione del ritrovamento del materiale di Grazia.
Su una zona di circa un chilometro
quadrato le sagome oblunghe, perfettamente allineate, disegnavano una figura
dalla geometria regolare…
-
Beh, è chiaro che i Croneg e la Dottoressa Chiarini rimasero in zona per
molto più di sole ventiquattro – quarantotto ore.
-
Senza viveri? Senza acqua? E poi? Dove sono andati? - domandò
sarcasticamente Dolò.
Già, erano letteralmente scomparsi
nel nulla... Nessun superstite, nessun resto umano nel raggio di centinaia di
chilometri. Sangan o chi per lui doveva averli deportati e massacrati lontano da
lì, sepolti in fosse comuni non ancora scoperte, non era la prima volta che
accadeva nella storia delle pulizie etniche del Malange, e non sarebbe stata
certo l’ultima.
-
Tu che dici, Dolò? Ci avrà pensato il Serpente Quinn?
L’autista sembrò urtato dalla mia
battuta.
-
Vada a parlare con gli assistenti di volo di Bouase – replicò secco.
L’aeroporto di Bouase, una sola pista
in asfalto per voli interni, era dominata da una bassa torre di controllo in
cemento armato. Il capitano Gunasé mi parlò della notte tra il 7 e l’8 giugno
del 2003 nascondendo a stento un’ilarità per me incomprensibile.
-
Dottor Manservisi, ne hanno parlato per un po’ i giornali locali. Per me
un caso di ebbrezza del pilota, che tra l’altro è stato in seguito licenziato
dalla compagnia per cui lavorava. Era un aereo da carico in arrivo da Mabako… a
cento miglia da Bouase… ma venga: le faccio leggere la trascrizione della
comunicazione… Che idiota: uno scherzo che ha pagato caro.
Cielo di Bouase, 07.06.2003
D = controllore; 138 = areomobile VS
8513

Ore 11:31
(138) 56457 rotta di riserva 63 scalo
con sistema automatico senza problemi di combustibile
(D) Scalo predisposto Ore 19:36…
(138) …aereo a sinistra, o più basso
di noi o più alto... non è chiaro…
(D) 138, non c'è nulla nella zona
oltre a Voi.
(138) Non ho capito.
(D) 138 nella mia zona, nella mia
zona non c'è nulla oltre a Voi.
(138): Voi non notate, alla nostra
sinistra, due oggetti?
(D): A sinistra, a quale altezza?
(138): Alla nostra altezza 50-60 km,
proprio al traverso.
(D): 138, non ci sono traiettorie
convergenti, vedete niente a sinistra? 138, che cosa vedete?
(138): C'era un oggetto ed un secondo
gli è apparso a fianco, adesso si muovono assieme a noi a circa 80 km. Sì,
vediamo, vediamo scintille, ma non è visibile al localizzatore. Ci sono
scintille di luce, con un periodo di 10 secondi…
(D) Ricevuto
(138) … un qualche oggetto estraneo
luccicante
(D) Ricevuto.
(138) Ecco, vedo le sue scintille.
(D) Non ho capito 138.
(138) Dico che lo vedo!
(D) Ricevuto, ricevuto!
(D): Qual è la forma?
(138): Entrambi allungati come
dirigibili
(D): Si trovano al traverso rispetto
a voi?
(138): Sì, proprio al traverso, ma
adesso si sono allontanati improvvisamente, a 80-90 km. Vedo due macchie sullo
sfondo delle nubi.
(D): In quale direzione?
(138): 45 km da Bouase, 30 gradi
all'indietro.
Ore 11:44
(D): 138, raccontaci di questi
oggetti.
(138): Ecco, ci sono a fianco e sono
immobili. Noi siamo a 8 km da loro, pensiamo.
(D): Si muovono?
(138): Erano a 40, adesso a 100 km
sul fianco sinistro a destra. Bouase, 138 chiede 11.100 metri di altezza.
(D): 138 autorizzato a 11.100 e
fateci sapere di questi oggetti.
(138): 138 a quota 11.100.
(D): 138, distanza 200 km, azimut
270.
(138): 138, distanza 100.
(D): (incomprensibile).
(138): Bouase, voi li vedete sul
localizzatore?
(D): No, non osserviamo nulla.
(138): Ecco che adesso hanno virato e
vanno affiancati.
(D): 397, distanza 200, azimut 277, a
10.000 commutate su 120.4.
138 li osservate ancora?
(138): Eccoli a sinistra, indietro,
l'intervallo fra noi e loro è in aumento, si sono allontanati da noi molto
velocemente. Prima ci erano vicini e poi si sono distanziati da noi.
(D): 138, in quale direzione vanno?
(138): Adesso a sinistra e indietro
rispetto a me.
(D): Tutto funziona bene da voi?
(138): Tutto funziona normalmente.
(D): (incomprensibile).
|