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Una strana storia

Inserito Lunedì 28 novembre 2005

Narrativa CHE PARLA DI STRADE IMPOLVERATE, ARDITI PILOTI E VIAGGIATORI DEL TEMPO.
un racconto di Simone Conti

Oggi/linea temporale alterata.

   Il capanno, nascosto tra la fitta boscaglia, alla fine sarebbe crollato. Per troppo tempo aveva subito stoicamente l’opera corrosiva degli agenti atmosferici, e adesso, dopo quasi sessant’anni di onorata presenza, quella fatiscente struttura di lamiera ondulata era prossima al collasso. All’interno c’era una vecchia automobile, ricoperta da polvere e ragnatele. La carrozzeria, in passato lucente corazza capace di trattenere l’irruenza di un motore otto cilindri da 2300 cavalli, si era tramutata in confortevole rifugio per una nutrita comunità di gatti randagi. Tutto attorno, vecchie fotografie di corse automobilistiche penzolavano da pareti bucherellate mentre, sul pavimento, bombole di acetilene e latte di benzina giacevano in una polverosa inutilità.

   All’improvviso la porta ruggì sopra a vecchi cardini erosi dalla ruggine e un fascio di luce violentò il sacro oblio di quel luogo depositario di vetusti ricordi.

   – Seguimi senza fare rumore! – dichiarò con enfasi il vecchio Tonino, incrociando lo sguardo disinteressato del nipote. – Dopo aver mangiato polvere sulle strade di tutta Italia il proiettile sta riposando. Guardalo, diavolo boia! Nonostante il fato lo abbia sconfitto è ancora bellissimo, eh?

   Francesco, vent’anni e una fitta chioma di capelli biondi, si sfregò gli occhi. La polvere oleosa che aleggiava lì dentro rendeva l’aria pressoché irrespirabile e il puzzo di olio marcio, che sembrava impregnare ogni cosa, gli si attaccava in gola impedendogli di deglutire.

   – E’ soltanto una carcassa ricoperta di ruggine  – protestò il ragazzo, coprendosi la bocca con un fazzoletto. – Questo catorcio andrebbe portato subito alla discarica pubblica. Lo sai che il partito vieta la proprietà privata ai cittadini non produttivi: se gli squadristi del Fascio Littorio scoprono che possediamo addirittura una macchina da corsa, ci riempiranno di botte!

   Il vecchio Tonino si fece scuro in volto. – Stai scherzando? Questa è l’auto sulla quale morì il grande Tazio Nuvolari. Un “catorcio” che racchiude un segreto inimmaginabile… e poi sai cosa ti dico? Che Dio stramaledica gli squadristi!

   Francesco guardò con sufficienza l’automobile, o ciò che ne restava. Era un’Alfa Romeo 8c 2003 Spider Zagato. Il muso, semi-distrutto, testimoniava la fine ingloriosa di quel bolide da corsa. Nonostante questo, però, l’auto era un vero pezzo d’antiquariato; come non se ne vedevano più.

  Con la mano accarezzò la scocca dell’auto - un tempo di un rosso brillante - dalla cui vernice scrostata emergeva una logora effige raffigurante un cavallino rampante su scudo giallo. Poi abbassò lo sguardo sui pneumatici distrutti. – Da quanto tempo la tieni nascosta qui dentro?

   Il nonno gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla.  – La storia che ti dicevo riguarda appunto il tempo – gli disse, nel tentativo di solleticare la sua curiosità. - Che dici, ti va di ascoltarla?

   Gli occhi del ragazzo esplorarono sommariamente le curve sinuose della macchina non trovandovi nulla di interessante. Francesco era nato e cresciuto in tempi diversi, dove le auto si muovevano su cuscini magnetici a velocità esorbitanti. Non lo affascinavano di certo vecchie carriole emerse dalla notte dei tempi. Inoltre la compagnia del nonno - e in modo particolare il dover sorbirsi quei suoi noiosi racconti incentrati sulla memoria - finivano per annoiarlo di brutto. In ogni caso, il vecchio sembrava ansioso di raccontare la sua storia e Francesco, deciso ad assecondarlo, sospirando disse: – D’accordo, sentiamo.

   Si sedettero a terra, a pochi metri dall’auto. Il nonno si tolse il cappello a tesa larga, trasse dal panciotto l’inseparabile pipa e dopo avervi armeggiato per alcuni istanti l’accese. Quindi, cercando di controllare l’emozione, iniziò a ricordare che…

1933/linea temporale esatta.

   La strada, un serpentone di polvere e pietrisco nascosto tra i canneti di una palude malsana, era invasa di gente: uomini arrivati dai campi e dalle stalle, donne avvolte in stracci logori e bambini impegnati a rincorrere cani randagi e galline impaurite. Erano tutti lì ad aspettare il passaggio della corsa, perché in quel caldo pomeriggio estivo una variopinta carovana di bolidi urlanti avrebbe interrotto la quiete di un gruppetto di case coloniche sperdute nella bassa padana. Girava voce che il leggendario Tazio Nuvolari, saldamente al comando della "Mille Miglia", si era concesso il lusso di fermarsi in un’osteria - situata a qualche chilometro di distanza - per bersi un quartino di vino alla faccia degli avversari. Leggende, dicevano in molti. Ma Nuvolari era davvero il più forte e nessun altro pilota era in grado di infilare il muso della propria auto davanti al proiettile rosso fiammante dell’esile mantovano; almeno di questo era convinto il piccolo Tonino che, in quel pomeriggio, si trovava sul ciglio della strada aspettando di vederli.

   – Vuoi stare fermo? – gli ordinò Papà, strattonandolo per un braccio. – Se non ti dai una calmata, ti riporto subito a casa!

   Papà era un tipo risoluto, abituato a sgobbare nei campi: non ne capiva niente di auto da corsa e piloti leggendari. Il piccolo Tonino, invece, sbavava nell’attesa di ammirare gli assi del volante. Quante notti insonni, trascorse a sognare le loro gesta magistralmente dipinte da Vittorio Pisani sulle pagine della Tribuna Illustrata.

   – Ma ci pensi ? –  gli disse Tonino, passandosi la mano sul volto ricoperto di polvere e sporcizia. – Il Nuvolari passerà di qui! Porca vacca, non vedo l’ora!

   Suo padre, nel vedere la gioia dipinta sul viso del figlio, si era commosso. Non voleva ammetterlo, ma i suoi occhi umidi lo tradivano. Poter trascorrere con il piccolo Tonino un breve momento felice, lontano dalla fatica di una vita semplice trascorsa a zappare la terra, gli riempiva il cuore di gioia.

   – Eccolo! Eccolo! – strillò all’improvviso il bambino, avvertendo quel rombo lontano che si stava avvicinando.

  

Tazio Nuvolari affrontò la curva con la consueta sicurezza; dopotutto poteva permetterselo. A quel punto della  corsa, Piero Taruffi - il solo avversario ancora in grado di impensierirlo - lamentava un distacco in classifica generale di oltre quindici minuti, mentre l’asso tedesco Von Hanstein, alla guida di una potente BMW 328 berlinetta, aveva compromesso la sua corsa centrando in pieno un grosso maiale sbucato da una macchia di arbusti. E così, salvo miracoli, Nuvolari si apprestava a condurre in porto l’ennesimo trionfo di una gloriosa carriera.

   Il bolide rosso fiammante rispose fedelmente al tocco magistrale del grande pilota. La nube di polvere, sollevata al suo passaggio, si alzò nel cielo per poi disperdersi nel vento. Nuvolari pigiò a fondo il pedale del gas, scatenando tutta la potenza che la sua Alfa Romeo Zagato c83 era capace di erogare. Uscita da una curva, rasentando pericolosamente una fila di pioppi, l’auto si ritrovò in prossimità delle prime case del paese. A quel punto il volto di Nuvolari, celato dietro a un fazzoletto rosso e a smisurati occhialoni antivento, si contorse in un sorriso. Nello stesso tempo, il campione spinse il suo bolide al limite: quella gente laggiù, riunita sul ciglio della strada, meritava un gran bello spettacolo.

   Il cuore di Tonino iniziò a battere all’impazzata. L’emozione era tanta e la sua manina strinse ancor di più quella di Papà, mentre la gente inneggiava in direzione della nube di polvere che si alzava all’orizzonte. Urla d’incitamento si levarono da ogni parte. Tonino si passò la mano sul volto, nel vano tentativo di arrestare il rivolo di sudore che gli scendeva dalla fronte, mentre il rombo dell’auto, sempre più vicina, riempì l’aria torrida di quel pomeriggio di inizio estate.

   Tutto accadde all’improvviso…

   Una luce brillante si materializzò al centro della carreggiata e una nube di vapore avvolse ogni cosa. Quando si diradò, Tonino scorse la figura di un uomo in camice bianco riverso sulla strada. Nessuno dei presenti si accorse di niente. Ma il ragazzino, sgranando gli occhi, lasciò la mano rassicurante di Papà precipitandosi in soccorso dell’uomo sbucato dal nulla.

   A quel punto il panico si diffuse tra gli astanti, che si misero ad urlare in direzione di Tonino. Il padre si gettò in mezzo alla strada nel tentativo di salvare il suo unico figlio, ma non ne fu capace. Nuvolari si accorse all’ultimo dell’ostacolo e, nel tentativo di evitare il bambino, perse il controllo del bolide che, come impazzito, uscì di strada schiantandosi contro un pioppo. Il padre di Tonino rimase sdraiato a terra, strillando di dolore, mentre la gente intorno a lui non si capacitava di quello che era appena accaduto: senza una ragione apparente il ragazzino era scomparso nel nulla …

 1933/linea temporale alterata.

   Tonino riprese conoscenza in luogo a lui del tutto estraneo. La testa gli doleva e anche il braccio destro gli faceva male. Cercò di muoverlo, ma il dolore era insopportabile. Qualcuno, sopra di lui, gli posò delicatamente uno straccio umido sulla fronte. – Calmati, ragazzo – risuonò una voce delicata. – Che tu sia vivo è già un miracolo!

   Tonino cercò con lo sguardo la fonte di quella voce, ma la vista gli tremolava e la testa, ricoperta di lividi e graffi, gli pulsava provocandogli fitte lancinanti. Quel posto non era casa sua e nemmeno l’ospedale. Mamma e Papà non c’erano e intorno a lui non vedeva dottori intenti a visitarlo né suore gentili pronte a dispensare sorrisi e caramelle.

   – Dove sono? – sussurrò.

   – Al sicuro… – rispose la voce.

   – Mamma dov’è?

   – Molto presto la riabbraccerai.

   – Che posto è questo? – chiese nuovamente.

   Di colpo, si materializzò il volto gentile di un uomo in camice bianco. – E’ una casa sicura, un luogo di sosta: ne possiedo una in ogni epoca che attraverso. Ma adesso devi ascoltarmi attentamente perché non abbiamo molto tempo: la mia presenza sulla cronolinea è molto instabile.

   Tonino non capì una sola parola pronunciata da quello strano tipo.

   – Ancora non riesco a spiegarmi come è potuto accadere! – sibilò l’uomo, passandosi una mano tra i folti capelli neri. – Non era mai successo che risucchiassi qualcuno sulla cronolinea!

   Il ragazzo alzò leggermente il capo, quel tanto che il fitto dolore gli permetteva, e vide l’uomo in camice bianco che, immerso nei suoi astrusi pensieri, si era messo a passeggiare nervosamente per la stanza.

   – Sei un dottore? – chiese Tonino.

   – Ancora non riesci a capire la gravità di quello che è accaduto, vero? – gli rispose l’uomo. Di rimando, Tonino mosse leggermente il viso da una parte e dall’altra, mentre l’uomo in camice bianco riprese a parlare. –  Il tuo gesto - del tutto  imprevisto - ha mutato il naturale continuum del tempo. Non era previsto che mi scorgessi e che fossi risucchiato sulla cronolinea. Ora, a causa di questo dannato incidente, le sequenze degli eventi futuri sono cambiate!

   Incrociando il viso scavato dell’uomo in camice bianco, Tonino sussurrò: – Ricordo di averti visto comparire dal nulla, avvolto in una nuvola di vapore. Ti sono corso in aiuto perché stavi per finire davvero male! Papà sarà fiero di me… finalmente gli ho fatto vedere quanto sono coraggioso!

   L’uomo in camice bianco si riavvicinò al letto. – Mi dispiace deluderti, ma Papà non saprà mai quello che hai fatto. In questa realtà modificata i ricordi della precedente realtà vissuta sono stati cancellati, anche se sarebbe più corretto dire che, allo stato attuale degli eventi, non sono mai esistiti!

   – Ma di che parli? – replicò Tonino.

   – In questo momento gli eventi stanno seguendo una linea tempo-logica del tutto differente, dando vita a una realtà modificata! – gli spiegò l’uomo. – Una realtà alternativa dove niente è come lo ricordi!

   – Non ci capisco niente in quello che dici! – rispose Tonino, esausto.

   L’uomo in camice bianco si fermò un istante a riflettere sull’inutilità di spiegare al ragazzino i dettagli dello squilibrio che si era venuto a creare durante un viaggio nel tempo reso possibile grazie al ribaltamento degli elettroni di valenza - che stanno alla base della fisica quantistica - mediante radiofrequenze polarizzate, e il conseguente sfruttamento di generatori di energia di scambio. Quindi, cercò di trovare parole semplici e dirette.  –  Nel momento in cui sei stato risucchiato sulla cronolinea, un evento previsto all’origine di una logica tempo-sequenziale, ( L’auto sarebbe dovuta transitare senza problemi) è diventato evento imprevisto. La discrepanza, nella fattispecie il tuo gesto ( evento imprevisto) che ha causato la morte di un pilota leggendario sottraendolo anzitempo dalla realtà, ha innescato una radicale e istantanea mutazione dello spazio-tempo, creando una sequenza alterata di eventi! Non so dirti in quale modo si evolverà lo squilibrio temporale, ma stai pur certo che, quando uscirai dalla Cambusa, rientrando nella tua normale esistenza tridimensionale, ti ritroverai a vivere in un mondo a te estraneo; un mondo la cui storia non ti appartiene!

   Il fallimento, nel cercare di elaborare una spiegazione fruibile per la giovane mente del ragazzino, era palese. Tonino, infatti, strabuzzò gli occhi e disse. – Mi dispiace, ma continuo a non capirci niente. Io voglio tornare da Mamma e Papà. Sono sicuro che saranno in pensiero!

   A quel punto l’uomo in camice bianco si fece serio in volto. – Mi dispiace, ragazzo mio, ma c’è solo una cosa che ti resta da fare…

Oggi/linea temporale alterata.

    Nonno Tonino fece una pausa e Francesco scosse il capo. – Non vorrai credere che io abbocchi a questa storia, vero? – disse con un tono di voce poco rispettoso. – Certe volte penso che dovresti trovarti una nuova compagna, perché la solitudine ti sta facendo un gran brutto effetto!

   Il vecchio armeggiò per qualche secondo con la pipa, prima di ripulirla e infilarsela nuovamente sotto la giacca. – Mia moglie è stata la sola compagna di una vita tribolata e il mio cuore ha smesso da tempo di battere per amore. Tuttavia, lasciando da parte il ricordo di tua nonna, vorrei che ascoltassi la fine di questa storia. 

   A quel punto, il vecchio Tonino gli raccontò quello che accadde in seguito all’incidente. Gli disse dell'uomo in camice bianco che lo accompagnò in quel campo di erba medica, accanto ai resti fumanti del bolide di Nuvolari, e di come, in seguito, scomparve davanti ai suoi occhi, avvolto da una nube di vapore. Gli raccontò di come fu ritrovato da un bracciante e condotto a casa da Mamma e Papà ( solo che i genitori non erano più dei poveri contadini, ma ricchi proprietari terrieri). Tonino era confuso, incredulo. Il mondo attorno a lui non sembrava più lo stesso. Tonino non volle mai rivelare il mistero della sua scomparsa e del perché si era gettato in mezzo alla strada. Affermò semplicemente che non ricordava ciò che gli era capitato. Nei giorni a seguire vennero a trovarlo amici che lui non aveva mai conosciuto e parenti di cui ignorava l’esistenza. Il suo paese era cambiato… il mondo era cambiato, proprio come gli aveva detto l’uomo in camice bianco. In breve il ragazzino cadde preda di un delirio psicotico e quando, ormai disperato, se ne uscì con la storia del viaggiatore del tempo, quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. I genitori lo portarono da diversi medici e infine, rassegnati all’evidenza, lo spedirono in un sanatorio mentale, dove vi rimase per ben cinque anni. Tornato a casa Tonino scoprì, con grande gioia, che Papà aveva acquistato l’auto sulla quale era morto Nuvolari, richiudendola in un vecchio capanno in aperta campagna. Il padre aveva pensato che,  possedere il bolide del suo grande eroe scomparso,  avrebbe aiutato il figlio a riacquistare la gioia di vivere. L’auto rimase in quel capanno per ben settant’anni durante i quali Tonino non trascorse giorno nel tentativo di aggiustarla così da poter udire, almeno per un’ultima volta, il suo ruggito metallico. Non accettò l’aiuto di nessuno. Voleva farcela da solo, ma non ne capiva niente di meccanica e così quel ruggito rimase sempre imprigionato sotto una scocca, rossa fiammante. Poi gli raccontò del padre eroe di guerra. Di come egli aveva combattuto nella battaglia vittoriosa di El-Alamein, o sulle spiagge della Normandia durante il disastroso sbarco alleato del 6 Giugno ‘44. Di come aveva marciato con passo marziale, sotto le insegne dell’impero nazi-fascista, durante la presa di Londra nell’Aprile del ‘45. Gli raccontò della famosa promulgazione delle leggi razziali del ’38 e di quelle ancor più restrittive del ’61. Gli raccontò, con le lacrime agli occhi, del disastro finanziario della loro famiglia, dovuto a investimenti sbagliati, che li avevano portati in breve tempo a vivere una vita fatta di espedienti. Infine gli confessò com’era stato difficile sopportare gli odiosi figli del Duce, susseguitisi al governo dell’Italia.

   – Conosco la nostra storia e quella dei tempi “fausti” – lo riprese il nipote. – Dimentichi che nel programma scolastico, conoscere le origini Littorie è dovere imperativo!

   Allora il nonno gli aveva svelato che la storia che lui conosceva era una storia guasta e che tutto quello che era accaduto non sarebbe dovuto accadere, ma che era accaduto per colpa sua e che adesso, a tanti anni di distanza, era giunto il momento di porvi rimedio.

   Francesco era esasperato nel dover sopportare i vaneggiamenti di un vecchio eccentrico. – Cerca di ragionare – gli disse. –  La storia è una sola e immutabile e non sei tu la causa della nostra povertà.

   A quel punto Tonino aveva afferrato il nipote per il colletto della giacca. – Cristo, non vuoi capire? Per rimettere le cose a posto sono costretto a fare qualcosa che mi ha sempre spaventato, e se devo farlo voglio che ci sia tu al mio fianco!

   Francesco sussultò: lo sguardo adirato del nonno lo spaventava. – D’accordo, ma adesso calmati! –  disse, deglutendo a fatica. – Dimmi… cosa devi fare?

   – Seguimi! – gli rispose il vecchio.

   Usciti dal capanno, Tonino afferrò il nipote gettandolo a terra. – Stai giù! –  gli ordinò, gettandosi anch’esso tra l’erba alta. In lontananza, sulla strada, brillavano le luci dei fari di un blindo di squadristi della decima-mas. Passarono istanti interinabili. Poi, quando le luci scomparvero nell’oscurità, i due ripresero il cammino, diretti alla vicina fermata del mezzo pubblico. Il torpedone pneumatico DVX/7 arrivò in perfetto orario. Il mezzo era completamente vuoto. Dopotutto, a quell’ora della sera, erano in pochi ad arrischiarsi in un viaggio in aperta campagna. Il vecchio Tonino vi salì a fatica, mentre dietro di lui suo nipote lo sorreggeva. Durante il viaggio, Tonino non proferì parola e Francesco, dal canto suo, non si azzardò a porre domande. Era curioso di vedere fino a che punto il nonno aveva spinto la sua follia.

   Il torpedone raggiunse l’ultima fermata sul tragitto 7est, arrestandosi con la consueta morbidezza. La voce sintetica del pilota automatico comunicò loro il prezzo della corsa. Dopo aver inserito la tessera magnetica in una fessura dell’automa controllore, Tonino scese e, seguito dal nipote, si diresse verso la zona dove un tempo passava la vecchia strada del paese. Francesco seguiva il nonno, pregando che quella follia finisse al più presto. Raggiunta una strada sterrata, a malapena visibile in mezzo a un mare di erba medica, il nonno si fermò.

   – Eccoci arrivati – disse. – Ora non ci resta che aspettare!

   – Aspettare chi? – chiese Francesco, guardandosi attorno.

   – Un vecchio amico… – rispose il nonno sedendosi a terra.

   Il ragazzo gli si avvicinò. – Vuoi dirmi che ci stiamo facendo qui?

   Il vecchio Tonino incrociò lo sguardo insofferente del nipote. – E’ giunto il momento per te di conoscere la verità. – dichiarò. – Ti ricordi quando l’uomo in camice bianco mi disse che non mi era rimasta che una cosa sola da fare?

   Francesco era al limite della sopportazione. – Non c’è nessuna linea temporale da riparare e nessun viaggiatore del tempo! Questo è il nostro tempo e nessuno lo può cambiare!

   Il nonno, ignorando quelle parole, riprese a parlare. – Il viaggiatore del tempo mi ha detto che i suoi spostamenti sulla linea sono ciclici. Come la terra gira intorno al sole, così lui si muove sulla linea del tempo. Quel giorno mi disse che avrebbe riaperto il portale tra sessant’anni, quindici giorni, quattro ore, ventitrè minuti e un secondo. Ora, secondo i calcoli di allora, accadrà proprio questa notte e quando accadrà dovrò farmi trovare pronto!

   – Pronto per che cosa! – tuonò il nipote.

   A quel punto Tonino si fece serio in volto. – Pronto per fare un altro giro sulla giostra della vita…

   Francesco ne aveva abbastanza. Si guardò attorno, deciso a fare ritorno alla tramvia. Ma fu in quel preciso istante che accadde l’impensabile.

   A pochi metri da loro si scatenarono bagliori di luce e scariche elettriche. Il vento crebbe e l’aria si fece pungente, mentre la tempesta cronologica acquistava vigore. Francesco implorò il nonno di togliersi dalla strada, ma il rumore della tempesta, o di qualsiasi altra cosa fosse, era troppo forte per permettere di sentire la sua voce. Poi, accanto a Tonino,  si materializzò un vortice di forze invisibili che sembrò contorcere la percezione stessa della realtà. Al centro del vortice Francesco poté scorgere, per pochi istanti, la figura di un uomo in camice bianco. Allora il ragazzo si mise a strillare. – Nonno! Nonno! 

   Il nonno, sul cui volto era apparso un triste sorriso, lo salutò con la mano.

   Francesco cercò di avvicinarsi a quel turbinio di elementi impazziti. – Che sta succedendo e chi è quell’uomo? – strillò.

   La voce del nonno gli giunse distorta, ma comprensibile. – Si chiama Ettore Majorana, un fisico che ha scoperto come poter viaggiare nel tempo! E’ scomparso misteriosamente anni fa e da allora sono stati in molti a cercarlo! Questo è tutto quello che so di lui!

   – Torna qui, nonno! – lo implorò Francesco. – Torna qui!

   – Non posso, piccolo mio! – rispose il vecchio, cercando di farsi sentire. – Ho combinato un gran bel casino ed ora devo rimettere le cose al loro posto, ma non devi avere paura! Un giorno ci rivedremo, te lo prometto!

 La tempesta cronologica aumentò d’intensità e mentre il portale si stava richiudendo, Tonino intravide, ormai sfocato, il volto rigato di lacrime del suo amato nipote. Poi tutto ebbe fine…

1933/linea temporale esatta.

      Suo padre corse in mezzo alla strada e, tuffandosi a terra, riuscì nell’impresa di sottrarre Tonino alle ruote di un bolide lanciato a folle velocità. – Ma dico sei impazzito? – ruggì, sferrandogli un violento ceffone. – Volevi farti ammazzare?

   Tonino non aveva tempo per stare ad ascoltare Papà, perché davanti ai suoi occhi i bagliori di luce e le scariche elettriche si stavano lentamente dissolvendo. Il portale si era chiuso e per un brevissimo istante il viaggiatore del tempo gli aveva sorriso. Scrollandosi di dosso terra e polvere, Tonino guardò Nuvolari scomparire all’orizzonte - al volante del suo bolide rosso fiammante - diretto verso una giusta gloria. Allora il cuore gli si riempì di gioia anche se, mentre Papà continuava a ricoprirlo di insulti sotto gli sguardi sbigottiti del pubblico, i suoi pensieri erano diretti altrove, avanti nel tempo…

Oggi/linea temporale esatta.

   Come ogni giorno, Tonino Gualtieri si svegliò di buon ora e corse alla finestra del salone della sua villa barocca (alcune dritte di Majorana in campo finanziario, regalo del fisico per riparare all’errore, lo avevano reso un uomo ricco), a contemplare il parco sottostante. In lontananza, dove un tempo - un altro tempo - si ergevano i cinque monoliti del Fascio Littorio - eretti in concomitanza della nascita dei figli del Duce -, si estendeva uno splendido bosco di querce. Il vecchio industriale sospirò nel costatare che, come ogni giorno negli ultimi quarant’anni, il ripristino del normale corso della storia era reale. Ma quella era una mattina speciale, perché dopo un’attesa sfibrante di tutta una vita il momento era finalmente arrivato.

   Fece un bagno, indossò il miglior vestito della festa, e si preparò ad uscire. Sulla soglia di casa si fermò per qualche istante ad ammirare la gigantografia di un dipinto tratto da una vecchia Tribuna Illustrata che raffigurava il famoso incidente col cervo accaduto a Nuvolari durante le prove del Gran Premio di Donington del ‘38. Sotto il dipinto, su una scrivania di legno intarsiato, brillavano i trofei - acquistati a suon di denaro - che il mantovano volante vinse alla Mille Miglia del ’30 e, oltre oceano, alla Coppa Vanderbilt del ‘33. Tonino spostò lo sguardo dai trofei al dipinto e sorrise. Poi, scese le scale, attraversò il cortile, aggirò una sontuosa fontana ed entrò nel patio adibito a garage. Quel posto era un vero e proprio museo dell’automobile. Davanti ai suoi occhi brillavano le carrozzerie lucenti delle auto con le quali Nuvolari aveva dominato sulle strade di tutto il mondo: un’Alfa Romeo 6C 1750 GS spider Zagato, prima alla Mille Miglia del ’30, un’Auto UnionTipo D -  argenteo proiettile tedesco con il quale il mantovano volante si era aggiudicato il gran premio di Monza del ’38 – e l’indimenticabile bolide rosso fiammante di quel lontano giorno del’33. Tonino non si stancava mai di ammirare quei veri e propri gioielli meccanici, ma adesso doveva proprio sbrigarsi. Inforcò l’inseparabile bicicletta ( non aveva mai voluto prendere la patente dell’auto) e, pedalando come un forsennato, si diresse all’ospedale. Gli ci vollero quindici minuti per arrivare e quando entrò nella stanza di sua figlia lei, stremata, ma euforica, lo accolse con un sorriso. – Ciao Papà… –  sussurrò la ragazza. Poi, volgendo lo sguardo a fianco del letto, disse: – E qui che ti aspetta!

   Tonino si avvicinò alla culla, con le lacrime agli occhi. Vi si sporse sopra e, incrociando lo sguardo gaudente del neonato, gli posò delicatamente una mano sulla fronte. Allora, con gli occhi colmi di lacrime e la voce rotta dall’emozione, borbottò: – Hai visto che ho mantenuto la promessa?


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