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Siamo venuti al mondo per cazzeggiare, non fatevi convincere del contrario

Inserito Domenica 01 febbraio 2004

Autori di Andrea Giammanco

Queste creature passavano quasi tutto il loro tempo cercando di scoprire quale fosse il loro scopo. E ogni volta che scoprivano quello che sembrava il loro scopo, quello scopo sembrava cosi' abietto che le creature si sentivano riempire di disgusto e di vergogna.
(Kurt Vonnegut)


Secondo alcuni, lo scopo dell'intera filosofia e' scoprire il senso della vita. Secondo altri, l'intero complesso delle attivita' intellettuali umane e' in definitiva votato a questo traguardo. Scienza compresa, chiaramente.
Tra i libri che hanno piu' contribuito alla mia visione del mondo, annovero:

Il gene egoista - Richard Dawkins

Il caso e la necessita' - Jacques Monod

Il pollice del panda, Bravo brontosauro, Quando i cavalli avevano le dita - Stephen J. Gould

La scimmia nuda - Desmond Morris


La cosa piu' evidente che accomuna questi libri e' che il loro scopo primario e' spiegare a un pubblico di profani alcuni concetti scientifici. Altra cosa che li accomuna e' che non si tratta di libri che pretendono di "fare filosofia", con l'eccezione probabilmente dell'opera di Monod (che infatti e' l'unica pallosa della lista). Infine, questi libri sono accomunati dal trasmettere, esplicitamente o implicitamente, una risposta chiara e difficilmente equivocabile alla vecchia domanda su quale sia il senso della vita: nessuno, assolutamente nessuno. E spiegano convincentemente come l'umanita' non abbia nessuna rilevanza nell'universo se non per se stessa e per chi ci inciampa.

Questa visione del mondo si trova relativamente di rado nella narrativa (alta o bassa indifferentemente). E in tutti i testi scolastici di letteratura italiana in cui mi sia capitato di imbattermi si possono apprezzare parecchi contorcimenti volti a dimostrare che in fondo Leopardi non era poi cosi' pessimista...
(L'impressione che ho io e' che Leopardi si stupisse tantissimo di essere l'unico ad accorgersi della nudita' del re. Una parte degli insegnanti di oggi cerca ancora di spiegare che non e' che lo vedesse proprio nudo nudo, ma che le mutande gliele vedeva ancora... Comunque, data la mia crassa ignoranza sulla letteratura ottocentesca chiudo qui la digressione.)

Tra gli scrittori in attivita', cenni di una visione atea, anti-antropocentrica e priva di significato della vita si possono trovare ad esempio in Kundera e in Houellebecq. Il primo lascia trasparire pochi accenni di cio' nella sua opera, e sono sublimi (un capitolo di Il libro del riso e dell'oblio inizia spiegando come all'inizio del XVII secolo in Europa sia avvenuto un fatto epocale; tale fatto epocale non e' una guerra, o un trattato, o qualcosa che riguardi la specie umana, ma il fatto che nelle citta' abbiano cominciato ad apparire i corvi. Che un'intera specie vivente abbia cambiato habitat e abitudini e', in effetti, qualcosa di molto piu' radicale e sorprendente di qualunque altra cosa successa nello stesso periodo agli umani o a sottogruppi di essi).
Il secondo invece sembra piuttosto violentemente nauseato dal fatto che gli individui non si decidano ad accettare la propria inutilita', ed esprime la sua visione del mondo con particolare chiarezza in Le particelle elementari, il suo libro piu' ambizioso, piu' bello e piu' devastante.

Ma questo, nelle intenzioni, dovrebbe essere un post su Kurt Vonnegut.
Cos'hanno in comune Houellebecq e Vonnegut?
Hanno in comune:

di avere entrambi una formazione scientifica,

di avere praticamente la stessa risposta alla domanda su quale sia il senso della vita,

di avere entrambi scritto almeno un romanzo di fantascienza.


(Forse alcuni lettori non se ne sono accorti, ma Le particelle elementari e' un romanzo di fantascienza. Ma non ci se ne accorge fino agli ultimi due capitoli.)

Kurt Vonnegut e' uno scrittore geniale. (Angolino del Forse non tutti sanno che: Philip K. Dick dichiaro' che non leggeva mai fantascienza, con l'unica eccezione di Vonnegut.)
Di lui amo il costante sense of humour (persino in Mattatoio n.5, romanzo dedicato alla sua testimonianza personale della morte di centinaia di migliaia di persone quando Dresda fu rasa al suolo; il classico caso in cui persone antropologicamente diverse da me parlerebbero di cattivo gusto), il suo mondo parallelo cui si rifa' continuamente (ne sono elementi ricorrenti ad esempio il pianeta Tralfamadore, inventato all'eta' di 10 anni, o lo scrittore Kilgore Trout), e infine la sua Visione del Mondo.
Questo e' particolarmente palese in Galapagos, un capolavoro di anti-antropocentricita'.
La voce narrante e' un fantasma che per una maledizione e' stato costretto a vagare sulla Terra per un milione di anni, e ha quindi visto l'evoluzione futura (in senso strettamente biologico) dell'umanita'. Egli racconta in che modo l'umanita', in un ben preciso momento della sua storia, abbia sfiorato l'estinzione, e usa una tecnica narrativa piuttosto sorprendente (che ricorda, pur senza menzionarla, quella dei romanzi trafalmadoriani in Mattatoio n.5: i tralfamadoriani vedono la dimensione temporale come fosse una quarta dimensione spaziale, quindi non conoscono i concetti di "prima" e "dopo"; vedansi anche gli infundiboli cronosinclastici in Le sirene di Titano). La voce narrante mescola continuamente eventi avvenuti in una certa data, il giorno dopo, una settimana dopo e un milione di anni dopo; l'effetto sorpresa e' apparentemente annullato, al punto che l'autore si premura di indicare con un asterisco prima del nome tutti i personaggi che moriranno entro la giornata.
Con la solita ironia Vonnegut fa spiegare alla sua voce narrante che tutti i guai dell'umanita' si potevano in definitiva ricondurre all'eccessiva dimensione del suo cervello. Traccia un parallelo tra le eccessive dimensioni del cervello umano e le eccessive dimensioni delle corna del Cervo Irlandese, per il quale le corna erano un richiamo sessuale: le femmine tendevano a scegliere i maschi con le corna piu' grandi operando cosi' una selezione, che porto' in definitiva all'estinzione della specie non appena, con le condizioni climatiche, cambio' anche l'habitat, e lo svantaggio di impigliarsi nei rami durante la corsa si fece piu' rilevante.
(Nota: anche i biologi S.J. Gould e Desmond Morris riportano nei loro libri come attualmente si creda che la crescita del cervello umano e quindi dell'intelligenza non siano spiegabili con vantaggi dovuti all'intelligenza, soprattutto per il poco tempo occorso, e che altre cause devono aver associato le grandi dimensioni a un vantaggio evolutivo; ad esempio, c'e' chi pensa che lo sviluppo delle convoluzioni cerebrali, che sono particolarmente associate all'intelligenza, sia stato spinto dal vantaggio evolutivo dovuto alla migliore dissipazione termica che queste permettono.)
In definitiva, la voce narrante non fa mistero di considerare molto piu' perfetta l'umanita' fra un milione di anni, dopo che i discendenti dei sopravvissuti si saranno trasformati in animali molto diversi, dal cervello molto piccolo ma compensato dallo sviluppo di caratteristiche piu' utili (quale ad esempio una forma affusolata del cranio per nuotare meglio e afferrare il cibo sott'acqua coi denti).

Ho letto Le sirene di Titano praticamente solo perche' incuriosito dal fatto che, dice una mia cara amica (nonche' ragguardevole blogger), si tratta del Libro Fondamentale Della Sua Vita.
Si tratta del secondo romanzo scritto da Kurt Vonnegut. Racconta Vonnegut che dopo il successo del primo romanzo, Player piano (che non ho letto), lascio' il lavoro e si trasferi' a Cape Cod per fare lo scrittore a tempo pieno. Dopo di che, l'improvvisa crisi del mercato editoriale di fantascienza lo costrinse a fare diversi lavori per sbarcare il lunario con la sua famiglia, impedendogli di trovare il tempo di scrivere. Finche' un giorno a un party conobbe un editore e comincio' a parlargli del romanzo che stava scrivendo, riuscendo a interessarlo. Non era vero, e appena tornato a casa cerco' di appuntarsi tutto quello che ricordava di cio' che aveva detto all'editore.
Questo romanzo non nacque quindi sotto i migliori auspici. Nonostante sia stato scritto in fretta e furia, risulta pero' un romanzo incredibilmente originale e devastatore di cliche'.
Ci sono i marziani che rapiscono la gente e progettano un'invasione del pianeta Terra, ma e' la prima volta che leggo di marziani invasori tecnologicamente inferiori ai terrestri. E chi l'ha detto che i marziani debbano essere per forza alieni?
Vonnegut descrive una nuova religione. Non una parodia di religione, ma a mio avviso l'unico esempio credibile di religione senza Dio: la religione, infatti, del Dio Del Tutto Indifferente. (I lovecraftiani non potranno fare a meno di pensare al Dio "cieco e idiota che gorgoglia blasfemita' al centro dell'universo"; ma questo Dio invece non nutre nessun interesse nemmeno per le blasfemita'. In effetti, il Dio Del Tutto Indifferente e' l'unico Dio che un razionalista riesce a concepire senza troppi imbarazzi. Una cosa che mi sono chiesto e' se i grandi filosofi medievali, tanto impegnati nel trovare prove razionali dell'esistenza di Dio, si siano mai accorti che non si stavano affatto interessando al Dio del cristianesimo, ma a un qualcosa di infinitamente piu' astratto. Ecco, il Dio Del Tutto Indifferente corrisponde a tutte le prove concepite - tranne, forse, questa.)
Ma veniamo al nesso tra questo libro e gli altri di cui ho parlato. Il protagonista ha una fortuna sfacciata e immeritata, addirittura da due generazioni. E' sempre stato convinto che lassu', qualcuno lo ama. Alla fine si scoprira' il motivo della sua fortuna, il senso della sua vita, e anche il senso della vita di tutti i terrestri, uno per uno, e della nascita e morte delle civilta'.
Un motivo che, come scoprira' il lettore, non stonerebbe nella (di molto successiva) Guida Galattica per autostoppisti di Douglas Adams...


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