un racconto fantasatirico di Giuseppe Iannozzi
- collage by G. Iannozzi -
La prima volta che ho incontrato Wu Ming Uno, fu in un locale
equivoco frequentato da castori e marmotte. Wu Ming Uno era già
completamente brillo, e io ero il solo a essere lucido. Wu Ming Uno
s’abbracciava a un castoro che gli mostrava i denti: in risposta, il
povero castoro riceveva grandi sorrisi accondiscendenti.
Io non ci avrei fatto caso a quel tizio lì, ma lui s’è fatto
subito appresso a me, abbandonando il castoro e allungandomi la zampa
amputata del povero animaletto: “Piacere!”
”Piacere, di che? Chi ti conosce?”
“Appunto.”
“Non la capisco. Non ho preso alcun appunto.”
”Appunto.”
L’ho guardato storto: era chiaro che era uno dei servizi segreti, in pratica un completo fallito.
“Per favore, mi tolga da sotto gli occhi quella zampa. Mi fa orrore e tristezza.”
”Animalista?”
”No.”
”E allora, perché la disturba?”
“Forse perché con quella zampa il castoro – che adesso sta
affondando i denti nel legno del bancone, tentando d’arginare il dolore
–, fino a pochi momenti fa, ci si grattava e veniva pure bene: è bianca
di tracce grosse come sputi.”
“Per così poco!”
”Lasci giudicare a me se è poco.”
“Lei è il solito invasato: in ogni sputo ci trova l’ombra d’un apocalittico complottismo.”
L’ho guardato storto, un’altra volta: era chiaro che mi trovavo davanti a un malato di mente, a uno che ascolta solo Coltrane.
“No, io non trovo mai niente, men che meno in lei.”
“Intende forse dire che mi trova insignificante?”
”Solo insignificante. Senza dire che la ‘trovo’. Così mi suona meglio.”
“Quindi lei mi sta dicendo ‘insignificante’.”
”Se vuole metterla così, sì.”
“Ma le sto antipatico?”
“Dopo quello che ha fatto a quel castoro, sì.”
Wu Ming Uno, a questo punto, s’è cacciata la zampa in tasca.
“Ma lei lo sa chi sono io?”
“Chi è lei?”
“Wu.”
“Ahhh…”
“Ming.”
“Ahhh…”
“Uno.”
“Ahhh…”
“E ho scritto il libro perfetto, ‘New Thing’.”
“Adesso sì che m’è tutto molto ma molto più chiaro: lei è quel Wu Ming Uno, uno che ha scritto ‘New Thing’.”
“Esatto. Ora capisce pure lei!”
“Sì, capisco che lei stasera ha alzato il gomito. E ha l’alito pesante, lo sa? Non mi stia colla bocca incollata sulla faccia.”
A un certo punto ha aperto le cataratte, e giù lagrime come IO comanda:
“Lei deve sapere che questo libro, ‘New Thing’, è il libro perfetto e
Il Critico non se l’è cagato nemmeno di striscio, non una riga.”
“Il Critico?”
“Già, Il Critico. Adesso capisce pure lei perché sono tanto
addolorato. Per smorzare il dolore non posso fare a meno d’amputare
castori e marmotte che incontro sulla mia strada.”
“Psichedelico!”
“Il libro, l’ha letto?”
Ho glissato e mi sono limitato a sparare un falso complimento: ”Psichedelico, un Charlie Manson che se la prende cogli animali!”
“E ascolto pure Coltrane, fino all’ultima nota.”
“Ci avrei scommesso che lei era uno di quelli lì. Vizioso!”
”Ho tutto il repertorio su vinile.”
“Bravo. Immagino che ogni volta che amputa una zampa sente le note di Coltrane nella sua scatoletta nera.”
“Sì, giusto, sento le note che mi frullano in testa come un’ossessione. E lei come fa a saperlo?”
”Ho tirato a indovinare.”
Wu Ming Uno si fece pallido come un cencio: “A indovinare?”
”Sì, mica è un peccato.”
Biascicando: “Oggi è così che si fa la critica, tirando a indovinare.”
“Io non sono un critico.”
“Lei mi fraintende. Certo che lei non è un critico, ma io sì, sono
pure un critico per hobby, modestamente. Insomma, ci sono rimasto
perché lei tirando a indovinare ha capito subito che io per fare
critica tiro a indovinare. Ecco!”
“Le ho fatto credere questo? Mi par strano, ma se lo dice lei che
è Wu Ming Uno ed è pure un critico, mi sa che sono costretto ad
ammanettarmi il cervello e di conseguenza a darle ragione.”
“Bravo, faccia così. Ma perché non ci mettiamo comodi?”
“E’ una proposta indecente? Come la devo intendere?”
“No, non mi fraintenda. Intendevo, di metterci a nostro agio:”
E così fu che ci mettemmo a nostro agio: Wu Ming Uno svolazzò sul
suo trespolo – sì, proprio sul suo, con tanto di targhetta, ‘riservato
a Wu Ming Uno’ –, mentre io m’accontentai d’una più classica
sedia.
“Prende niente?”
“No, grazie. Per stasera ho dato.”
“Offro io. Baristaaa!”
“No, gliel’assicuro, per me niente. Ma come se avessi accettato.”
“Come vuole lei.”
Arrivò il barista a prendere l’ordinazione di Wu Ming Uno: “Per me uno, ma doppio, del solito.”
“Signore, lei non è un cliente abituale…”
“E allora? Solo perché non sono un abituale non mi posso permettere di prendere il solito doppio? C’ho pure il trespolo, che mi son portato da casa mia.”
Rassegnato il barista crollò il capo: “Come vuole lei, Signore.”
Dal suo trespolo, Wu Ming Uno cominciò a sfogarsi in una lunga
geremiade: “Il fatto è che Il Critico non m’ha cagato manco di
striscio, e io per ‘sto fatto ci sono stato male e ci sto male ancora
oggi. E’ che non mi rassegno: sono fatto così, sono uno dal cuore
tenero. Ecco, io credo d’essere il centro dell’universo, ma non per
presunzione: è che sono il centro, e lo vedono tutti che è
così. Ma quello lì, Il Critico, niente… m’ha ignorato: gliel’ho dico io
che cos’è quel critico, è un ateo, un senza dio.”
“E allora? Anche se fosse un ateo, mica ha fatto del male a qualcuno!”
“Non ha fatto male a nessuno? Mi ha ignorato, non ha speso una sola parola per il mio romanzo.”
“Non era tenuto a farlo.”
“Anche lei è dalla parte di quello stronzo.”
“E poi sarei io l’apocalittico che soffre di manie e smanie di complottismo.”
“Sì sì, adesso mi vorrebbe far credere che lei non lo conosce Il
Critico. Ma io l’ho capito subito che lei è uno dei suoi scagnozzi.”
“Da quando in quando i critici avrebbero gli scagnozzi al loro
servizio? E’ già tanto quando si possono permettere una cicca e una
puttana per una notte, e lei mi viene a parlare di scagnozzi.”
“Vede, vede che è come dico io: lei sa troppe cose.”
“No, io non so proprio niente. So solo che i Critici
Professionisti si beccano tutta la merda di questo mondo, mentre gli
scrittori, quelli che si dicono tali, avanzano pretese assurde…”
Interrompendomi: “Non m’inganno, non m’inganno, lei è del ramo, è sul ramo…”
Interrompendolo a mia volta: “No, si sbaglia: il trespolo è suo e
non mi permetterei mai. Se l’è portato persino da casa tanto c’è
attaccato. Rimanga pure comodo. E io, tanto per capirci, sono un
idraulico specializzato in tubi. Giro il mondo, come Faussone, detto
Tito.”
“Come chi?”
”Come il protagonista de ‘La chiave a stella’: Quanto è ostinata l’illusione ottica che ci fa sempre sembrare meno amare le cure del vicino e più amabile il suo mestiere!” *
“L’ho già sentito questa cosa qui.”
“Ha vinto il premio Strega, nel 1979. Lo Strega è importante, mica robetta.”
“Sì, sarà, ma a me quelli che prendono lo Strega mi stanno sullo
stomaco. Anzi, proprio non li posso digerire neanche allungati con
della sana acqua sorgiva.”
“Secondo me lei è invidioso.”
“Invidioso? E di che, di chi? Io ho scritto il più bel romanzo
degli ultimi cento anni. Figurarsi se me la prendo perché non m’hanno
mai segnalato al premio Strega. E poi, lei che ne vuol capire? lei che
è soltanto un idraulico?”
“Sì, ha ragione, io di letteratura non ne capisco un tubo. Però sono specializzato in tubi. Dovrà pur significare qualche cosa.”
“Che è specializzato.”
“Per l’appunto.”
Fra noi due irruppe il silenzio.
“A proposito, non le ho chiesto ancora il suo nome.”
“Non me la sono presa, gliel’assicuro.”
“Quindi non me lo dice il suo nome.”
“E a che le servirebbe? Io sono un idraulico specializzato in tubi
e fognature di lungo corso. Direi che è abbastanza. Anche se le
dicessi, per assurdo, che sono un parente alla lontana di Alessandro
Magno, dopo?”
“Dopo, che?”
“Niente: è questo il punto. Tanto vale che lei non lo sappia il mio nome. Non se ne farebbe niente.”
Ci ha pensato su, poi ha acconsentito col capo, ma glielo si
leggeva in faccia che non era convinto. Nell’intanto il barista era
tornato con un vassoio in mano: “Il suo solito doppio!”, sputò lì,
proprio addosso a Wu Ming Uno, con malcelato sarcasmo.
Wu Ming Uno prese il bicchiere, senza curarsi di capire cosa c’era
dentro: sul suo bel trespolo, se lo tracannò senza batter ciglio. Poi
se ne uscì fuori con una richiesta che al barista parve assurda: “Non è
che avreste un po’ di Albert Ayler, di Archie Shepp o di Bill Dixon?”
Il barista gli sgranò gli occhi addosso: “No, Signore. Mi spiace, ma non sono cocktail che io conosca.”
Wu Ming Uno scosse il capo, profondamente rattristato: “Sono uomini di musica.”
Il barista rimase con gli occhi sgranati: “No, non conosco questi qui. Però ho Shakira.”
“Shakira?”
“Sì, è molto di moda. Pensi che persino il Nobel per la Letteratura, Gabriel Garcia Marquez, è un suo incallito fan.”
Wu Ming Uno fece finta di capire, di fare mente locale, ma niente:
Shakira era un nome che non gli diceva nulla. Però quel Marquez, quello
lo conosceva, per fama.
“Se a Marquez piace, piacerà pure a me che sono Wu Ming Uno.”
Il barista azzardò un sorriso: “Le faccio servire il suo ultimo successo, La Tortura?”
“Sì, d’accordo. Però a volume moderato, mi raccomando.”
Il barista gli sorrise in maniera indecifrabile e portò via le
chiappe. Dopo un paio di minuti, “La Tortura”, la voce di Skakira si
diffuse nel locale.
“Non è male.”
“Sì, è carina.”
“Però non è John Coltrane.”
“E lo credo bene: è assai più figa.”
Wu Ming Uno storse il naso: “Lei mi sa che è uno di quelli fissati colla figa. Ce l’ha in testa la figa. Forse mi sbaglio…”
“No, non si sbaglia: io amo le donne. Lei no?”
“Sì.”, si affrettò a confermare Wu Ming Uno.
“Sa, io leggo poco, però quando leggo, da un libro pretendo che
dentro ci sia anche una componente sessuale, altrimenti m’annoio.”
“Perché me lo dice?”
”Così, per non far morire nel nulla la
conversazione. Non troppo tempo fa, non ricordo bene dove, ho
incontrato una tizia che si faceva chiamare Sonia Langmut. Be’, questa
signora m’ha detto, in un orecchio, che nessuno dovrebbe mai morire.”
“E che significa?”
“Non lo so.”
“E allora perché l’ha ripetuto a me?”
“Lei è uno scrittore, e pure un critico – a tempo perso? – così m’è parso di capire: speravo potesse aiutarmi a capire.”
“Io non so niente. So solo che il 21 luglio 1967, St Peter’s Church, New York, il funerale di John Coltrane.”
“Ha partecipato?”
“Non m’hanno invitato.”
“E perché me l’ha detto allora? Non c’entra niente col discorso iniziato. E io ci capisco ancor meno di prima.”
“Sta facendo della satira, così mi par di capire.”
“Satira? Di preciso non saprei, questo glielo dico proprio come
fossi suo amico. La satira è una cosa complicata, quindi io
accantonerei qui e parlerei di tubi.”
“Lei sta facendo della mitopoiesi!”
“Be’, se è lei a dirlo, credo che possa esser così, anche se devo
avvertirla che io di mito ecc. ecc. non ci capisco granché. Ma una
volta ho avuto a che fare con uno che voleva che gli tirassi tubi per
una lunghezza di cinque chilometri. Io gli spiegai che si trattava d’un
lavoro lungo e difficile. E lui ha ribattuto che gl’andava bene, purché
facessi presto. Al che ho cercato di fargli capire che ci avrei
impiegato parecchio tempo. E lui ha ribattuto che gl’andava bene,
purché facessi bene! Allora sono stato costretto a puntualizzare che io
da solo quel lavoro non potevo farlo, e che non potevo dargli né una
data né una sicurezza perché coi tubi non si sa mai come va a finire…
Alla fine i tubi gliel’ho tirati per tutti e cinque i chilometri,
impiegando cinque anni esatti, di lavoro: il problema è stato che i
tubi nel giro d’un mese erano pronti, ma poi sono intervenuti altri
fattori, soprattutto di tangenti. Ognuno voleva la sua fetta di torta
per quei cinque chilometri di tubi.”
“Ma avevano dei diritti a vantare su quei cinque chilometri?”
“Sui tubi no, ma sui cinque chilometri forse, perché adesso ci passa il petrolio in quei tubi che son lunghi abbastanza.”
“E il petrolio da dove verrebbe?”
“Da una buco nel terreno, che è in mezzo al deserto.”
“Insomma una storiaccia come quella che Pasolini ha abbozzato nel suo ultimo romanzo, ma mai terminato, ‘Petrolio’.”
“Non ho mai letto questo Pasolini.”
“Allora avrà letto sicuramente ‘Scirocco’.”
”No, proprio per niente. Perché me lo chiede?”
“Perché c’è tutta quella mitopoiesi che Pasolini aveva iniziato in
‘Petrolio’, petrolio che è poi confluito in ‘Scirocco’ di Girolamo De
Michele, un libro che ho fortemente voluto. Che ho spacciato al meglio
delle mie possibilità in ogni angolo critico e acritico e acrilico.”
“Non è chiaro, ma forse è colpa della mia ottusità: io sono soltanto un idraulico specializzato.”
“Ha ragione, ha ragione.”
Rimanemmo in silenzio ad ascoltare Shakira: “No puedo pedir que el
invierno perdone a un rosal/ No puedo pedir a los olmos que entreguen
peras/ No puedo pedirle lo eterno a un simple mortal/ Y andar arrojando
a los cerdos miles de perlas…” **
“Questa canzone mi sta torturando: sono dieci volte che la fanno passare.”
“A me non dispiace: certo non è Coltrane, ma bisogna sapersi accontentare. In fondo pure lei fa parte del Grande Progetto.”
“Quale?”
“Ma come, quale? Quello della Mitopoiesi, ovviamente.”
“E ‘New Thing’?”
“Ovviamente è mitopoiesi.”
“Le devo confessare che io quel libro l’ho letto per sbaglio.”
“In che senso?”
“E’ andata pressappoco così: ero andato in libreria per comprare
‘Cento colpi di spazzola’ di Melissa P., ma tutte le copie erano
finite. Esaurite. Sold Out. E’ stato il cassiere, annoiato, a rifilarmi
‘New Thing’, assicurandomi che m’avrebbe tenuto il morale alto. Ma così
non è stato. M’ha buggerato. Ma la colpa è stata mia: avrei dovuto
capirlo che mi stava rifilando ‘na sola, ce l’aveva scritto in faccia,
su quella sua faccia annoiata e schifata.”
“L’ha dunque preso per sbaglio…”
“Effettivamente sì, per sbaglio. M’ha molto annoiato. E’ finito nella Top 100 dei libri più noiosi che abbia mai letto.”
“Nella Top 100?”
“Sì. Il fatto è che io ho letto due libri in tutta la mia vita.”
“E allora perché l’ha chiamata Top 100?”
“Che io sappia, non s’è mai vista una Top 2.”
“Capisco.” E con quel capisco detto con un filo di voce,
praticamente un pigolio nella strozza, Wu Ming Uno l’ho visto cadere in
profondissima depressione caspica.
“Ho letto ‘New Thing’ e ‘Il mio primo libro di catechismo’, questi
i soli libri della mia vita. Ma, in tutta sincerità, il catechismo è
molto meglio del suo romanzo, per quanto io capisca poco o niente di
letteratura, praticamente un tubo. Però uno che è ignorante come me,
sì, pure uno che ignorante come me lo capisce subito quando un
libro è noioso e quando invece no. Il suo m’ha spinto sul baratro della
più profonda depressione: non le dico quante sedute psicosomatiche per venirne fuori.”
Wu Ming Uno tacque rassegnato, depresso, quasi rischiava di cadere dal trespolo su cui s’era accomodato.
Lo lasciai così, lì, da solo, mentre “La Tortura” di Shakira passava per l’ennesima volta.
Dopo aver conosciuto l’uomo che aveva scritto il libro più noioso
del mondo, ho incontrato Il Critico, quello che aveva snobbato ‘New
Thing’. Ci siamo incontrati per puro caso: lui, semplicemente, aveva
bisogno che gli sturassi il lavandino e consultando le Pagine Gialle ha
chiamato proprio me. Sono arrivato a casa sua: sul campanello c’era
scritto, IL CRITICO. Ho suonato e me lo sono trovato davanti. Sono
entrato nella sua casa: e subito ho visto una copia di ‘New Thing’, una
copia abbandonata in un angolo. Ma io sono uno che certi particolari li nota subito, e subitissimo ho capito tutto.
“Lei è Il Critico.”
“Può dirlo forte.”
“L’ho capito subito. La targhetta sul campanello di casa.”
“Sì, non tutti sono acuti come lei. Spero sappia sturare bene i lavandini.”
“Sono il migliore sulla piazza.”
“Sì, certo, come no!”
“Posso farle una domanda imbarazzante prima di mettermi al lavoro?”
“Sputi!”
“Ho visto che ha una copia di ‘New Thing’: l’ha letto?”
“Ah! Sì, l’ho letto. Ma perché me lo chiede?”
“Pochi giorni fa ho incontrato l’autore.”
“E allora?”
“Abbiamo parlato. O meglio, è stato lui ad attaccare bottone con me.”
“Bene. Mi sembra che non ci sia nulla di male.”
“Il fatto è che m’ha parlato di lei.”
“Immagino.”
“Non sembra che la cosa la turbi.”
“No, non mi turba affatto: sono sulla bocca di tutti. I rischi del mestiere.”
“Capisco. A ogni modo, Wu Ming Uno s’è lamentato con me che lei non l’ha cagato manco di striscio.”
“Non ero obbligato.”
“Sì, è quello che ho cercato di fargli capire pure io.”
“E alla fine non ha capito.”
“E’ come dice lei: pretendeva che lei se lo cagasse. Assurdo.”
“Assurdo”, ripeté Il Critico – che aveva un naso esageratamente grande, lungo come il becco d’un pappagallo.
“Ma le è piaciuto il libro di questo Wu Ming Uno?”
“Se mi fosse piaciuto non starebbe in quell’angolo a tappare un buco.”
“C’è un buco in quell’angolo?”
“Sì. Un buco occupato da alcuni maledetti topi grossi come
salmoni. Sono sicuramente dei topi che hanno subito qualche alterazione
del DNA. Ma me ne occuperò a tempo debito, dopo che lei m’avrà sturato
il lavandino. Per adesso ‘New Thing’ può bastare: quei bastardi non ce
l’hanno mica il coraggio di rosicarsi quel libro! Lo temono più
dell’Inferno. In fondo in fondo il lavoro di quel Wu Ming Uno è servito
a qualcosa. Domani, se mi alzerò col piede giusto, magari gliele scrivo
due righe. Ma adesso si occupi del lavandino… Le faccio strada.”
Ho seguito Il Critico senza osare più un’altra inutile parola.
E ho iniziato il mio lavoro.
Per la cronaca, dal tubo di scarico di quel lavandino ho tirato fuori la zampa d’un castoro, e altre cose così.
* Citazione da “La chiave a stella”, Primo Levi
** “La Tortura” performed by Shakira, da “Fijacion Oral Volume 1”, 2005