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VITA IN LETTERE - Agosto 2009

Inserito Giovedì 24 settembre 2009

Saggistica di Roberto Sturm

Libri acquistati: Uomini che odiano le donne (Larsson), Due colonne taglio basso (Sgaggio), Contro il giorno (Pynchon);

Libri letti: American Psyco (Ellis), Due colonne taglio Basso (Sgaggio), Principianti (Raymond Carver)

Dopo aver letto, qualche mese fa, Le regole dell’attrazione, di Ellis, che ho trovato interessante ma tutto sommato abbastanza monotono come trama e come stile, seppure con un inizio folgorante – è un ottimo romanzo fino a metà -, mi sono incuriosito per American Psycho, conosciutissimo, ma che non avevo ancora letto, e che mi è piaciuto molto di più del precedente.
Con uno stile incalzante, un ritmo ossessionato e ossessionante, con una meticolosità esasperante dei dettagli, con immagini di una forza folgorante, Ellis ci immerge nella Manhattan degli anni ’80, l’inizio del boom economico trainato dalla Borsa quando gli yuppie hanno cominciato la loro scalata sociale. E dove l’edonismo reganiano, l’esteriorità, l’ostentazione, il superfluo hanno vissuto il loro periodo di maggior splendore.
Patrick Bateman è uno dei giovani arrampicatori sociali di quel periodo, ricco, palestrato, attento ai minimi particolari estetici, attento a frequentare solo locali costosi e in. E’ un bellissimo ragazzo, e tutte le donne che ha intorno sono innamorate di lui. Ma il suo narcisismo, la ricerca della propria perfezione, uno stile di vita portato all’esasperazione, il rincorrere la bellezza femminile, gli impedisce di vedere quello che ha effettivamente intorno. E la sua ossessione per il bello, per se stesso, per i locali e i vestiti costosi aumenta, fino a sfociare in una vera e proprio psicopatologia. Crudo, disarmante, spietato, questo romanzo ci offre uno spaccato di America – e non solo -, che è stata, come al solito, un’anticipazione di quello che è accaduto poi, in forme diverse, nelle altre parti del mondo. E che, per molti versi, ha aperto gli scenari per gli anni successivi di cui ancora sentiamo e viviamo le conseguenze. Capitalismo ed edonismo allo stato brado, di quello più cattivo. Margaret Thatcher e Silvio Berlusconi docet.

Sono sempre curioso di leggere opere di esordio. Specialmente femminili. Questo mese mi sono imbattuto in Due colonne taglio basso, di Federica Sgaggio, edito dalla Sironi. Un bel malloppetto da 300 e più pagine che sono riuscito a leggere in una settimana. La vicenda, indubbiamente prende e coinvolge, dopo un inizio un po’ diesel che non si protae però per più di 30 pagine. La scrittura dell’autrice è scorrevole, senza fronzoli, e si presta a una lettura abbastanza piana. Il che, secondo il mio punto di vista, è un pregio. La storia si snoda all’interno di una redazione di un quotidiano locale (forse non è un caso che la Sgaggio faccia la giornalista nella redazione Interni ed Esteri del quotidiano L’Arena) in cui i rapporti di forza, interpersonali, i giochi di potere sono dettati da tutta una serie di circostanze tanto banali quanto quotidiani.
Più un noir che un giallo, perché le divagazioni sulla realtà esterna alla redazione, alla città di provincia, al marcio che deriva verso la delinquenza non mancano affatto. I personaggi sono ben delineati, soprattutto per la vita che vivono al di fuori della redazione. Uno scavo interiore e psicologico che dà credibilità ai protagonisti, a cui il lettore riuscirà a dare un’identità, nel senso di una struttura fisica visiva, abbastanza facilmente. Ci sono diversi generi (non quelli di berlusconiana memoria) di personaggi che ritroviamo quotidianamente nella nostra vita. L’arrivista, l’idealista, la borghese, il poliziotto, la delusa, il figlio di papà e tanti altri che ci immergono in una ambientazione molto reale e dettagliata.
C’è qualche leggera caduta di tensione e di stile, nel racconto (ma cose sinceramente molto marginali), a volte si ha la sensazione che la storia stia per cadere nel banale o nel déjà vu, ma una delle abilità dell’autrice è quella di portarti a pensare ad un epilogo scontato, se non da telenovela almeno da serial tv che non sarà affatto tale. Le ultime pagine (che ho apprezzato più delle altre), sotto certi aspetti, se portano a una direzione che il lettore può anche aspettarsi non finiscono in modo scontato. Affatto. Un finale c’è, ed anche lieto sotto tutti gli aspetti. Ma, come nelle migliori tradizioni dei romanzi importanti, non è una storia finita, “esaustiva”.
C’è un po’ di Simenon (che viene anche citato all’interno della storia) in questo romanzo. Lo si intravede, ma sempre di spalle e fuggevolmente. Perché l’autrice, senza dubbio, ha una sua autonomia sia narrativa che stilistica.
Mi è molto piaciuta l’idea di intitolare ogni capitolo con l’ultima frase del capitolo stesso. Il romanzo, secondo il mio punto di vista, poteva riuscire anche meglio. Il suo lato debole è l’eccessiva “didatticità” dei dialoghi. Avrei preferito dei dialoghi più serrati, meno tradizionali. E avrei anche frenato la voglia di spiegare troppo, che a volte si avverte nel momento in cui uno degli “attori” della storia parla un po’ troppo all’altro senza interruzioni. Senza descrizioni. Rendendo il momento leggermente irreale.
Un romanzo molto interessante, comunque, che mi ha fatto piacere leggere. E se siete curiosi, andate a visitare il sito dell’autrice. www.federicasgaggio.it
Sono convinto che troverete molte cose interessanti.

Che dire di Principianti, l’antologia di Carver – la “vecchia” Di cosa parliamo quando parliamo d’amore – ristampata in versione originale e integrale, senza i tagli dell’editore fatti all’epoca? Niente altro che va letta. Propedeutica per chi ama scrivere e leggere come poche altre, toglie definitivamente a Carver l’eventuale etichetta di minimalista. Crudo, essenziale e realista, Carver ci propone le sue storie, storie di vita ordinaria, con un taglio e una visione bassa. Le sue rasoiate alla società americana, i personaggi così comuni, le vicende apparentemente semplici ci danno alcuni dei tanti motivi per leggere e per scrivere. La leggerezza dello stile contrapposto alla “pesantezza” delle storie, complicate e vissute come tutte situazioni comuni e quotidiane, danno il senso di una vita difficile da vivere. E forse per questo, in qualche modo, degna di essere vissuta. A prescindere dalle difficoltà e dalle tragedie che vi s’incontrano.
Uno dei più bei libri che abbia mai letto.

Roberto Sturm


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