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L’ISPETTORE

Inserito Mercoledì 02 febbraio 2011

Autori un racconto di Roberto Sturm

1.
Guardo fuori della cupola. Piove ancora. Come sempre, in questo cazzo di pianeta artificiale. Mi chiedo perché abbiano deciso di costruirlo proprio qui. Sono in ritardo. Il Capo mi sta aspettando. Non è salutare farlo aspettare troppo a lungo. Pago i due bicchieri alla cameriera in topless. Ha un occhio tatuato sul ventre. Ammicca un sorriso falso e spudoratamente voglioso. Il trucco abbondante gli da l’aspetto di una maschera di cera. Il corpo perfetto, tutto rifatto.
Dopo Anna non ho più avuto donne. Nemmeno per una notte.
– Per un’altra volta.
– Dici sempre così, sbirro. Per 500 crediti poi. Avresti di che divertirti.
Qualche cliente, seduto nei tavoli del bar poco e male illuminato, alza la testa. Mi fissa, senza interesse. Riabbassa lo sguardo perso nei pensieri. Reietti fuggiti dalla terra per non pagare i propri conti con la giustizia. Conducenti di cargo spaziali che non faranno mai fortuna.
Mi rinforzo il bavero dell’impermeabile intorno al collo. Non per la pioggia. Sento un brivido attraversarmi il corpo. Succede quando devo attraversare i passaggi da un settore all’altro della cupola. Sono bui. Sembra di essere in loro balia. Come con la morte.
La prima porta mi si chiude dietro con uno scatto metallico. Si apre la seconda, e il vuoto d’aria mi risucchia. Ho la sensazione di vedere un bagliore di luce. Sento un altro scatto. Poi davanti a me si apre un’altra porta. Mi chiedo cosa ci sia dietro quel vuoto.
Gira la voce insistente che nei punti di passaggio ci siano aree riservate a chi se le può permettere, invisibili a occhi indiscreti. In un pianeta così piccolo può sempre far comodo.
Sono in un'altra zona. Ne devo attraversare altre quattro per arrivare dal Capo.
Impreco contro me stesso per aver accettato l’incarico. Come al solito.
– Sarebbe ottimo per la tua carriera. Tornerai tenente. Sei il più in gamba, per questo ti hanno scelto.
– Quanto tempo?
– Un paio d’anni, non di più.
Ne sono passati quattro. Ancora non hanno trovato nessuno disposto a prendere il mio posto.


2.
Busso.
– Avanti.
Il Capo se la sta spassando con la nuova segretaria. Un metro e ottanta di altezza con due metri di gambe. Minigonna di pelle nera mozzafiato. Probabilmente le stava per mettere la mano tra le cosce.
– Ho bisogno di merce nuova spesso, altrimenti non mi tira più.
Me l’ha detto tempo fa. E non si è mai smentito.
– Ispettore, lì ci sono le foto. La scena del delitto è a tre zone da qui. Dove dormono i conducenti di cargo. Se vuoi andare.
Suda da schifo.
– Va bene Capo.


3.
Sono nel mio cubicolo. Guardo la foto della vittima. I tratti del volto sono riconoscibili. Un bel volto. Una donna. Il resto del corpo smembrato. Con violenza inaudita. Con precisione chirurgica. Sulla scena del crimine niente di interessante. La scientifica sta valutando le impronte trovate. Il cubicolo è sottosopra. Bottiglie e bicchieri rotti. Hanno simulato una rapina, mi hanno detto. C’erano dei crediti non difficili da trovare. E neanche tanti. Fosse stato un rapinatore, non avrebbe rischiato per così poco. Nessun elemento da cui estrarre il dna. Dal corpo straziato credo che sarà difficile. Susanna Liedesman. Trentotto anni. Da cinque settimane ha ottenuto il patentino di conducente. In archivio, dove sono schedati tutti quelli che passano in questo cazzo di pianeta, niente di particolare. Arrivata una settimana fa. Una vita apparentemente tranquilla. Domani sarebbe partita per il suo primo viaggio. Il miraggio di raggranellare un piccolo patrimonio per poter vivere di rendita il resto della vita. Non ho mai conosciuto nessuno che ci sia riuscito.
Mi collego col palmare alla rete in cerca di qualche altro dato. Niente. Neanche negli archivi della polizia terrestre.


4.
Bussano.
Mi guardo intorno pensando a dove far sistemare il mio informatore. Non riesco a capire come mai non soffriamo tutti di claustrofobia o attacchi di panico.
– Entra Claud.
La porta si apre lentamente, come a prepararmi alla vista di quell’essere massiccio e peloso. Il serpente interattivo tatuato sul braccio destro fa veramente impressione.
– Ciao Ispettore.
– Voci sull’assassinio Liedesman?
– E’ troppo presto.
Gli mostro la foto.
– Bel lavoretto. Sembra fatto quasi a scopo dimostrativo.
– Bisogna capire a chi è rivolto il messaggio per arrivare all’assassino. Ai colpevoli, credo. Non può essere stata opera di una sola persona. Hanno simulato una rapina.
– Trovato niente?
– Sembrava la persona più tranquilla del mondo. Aveva ottenuto il patentino poco più di un mese fa.
– C’è qualcos’altro da fare qui, Ispettore, oltre che stare tranquilli? Appena saprò qualcosa ti faccio sapere.
– Trasferisco mille crediti sul tuo conto, per le spese.
– Ok.


5.
Mi ritrovo al bar. C’è un’altra barista. Con un cenno della mano le ordino un whisky doppio. E’ difficile che abbia bisogno di parlare per farmi capire. Del resto gli altri sono quasi tutti di passaggio. Costruito a tempo di record come base di partenza per i cargo che viaggiano alla velocità della luce, inaspettatamente è diventato un piccolo pianeta abitato da conducenti di passaggio e disgraziati. All’inizio c’era solo la cupola con il bar e i dormitori. Fuori le rampe di lancio per le navi spaziali. Io li vedo solo una volta i conducenti. Prima che partano. Qualche settimana per loro, decenni per me. Guardo fuori. Piove. C’è poca gente. Alcuni contrattano il prezzo con le quattro puttane che stazionano sempre al solito posto. Altri mercanteggiano i chip da inserire nella presa neurale dietro l’orecchio per farsi un viaggio piacevole. Magari scoparsi una star del cinema, partecipare ad un’orgia, sfogare la propria ira repressa ammazzando qualcuno che gli sta sui coglioni. Oppure, per i più normali, tornare a casa dai propri cari. Cosa che non potranno più fare viaggiando alla velocità della luce.
Al tavolo accanto al mio ci sono cinque conducenti di cargo con le tute della Indipendent Way. Conducenti privati che si sono associati per cercare di far fronte allo strapotere Fasrway. Bevono e parlano tra loro dei loro prossimi viaggi. Chi pensava di fare una fortuna in poco tempo, con questo lavoro, è rimasto letteralmente inculato.
Mi accendo una sigaretta.
Una multinazionale si è messa in testa di monopolizzare il mercato dei viaggi spaziali ed è entrata in concorrenza con questi poveri Cristi. Ha abbassato i prezzi. Li farà fuori tutti entro breve. Addio lauti compensi. Non guadagnano più neanche i soldi per pagare l’affitto dei cargo.
Entra un altro gruppo di conducenti. Sulle tute il logo della Fastway. Alcuni, visto come buttava la piega, si sono fatti assumere dalla multinazionale che ha rilevato i loro mezzi. Pagano la loro manodopera a un prezzo che li costringerà a fare questa vita per sempre. L’alternativa è la galera. Non so, sinceramente, cosa sia meglio.
Mentre arriva il mio doppio whisky i due gruppi si guardano in cagnesco.
– Usciamo ragazzi, c’è puzza di merda qui dentro.
Quelli della Fastway non reagiscono.
Mentre si alzano uno fa scattare la lama del suo coltello.
– Stronzi, tutto per colpa vostra.
Si lancia verso uno degli uomini appena entrati.
La rissa è inevitabile. Io resto al mio posto. Entra subito in scena il servizio d’ordine. Li separano.
– Meglio stronzi che assassini – grida uno della Fastway. – Siete arrivati a far fuori la Liedesman perché era passata con noi.
– Ma che cazzo dici.
Ecco una pista da seguire.


6.
Il telefono squilla in piena notte. E’ la scientifica.
– Ispettore scusi. Ma ci aveva detto che se avessimo avuto novità.
– Sì.
– Oltre a quelle della donna ci sono le impronte di un’altra persona soltanto.
– Chi?
–Il vecchio.
– Non è possibile.
– Lo so. Ma è così. Su una scheggia di un bicchiere.
– Arrivo subito.

Informo il Capo la mattina. O quando sorge la stella di questo sistema. Un sole veloce e pallido, non più di quattro ore ogni sedici. Il resto, penombra perenne.
– Chi?
– Il vecchio.
– Si sono sbagliati.
– Lo pensavo anch’io.
– Hai controllato?
– Sì.
– Ci penso io. Per adesso non muoverti, Ispettore. Faccio qualche telefonata.


7.
Quando si pronuncia la parola vecchio, si parla di una persona sola. John Fulton senior. Il Presidente della Fastway. Uomo di pochi scrupoli, multimiliardario, guardato a vista dalle guardie del corpo. Solo un vizio, comune a molti potenti. Le donne. Le belle donne in carne e ossa. Non quelle dei chip. Il mio cervello si mette in attività. Possibile che sia stato lui, o meglio le sue guardie del corpo, a fare fuori la Liedesman? Era molto bella, e sicuramente aveva anche un corpo da sballo. Altrimenti il vecchio non si sarebbe scomodato.
Si è stancato del suo giocattolo e magari lei l’ha ricattato? Poco probabile. Troppo potente per essere infastidito da una donna qualunque.
Qualche gioco perverso finito male? Non credo. Fulton ha altri mezzi per mettere le cose a tacere. Qui non succede mai niente che lui non approvi. Questo si impara presto.
Non c’è nessuno a capo di questo pianeta. A parte chi ha potere economico.
Faccio un giro fuori dalla cupola. Poca gente e tanta pioggia. La penombra ha preso il posto delle fioca luce da pochi minuti. Passo vicino a piccoli gruppi di conducenti che scambiano quattro chiacchiere tra loro. Perché lo facciano qui fuori per me rimane un mistero. Siamo tutti bagnati da questa perenne e inesauribile pioggia. Più umida che acquosa. Come fossimo immersi in una nebbia fitta. Sento mozziconi di conversazioni. Da un gruppo sento bisbigliare “… il vecchio”. Mi fermo, prendo le sigarette dall’impermeabile e chiedo da accendere.
– Uno come te cosa che ci fa da queste parti?
Non ho la tuta da conducente.
– Lo sbirro.
Si guardano tra loro. – Non pensavo ci fosse bisogno di sbirri. Questa base è già una merda di per sé.
– Hanno ammazzato qualcuno, lo sapevate?
– E questo cosa c’entra con noi? – dice uno troppo frettolosamente.
– Che qualche volta c’è bisogno di uno sbirro anche in mezzo alla merda.
Mi allontano. Da loro non caverò più niente. Ma le loro quattro facce me le sono impresse per bene in mente.

L’atmosfera è cambiata. Sembra che tutti parlino più a bassa voce e la cameriera non è intraprendente come al solito. Qualcuno tenta la fortuna con le macchinette mangia crediti del bar come potesse risolvere tutti i suoi problemi. Altri giocano a poker perdendo i pochi crediti rimasti. Imprecazioni. Urla di delusione. Uno, sbronzo fradicio, si avvicina al bancone chiedendo un altro whisky.
– Me ne devi pagare altri tre, prima.
Si cerca nelle tasche barcollando. Tira fuori la tessera magnetica.
– Niente da fare amico. Non ti bastano i crediti neanche per gli altri che hai già bevuto – dice la cameriera dopo aver passato la tessera nella cassa.
L’uomo batte il pugno sul banco.
– Cazzo, cambierà presto questa situazione. Non appena.
Viene raggiunto da altri due colleghi.
– Zitto Jack. Quando sei così sbronzo straparli sempre.
Lo riportano al tavolo. I due facevano parte del gruppo che poco prima parlava del vecchio fuori della cupola.
Un altro elemento da annotare.


8.
Nel mio cubicolo mi sto arrovellando su quale pista seguire. Non è il posto ideale per ragionare. Paradossalmente sembra uno spazio troppo piccolo per essere riempito. Un po’ come la vita. Ma il mio filosofeggiare viene interrotto da qualcuno che mi chiama da fuori. E’ Claud.
– Notizie grosse, Ispettore.
– Spara.
– Hanno rapito il vecchio. Anche la sua scorta è sparita. Erano sette.
– Ed era dentro.
– Dentro?
– Dentro il cubicolo della Liedesman a spassarsela.
– Mica stupido il vecchio. Chissà cosa prende per tenerlo in tiro?
– Pensi che abbia questo tipo di problemi?
– La faccenda scotta, Ispettore. Finalmente un caso.
– Dove ustionarsi, se non peggio. Altro?
– La Compagnia non vuole che si sappia. Non chiedermi perché.
– Staranno trattando.
– Sarà una trattativa lunga credo. Non è un affare di soldi. Per quello non ci sarebbero problemi.
– Cosa sai?
– Sembra che vogliano che la Fastway si ritiri dal mercato.
– Oh cazzo.
– Pare che sia arrivato direttamente dalla terra anche John Fulton junior.
– Dicono che il figlio del vecchio sia anche più vizioso del padre.
– Sarà venuto per trattare.
– Ma se il padre non gli lascia in mano niente e non perde occasione per dargli dell’inetto davanti a tutti.
– E’ nato ricco. Non è un dettaglio.
– Ricchi si nasce.
– Avrai da fare Ispettore. Io ti lascio. E stai attento, sembra che la polizia privata della Fastway si sia accollata le indagini. Non amano i ficcanaso. Ricordati degli altri mille crediti nel mio conto.
– Non sarai un po’ troppo.
– E chi ti avrebbe dato tutte queste informazioni? Ciao Ispettore. In bocca al lupo.


9.
Non appena chiude la porta, mi accorgo di avere le idee più chiare. Sicuramente un commando di conducenti della Indipendent Way o qualcuno pagato da loro ha rapito il vecchio. E forse fatto fuori la scorta. Si sono messi in contatto con la compagnia per trattare. La Fastway sta tergiversando per trovare una soluzione o risolvere il caso. Trovare il vecchio con i loro investigatori. Per guadagnare tempo hanno spedito qui il figlio del vecchio. I rapitori lo sanno e avranno dato un ultimatum. Solo dei disperati possono essersi spinti così tanto vicini al baratro. Se li beccano li distruggono. Non appena penso come mai il capo non mi abbia fatto sapere ancora niente squilla il palmare. Il suo nome lampeggia sul display.
– Sì Capo.
– Ispettore. Come va?
Non mi da neanche il tempo di rispondere.
– Ho chiamato la scientifica. Hanno sbagliato.
– Ma Capo, anche io.
– Anche tu. Le impronte erano di un balordo che è stato arrestato. Ha confessato. Ha seguito la Liedesman ed è riuscito a entrare nel suo cubicolo. Voleva divertirsi un po’, ma alle resistenze di lei è andato fuori di testa combinando il casino che sai.
– E il vecchio rapito?
Silenzio.
– Quale rapimento? Chi ti a detto questa stronzata?
– Un informatore.
– Cambialo. E’ un contaballe. Il caso è chiuso. Il vecchio non è scomparso.
Riaggancia.
Non mi da il tempo di chiedergli chi ha arrestato il presunto colpevole. La polizia non dovremmo essere noi in questo cazzo di posto? Non credo che il servizio d’ordine della Fastway si sarebbe messo in moto se il vecchio non c’entrasse per niente.
Apro un album di foto dal mio palmare. Immagini ad alta definizione di Anna e me. Quando stavamo ancora insieme. Eoni fa.


10.
E’ strana la vita. Quando mi convinco a non intralciare le intenzioni di chissà chi e rischiare di rimanere in questo cazzo di pianeta a vita, ricevo visite.
– Mi chiamo Joshua.
Mi tende la mano. Ha una stretta vigorosa. Indossa una tuta della Fastway. E’ uno di quelli della rissa.
– E’ lei la polizia qui, vero? Almeno così mi hanno detto.
– Chi?
– La cameriera. Quella con l’occhio tatuato.
– Siediti. Vuoi un goccio?
– No grazie – si guarda intorno. – Meglio che faccia presto.
– Problemi?
– Se sanno che sono venuto qui mi fanno fuori.
– Hai dei nemici?
– Praticamente tutti. So dov’è il vecchio.
Faccio il finto tonto.
– Il vecchio? Ma non è stato.-
– Solo lei l’ha bevuta.
– Così mi hanno detto.
– Cazzate.
– Dov’è?
– Non vuole sapere?
– Certo.
– Siamo tutti d’accordo.
– Tutti chi?
– I conducenti della Fastway, quelli della Indipendent e quei pochi che vivono qui.
– Non capisco.
– E’ un rapimento organizzato dal figlio. Il padre vuole diseredarlo. Lo considera un imbecille. Ha promesso a noi della Fastway di ridarci i cargo e a quelli della Indipendent di ritirarsi dal mercato se glielo facciamo fuori. Anzi, ci sono i documenti pronti.
– Ma tu perché?
– Una volta sono rimasto solo di guardia. Mi ha promesso un miliardo di crediti se l’avessi liberato. Ma io non posso. Mi farebbero fuori in un batter d’occhio.
– E io cosa c’entro?
– Sei o no il poliziotto del quartiere?
– Sì, ma.
– Io parto stasera. Tu liberi il vecchio domani. E lui mi farà avere i crediti. Sa come fare.
– E tu gli credi?
– Sa che è stato il figlio a farlo rapire. Non posso che provare. Sono stufo di questo lavoro.
– Dov’è?
– Molto più vicino di quello che pensi.
– Come mai la polizia della Fastway non l’ha trovato?
– Il figlio non l’ha fatto mai cercare. Farai quello che ti ho detto, Ispettore, se ti dico dov’è?
– E’ il mio dovere.
– Mi avevano detto che eri una persona perbene.
– Ma chi?
– La cameriera. Mi sa che è innamorata di te.
– Che culo che mi ritrovo.


11.
I conti tornano. La rissa è stata organizzata per me. Fulton Junior teme che il padre lo diseredi e cerca di farlo fuori. I conducenti indipendenti e quelli della Fastway vogliono che tutto torni come prima. Tutti quelli che hanno messo su un’attività commerciale temono che il monopolio della multinazionale tagli loro le gambe. Il Capo sarà stato pagato da Fulton figlio per non vedere. A me non hanno pensato. Sono il pesce più piccolo. L’ultima ruota del carro in questo cazzo di pianeta. Come sulla terra. Non ho niente da rivendicare per il mio silenzio. Se chiedessi qualcosa, mi farebbero fuori in un battibaleno. Se liberassi il vecchio peggio ancora. E’ legato e imbavagliato in una delle aree riservate. Nel passaggio tra il bar e la sala conferenze. Che sarà usata per dichiarare l’uccisione del vecchio da parte di un gruppo di esagitati. Che non troveranno mai. Quel bagliore che avevo visto nel passaggio nasconde la stanza in cui tengono prigioniero il vecchio. Ci sono davvero stanze segrete all’interno della cupola per i potenti. Stanze fuori da occhi indiscreti. Volevo andare a vedere, ma poi hanno trovato morto Joshua mentre si accingeva a partire. Evidentemente la cameriera ha spifferato tutto a chi di dovere.
Scegliere tra due bastardi e un gruppo di disperati non è stato difficile. Avrei voluto vedere il vecchio ma ho rinunciato. Troppo rischioso.
Ho detto a Joshua che avrei fatto il mio dovere e mi sembra di non aver smentito la mia parola. Ordino un doppio whisky alla cameriera in topless. Stasera è più bella del solito. Forse perché è meno truccata. Apro la galleria di immagini del mio palmare. Premo il tasto reset.
Sei sicuro di voler cancellare l’intera galleria di immagini?
Confermo.
Anna non c’è più. Non c’è mai stata. E’ sulla Terra, lei.
Adesso c’è questo cazzo di pianeta. Sono qui, io. Forse per sempre.
La cameriera mi porta il bicchiere.
– Va bene per stasera, Ispettore? – mi guarda languida.
– A che ora finisci?
Mi guarda interdetta. Per una volta l’ho sorpresa.
– Tra un paio d’ore.
– Sempre 500?
– Per è gratis, stupido Ispettore.
Il suo tatuaggio sul ventre mi fa il verso dell’occhiolino.
Accendo la sigaretta. Forse la vita, in questo cazzo di pianeta, non sarà merdosa come pensavo.

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