racconto di Andrew Weiner
(tit. orig. Rider)
Lo
trovarono in un contenitore fisiologico, in un ambiente di fuga abbandonato che
dava su una delle tante piazze della parte est della città.
Stava per
morire. La flebo aveva terminato il nutrimento già da giorni, nonostante
continuasse ancora a distillare regolarmente poche gocce di droga.
"Menspam."
Constatò la poliziotta che lo aveva trovato nel contenitore.
Il suo
compagno annuì, continuando a fissare l'uomo anziano che fluttuava nella
soluzione salina. Era spaventosamente magro e i capelli grigi gli uscivano fuori
a grosse ciocche. Gli occhi, spalancati, scattavano velocemente avanti e
indietro ma non si fissavano né su di lei né su nient'altro nella stanza.
L'espressione era senza dubbio di beatitudine.
Pensò che
sarebbe stato veramente un peccato disturbarlo. "Chissà dove si trova adesso...
al calduccio, probabilmente."
Fuori, per
strada, la temperatura era di meno dieci gradi e solo il pensiero di doverci
tornare la fece rabbrividire. Una vacanza al sole non sarebbe stata una cattiva
idea, ma le paghe della Securiforce, la polizia privata incaricata del controllo
della città di Boston, non permettevano lussi.
"Dovunque
sia," disse il primo ufficiale, "non penso che torni."
2.
Il
neurologo dell'ospedale cittadino espresse un parere pressoché analogo.
"Fisicamente non corre alcun pericolo immediato," disse a Findlay mentre
osservavano i medici della SecTech che lo stendevano sulla barella per
trasportarlo alla clinica della Compagnia di là del fiume a Cambridge. "Comunque
devo dirle che non ha un buon aspetto: Ha assimilato ogni goccia della droga e
si trova ancora in fuga."
"Quando ne
uscirà?" gli chiese Findlay.
"Non penso
che ne uscirà," rispose il neurologo. "Non succede proprio, non in casi così
avanzati. Solo l'anno scorso ce ne sono capitati sei nel suo stato, alcuni molto
più giovani di lui. Si tuffano per periodi sempre più lunghi e un giorno vanno
tanto in profondità che non riescono a trovare la strada per tornare. Bastano
perfino quattro o cinque giorni. E pensiamo che Lerner sia in questo stato da
più di due settimane."
"Forse
anche tre," disse Findlay. "Ma in un modo o nell'altro lo riporteremo indietro.
Non ce lo faremo sfuggire tanto facilmente."
3.
Come capo
della sezione investigativa della SecTech International, Findlay si era
personalmente impegnato nella ricerca dello scomparso vice presidente anziano
della compagnia, Arnold Lerner.
Sospettando
un rapimento, forse con lo scopo di richiedere un riscatto o, più
probabilmente, per gli intricati contenuti del cervello di Lerner, aveva cercato
lo scienziato scomparso in cerchi sempre più vasti, consultando liste di
passeggeri delle linee aeree e delle autovetture noleggiate, controllando i
nastri di telecamere di sorveglianza di banche e aeroporti, mettendo sotto
controllo le linee telefoniche di società rivali, mobilitando programmi adibiti
alla ricerca di informazioni attraverso tre continenti.
Era stato
un serio errore di valutazione, forse addirittura fatale.
Alla fine
non erano stati i complessi programmi di ricerca a trovare Lerner, bensì il più
goffo e lento lavoro della Polizia; una perquisizione di routine di ogni
edificio abbandonato nel raggio di venti miglia dal laboratorio di Lerner,
commissionata quasi come un tardivo ripensamento all'operatore locale della
compagnia di polizia, aveva rivelato il curioso nascondiglio dello scienziato.
Findlay
trovò l'intero caso professionalmente offensivo.
"Dovevamo
prevederlo," disse al suo assistente, Chambers. "Dovevamo averlo visto nella sua
scheda personale. Ci doveva essere qualche indicazione che avrebbe tirato fuori
una cosa del genere."
"Ma noi non
compiliamo schede personali," puntualizzò Chambers. "Le leggiamo e basta. Se non
c'è, non c'è. Non potevamo sapere che desiderava andarsene."
"In qualche
modo è entrato nei suoi dati personali," disse Findlay, "e ha cancellato ogni
accenno alla possibilità di una simile azione."
"Beh, è lui
il mago della programmazione, no?"
"Già,"
rispose Findlay.
4.
Arnold
Lerner aveva cinquantasette anni. Divorziato dieci anni prima dalla sua seconda
moglie, viveva da solo, in un appartamento al porto. Non aveva avuto figli da
nessuno dei due matrimoni.
Era giunto
alla SecTech quindici anni prima, come capo della sezione Ricerca e Sviluppo,
convinto ad abbandonare la carriera scolastica da una combinazione di equità e
denaro liquido. Era, infatti, il pilastro su cui la compagnia era stata creata,
come una boutique high tech che riforniva l'industria dell'alta sicurezza.
Era un
disegnatore di sistemi esperti per la ricerca. Sintetizzando rapidamente grandi
quantità di dati da fonti diverse (rapporti di polizia, trasferimenti
elettronici di fondi, conti del telefono, abbonamenti alla CableNet, articoli di
notiziari su Fax, nastri di videocamere, virtualmente ogni tipo di informazione
che si muoveva elettronicamente e a cui si poteva accedere) i suoi sistemi
costruivano una mappa su cui quasi tutti i movimenti di un individuo potevano
essere ritrovati e monitorizzati.
La SecTech
usava i disegni di Lerner per fornire sia i servizi di ricerca che sistemi
completi, tutto compreso, a forze di polizia, governi e clienti privati in tutto
il mondo. C'erano altri che disegnavano sistemi simili. Ma Lerner, anche se
aveva sfondato il muro della mezza età, era ancora considerato ampiamente il
migliore. Era proprio una proprietà di valore.
Fino alla
sua scomparsa, Lerner era stato considerato un servitore leale della compagnia.
5.
Chambers
informò Findlay sull'ambiente di fuga.
"Si dice in
giro che sia stata un'operazione standard," disse. "Almeno fino alla fine. Il
contenitore affittato ad ore e i soliti sostegni chimici. Viaggetti per uomini
d'affari piuttosto che roba a lungo termine, due o tre ore al massimo. Ha aperto
in autunno e ha chiuso circa un mese fa. Nessuno ci aveva fatto molto caso.
Questi ambienti si spostano continuamente. La polizia li tollera fino a un
certo punto, ma non li tollererebbe in continuazione. Anche se la polizia non ha
nessuna registrazione su questo qui. E' come se non fosse mai esistito."
"Lerner può
aver sistemato anche questa faccenda," disse Findlay. "Si sa chi lo dirigeva."
"Un tizio
conosciuto qui intorno come Donald Trevis. Conosciuto alla polizia con una
dozzina di nomi falsi."
"Fa parte
dell'organizzazione?"
"Un
indipendente, apparentemente. Essenzialmente piccoli affari, spostandosi in
nuove nicchie di mercato prima che si affollino. E gli ambienti di fuga sono
ancora una novità. Cambieranno, naturalmente. Le organizzazioni sono già
immischiate nel lato estremo del rifornimento ma sono sicuro che stanno cercando
qualche integrazione verticale."
Trevis
aveva aperto un nuovo ambiente di fuga dall'altra parte della città. Avevano
fatto irruzione in quel fabbricato proprio quella mattina.
"Niente
Trevis," disse Chambers, "ma dovevi vedere chi c'era nei contenitori.."
Fece il
nome di una regina del video, alcuni politici di secondo piano e del direttore
di un'importante banca commerciale.
"Mi chiedo
da cosa scappino," disse Findlay.
"Oh, non
credo che scappino," fece Chambers. "A me sembra più come una piccola vacanza."
"Non per
Lerner," disse Findlay. "Aveva cercato di emigrare."
6.
Fermarono
Trevis all'aeroporto di Madrid, mentre era sul punto di imbarcarsi sul volo
EuroHOTOL per Sky City. Aveva con se una valigetta di denaro di grosso taglio,
senza dubbio era destinato a essere depositato in una delle banche-satellite
orbitanti. La dogana di Madrid era notoriamente tollerante nel far rispettare le
leggi sull'esportazione di valuta.
"Mi ha
rilevato tutto," spiegò Trevis. "Il contenitore, le scorte, la locazione.
Baracca e burattini. Quello che ne ha fatto sono affari suoi."
"Lo ha
usato per orchestrare il suo suicidio," disse Findlay. "E questo vi rende
partecipe di un tentato omicidio."
"E' una
questione di definizione," disse Trevis. "Non mi ha mai detto cosa ne volesse
fare, non in così tante parole."
Di fronte
ad imputazioni criminali così gravi, Trevis tuttavia collaborò come meglio
poteva.
Lerner,
raccontò a Findlay, era stato un cliente occasionale per alcuni anni, in molti
ambienti. Un'ora qui, due ore là, mai di più. "Ha sempre pagato in contanti. Lo
fanno in molti, veramente, anche se accettiamo pure le azioni principali."
"Dove
andava?" chiese Findlay. "Una volta drogato?"
"Non me
l'ha detto mai," disse Traver. "Alcuni ne parlano, altri no. Lui non era di
quelli che ne parlano. lo li preferisco, sinceramente. Non avete idea di quanto
possano essere noiose alcune persone. Dai loro la possibilità di andare
dovunque, di ricordare qualsiasi cosa, di immaginare la roba più fantastica, e
dove vanno? Ritornano a succhiare le tette della mammina. Ritornano ad esplorare
le cosce della maestra."
"Si
ricordano della maestra," disse Trevis, "il resto lo immaginano. La fuga non è
soltanto il ricordare, è anche l'immaginare, immaginare come sarebbe potuto
essere e far si che accada in quel modo. Detti legge. Ricordare tutto e
ricordarlo migliore di quanto sia stato realmente. E' dinamite. O così dicono,
io non mi ci sono mai avvicinato."
"Tornano
sempre all'infanzia?"
"Oh, no,"
disse Trevis. "Era solo per fare un esempio. C'è ne un sacco che torna per
ammazzare le ex mogli o al contrario per provare a rappacificarsi. C'è gente che
torna per ricordare il miglior pasto che abbia mai fatto o la scopata più bella.
Cioè tu esprimi il desiderio e noi te lo diamo. Ma per la maggior parte si
tratta di roba proprio noiosa e cerco il più possibile di non ascoltare."
"Dovreste
esservi incuriosito," insistette Findlay. "Un tipo vi chiede di sistemarlo per
una fuga senza fine e non vi siete chiesto che cosa desiderasse ricordarsi con
tanto bisogno."
"lo no,"
disse Trevis. "Io non mi interesso di tutta questa roba."
"Provate a
indovinare."
Trevis si
strinse nelle spalle. "Era infelice con la moglie. Voleva cambiare. Cambiare
qualcosa che aveva fatto o qualche decisione che aveva preso."
"Ma a che
serve?" chiese Findlay. "Non avviene nella realtà, non cambia proprio niente."
"Lo cambia
se non torni indietro," disse Trevis. Sembrò che fosse sul punto di dire
qualcos'altro, poi esitò.
"Un'altra
perla di saggezza?"
"Ci sono
quelli che sostengono che cambi le cose," disse Trevis. "Anche se torni
indietro: Dicono che viaggi sul serio nel tempo e che puoi cambiare veramente le
cose se insisti abbastanza. Ricordati abbastanza insistentemente di qualcosa e
quella si avvera. Tranne che non puoi sapere quello che hai combinato perché
quando esci dalla fuga sembra che le cose siano sempre state nel modo in cui
sono ora."
"E' una
pazzia," disse Findlay.
"Non ho
detto che ci credo," rispose Trevis. "Ho detto solo che c'è qualcuno che lo
dice."
7.
"Parlami
del Memspan", fece Findlay.
"E' una
triste storia," disse Chambers. "Molto triste. E' un biosintetico, sviluppato da
una delle più grosse compagnie farmaceutiche come uno stimolante della memoria
legalizzabile. Ci hanno buttato milioni. Memspan sarebbe stato il nome
depositato, tranne che non è mai entrato in commercio. Non legalmente almeno."
Mostrò a
Findlay un diagramma con due strutture chimiche quasi identiche poste una
accanto all'altra.
"Si
supponeva che fosse un elemento analogo al Calpain, è quello a sinistra..
Calpain è un enzima prodotto nel cervello attraverso l'eccitazione delle
sinapsi. Sembra che attacchi l'intelaiatura delle proteine ricoprendo le
membrane delle cellule nervose. Porta allo scoperto i recettori profondi e in
alcuni casi stimola le cellule nervose a dar vita a nuovi rami. L'idea era che
il Memspan, copiando questa azione, avrebbe aiutato la gente nel codificare i
ricordi a breve termine. Sarebbe stato di grandissimo aiuto per il morbo di
Alzheimer ma sarebbe stato un importante prodotto commerciale anche per studenti
in preparazione degli esami o cose simili. Questo, comunque, in teoria."
"E in
pratica che succede?'
“In
pratica, non riescono a ottenere la biosintesi in maniera proprio esatta."
Gli indicò
la seconda metà della foto.
"Appare
molto simile, vero?" Ma non è l'esatto analogo del Calpain. Ha diversi radicali
addizionali che non possono essere tolti. E quando l'hanno sperimentato non
funzionava come si supponeva dovesse fare. Invece di stimolare la memoria a
breve termine, stimolava il richiamo della memoria a lungo termine. E più si
aumentava il dosaggio, più forte era il ricordo. E allorché somministrarono dosi
abbastanza alte, in condizione di privazione sensoriale, creò un'autentica
allucinazione in cui il soggetto poteva rivivere scene dal passato in ogni
dettaglio.
"Comunque,
pensarono di aver ottenuto qualcosa in ogni caso. Tantissime persone
desidererebbero ricordare meglio il loro passato. E forse anche gli
psicoterapisti l'avrebbero potuto usare per aiutare i pazienti a ricordare
traumi rimossi. Ma c'era un problema."
"Non solo
fa correre i ricordi del passato," disse Findlay. "Te li fa riscrivere."
"Giusto!"
disse Chambers. "Puoi usarlo per creare falsi ricordi che sono quasi impossibili
da distinguere da quelli veri. Il che lo rendeva un sacco divertente. La
compagnia farmaceutica non sapeva che diavolo farsene ma alcuni ricercatori sì.
Iniziarono a darlo ai loro amici e si diffuse da lì. Non è difficile da imitare
quando ne conosci la formula. Ma poi iniziarono a ricevere i rapporti sugli
effetti a lungo termine e il governo vietò il tutto."
"E per
Lerner?" chiese Findlay. "Hai trovato nessun modo per riportarlo indietro?"
"Non è mai
stato fatto," disse Chambers. "Ma penso di poter avere un modello. Era in uno
dei primi studi di ricerca. Pilota di fuga,"
"Cosa?'
“Era uno di
quegli studi in cui veniva sperimentato con pazienti psichiatrici, lavorando su
traumi rimossi. Ma la parte interessante stava nel fatto che il terapista si
immergeva con loro, divideva la stessa fuga, li aiutava nel percorso."
"E come?"
"Una specie
di congiunzione mediata dal computer, una telepatia artificiale."
"Ma è
possibile?" chiese Findlay.
"Non lo
so," disse Chambers. "Ho parlato con qualche altro ricercatore sul Memspam e
pensano che quello sia un fallimento.”
"Ma loro
non hanno niente di meglio da suggerire?"
"No," disse
Chambers. "Loro non ce l'hanno."
8.
"Come vi ho
detto dal vidlink," disse il dottor Brandon, "Non penso proprio che possiamo
aiutarvi."
Il dottor
Ruth Brandon era una donna alta e sulla quarantina. Aveva una criniera di
capelli neri che mostravano le prime striature di grigio. Indossava il camice
blu da laboratorio con una targhetta sul taschino con la scritta "Direttore".
Era il
direttore dell'Hartley Mind Frontiers Research Center, una piccola struttura di
ricerca privata presso San Diego fondata dalla Hartley Mind Frontiers Foundation.
La Fondazione, a sua volta, era stata creata dieci anni prima dal lascito del
povero Joseph Hartley, un erede del denaro aereospaziale della vecchia
California e, come minimo, un eccentrico. La Hardey Mind Frontiers Foundation
era stata la sua eccentricità finale.
"Da ciò che
mi avete detto sul caso," disse il dottor Brandon, "e dalla mia conoscenza
limitata della materia, mi sembra senza speranze."
"Pensiamo
che voi potreste essere utile," disse Findlay.
"II Memspam
non è per nulla il nostro campo di studio," rispose. " La nostra attenzione è
sul collegamento mente-mente. Certe droghe facilitano questa unione, non siamo
sicuri come. Pensiamo che abbassino la resistenza della parte cosciente della
mente ad accettare la comunicazione."
"E il
Memspam è una di queste?"
"Sì,"
rispose. "Abbiamo ricevuto un piccolo campione per ricerca da coloro che lo
svilupparono, quando ancora stavano cercando un modo per commercializzarlo,
dovevamo provarlo come elemento terapeutico. Non funzionò, naturalmente;
l'elemento fantastico occludeva gli autentici ricordi rimossi. Ma la droga in sé
stessa non fu mai il nostro scopo reale. Non ci lavoriamo più sopra. E non
abbiamo mai provato niente di simile a ciò che ci state proponendo."
"Da
informazioni in nostro possesso voi sareste capace di farlo. Di pilotare una
fuga."
"In alcuni
casi, sì" rispose. "Ma solo per alcune ore al massimo, immergendosi dal primo
momento della fuga. E' molto diverso dal tentare di entrare in uno schema di
fuga creato da molto tempo. Ma il punto è che semplicemente non fa parte dei
nostri interessi."
"Vi
interessate della telepatia in sé stessa, vero?" chiese Findlay.
"Non usiamo
quella parola qui, Signor Findlay," rispose rivolgendogli un sorriso annoiato.
"Abbiamo a che fare con la trasmissione degli impulsi elettrici, in
rappresentazioni mediate dal computer dell'informazione neurale. Ed evitiamo di
porci sopra un'interpretazione più sensazionalistica. Abbiamo avuto anche troppi
problemi su questo in passato. I media ci hanno lavorato sopra e questo non è
d'aiuto per la nostra credibilità nella comunità scientifica."
"Pensano
che siate dei ciarlatani," disse Findlay.
"C'è un po'
di scetticismo intorno alle nostre attività, sì..."
"E questo
non aiuta a finanziare la vostra ricerca."
"Ci
piacerebbe farne sempre di più," rispose. "Ma siamo forniti adeguatamente dalla
nostra Fondazione."
"Non è
quello che ho sentito dire," disse Findlay. "Si dice che la vostra Fondazione
abbia preso delle decisioni su degli investimenti piuttosto negativi. Ho sentito
dire che i vostri finanziamenti sono stati tagliati due volte negli ultimi due
anni."
"Io non
devo fare commenti su questo." Rispose, "dato che gli affari della Fondazione
sono privati e non ci sono vie legali attraverso cui potete avere accesso a
queste informazioni. Che cosa desiderate, signor Findlay?"
"Non penso
che abbiate bisogno dei vostri strumenti per leggermi la mente."
9.
"Certo che
è molto importante per voi riaverlo," disse il dottor Brandon a Findlay, mentre
guardavano l'uomo nel letto.
"Soprattutto per principio," disse Findlay. "SecTech: troviamo la gente. E' il
nostro lavoro. Non li perdiamo."
"Anche se
lo riportassi indietro," disse lei "non potete costringerlo a tornare a lavorare
per voi."
"Questa
parte," disse Findlay, "non è un mio problema: la mia specialità è ritrovarli.
Abbiamo altre persone per rimetterli assieme."
"Tutti i
cavalli del re," rispose.
Girò la
testa di Lerner sul cuscino per ispezionare la presa a jack che era stata
inserita chirurgicamente secondo le sue istruzioni dietro l'orecchio destro.
"Sembra
tutto a posto," disse. "Inseriamolo."
Prese un
cavetto dal macchinario accanto al letto e lo collegò a Lerner. Accese il
monitor e controllò i dati. Le linee dell'EEG mostravano il familiare schema a
dente di sega della fuga.
"In
comunicazione," disse. "Procediamo."
Si diresse
verso il letto accanto a quello di Lerner e ci si sedette sopra. Sollevò i
capelli sopra l'orecchio destro e collegò un secondo cavetto dal macchinario
nella sua presa. Si allungò sul letto.
"Memspam,"
disse. "Dosaggio minimo."
Un tecnico
le iniettò la droga per la fuga.
Fissò un
momento lo sguardo sul grigio soffitto della camera. E poi chiuse gli occhi. "E
ora andiamo," disse.
10.
L’oscuro
tunnel familiare si aprì e lei ci si immerse, in cerca delle luci brillanti che
lampeggiavano sotto, tuffandosi in un bagno sinestetico di immagini e gusti e
suoni. E poi il programma iniziò a decodificare le informazioni che fluivano
dalla rete neurale di Lerner verso la sua e lei iniziò a vedere ciò che vedeva
lui, a sentire ciò che sentiva lui, a provare ciò che provava lui... Calore,
polvere, rumore. Il senso di un'enorme euforia.
Lui se ne
stava in piedi da qualche parte in aperta campagna, circondato da una gran
confusione di macchinari, da una calca di persone. Era mano nella mano con una
donna e guardava il cielo, strizzando gli occhi di fronte ad un lampo di luce
accecante.
Uno di quei
vecchi esperimenti nucleari? Ebbe il tempo di chiedersi mentre il panorama
veniva investito da bande di ombre bianche e nere che sfarfallavano
stroboscopicamente. E poi le ombre scomparvero con la stessa velocità con cui
erano apparse e la gente attorno a lui iniziò a festeggiare e ad applaudire e
un'immensa onda d'oscurità correva verso l'orizzonte.
Sentì che
l'eccitazione di lui lasciava il posto ad un immenso disappunto. Teneva ancora
la mano della donna. Lei fissava il muro nero che si allontanava da loro. Lui
guardò verso di lei per un momento, iniziò il movimento di una parola con le
labbra: "Martha, io..." stava per dire, solo che non lo disse. E poi il quadro
si dissolse e stavano cadendo, l'uomo e il suo pilota, cadendo attraverso
l'oscurità costellata di fiammate di colore, cadendo all'indietro, verso
l'inizio...
11.
Che era in
un piccolo caffé all'aperto in una piazza di mercato affollata, con la notte che
scendeva.
La notte
messicana, pensò lei ad un tratto, senza essere sicura se la stava riconoscendo
dai viaggi che aveva fatto o se la stava prendendo dal soggetto: a volte era
difficile da dire.
Era pure in
Messico, si rese conto, in quella scena dileguata precedentemente, quello strano
tafferuglio di luce e ombra. Messico del sud. Tranne che la scena precedente
doveva ancora avvenire, questa era in qualche modo il preludio ad essa.
In questo
tempo e in questo luogo lui era ancora giovane. Lei poteva sentire la forza del
suo corpo, la potenza della sua sessualità.
Lui non
aveva coscienza della sua presenza nella sua mente. Era troppo sprofondato nella
fuga, troppo preoccupato con la scena che gli si sbrogliava, che stava
sbrogliando per se stesso.
Sedeva a un
tavolo da solo bevendo tequila. Era in questa città con degli amici, o compagni
di lavoro, ma se ne erano andati da qualche parte (un bordello al di là della
città, forse) e lui aveva rifiutato di accompagnarli, non ricordava più il
perché tranne che voleva starsene seduto qui da solo a guardare la gente, ad
ascoltare i musicisti girovaghi e ad aspettare lei.
Ricordava
la lunga veste paesana bianca, lo sfoggio delle lunghe gambe abbronzate, occhi
scuri che lo bruciavano dentro, penetrandolo fin nel suo intimo più profondo...
E più tardi, come si sarebbe mossa contro di lui nella sua stanza d'albergo
sulla piazza, con le celebrazioni carnevalesche della folla di indiani che si
stavano ammassando di sotto che alimentava la loro eccitazione.
Celebrazioni di che cosa, si chiese Brandon? Qualcosa di veramente grande eppure
non riusciva ancora ad afferrarlo, i pensieri di lui sulla donna che avrebbe
incontrata si frapponevano. Qualcosa che riguardava il sole...
Era la
stessa donna che era stata con lui, là in quel campo, mano nella mano a guardare
il sole, tranne che ancora non l'aveva incontrata. Ovviamente era un vecchio
ricordo e uno che doveva amare molto, rivisitandolo spesso. E, senza dubbio,
rielaborato, limato, reso ancora più perfetto.
Brandon non
poteva collegare il viso con nessuna delle foto che Findlay le aveva fornito:
non era una delle mogli conosciute di Lerner o una fidanzata o una collega o una
conoscente. Naturalmente, poteva aver dimenticato le sue vere sembianze oppure
aver idealizzato la sua immagine. Quasi certamente col passare degli anni aveva
fatto entrambe le cose, più o meno.
Ed era
anche possibile che l'avesse semplicemente inventata, anche se Brandon lo
dubitava. II livello dei dettagli era molto più grande nelle memorie reali che
in quelle fabbricate, dopo un po' riuscivi a notare la differenza. Questa qui,
con la mosca morta che galleggiava nella tequila e con la polvere in fondo alla
gola appariva reale, reale in partenza almeno.
Reale o no,
era questo che cercava Lerner? Era questo tutto l'affare? Brandon non rimase
sorpresa. Eppure era delusa, in qualche modo, delusa dalla banalità essenziale
di tutto quanto, di questo vecchio che rivisita ossessivamente la scena di
qualche avventura romantica presumibilmente da tempo finita.
Eppure,
come sapeva dalle passate esperienze, poteva essere stato anche più disgustoso
di così.
C'era una
copia accartocciata dell'lnternational Herald Tribune sul tavolo di
fronte a lui. Il mese e l'anno erano chiari anche se il giorno era appannato,
non ricordava le cose precisamente fino a questo punto. Era un qualche giorno di
marzo del 1970 e Lerner doveva avere (quanto?) ventidue anni.
C'era una
buona ragione perché si ricordasse dei quotidiano: era un pilone importante
nella scena. In un attimo la donna (Martha, era così che l'aveva chiamata prima,
o piuttosto in seguito) si levava sopra al tavolino, guardando in basso verso di
lui, aggrottando le ciglia ai titoli chiedendogli se poteva leggerlo. E poi
stava seduta al tavolo e loro parlavano della guerra (era forse la guerra del
golfo, si chiese Brandon? No, quella del Vietnam) e dei bombardamenti e delle
proteste e del suo rinvio alla chiamata alle armi e del fatto che sarebbe andato
in Canada se si fosse arrivati a lui...
Nonostante
i vestiti era americana e una studentessa come lui, studiava filosofia alla
UCLA. D'altra parte era diversa, molto diversa, si preoccupava di cose diverse o
almeno si preoccupava di loro più intensamente.
Questa
guerra, per esempio. Lui era contro, naturalmente, aveva firmato le petizioni e
partecipato alle manifestazioni, pensava che fosse sbagliata ed era sicuro che
non si sarebbe potuta vincere. Ma in tutto questo si sentiva un osservatore
estraneo, non lo prendeva, non nel modo in cui lo coinvolgeva la scienza, era al
massimo un soldato a piedi occasionale nell'esercito di protesta. Laddove la
donna (Martha Danning, era così che si era presentata), la donna era uno dei
generali, un veterano di attività sia legali che illegali, non era sicuro di
voler sapere quanto illegali. E lei parlava non solo di fermare la guerra ma di
buttare giù il governo stesso, di costruire un nuovo tipo di società.
"La
Rivoluzione," disse. "Sta arrivando, proprio fra poco."
Aveva
conosciuto mille persone come lei a casa, naturalmente, la parte più estremista
dei militanti, i vecchi tipi dell'SDS, quelli che parlavano consapevolmente di
Bernardine e Jeff e Jane, e di solito li evitava. E se avesse incontrato Martha
a casa, l'avrebbe evitata... e senza dubbio lei avrebbe avuto proprio lo stesso
poco tempo da dedicargli.
Ma mentre
parlavano si rese conto che non era come loro, non proprio. Parlava con lui
piuttosto che a lui, parlava della guerra e del governo e delle multinazionali,
del ruolo delle università nelle ricerca militare, delle implicazioni degli
interessi di lui nella ricerca nel campo nascente dell'intelligenza
artificiale. Era delicata e tranquilla ed era abbastanza convincente.
Non si
sentiva a suo agio, comunque, e neppure lei lo era. In realtà lei era qui per la
sua stessa ragione, aveva la sua stessa eccitazione su ciò che sarebbe accaduto
l'indomani. Era in questa piccola città messicana (a Miahuatlan, era così che
l'aveva chiamata) da due giorni.
"Io sono
col gruppo del MIT," disse lui. "Tu con chi sei?"
"Gruppo?"
disse. "lo sono venuta sola."
C'era,
allora, un altro lato di lei, un lato che l'aveva spinta a lasciare tutto, il
suo lavoro organizzativo così come i suoi studi troppo a lungo trascurati, per
venire qui, nonostante le critiche che avrebbe dovuto fronteggiare al ritorno.
Ed era questo lato che lo attirava, comunque, anche se dentro di sé lo avrebbe
disapprovato.
"Fritz mi
ucciderà" disse.
Fritz era
uno dei suoi compagni a Berkeley e uno dei suoi compagni nella rivoluzione e
anche, forse (non approfondì questo punto), il suo amante o uno dei suoi amanti.
Ma comunque lei non credeva, come gli disse a un certo punto durante la
conversazione, nella monogamia, era un'altra istituzione destinata a sparire,
come il Congresso, la Corte Suprema e il Pentagono.
E così
parlarono e bevvero e parlarono e alla fine salirono le scale della sua stanza
sulla piazza e si stesero sulla coperta ruvida sul suo letto stretto mentre la
musica continuava a suonare e l'eccitazione degli indiani saliva verso di loro
dalla piazza quasi per alimentare la loro.
12.
"Martha
Danning," disse Brandon, mentre estraeva il conduttore e si sedeva sul letto.
"Studentessa alla UCLA, filosofia, primi anni settanta. Un tipo rivoluzionario,
deve essere schedata da qualche parte. E' lei che sta cercando laggiù."
"Dove si
sono incontrati?" chiese Chambers prendendo appunti.
"Una
piccola città nel Messico dei Sud, Miahuatlan. Marzo 1970, è la data che
ricorda, anche se potrebbe essere un'altra. Era laggiù con qualche gruppo di
ricerca, MIT, non so per che cosa. All'inizio avevo pensato per qualche test
nucleare, ma non si adatta a tutto il resto."
"Farò i
controlli" disse Chambers. "Siete entrata in contatto con lui?"
"No,"
disse. "Voglio rendermi conto della situazione, prima."
"Vi
reimmergerete?"
"Domani,"
disse. Si stropicciò gli occhi. "Lui può non avere bisogno di dormire, ma io
sì."
13.
Di fianco
alla strada sul taxi che lo porta all'aeroporto, nella giungla lussureggiante,
l'apparizione fuggente di una zebra impaurita.
Riconobbe
alcuni visi nel bar dell'Hotel, si unì alla loro conversazione, organizzò
un'escursione nell'entroterra verso nord. Ma non era più uno di loro, era qui
semplicemente come turista da adesso in poi.
Nella sua
stanza, la data sulla copia omaggio della Kenian Gazette era un qualche
giorno del giugno 1973.
Una serie
di transizioni rapide e impazienti. In viaggio su un retro di un camion che
sobbalza. Equipaggiamento da lotta attraverso la pianura polverosa. A
sorseggiare acqua polverosa e tiepida da una borraccia. Guardando intorno a lui
piuttosto che su mentre le ombre incominciano a diventare stroboscopiche, in
cerca di lei...
Lei non
c'era qui, lui non c'era qui, non sarebbe stato in Kenya per altri dieci anni e
non si sarebbe mai avventurato in queste terre desolate del nord. Nessuno di
loro è mai stato qui, tutto si staccò via da lui e lui affondava di nuovo
attraverso il buio che lampeggiava di luci, affondava di nuovo verso l'inizio.
14.
E di nuovo
la piazza, i musicisti ambulanti, il quotidiano sul tavolino. Tranne che questa
volta stava correndo attraverso i dettagli piuttosto che assaporarli. Parlarono,
bevvero, ballarono, andarono in camera sua, fecero l'amore, parlarono ancora.
"...
guardarla," lui diceva, e ora il film stava rallentando a velocità normale,
c'era qualche cosa in questo scambio che voleva ascoltare o cambiare. "Non puoi
guardare l'eclissi direttamente."
L'eclissi,
penso Brandon. Un'eclissi totale. Era questo che stava per accadere al sole qui,
domani. E in seguito, senza dubbio, in Kenya.
"Stronzate,"
disse Martha. "Non posso credere che lo dica tu. Questa non è scienza, è
propaganda. Certo, non puoi guardare al sole senza protezione durante la fase
parziale. Anche con solo una piccola parte di sole in vista, sarebbe come se
guardassi ancora la luce del sole normale... e questo può danneggiarti gli
occhi, qui non ci sono discussioni. Ma durante la fase totale la corona non può
farti del male. Devi sapere solo quando guardare. Osserva gli indiani, domani,
guarderanno di sicuro.
"Il governo
messicano li ha messi in guardia di non..."
"I governi
lo fanno sempre," disse. "Non gli va che la gente la guardi direttamente.
Attraverso un vetro affumicato, forse, o ancora meglio riflessa su un pezzo di
cartone. Ma non direttamente."
"Ma
perché?"
"Perché
ricorda alla gente dove ci troviamo veramente. Seduti qui, su questa palla di
sporcizia, imprigionati in questa danza eterna con la luna e con il sole. Ci
costringe a guardare oltre noi stessi, per guardare a leggi e mete più alte di
quanto i nostri governi tutta saggezza possano offrirci. In fondo, un’eclissi è
un'esplosione di qualche legittima energia rivoluzionaria."
"Stronzate,"
disse lui. "Voglio dire, sento la sua spettacolarità, ma rimaniamo a quello che
è, è soltanto la luna che si mette fra di noi e il sole. Come in un meccanismo,
nient'altro."
"Un
potentissimo meccanismo," rispose. "Ricordati della danza degli spettri."
"Degli
spettri?'
"L'ultimo
rantolo dei vecchi indiani d'America" disse lei.
"L'ultimo
tentativo di scacciare l'uomo bianco. Iniziò con un'eclissi come questa verso la
fine degli anni ottanta dell'ottocento. Questo vecchio indiano ebbe lui stesso
una specie di rivelazione e dette il via a una specie di rivoluzione."
"Ed è per
questo che sei qui?"
"Oh, no,"
disse. "Sono qui per divertirmi. Ma è un simbolo pulito. E la corona, cocco, non
vedrai mai niente altro di simile."
"Hai già
visto un'eclissi totale?"
"Oh, sì,"
disse. "Questa è la terza. Sono quella che puoi definire una divoratrice di
eclissi. Mi ricordo mentre guardavo la prima col babbo nel giardino dietro casa
quand'ero solo una ragazzina. Da come me l'aveva spiegato avevo pensato che
sarebbe stato spaventoso, sai, il sole che va via. Avevo pensato che avrei dato
tutto affinché tornasse e avevo paura che per qualche motivo non sarebbe
tornato. Ma quando accadde non fu per niente spaventoso. Fu un successo, un
successo naturale. Pieno di stranezza e di bellezza. E non volevo che finisse.
Vedi, a volte..."
"A volte
cosa?"
"A volte
sogno che ci sia un'eclisse e che non finisca mai. Semplicemente continui,
continui... Come se stessi surgelando quel momento. So che non finirà mai e
provo questa felicità sorprendente dentro di me. E poi..."
"Poi cosa?"
Si strinse
nella spalle. "Poi mi sveglio."
15.
"Abbiamo
controllato," disse Findlay mentre lei si scollegava. "Era in Messico per
un'eclissi, stavano prendendo qualche tipo di misura. In fondo era là come
portarobe, dava una mano con l'equipaggiamento." "E la donna?" Chiese Brandon
alzandosi dal letto.
"Non la
ritroviamo da nessuna parte della sua vita," disse Findlay.
"Nessuna
vecchia lettera, foto o qualcosa dei genere. Ma c'è stata una Martha Danning,
uno di quei tipi radicali come avete detto voi. Era anche sotto sorveglianza, ma
non è possibile localizzarla in Messico allora o in seguito. Naturalmente la
sorveglianza allora era abbastanza abborracciata. Comunque abbiamo rintracciato
un vecchio ubriacone che era nello stesso gruppo e si è ricordato di Lerner che
si incontrava laggiù con un tipo hippy e radicale. Così quadra, almeno sembra,
tranne che dovrebbe essere stata una cosa piuttosto secondaria nella sua vita."
Le consegnò una foto in bianco e nero dalla grana grossa. Brandon vide che
Lerner l'aveva ricordata abbastanza bene.
"A chi
spetta dire quello che è secondario?" chiese. "E che volete dire con c'era una
Martha Danning?"
"Ha pagato
il conto circa trent'anni fa," disse Findlay, e Brandon provò una sorprendente
fitta di rammarico. Martha le era piaciuta. C'era stato qualcosa di elementare
intorno a lei, la sua energia, la sua rabbia, la sua fame di vita. Era difficile
immaginarla come polvere da tanto tempo." "Come?"
"C'è stata
una guerra, allora, e lei era contro di essa, contro tutto quello che puoi
nominare ora. E la guerra divenne sempre peggiore e le proteste divennero così
feroci che il governò iniziò a sparare ai ragazzi in patria. E lei abbandonò la
scuola e si unì a una specie di gruppo underground di insensati e scomparve per
anni finché alla fine si fece sparare in un assalto qualsiasi ad una banca
andato in malora."
"E Lerner
non la rivide più, dopo Miahuatlan?"
"No,
secondo quello che possiamo rintracciare. Tornò alla scuola, si laureò, si sposò
per la prima volta, ottenne una cattedra, ottenne contratti di ricerca, tutta
roba da buon cittadino solido. Beh, ha firmato una petizione o due, ma ci hanno
fatto un taglio dopo un po', era pulito per la ricerca militare
sull'intelligenza artificiale. Dopotutto non sembra in alcun modo che abbia
cambiato la sua vita." "Forse è stato questo il problema," disse Brandon. "Che
lei non cambiò la sua vita. O piuttosto che non lo fece lui." "Perché dovrebbe
averlo fatto?" chiese Findlay. "Basandosi su che cosa? Si sono incontrati,
hanno avuto una relazione sessuale, ecco come è stata. Fine della storia."
"Tranne che non lo è stata."
"Volete
dire che è questo che sta facendo laggiù?" chiese Findlay facendo un cenno verso
Lerner. "Inseguire qualche strascico attraverso trent'anni?" "Penso che sia più
di tutto questo," disse Brandon. "Penso che stia cercando di fermare il sole."
16.
Stavano
facendo colazione fuori, sulla piazza, pane e marmellata e caffé torbido.
Attraversò la piazza verso di loro.
"Salve,"
disse, sedendosi al tavolo. "Vi dispiace se mi unisco a voi?"
Guardarono
verso di lei stupiti. Nel caso di Lerner, più che stupito. Appariva
terribilmente confuso e poi preoccupato. "Sono Ruth Brandon," disse tendendo la
mano per salutare. Notò con divertimento che la propria mano era senza rughe, la
mano di una ventenne. Un'auto-proiezione idealizzata, un tentativo di mescolarsi
con questo mondo più giovane? Lerner non le strinse la mano, se ne stette seduto
a fissargliela.
"Lei non mi
conosce," disse. "Io non sono da nessuna parte nella sua memoria. Non siete voi
che state facendo tutto questo, ma io."
"Cosa..."
iniziò "Come..."
"Siete in
fuga, Lerner," disse. "E siete andato così in profondità che vi siete
dimenticato quanto siete lontano. E sono venuta a riportarvi indietro di nuovo."
"Andate via," disse. "Andatevene e basta." La mano, che ancora teneva verso di
lui, sparì. Sentì il suo corpo che diventava trasparente.
Contrattaccò, forzando il corpo a solidificarsi, ripristinando la sua mano.
"No," disse. "Non è più la vostra fuga. E' la nostra . E sono forte
quanto voi. Forse più forte." Gli schioccò le dita davanti al viso e il tavolo
fu circondato da una squadra della polizia SWAT del 1970 circa armata fino ai
denti.
"Devo
fargliela portare via ora?" chiese. "Potrebbero non volerla ancora, ma la
vorranno molto presto." Martha, confusa, in preda al panico, si ritrasse nella
sedia. I suoi lineamenti, notò Brandon, stavano diventando sfocati, come se
Lerner stesse perdendo la presa sulla scena.
"O potremmo
parlare?" chiese Brandon, schioccando via la squadra SWAT.
"Andate
via," disse di nuovo. "Per favore ve ne volete andare? Non abbiamo niente da
dirci."
La Danning
ora stava riacquistando definizione. Si sporse sulla sedia.
"Che
succede, Arnold?" chiese a Lerner. "Chi è questa donna. Come fa a fare tutto
questo? E che cos'è una fuga? Lerner guardò Brandon. Lei scosse la testa. "Non
sono io. Siete voi. O è lei che agisce secondo le caratteristiche che le avete
attribuito."
"E'... un
ricordo," disse a Martha, controvoglia. "Un ricordo indotto con la droga. Il mio
ricordo di te e di questo luogo, e di questo tempo. Questa donna è entrata in
qualche modo nella mia fuga."
"Non mi
sento come un ricordo," disse Martha. "Mi sento reale."
"Lo sei,"
le disse Lerner. "Ora."
Guardò
l'orologio.
"La fase
parziale inizia fra mezz'ora. Dobbiamo incamminarci."
Si alzò dal
tavolo. Anche Martha si alzò.
"Mi
spiace," disse a Brandon. "Non ritorno, ancora non ho finito."
Circondò
col braccio Martha e se ne andarono attraverso la piazza polverosa.
17.
Era una
mattinata calda e senza nuvole. Le strade della città erano affollate da
migliaia di indiani provenienti dall'area circostante per celebrare l'eclissi, e
da centinaia di bianchi, tutti membri della varie spedizioni scientifiche
arrivate qui per osservarla e misurarla. Brandon seguì Lerner e Martha verso un
accampamento su una collina nel deserto proprio fuori città. Qui i membri del
suo gruppo stavano già muovendosi precipitosamente intorno alle loro faccende.
Un uomo bianco più anziano rimproverò Lerner per il ritardo e guardò Martha con
un misto di lussuria e disprezzo.
Martha
indugiò al limite dell'accampamento mentre Lerner si unì per fare gli ultimi
preparativi all'equipaggio. "Vi dispiace se guardo con voi?" chiese Brandon.
"No," disse Martha. "Penso di no." Chiaramente, però, Martha non si sentiva a
suo agio con lei presente, davanti a ciò che significava. Come per calmarsi,
frugò nella borsa, che era grande e fatta di una pelle poco rifinita. Estrasse
un mazzetto di negativi, ne raggruppò tre e li porse a Brandon. "Per guardare la
fase parziale," le disse. "Dovrebbe iniziare presto." Guardando il sole a occhio
nudo Brandon non poteva vedere niente. Ma dando un'occhiata attraverso la
pellicole esposta, poteva vedere la luna che lentamente, molto lentamente
mordeva il sole.
Guardarono
in silenzio per un po'. Poi Martha disse: "E' vero, non è così? Non sono reale.
Sono soltanto un... ricordo." "E' una questione di definizione," disse Brandon.
"Qui siete reale. O almeno solo parzialmente reale. Per lui." "Ma non sono una
persona," disse Martha. "Sono solo un fantasma di qualche tipo che lui ha
richiamato. Ecco perché..."
"Perché
cosa?"
"Perché
questo continua a succedere di nuovo in continuazione."
Un ricordo
può ricordare? L'idea fece venire le vertigini a Brandon.
"Proverà a
fermare il sole," disse Martha. "Di nuovo." "Lo so," disse Brandon.
Lerner
aveva smesso di lavorare e stava fissandole. Come incontrò lo sguardi di Brandon
distolse gli occhi. "Perché?" chiese Martha. "Perché sta facendo tutto questo?"
"Non lo
so," disse Brandon. "Forse perché non è mai stato così vivo come oggi. Forse
perché glielo avete chiesto voi. Non lo so. Non sono neppure sicura che lo
sappia lui."
Tacque. La
fase parziale era visibile ora anche senza la pellicola, anche se stava attenta
a non guardare il sole direttamente. E la luce stava mutando in modo
apprezzabile. Poteva ancora vedere la propria ombra a terra, netta e decisa,
eppure la densità del sole stava mutando in modo apprezzabile. Con l'accelerarsi
di questi cambiamenti si sentì sempre più disorientata. L'ombra della luna si
trascinò in avanti riducendo il sole a una falce sottile. Ci fu un improvviso
brivido dell'aria. I cani ulularono alla rinfusa, gli uccelli sciamarono per
appollaiarsi sugli alberi e la gente intorno a loro due mormorava con
eccitazione.
Martha
lasciò Brandon e si diresse verso Lerner. I due si presero per mano e stettero a
guardare mentre una parte d'oscurità si profilava ad ovest correndo verso di
loro. Era il limite avanzato dell'ombra, del cono d'ombra che presto li avrebbe
inghiottiti.
E poi ci
furono grida di stupore allorché il paesaggio fu sommerso da bande d'ombra
tremolanti di nero e di bianco. Era la stessa manifestazione che Brandon aveva
testimoniato nell'entrare la prima volta nella fuga di Lerner, nella parte
finale dell'eclissi. Questa volta, comunque, era stata istruita e la riconobbe
per quello che era: schemi d'interferenza generati dall'interazione dei raggi
di luce dai punti estremi della falce solare che andava scomparendo. E poi, con
la stessa velocità repentina di come erano apparse, le ombre scomparvero. La
calma scese in cima alla collina. Il sole era ora un disco nero circondato da
una corona argentea di luce fiammeggiante. Mercurio e Venere brillavano
chiaramente accanto ad esso. Il cielo era un profondo tramonto, con una banda di
luce intorno all'orizzonte. Totalità. La gente torse lo sguardo dal cielo per
guardarsi l'un l'altro e poi riguardò il cielo, mormorando sommessamente o senza
parlare per niente, gustando questo strano intervallo nei cicli del sistema
solare e delle loro vite. Totalità. E' qui che sono arrivata, pensò Brandon. O
quasi. In pochi secondi ci sarà un lampo di luce accecante, seguito da un bis
nella rappresentazione degli effetti d'ombra. Poi il cono d'ombra si sarebbe
allontanato verso est. Gli uccelli confusi avrebbero lasciato i loro alberi. La
gente avrebbe applaudito e poi sarebbe tornata a casa e avrebbe continuato la
sua vita. E il sole e la luna e la terra avrebbero continuato la loro danza
intricata. E Lerner sarebbe rimasto deluso di tutto ancora una volta, anche se,
certamente, avrebbe continuato con i suoi sforzi, ritornando ancora e ancora a
questa scena. Presto, certo. Ma non ora. Per ora lei aveva la possibilità di
gloriarsi sotto il ricordo di questa corona.
18.
Tre minuti
e mezzo, ecco quanto sarebbe durata la totalità, qui e ora a Miahuatlan ad
Oaxaca nel Messico meridionale. O così aveva letto nei brani scoloriti di
notizie di giornale che le erano stati fornito da Chambers. Tre minuti e mezzo,
tranne che non sarebbe sembrato più di un minuto, secondo quanto riferito da un
testimone oculare.
Eppure già
sembrava molto più di un minuto, o tre e mezzo, o anche dieci. Sembrava
allungarsi sempre di più. Questa volta, forse, Lerner stava vincendo. O ce
n'erano altri di questi successi parziali nel passato, e tutti che alla fine gli
erano sfuggiti?
Cinque
milioni di dollari. Era quello che le avevano già pagato solo per provare. Altri
venti milioni se fosse riuscita a riportarlo.
Cinque
milioni significavano molto per il Centro. Altri venti milioni gli avrebbero
garantito il futuro, in modo indipendente dalla Fondazione che andava
declinando. Il problema stava nel fatto che non era convinta di poterlo
riportare indietro. E anche se avesse potuto, non era più sicura di volerlo
fare.
19.
Permettendo
al suo io proiettato di ridissolversi nel paesaggio oscurato, ritornò alla
prospettiva di Lerner degli avvenimenti.
Questa
volta si accorse della sua presenza immediatamente. Ma era troppo occupato negli
sforzi di mantenere i cieli al loro posto per fare commenti.
"Non potete
mantenere tutto questo," gli disse.
"Sì che
posso," disse dopo un po'. "Sto ottenendone il controllo ora. Posso sentirlo."
Ed era
vero. La scena stava guadagnando in stabilità, senza che lui si adoperasse
continuamente per mantenerla. "lo posso sfasciarla," disse.
"Allora la
rifarei ancora," disse, "E ancora, finché non vi stancate e mi lascerete solo.
Perché io non torno. Questo lo dovete capire. Non c'è niente là per me, non c'è
mai stato niente là..."
Volse lo
sguardo verso Martha che lo teneva per mano in modo deciso e guardava con
attenzione rapita la corona.
"Non è
veramente per Martha," disse Brandon. La conoscevate a malapena e quello che
conoscevate lo avete dimenticato. L'avete idealizzata, probabilmente non era per
niente così."
"Forse
avete ragione," disse. "Ma questo che differenza fa? lo mi ricordo delle cose
importanti."
"E' morta,"
disse Brandon. "Tanto tempo fa. Assalendo una banca."
"Lo so,
questo. Lo sapevo, questo. E allora? Anch'io sono morto, per tutto quello che
conta. Certo, non avrebbe mai funzionato, non avrei mai potuto vivere con
Martha, non nel mondo reale. Lo sapevo questo allora, lo so ancora adesso. E
certamente non avrei potuto seguirla, darmi alla clandestinità, fare quegli
attentati, tutta quella roba. Non è mai stato per me, anche se avevo capito
perché lo facesse. "E da una parte aveva ragione, aveva ragione completamente.
Mi disse la macchina ci uccide, è senza controllo, dobbiamo fermare la macchina.
E sapevo che aveva ragione. E che ho fatto? Sono andato a lavorare per costruire
macchine migliori."
"La gente
fa delle scelte," disse Brandon. "Scelte buone e scelte cattive, per ragioni
buone o cattive. Si possono sempre cambiare."
"No,"
disse. "Sono rimasto senza scelte." Guardò verso la corona che brillava in alto.
"In
seguito, nel lasciare la città, mi disse ci vediamo alla prossima in Kenya nel
73. Tranne che io non ero là, sono sicuro che non ci fosse neanche lei. Già
allora era in clandestinità, anche se non lo sapevo ancora." "Non siete stati
più in contatto?" "Esatto," disse. "Avevo pensato di telefonare, scrivere,
saltare su un aeroplano per vederla, ma non feci mai nessuna di queste cose e
lei neppure. Immagino che entrambi sapessimo che era insensato, che non ci fosse
un futuro. Così non la vidi mai più, dopo questo.. Ma pensai a lei e alla
corona. Ricordo nel 73, una volta alzai il microfono per chiamare le linee aeree
sui voli per il Kenya. Mia moglie era seduta nella stanza accanto a guardare la
TV (mi ero appena sposato, avevo iniziato da poco ad insegnare) ma chiamai.
Avevo pensato di andare, lasciare tutto e andare, ma naturalmente non lo feci.
"E alcuni
anni dopo aprii il giornale e lei era là. Una foto dalla videocamera all'interno
della banca, poco prima della sparatoria. Si era tagliata i capelli, era
ingrassata, ma sapevo che era lei, sapevo che era morta. E fu allora che iniziai
a realizzare che lo ero anch'io. Una parte di me, comunque, la più importante."
"E quale
parte era," chiese Brandon.
"La mia
libertà," disse. "La mia spontaneità. La mia gioia. Tutta questa roba. E' quello
che era morto, è quello che uccisi dentro di me. O così il mio terapista era
solito dirmi, prima che abbandonassi la terapia come una perdita di tempo."
"Martha era
un simbolo di qualcosa che voi sentivate che avevate perso?"
"O mai
avuto," disse. "Tranne molto brevemente, in momenti come questo. E mai più dopo
questo. Fui morto per tutto il tempo, ma ci volle molto tempo per capirlo. E
anche allora continuai le pose, presi un sacco di pose. Nessuno sembrò notarlo.
Beh, mia moglie lo notò, perché alla fine mi lasciò e così fece la seconda
moglie. Ma nessun altro sembrò vederlo, o se lo fecero allora non gli
interessava. Forse gli piacevo di più in quel modo. E io continuai semplicemente
a costruire macchine migliori." "Che farete?" chiese. "In questo vostro mondo
gelato?" "Fare?" disse. "Oh, non so. Pensavo che forse potevamo continuare a
guardare tutto questo per un altro paio d'anni. E dopo questo, forse avremmo
potuto pranzare e tornare a guardarne ancora un po'."
"Ma
sicuramente è speciale solo perché è così breve," disse lei. "Vi stuferete di
tutto questo. Vorrete andarvene." "No," disse. "Non credo. E' stato l'andarsene
da qui che mi ha ucciso, e anche Martha. Penso che saremo felici qui."
20.
E poi
iniziò a sfuggirgli. Forse era diventato troppo sicuro, forse si era distratto,
ma immediatamente il panorama iniziò a ondeggiare e poi ci fu un lampo di luce
accecante.
Lei provò
la sua disperazione, perfino più acuta di prima, il suo senso di perdita.
"Oh, merda,"
disse a se stessa.
E lei si
allungò nel paesaggio della fuga riversando le proprie energie per riplasmarlo.
Tirò indietro l'ombra della luna, la fece rotolare nella posizione precedente,
la fissò al posto suo.
Lo sforzo
le esaurì, ma la scena appariva stabile. Con precauzione la lasciò andare.
"E'
questione di allenamento," disse. "Penso che ora duri, anche dopo che me ne sono
andata. Anche se non posso promettervelo."
"Potete
rimanere anche voi," disse. "C'è tanto posto." "No," disse. "Non ora."
"Comunque
non aveva fretta di tornare. Sapeva che Finley non si sarebbe certo divertito.
Così si
attardò un po' dentro a quel tempo e a quello spazio, crogiolandosi al bagliore
della corona.
21.
Se ne stava
seduta sul letto a bere un bicchiere di spremuta quando il campanello
dall'allarme iniziò a suonare. Guardò al grafico sull'EEG sul monitor. Come si
era in qualche modo aspettato, la linea era piatta.
Poi i
dottori e le infermiere si riversarono nella stanza e iniettarono all'uomo nel
letto dell'adrenalina e lo collegarono a un congegno per la respirazione. Ma la
linea rimase piatta e alla fine rinunciarono.
Fu solo
allora che lei notò che le pareti della stanza erano verdi invece che grigie e
che la stanza stessa era più lunga e più stretta di prima.
"Dov'è
questo posto?" chiese al dottore.
"Dove è
sempre stato," disse il dottore sorpreso. "A Boston, nel Massachusetts."
"Ci avete
spostati?" "Spostati?"
"Non è il
centro medico della SecTech?"
"Questo è
l'ospedale cittadino," disse. "Dovete essere ancora disorientata. Deve essere
stata una cosa terribile, con lui che vi è morto addosso in qual modo. Ma
avevamo sempre saputo che era una scommessa impossibile." Ci stava ancora
meditando sopra quando Findlay entrò nella stanza e notò la scena.
"Peccato,"
disse.
"Peccato?"
gli fece eco lei. "E' tutto quello che avete da dire su tutto ciò."
Sembrò
sorpreso. "Che altro c'è da dire? Conoscevo appena questo tipo, dopotutto."
"Avrei
pensato che la SecTech sarebbe stata abbastanza contrariata," disse. "Dopo aver
affrontato tutti questi problemi."
"La SecTech?"
disse. "Chi diavolo è la SecTech?" "Quelli per cui lavorate," disse, anche se
sapeva ora che non era vero.
"Per cui
lavoro? lo lavoro per il dipartimento di polizia, Dr Brandon, lo sapete. Sono
quello che vi ha fatto entrare in tutto questo, per vedere se si poteva ottenere
un'identificazione di questo signor Rossi e anche di tirarlo fuori. Non vi
ricordate?"
"Certo,"
disse, mentre il dottore sussurrava qualcosa nell'orecchio di Findlay. "Certo
che me lo ricordo." Si alzò e sollevo il lenzuolo dal viso di Lerner. Tranne che
non era il viso di Lerner.
Si diresse
alla finestra e sollevò la tendina per guardare il sole. Era un normale sole
d'inverno, deciso e brillante in un cielo duro come il diamante.
"Sì," disse
di nuovo. "Me lo ricordo."
© Andrew Weiner, titolo
originale Rider
traduzione italiana Danilo
Santoni