Quante storie!
Data: Mercoledì 17 novembre 2004
Argomento: Saggistica


discussione a tre su allostoria e dintorni - a cura di Massimo Giraldo, Danilo Santoni e Giampietro Stocco

DS
Credo che il concetto di Storia alternata sia piuttosto diffuso, anche al di fuori del genere fantascientifico, infatti un po' tutti ci siamo divertiti ad immaginare, almeno una volta, come sarebbero andate le cose se..., ma allo stesso tempo manca una definizione precisa e una circoscrizione del campo.

Non sono d'accordo, per esempio, con coloro che affermano che ogni storia con previsioni precise in un futuro preciso diventa storia alternata allorché queste previsioni non si realizzano in quella data precisa. Secondo questa visione, per esempio, 2001 Odissea nello Spazio sarebbe un romanzo di storia alternata, dato che nel 2001 non sono stati realizzati computer come Hal. A me sembra un discorso fuorviante, perchè così anche un romanzo d'amore diventa una storia alternata!

E' difficile, lo so, anche perchè una definizione precisa implica una visione ben definita del concetto di 'Storia': pensare che possa realizzarsi una storia alternativa a seguito delle possibili risultanze di un avvenimento particolare indica un concetto di Storia basato sui grandi fatti, mentre credo che la storia sia essenzialmente un concatenarsi di miriadi di micro eventi che portano ad un macro evento. Cambiare uno, due, cento... di questi microeventi non può avere influenza sul macro evento.

GS

Quanto a 2001, sono d'accordo, non è che un gran bel film di fantascienza, che è genere completamente diverso dall'allostoria. Qui, invece, bisogna ben intendersi sui termini. E' ben vero che "la storia siamo noi", nel senso che è l'umanità stessa con il complesso del suo vivere, credere, darsi delle consuetudini, a forgiare il proprio avvenire. E tuttavia, io credo, rimangono degli snodi fondamentali, che non a caso chi scrive di storia alternativa definisce "punti di divergenza". Se il Giappone non avesse attaccato a Pearl Harbour. Se Francesco Ferdinando non fosse stato ucciso da Gavrilo Princip e fosse diventato Imperatore d'Austria. Se Giulio Cesare non fosse stato assassinato. Se, se e se. Laddove il "se" riguarda un Evento con la e maiuscola, un Personaggio con la p maiuscola. Gli storici si sono picchiati per decenni, nel '900, sui due concetti. Se, cioè, la storia la fanno i grandi eventi o i piccoli. Io propendo per la prima tesi. Esistono personaggi, o correnti di pensiero, che si definiscono "mainstreams". Se il "mainstream" prende una certa piega, le correnti più piccole seguono la maggiore, che diventa il flusso principale. Sono positivista? Probabilmente. E' di certo una visione poco "marxiana" della storia. Ma non riesco, davvero, a immaginare un futuro diverso per me se, ad esempio, un oscura comunità contadina del Trecento ligure decide di andare a coltivare i campi meno in pendenza dall'altra parte dell'Appennino. Poi, magari, la migrazione prende piede e i liguri colonizzano la Pianura Padana e unificano l'Italia con mezzo millennio di anticipo. Mi pare, come dire? Insistere un po' troppo sulla farfalla che batte le ali da una parte e fa crollare imperi dall'altra. Immagino invece, ed eccome, un presente radicalmente diverso, se Napoleone Bonaparte finisce ucciso a Millesimo nel 1796 anziché stravincere la Campagna d'Italia.

MG

Concordo pienamente sul discorso degli "snodi fondamentali". Anche secondo il mio punto di vista deve essere la perfetta combinazione di Personaggi/o-Evento che, se radicalmente cambiati, sicuramente modificano il corso della Storia. E vorrei sottolineare la Combinazione di questi due elementi. Sarebbe infatti, a mio avviso, alquanto improbabile che se per esempio un personaggio come Adolf Hitler fosse morto in tenera etá il corso della storia sarebbe sostanzialmente cambiato e saremmo magari riusciti ad evitare il secondo conflitto mondiale. Dal mio punto di vista il personaggio é cruciale solo se anche il momento é tale. Il ventennio fascista in Italia e soprattutto l'ascesa del nazismo in Germania, temi presi in considerazione nelle ucronie di grandi autori della fantascienza come Philip K. Dick nel suo romanzo "La svastica sul sole" o Norman Spinrad con il suo "Il signore della svastica”, tanto per citarne un paio, furono a mio avviso una conseguenza delle condizioni politiche e soprattutto socio-economiche createsi a partire dalla metá degli anni '20 e che, giunte a maturazione, purtroppo divennero l'inevitabile spinta ai drammatici eventi che seguirono. Cosí come non si sarebbe potuta evitare la cosiddetta "scoperta" dell'America se Cristoforo Colombo non fosse partito con le sue Caravelle. Certamente ci sarebbe stato qualcun altro al suo posto e l'America sarebbe stata comunque raggiunta e successivamente colonizzata. Magari non useremmo il termine "colonizzare" peró... :-)

Per quanto riguarda invece "2001 Odissea nello spazio", ci si potrebbe chiedere se si possa parlare di storia alternata qualora HAL fosse stato realizzato e se maggiori investimenti fossero stati stanziati nella ricerca dei viaggi spaziali. Purtroppo peró non riesco e non intendo vedere sotto questa luce il romanzo di Clarke. Perlomeno non nei termini di una ucronia. E la ragione secondo me é che da una parte non era certo nelle intenzioni dell'autore raccontare di una storia alternativa, semmai di dipingerci il quadro di un futuro abbastanza plausibile, almeno per il 1968. Dall'altro sono convinto che l'allostoria debba partire da un qualcosa di conosciuto, assodato, che appunto abbiamo letto e studiato nei libri di storia. Dopo di che l'arduo compito dello scrittore sarà quello di saper abilmente individuare proprio quegli "snodi fondamentali" e introducendo quei se si arriverà a quei "punti di divergenza" in grado di dar vita al racconto di storia alternata.

DS

La mia affermazione precedente è apparsa più teorica di quanto volesse essere: il fatto che stiamo discutendo di allostoria da un punto di vista letterario implica due cose, l’accettazione del genere e l’accettazione che la cosa sia possibile (almeno letterariamente!). Non mettevo quindi in dubbio che, come dice Giampietro, se Napoleone fosse stato ucciso nel 1796 avremmo potuto avere una storia diversa. Quello che volevo dire è un po’ quello che afferma Massimo, e cioè che, secondo me, la storia anche quando è fatta da grandi personaggi o da grandi eventi ha una sua logica consequenziale che deriva da un substrato di accadimenti.

Scrivere una storia alternata, secondo me, dovrebbe tenere conto di questo fatto. Il capitalismo è nato in Inghilterra durante la rivoluzione industriale, perché non è nato in Toscana durante il rinascimento, allorché c’erano capitali ingenti e persone che potevano definirsi quasi capitaliste? Mancava tutta una serie di condizioni che in Inghilterra esistevano e in Toscana no. Fare una storia alternata su quel periodo necessita di una ricerca di quelle condizioni. Non credo basti mettere qualcun altro al posto di Lorenzo il Magnifico. Cerco di fare qualche esempio: io ho scritto un raccontino che rientra nel genere delle storie alternate, Tradimenti, fa parte dell’antologia Regia Italia 90 e parte dal presupposto che al referendum in Italia abbia vinto la monarchia. Che ho fatto? Ho preso un evento della nostra storia, il rapimento Moro, e l’ho riprodotto in una situazione ribaltata, socialisti al governo (primo ministro Curcio) e integralisti cattolici fuorilegge (le nostre BR). Non credo di aver scritto un racconto di allostoria, perché ho preso dei termini attuali e li ho sostituiti con termini nuovi. La cosa, forse, in un racconto si nota poco, ma in un romanzo diventa fondamentale. Quello che voglio dire è che spesso si finisce col fare quello che è molto comune in fantascienza: prendiamo un esempio abbastanza attuale, Io Robot di Asimov. Asimov immagina che l’uomo abbia sviluppato una tecnologia talmente avanzata da essere in grado di realizzare un’intelligenza artificiale pressoché uguale all’intelligenza umana. Ebbene in che società si realizza tutto questo? In una società che è lo specchio fedele della middle class americana fine anni 50 e inizio anni 60. E’ possibile? No. Uno sviluppo tecnologico di quel tipo non può non avere influenza su tutti gli aspetti della società umana.

E così per le storie alternate, credo che i problemi siano molto più profondi e ramificati.

Giampietro, tu che hai scritto più di un romanzo di storia alternata, ti sei trovato di fronte a questo problema?

GS

La storia - e l'allostoria - è certamente un substrato di accadimenti, dai quali emerge lo snodo, il punto fondamentale, cambiando il quale tutto muta e si prende una direzione anziché un'altra. Il paragone sulla Rivoluzione Industriale regge secondo me fino a un certo punto, magari io mi sarei chiesto perché questa si afferma nell'800 inglese sì e nell'800 tedesco no. Potrei rispondere che in Inghilterra, all'epoca, c'era un certo John Stuart Mill, e in Germania, nonostante Karl Marx, ci si dibatteva ancora nella contemplazione romantica. Poi, però, nacque l'Impero Tedesco e l'industria germanica si prese la sua rivincita, e questo nessuno l'avrebbe potuto impedire. Germania e Inghilterra emergono poi anche politicamente, sono Paesi forti; l'Italia no. Nel Rinascimento, poi, erano più potenti alcune banche di certi Stati, e le banche finanziano le guerre, non le fanno. Sul discorso Regia Italia e sul rapimento Moro ribaltato, beh, a me pare che i confini tra fantasy e allostoria siano piuttosto labili. Diverso sarebbe ipotizzare che Bin Laden costruisca il Megacaliffato e dichiari la guerra globale: qui siamo più sul piano della fantapolitica, perché gli eventi sono ancora in corso e nessuno esclude che questo possa effettivamente accadere, anche se non è plausibile. Se io mi sono trovato di fronte a questi problemi? Certo che sì. Ho scritto ad esempio un romanzo, Pacem Servabo, in cui ipotizzo proprio la morte di Napoleone nella Campagna d'Italia e un ventesimo secolo in cui la Rivoluzione Francese è solo un evento della storia, e non una tappa fondamentale, tanto più che gli ideali del 1789 vengono soffocati e nel 2000 ci sono ancora le monarchie egemoni. Come ipotizzare una società del genere? Asimov trapianta i suoi robot negli USA anni '50-'60. Io ho dovuto immaginare, ad esempio, un futuro comunque tecnologico come il nostro presente, ma atteggiamenti umani o professionali ben diversi: in Pacem Servabo, ad esempio, i giornalisti genovesi non corrono dietro alle notizie, perché sono ancora convinti di pubblicare poco più che i bollettini ufficiali del '700 e dei primi dell'800. Nessuno gli ha insegnato la libertà di stampa, perché è uno dei diritti maturati dopo il 1789 nella storia ufficiale. Sempre in Pacem, inoltre, I cronisti anglosassoni, più aperti alle novità, e comunque figli di un Seicento turbolento e di un Settecento para-illuministico, lasciano i colleghi italiani sul posto. Questi ultimi fanno ipotesi sulle notizie, gli altri le cercano. Il protagonista del romanzo, Gian Filippo Spinola, è sì un agente della Repubblica di Genova, usa macchine che ricordano i nostri computer e via dicendo. Tuttavia, essendo un nobile, favoleggia sulle abitudini crepuscolari di Proust e si atteggia un po' all'Andrea Sperelli del Piacere dannunziano. E' un po' decandente, come ho supposto potesse essere una società aristocratica del 21. secolo. Qui però comincia il terreno minato: per alcuni l'elaborazione fantastica è convincente, per altri no. Insomma, questo presente parallelo prodotto da un evento "allostorico" deve per forza essere uno specchio solo leggermente modificato dell'attualità, oppure ci si può sbizzarrire? Io sono della seconda scuola, anche perché nessuno di noi ha la palla di vetro per poter dire come sarebbe se ... le cose fossero andate diversamente.

MG

Ho trovato molto interessante l'appunto di Giampietro per quanto riguarda il passaggio da un passato allostorico ad un presente parallelo piuttosto diverso da quello attuale per giungere infine ad un futuro alternativo che possa 'scadere' nella fantapolitica. Credo che l'autore dell'ucronia, al fine di ottenere una maggiore flessibilità nell'intessere la trama della sua storia, debba prendere in considerazione uno 'snodo' fondamentale che non sia troppo vicino, in termini temporali, al presente del lettore. Dalla nostra discussione mi par di capire che siamo tutti d'accordo su un punto, e cioè che é necessario analizzare con cura il quadro generale politico e socio-economico della situazione prima "dell'accadimento" per poter poi costruirci sopra dei fatti plausibili. É pur vero però, secondo me, che più ci si allontana dall'oggi del lettore come riferimento e più dovrebbe essere possibile sbizzarrirsi con la storia proprio in prossimità del presente e oltre, in quanto la deviazione rispetto all'attuale può diventare talmente abissale da poter modificare completamente molti dei parametri del conosciuto, o perlomeno del recente vissuto. Allo stesso tempo però, in un racconto breve, come 'Tradimenti', nella quale tutto é circoscritto nello spazio e nel tempo, ci si può (forse ci si deve) limitare nella ramificazione della deviazione spazio-temporale. Se al contrario lo spessore della storia é quella di un romanzo o addirittura di un ciclo di romanzi, credo che sia effettivamente intricato ricreare un ambiente credibile che possa perlomeno rammentare gli intrecci tipici della Storia con la esse maiuscola. I fattori da prendere in considerazione, infatti, possono essere molteplici e secondo me, in questo caso non proprio lineari, anche se si é discusso di logica consequenziale. Se da una parte, dunque, é indubbia la complessità nel creare una trama verosimile, dall'altra, quando parlo di maggiore flessibilità di un autore che scelga uno snodo fondamentale distante nel tempo intendo dire che questi può ricreare in modo molto più libero i fatti successivi l'accadimento e che, quando andranno a cozzare col presente non avranno necessariamente una correlazione speculare nel contemporaneo del lettore. Pertanto credo che uno stravolgimento completo dell'odierno in uno scenario allostorico sia tanto più sostenibile quanto più lontano in termini temporali é lo snodo fondamentale dal quale si deriva l'ucronia. Mi piacerebbe sentire da voi, che già avete già scritto alcune cose, un'opinione su questo argomento.

GS

Ebbene, sì, allostorici, se volete cambiare radicalmente il presente, occorre che mettiate le mani bene in pasta nel remoto passato, altrimenti datevi alla fantascienza!. Semplifico un po', ovviamente, ma il concetto è chiaro. Se voglio un presente alternativo di parecchio a quello di oggi devo incidere su eventi importanti che si trovano ben indietro, come la scoperta del Nuovo Mondo, la caduta dell'Impero Romano e cose analoghe. Oppure devo "colpire" eventi ideologicamente importanti, anche se più recenti: pensate alla Rivoluzione Francese, a quella industriale, oppure al Manifesto di Marx. Senza rivoluzione industriale e Manifesto, addio al comunismo e ovviamente anche al fascismo. Incidere sulla storia ci porta a scoprirne la struttura ad albero: taglia sotto le ramificazioni e darai vita a un'altra pianta. Creare una trama verosimile è tutt'altra storia: è quello che ci chiedono gli editori, ma come fai a scrivere qualcosa di verosimile su un fatto alternativo assolutamente fuori della nostra comprensione, ad esempio, se immagini che Leonardo abbia davvero fatto volare i suoi deltaplani e li abbia messi a disposizione della guerre italiane di fine '400? Scriviamo un po' "I deltaplani del Moro" e vediamo svolazzare un Barone Rosso milanese che bombarda di fuoco greco i francesi di Carlo VIII. E' verosimile? No e sì. Ecco la mia sfida: parliamo di verosimiglianza e vediamo che vuol dire parlando di allostoria.

SD

E’ l’effetto farfalla, in altre parole, un battito di ali di farfalla in più o in meno in un continente che genera mutamenti enormi in un altro.

Bradbury è stato forse quello che l’ha specificato meglio nel suo racconto A Sound of Thunder che, a proposito, mentre discutiamo la Warner Bros sta trasformando in film per la regia di Peter Hyams (temo in una giurassiparkata!). E qui entra in ballo anche il viaggio nel tempo: i paradossi temporali altro non sarebbero, in fin dei conti, che allostorie molto sbrigative, senza ricerche o approfondimenti.

Quello che comunque mi sorprende è un’altra cosa. L’allostoria presuppone una visione dello sviluppo umano non predestinata, ma il genere è diffuso soprattutto nel mondo anglosassone, diciamo così in un ambiente protestante (o almeno non-cattolico), e questo secondo me è una specie di paradosso vista la tendenza protestante a intendere il percorso dell’uomo come un qualcosa di predestinato. Vuoi vedere che oltre che di paradossi temporali dobbiamo anche discutere di paradossi storici?

MG

…credevo che, in un certo senso, l’allostoria fosse per definizione un paradosso storico. O forse non ho capito l’ affermazione di Danilo. Parlando invece di paradosso temporale, per qualche ragione affiora alla mia mente la trilogia di Robert Zemeckis, Ritorno al Futuro, che in un certo senso, almeno nel piú riuscito dei tre episodi, e cioè il primo, a tutti gli effetti si viene a creare una situazione ucronica. Al ritorno del protagonista nel presente i fatti accaduti nel passato hanno deviato la situazione a tal punto che il padre, anziché rimanere quello che gli americani definirebbero un looser, é invece uno scrittore di successo e tutto fila liscio, o quasi, visto che il finale rimane volutamente aperto ad introdurre il sequel. Certo il film non ha contenuti profondi, ma è puro intrattenimento ed é altresì evidente che il target dell’audience per questo tipo di pellicola è soprattutto adolescenziale, in quanto non c’è alcun particolare approfondimento su fatti storici e il raggio d’azione è semplicemente limitato agli accadimenti di una piccola, classica comunità americana.

Mi chiedo poi se qualcuno sia mai riuscito a trasporre su pellicola in maniera decente una vera e propria ucronia. Anche in questo caso mi salta alla mente il titolo di qualche film, come per esempio I vestiti nuovi dell’imperatore e Fatherland, quest’ultimo forse piú famoso e tratto dall’omonimo romanzo di Robert Harris. Ammetto però di non aver visto né l’uno né l’altro. Leggendo comunque qua e là alcune recensioni e le sinossi per il primo, ho riscontrato commenti molto positivi, mentre il secondo viene letteralmente bastonato da critica e pubblico e definito in piú di qualche parte come un noioso poliziesco.

Giampietro, qual è a tuo avviso un film decente che sia basato su un’allostoria, ammesso che esista e che tu l’abbia visto, e che utilizzi piú o meno bene la verosimiglianza di cui si parlava? E questa, nella tua esperienza, è davvero necessaria o puó divenire piuttosto una sorta di briglia che tenta di contenere la fantasia dell’autore, come mi pare invece di intuire dal tuo ultimo commento?

Danilo, quando parli di paradossi storici, non è che per caso ti riferisci, oltre che all’allostoria anche al filone steampunk, magari alle storie di autori come quelli di Paul Di Filippo?

GS

Ho visto a suo tempo Fatherland, e devo dire che anche io ebbi l’impressione di un poliziesco trapiantato in un futuro alternativo, un’operazione vicina a quella fantascientifica fatta con Minority Report, dove il succo è il giallo, non importa quale sia l’ambientazione. Dei Vestiti nuovi dell’imperatore non saprei che dire, non l’ho visto. In ogni caso, la mia opinione è che è estremamente difficile fare un film allostorico. Si rischia molto, intendo dire da parte di chi lo produce e di chi lo gira, perché la premessa dello verosimiglianza, o comunque della credibilità, che è quella che spinge molti di noi a cercare l’emozione in un film, è ipso facto vanificata dalla realtà descritta, di per sé inesistente. Certo, questo non spiega perché allora la fantascienza abbia successo. In realtà, secondo me, la fantascienza dimora nell’universo dei desideri e confina molto di più con l’irrazionale, quelle cose insomma che si spera esistano, anche se non ci si crede. Pensate un po’ a fare un film in Italia sul fascismo negli anni ’70. Vi immaginate a malapena il vespaio di polemiche? Chi scrive soggetto e sceneggiatura verrà bollato come destrorso e si cercherà o di stroncarlo o di metterci il cappello sopra. E chi si prenderà la briga di dirigere il film e soprattutto di produrlo? Fatherland lo han fatto negli USA, non in Germania… Quanto alla verosimiglianza come briglia, beh. Più che un’autodisciplina dell’autore allostorico mi sembra un’esigenza degli editori. Insomma: in Italia difficilmente puoi proporre storia alternativa in versione hardcore, alla Turtledove per intenderci. Non interessa. Non c’è tradizione. Puoi fare dei crossover, magari più interessanti, con altri generi: thriller, giallo, noir. Il lettore non deve sentirsi spaesato, insomma, sennò non inquadra dove stai andando a parare e generalizza: Mussolini negli anni ’70? L’autore è un fascista. L’Invincibile Armata vittoriosa in Inghilterra? E chi se ne frega, siamo italiani. Allo stesso modo fanno case editrici e producer cinematografici, così per “acchiappare” devi strizzare l’occhio ai generi classici.



… giunti a questo punto ci accorgiamo che il discorso si fa troppo complesso. Qui abbiamo cercato di dare qualche traccia, l’appuntamento è sul sito di Giampietro dove è presente un blog specifico sull’allostoria.







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