Una analisi di Simone Buttazzi
UN GIOCO
DA BAMBINI, di JAMES GRAHAM BALLARD
CHILDREN
OF THE REVOLUTION
(il presente testo è apparso in Lankelot
)
Ballard, o
dell’agorafobia. Nel 1988, molto prima delle rivoluzioni implosive
di Estrella del Mar,
Super Cannes e Chelsea Marina raccontate nei suoi romanzi dal
1996 al 2004, lo scrittore inglese prende un piccolo villaggio
residenziale, Pangbourne Village, e vi ambienta un massacro.
Superfluo dire
che a Pangbourne andava tutto per il meglio. Tutti erano ricchi e
felici. Le abitazioni erano collegate da una Intranet amicale che
faceva rimbalzare messaggi sugli schermi dei computer. Da casa a
casa. Dal piano di sopra al piano di sotto: “Oggi 47 vasche!” –
“Bravissimo Jeremy!”. Jeremy è uno dei tredici ragazzi di Pangbourne
Village. I genitori vivono fianco a fianco con i figli, ne
organizzano le giornate seguendo le più moderne teorie pedagogiche.
A nessuno manca niente. Ovunque il sorriso, l’abbondanza, la
continenza. La sicurezza.
Running
wild
è un Kammerspiel a orologeria, un ordigno appena esploso che
ci ha lasciato un panorama da ricomporre.
È la ricostruzione di una strage consumata in dieci minuti.
Anch’essa, come il luogo, perfetta. Senza sbavature. Noi lettori la
esperiamo con gli occhi del dottor Richard Greville, consulente
psichiatrico della Polizia Metropolitana. Greville ha il compito
ingrato di fare chiarezza. Ci riuscirà, ma la verità sarà così
atroce che nessuno vorrà credergli.
La “verità”: non vogliamo più sopportarne il peso, né esserne
vittime o complici. Sogno un mondo dove si morirebbe per una
virgola.
E.M. Cioran,
Sillogismi dell’amarezza,
Adelphi, Torino, 1993, pag. 12.
Greville
sfoglia il massacro come un libricino di istruzioni, e noi con lui.
Ballard ci ha consegnato un romanzo incredibilmente conciso – poco
più di cento pagine – asciugato fino a raggiungere un’essenzialità
di rara efficacia. Comincia con un video girato dalla polizia,
prosegue con la lista dettagliata delle vittime e con una batteria
di ipotesi, alterna sopralluoghi a nuovi sviluppi nelle indagini e
offre una lunga ricostruzione cronometrica di quanto accaduto. Con
un epilogo in prolessi.
Greville si
tuffa nelle vicende alla ricerca del bandolo della matassa, le
riavvolge e le riproduce a doppia velocità come una videocassetta.
Come in ogni romanzo ballardiano che si rispetti, l’audiovisivo
irrompe prepotentemente. È grazie al video girato dalla polizia che
facciamo una prima passeggiata a Pangbourne: un lungo piano sequenza
dalle ambizioni filmiche.
Un’esplorazione, camera a spalla, in un mondo perfetto dove tutto è
al suo posto, eccezion fatta per trentadue corpi, uccisi nelle
maniere più disparate. Pangbourne, quel 25 giugno 1988, era comunque
destinata a pavoneggiarsi davanti ad un occhio meccanico che non
fosse quello delle tante videocamere di sorveglianza. Il massacro si
consuma lo stesso giorno in cui una troupe della BBC si sarebbe
dovuta recare sul posto per girarvi un documentario. Per rubare
l’anima di quella coabitazione perfetta. In realtà la stranezza di
Pangbourne è quella di un’arancia meccanica: queer as a clockwork
orange.
“Se
vuole trovare il vero porno, guardi un po’ più sotto, dottore”
(pag. 43)
A
Pangbourne c’è una verità grande un elefante, ma che nessuno vuole
vedere.
Sotto i Playboy, Jeremy tiene una nutrita collezione di Guns and Ammo,
Commando Small Arms, The Rifleman,
Combat Weapons of the Waffen SS. I ragazzi di Pangbourne sono
belli ed educati come i bambini del Villaggio dei dannati
(Wolf Rilla, 1960), sono carne da copertina come i protagonisti di
Elephant (2003) di Gus Van Sant.
Un gioco da bambini
si ricollega al film di Van Sant (come l’agnello che sporca l’acqua
al lupo) anche per come rigira gli eventi con insistenza, offrendo
sempre nuove prospettive su fatti già noti. Reiterando le immagini.
Ribaltando il tempo come un guanto, in preda all’ansia
dell’incredulità.
I ragazzi di
Pangbourne hanno le loro vittorie sportive, i loro hobbies creativi,
il loro giornaletto, girano addirittura piccoli film amatoriali in
cui riprendono le gesta quotidiane dei genitori. Salvo poi montare
le immagini inframmezzate a scontri automobilistici, esecuzioni
nella camera a gas, scene dei lager nazisti.
Incapaci di manifestare i propri sentimenti o di reagire a quelli
altrui, soffocati sotto una coltre di elogi e approvazioni, si
sentivano imprigionati per sempre in un universo perfetto. In una
società totalmente sana, l’unica libertà è la follia.
(pag. 86)
Come alla
scuola
Columbine, la violenza esplode in una cornice innocua. Effetto
sorpresa. La differenza – questa è finzione, o meglio: un’ennesima
profezia ballardiana – sta da un lato nella premeditazione
millimetrica, dall’altro nella proiezione nel lungo periodo. Oltre
che, ovviamente, nell’identificazione delle vittime. A morire sono
solo gli adulti, tutti. Ed è solo un inizio, perché l’epilogo del
libro, ambientato cinque anni dopo, narra di un attentato ad un
primo ministro in pensione – un premier “di ferro”… - ad opera dello
stesso gruppo terroristico. Un esempio di quanto Ballard sappia
coniugare saggistica e kitsch, ossessioni personali e riflessioni
denudanti su quanto ci circonda. Da decenni gioca sul filo di
lama che separa il mortalmente serio dal demenziale, maciulla i
generi letterari per metterci di fronte al declino del nostro impero
ideologico, il castello di carta delle nostre sicurezze. In Ballard,
libertà arriva sempre a rimare con psicopatia.
Il regime indulgente e protettivo instaurato con le migliori
intenzioni al Pangbourne Village ed entusiasticamente imitato nei
lussuosi complessi residenziali dell’Inghilterra meridionale, nonché
nell’Europa occidentale e negli Stati Uniti, ha generato una stirpe
di vendicatori, e li ha mandati a sfidare il mondo che li amava.
(pag. 109)
Un massacro
motivato, ordito ai danni di un regime tirannico: il dispotismo
della bontà. Ballard riesce a gelare il sangue senza calcare la
mano. Sacrifica la plausibilità sull’altare di una visione più ampia
della società che ci accoglie. Running wild è un romanzo che
si lascia divorare e che ti scava dentro. Parla di benessere, di
ingratitudine, di prigionia, della ribellione più elementare.
Quella di chi ha tutto, e quindi non gli resta che distruggerlo. Ma
non vi allarmate. È solo finzione.
Il massacro:
varie teorie
1)
Il killer solitario
2)
Un gruppo di psicopatici
3)
Esercitazione militare con obiettivo errato
4)
L’ipotesi politica: intervento di potenze
straniere
5)
Terrorismo internazionale
6)
Criminalità organizzata
7)
Gli assassini sono i genitori
8)
I dipendenti
9)
Teorie stravaganti:
a) ipotesi
Spetnaz Commando della NATO
b) ipotesi
aereo della RAF o dell’USAF
c) genitori e
figli erano agenti supersegreti
d) i genitori
sono stati uccisi da extraterrestri
e) i genitori
sono stati uccisi dai propri figli
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
James Graham Ballard (1930, Shangai), romanziere britannico.
Approfondimento in rete:
http://www.intercom.publinet.it/2000/ballard0.htm
http://www.fantasticfiction.co.uk/authors/J_G_Ballard.htm
http://www.lankelot.com/romanzi-recensione-ballard-trilogia.html
Un
gioco da bambini,
Anabasi, Milano 1992
(ristampato nel
1999 da Baldini & Castoldi)
Running wild,
Hutchinson, London, 1988
(attuale
edizione paperback: Flamingo, London, 1997)
30.12.2004