un racconto di Giuseppe Iannozzi
I gazed a gazely stare at all the millions here
We must have died alone, a long long time ago
Who knows? not me
We never lost control
You're face to face
With the Man who Sold the World
The Man Who Sold The World (David Bowie, 1970)
S’abbottonò il cappotto e uscì di casa. In strada faceva freddo: la nebbia
mattutina faticava a levarsi di torno, ma il lavoro, per quanto non gli
piacesse, non poteva essere rimandato.
S’aggiustò il nodo della cravatta e finalmente si decise a bussare. Alla porta
venne una signora né bella né brutta, solo insignificante. Ma era strana.
Bastarono due chiacchiere e quella gli spalancò la casa invitandolo ad entrare,
ad accomodarsi. Sembrava una donna insignificante anche nel poco residuo
cervello che le era rimasto nella scatola cranica: questa l’impressione che ne
ebbe l’uomo di primo acchito.
Tirò fuori il catalogo del piano editoriale e lo stese sotto agli occhi della
donna come se fosse una veronica. Poi le allungò la mano, presentandosi: “Elohim
Freeman!”
La donna gli sorrise ebete, poi raccolse la mano di Elohim nella sua
bofonchiando qualcosa tra imbarazzo e scolastica civetteria.
“Maria!”, ripeté Elohim per sincerarsi d’aver capito bene il nome della donna.
“Un gran bel nome.”
Maria arrossì d’un rossore pallido.
Il più era fatto: per Elohim sarebbe stato un gioco da ragazzi rifilare a quella
donna almeno mezzo catalogo dell’Editrice Opzione.
* * *
L’Editrice Opzione era nata e s’era fatta strada nel corso degli anni grazie a
piazzisti come Elohim, uomini senza scrupoli che odiavano il loro lavoro ma che
non erano capaci di abbandonarlo su due piedi. Gli editor erano tipi foschi:
pareva quasi non invecchiassero mai nonostante gli anni. Tutti si dicevano
sinistrorsi, ma si sapeva in tutti gli ambienti editoriali e critici che in
realtà era più giusto definirli sinistronzi. Nel giro di pochi anni avevano
pubblicato decine e decine di libri, arrivando a piazzare sul mercato qualcosa
come ottocentomila pezzi all’anno. Ma che libri! Lo sapevano tutti che si
pubblicavano solo fra di loro: o eri dei loro o eri contro di loro. Elohim, più
d’una volta, aveva visto coi suoi occhi gambe allargate e culi alla pecorina
dati agli editor: le giovani autrici non disdegnavano di farsi fottere pur di
pubblicare un melenso libello, che poi sarebbe stato reclamizzato come l’evento
editoriale dell’anno; e gli uomini con velleità artistiche pur di vedere il loro
nome in copertina, se dotati di danaro e amicizie, non ci pensavano su due volte
a far passare sottobanco una grassa bustarella. Una sola volta Elohim aveva
provato a leggere un libro dell’Editrice Opzione, ma dopo dieci pagine già
ronfava adagiato sulla poltrona con in faccia disegnato il disgusto. Non era mai
stato un uomo di forti letture, ma quando aveva sottomano una stronzata ne
sentiva subito la puzza. Non gli piaceva fare il piazzista, ma se i lettori
erano pronti a pagare per simili stronzate, il suo era solo un lavoro come un
altro, forse neanche troppo sporco, comunque non più sporco di quello d’un
mercenario. Non aveva particolari ambizioni nella vita, ma non si poteva mai
dire. S’era sposato una sola volta e gl’era bastato. Dopo un anno, il divorzio:
niente di traumatico, un fatto ordinario.
* * *
Adesso aveva davanti questa Maria: lui parlava e parlava, lei annuiva. Era
sicuro che le avrebbe venduto mezzo catalogo. Non fu smentito: la donna prese
tutto quello che Elohim le aveva consigliato. Elohim le regalò un sorriso a
trentadue denti: nel giro di mezz’ora aveva fatto un affare della madonna. Per
quel giorno avrebbe potuto pure smettere di lavorare: se tutti i clienti fossero
stati come quella Maria, Elohim non avrebbe avuto davvero bisogno di sudarsi la
pagnotta da mane a sera bussando di porta in porta con il catalogo dell’Editrice
Opzione in mano.
“Gradisce un drink?”
Elohim non si fece pregare due volte: “Perché no? Ce l’avrebbe un whisky?”
”Un Red Roses?”
“Sì.”
“Glielo preparo. Liscio o…”
“Liscio, grazie.”
La donna lo lasciò da solo in salotto: diede una rapido sguardo all’intorno. Era
tutto così sobrio da far venire la nausea.
Maria tornò con un vassoio in mano, la bottiglia e due bicchieri. Gli versò una
generosa dose di alcol nel bicchiere, e si accomodò davanti a lui accavallando
le gambe.
“Lei non beve?”
“Astemia.”
“Mi dispiace.”
”Non è mica una malattia.”
Elohim ci pensò su due secondi prima di rispondere: “Sì, ha ragione lei.” Poi
prese a centellinare il suo whisky. Maria lo fissava: il suo volto era
innaturale, pareva quello d’un dipinto vittoriano, e solo un po’ di rossore ma
pallido la faceva sembrare viva. Era strana nella sua insignificanza, quella che
Elohim riusciva a scorgere in lei.
“E’ molto che fa questo lavoro.”
“Sì.”
“Perché?”
“E’ un lavoro.”
Continuò a bere il suo whisky, mentre si faceva strada nel suo cuore un po’ di
apprensione: e se quella donna apparentemente ebete si fosse svegliata tutto
d’un tratto? Ingollò il resto dell’alcol nel bicchiere con precipitosa fretta.
Poi si alzò, lasciando la sua impronta pesante scavata nella morbidezza della
poltrona.
“Signora, adesso dovrei andare.”
Maria mise su un’ombra di pesante mutria: era contrariata.
“Perché non resta ancora un po’?”
“Ho il mio lavoro…”
“Le ho comprato mezzo catalogo.” Elohim sentì nascergli un nodo in gola: allentò
il nodo della cravatta. Sospirò. Era stato troppo facile: quella donna voleva
qualcosa da lui. Lo intuiva. E non era così ebete, insignificante, come lui
l’aveva vista poc’anzi.
“Ha ragione.”
“Dammi pure del tu. E’ più facile per entrambi, Elohim.”
“D’accordo.” Sospirò, lasciandosi cadere sulla poltrona andando ad occupare
l’impronta che il suo corpo aveva lasciato. “Che cosa vuoi da me, Maria?”
“Semplicemente che mi tieni compagnia per un po’.”
“Si sente sola?” Si morse il labbro inferiore. “Scusami. Avevamo detto che ci
saremmo dati del tu. Volevo dire: ti senti sola?”
“No.”
“Ed allora, perché?”
“Per conoscerti un po’ meglio.”
Maria continuava a rimanere seduta: il suo corpo sulla poltrona di fronte a lui
non era scosso da alcun tremito, e solo la rosea bocca sul volto pallido,
fintamente ebete, la faceva sembrare viva.
Elohim tossì: “Quand’è così, mi par di capire che non ho scelta.”
La donna non disse nulla. Si alzò lentamente dalla poltrona e lasciò scivolare
rapidamente il vestito a terra. Elohim neanche capì com’era riuscita a
spogliarsi tanto in fretta, ma adesso ce l’aveva davanti nuda. E nuda era un
gran bel tocco di femmina, più di quanto avesse osato immaginare. Altro che
insignificante! S’era proprio ingannato. O era una ninfomane o una pazza. Ma a
lui, Elohim, che gliene fregava? Se voleva scopare, lui non si sarebbe rifiutato
di penetrarla.
“Quand’è così!” Non trovò altre parole adatte alla situazione.
* * *
Maria s’era rivelata la più completa scopata della sua vita: non s’era
risparmiata.
Adesso erano a letto sotto le lenzuola, abbracciati, come amanti di vecchia
data, e parlavano.
“Non vorrai pubblicare anche tu? Io non sono un editor.”
”No. Pubblicare è inutile, come scrivere del resto.”
“E leggere?”
“I libri servono solo ad occupare gli spazi vuoti lasciati dalla tappezzeria. O
a coprirla tutta.”
“Non hanno delle belle copertine quelli pubblicati dall’Editrice Opzione.”
Respirò a fondo, poi aggiunse: “Tutti sinistronzi.”
“Poco male. Al massimo si possono regalare.” Una breve pausa: “Sinistronzi? Che
significa?”
“Stronzi che si dicono di sinistra o sinistrorsi, o alternativi anche.” Elohim
sorrise. “Posso farti una domanda indiscreta?”
“Spara!”
“Perché? io e te?”
“Avevo voglia di farlo.”
“Solo questo?”
”Sì. C’è qualcosa di strano forse?”
“No, non intendevo questo. E’ che non capita spesso.”
Rimasero in silenzio per un po’. Poi Maria lo spogliò delle lenzuola e glielo
prese in bocca. Lavorò bene, lungamente. Elohim venne nella sua bocca e non se
l’aspettava proprio, perché pensava che di più non potesse dare. Ed invece!
Il pomeriggio aveva fatto in fretta a venire. Elohim e Maria erano ancora a
letto.
“E se ti amassi? Ti piacerebbe?”
Elohim strabuzzò gli occhi: “Che intendi dire?”
“Non ti piacerebbe essere amato?”
L’uomo non sapeva che rispondere. “Sono già stato sposato.”
“Non ti ho chiesto questo.”
Elohim non riusciva a capire dove intendesse andare a parare la donna. Tutto
d’un colpo sentì l’Aronne fra le gambe farsi moscio, quasi volesse ritirarsi
tutto, quasi volesse nascondersi nel buco del suo culo peloso.
“Mi piacerebbe poter vendere il mondo!”, rispose alla fine. Ma mica lo sapeva
che cosa cazzo significasse. Aveva risposto la prima cosa che gl’era venuta in
testa.
“Amami. E il tuo desiderio sarà realizzato…”
“Quale?” L’uomo era più che mai frastornato.
“Quello di vendere il mondo.”
“Ma non è possibile”, sbottò Elohim. “E’ una follia. L’ho detto tanto per dire.”
“E’ il tuo desiderio?”
“E’ una fantasia. Solo una fottuta fantasia. Non so come mi sia venuta in mente.
Era una cosa che desideravo quand’ero piccolo.”
“Allora, fallo!”
L’uomo prese a ridere fortemente, rauco, quasi strozzandosi, con le lagrime agli
occhi.
“Vendi il mondo.”
“Io vendo libri...”, disse mentre teneva le risate strette in mezzo ai denti.
“Solo libri, quelli dei sinistronzi.”
“E’ la stessa cosa.”
“Che intendi?”
“Ti piace il tuo lavoro? Io credo di no.”
“Mi dà di che vivere.”
“Ma non ti piace. Vendi il mondo. O i libri, tutti. E’ lo stesso.”
“E a chi? Come?”
Maria gli sorrise, poi lo baciò alla francese: la lingua della donna s’annodò
alla sua e quasi lo soffocò. Non ricordava d’aver mai provato una passione tanto
violenta per una donna. “Vendilo, il mondo. Tu sai a chi e come”, gli sussurrò
dolcemente in un orecchio: “e io ti amerò per sempre. Per sempre.” Sentì che il
suo Aronne era tornato turgido, più di prima: vendere il mondo, non era una
cattiva idea. Era il suo desiderio più segreto, quello che credeva d’aver
dimenticato per sempre. Ed invece!
* * *
Il magazzino era pieno: Elohim, in vita sua, non aveva mai visto così tanti
libri, tutti in una volta. Non ricordava neanche che un libro del genere fosse
stato stampato. Da uno dei tanti mucchi ne raccolse una copia: le pagine erano
ingiallite, ma non uno aveva mai letto quel libro, neanche chi aveva deciso di
pubblicarlo. Sorrise. Un’idea balzana gli attraversò la testa: Scrivendolo
neanche l’Autore ha mai letto il suo libro! Guardò la copertina: il titolo era
stampato a grandi caratteri ma non c’era il nome dell’Autore. Non ne rimase poi
troppo sorpreso: in fondo se l’aspettava. La sua fortuna era tutta in quel
libro. Non gl’importava conoscerne il contenuto: solo il titolo era importante
ed era bene in evidenza su ogni copia.
* * *
Fu più facile del previsto: il libro divenne subito un caso editoriale. Un
autentico successo. Mai il mondo aveva conosciuto libro più importante.
* * *
“A chi l’hai venduto?”
”A Tutti, sinistronzi compresi. Tutti ne hanno acquistato almeno una copia.”
“Tutti?”
”Sì. Persino Io ho la mia copia. Il libro è andato via come il pane.”
“E come ci sei riuscito?”
“Ho solo seguito il tuo consiglio.”
“Consiglio?”
“E io ti amerò per sempre. Per sempre.” L’abbracciò sussurrandole in un
orecchio: “Vendilo. L’ho fatto. Ho venduto il mondo insieme a tutti i suoi
protagonisti. Ho venduto i protagonisti ai protagonisti. Ho venduto il mondo al
mondo. Era semplice.”
“Dunque questo t’avrei consigliato!”
”Sì. Se non avessi seguito il tuo consiglio, tu mai avresti potuto amarmi per
sempre. Me l’hai fatto capire tu, Maria.” La guardò fisso negli occhi: “Nessuno
ha rifiutato di comprare la sua propria identità, il suo personaggio. Nessuno
può permettersi di rifiutarsi. Neanche io. Neanche tu. Neanche il suicida. Prima
si deve nascere per scegliere o la vita o la morte. Tu mi hai detto: Tu sai a
chi e come. Era vero: sapevo da sempre d’esser io l’Autore del libro più
importante del mondo. Me n’ero solo dimenticato.”
* * *
“Il Mondo. Mai un titolo è stato più importante.”
”E dell’Autore, che cosa ne pensi?”
“Io penso che scrivendolo neanche l’Autore ha mai letto il suo libro!”
Fecero all’amore: in fondo, anche loro erano dei personaggi, forse solo più
importanti di tutti gli altri nel mondo sparsi da secoli e secoli. Da quando
l’Umanità. Anche loro, seppur protagonisti-creatori, erano nell’Umanità
compromessi per sempre.