I 300 Spartani di Miller
Data: Sabato 23 luglio 2005
Argomento: Comics


un saggio di Davide Occhicone, apparso originalmente in lospaziobianco.it

Frank Miller sostiene che il fumetto è arte e mezzo di comunicazione al tempo stesso. Svezzato e cresciuto a pane e… Batman (indicativo il suo racconto della lettura del primo albo di Batman verso i sei anni, che lo lasciò letteralmente impressionato dall’atmosfera dark abilmente creata dall’autore del fumetto), ha avuto la possibilità e le capacità di riscrivere con The Dark Knight Returns canoni e significati di uno dei più famosi character americani. Questo dopo esser passato attraverso la redifinizione di un altro supereroe, Daredevil. In tutti e due i casi appena accennati “fumetto supereroistico” è una definizione limitata e banalmente pacchiana per indicare il suo lavoro.
Se i primi schizzi realizzati da piccolo erano disegni di uomini massicci con impermeabili ed automobili squadrate, i primi commenti ai suoi lavori gli fecero capire che per disegnare fumetti era necessario imparare a disegnare i “muscoli” dei personaggi coperti dagli impermeabili. Non è un caso che il (permaloso?) Miller odierno si lamenti così tanto del fumetto supereroistico sostenendo che anche i muscoli dei supereroi oggi hanno… i muscoli.
Il medium fumetto, dopo avergli dato notorietà, ed un minimo di stabilità economica, inizia ad essere utilizzato come tale (i.e. mezzo di espressione a tutto tondo), e così i progetti partoriti dal Nostro si allontanano sempre più dal genere “calzamaglia e mantello”. Dopo il bianco e nero stimolante dal punto di vista realizzativo ed artistico del (più che) durissimo noir Sin City, FM si è dedicato a piccoli progetti non disdegnando brevi puntate “cameo” su testate prettamente supereoistiche. Sin City resta però un progetto autonomo e continuativo, orgoglio e successo di Frank Miller: forzato dal forfait di Lynn Varley (che a quel tempo non voleva dedicarsi alla colorazione), realizzò le prime storie di Sin City (e poi anche quelle a venire) in bianco e nero, riuscendo nel suo intento primario di incatenare il lettore alle pagine nonostante la mancanza degli effetti cromatici del colore che ne catturino l’attenzione. Ogni tavola, ogni personaggio (ed ogni ombra) è, in Sin City, una continua sfida alla “china” per riuscire ad offrire nuovi giochi di alternanza bianco/nero e soprattutto scoprire effetti di luce/ombra. Non è un caso se spesso le ombre (addirittura) in Sin City siano le uniche parti dettagliate della tavola in uno sfondo totalmente bianco (o nero). Rinfrancato da successo di critica e di pubblico (comunque di nicchia) l’autore mette in cantiere alcuni lavori che gli stanno particolarmente a cuore.
Il “progetto” 300 ha genesi lontane nel cuore e nell’arte di Frank Miller. E’ pubblicato in cinque albi mensili dal maggio del 1998 ed è l’ennesimo (ottimo) matrimonio fra le sue inquadrature tipiche e le sue chine (così sovente crude e spesse) e la tavolozza magica della colorista Lynn Varley (compagna di lavoro ma anche nella vita). 300 diventa la migliore dimostrazione dell’idea che una storia (qualunque essa sia) può essere raccontata attraverso il “mezzo” fumetto, che diventa “solo” il tipo di voce attraverso la quale gli autori ci parlano. D’altronde lo stesso autore non si era mai limitato o censurato nell’esprimere le sue idee attraverso i disegni e i baloon delle sue opere, riuscendo più volte a far filtrare (in maniera spesso drasticamente diretta) anche e soprattutto il suo giudizio "politico" sull’attuale status dell’Impero americano.


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