Il Cyberpunk e il Nuovo Mito
Data: Venerdì 30 gennaio 2004
Argomento: Saggistica


un articolo di Michael Leon Fiegel Jr.

Nel 1984 il romanzo cyberpunk di William Gibson, Neuromante, divenne il primo romanzo ad aver vinto la tripla corona della letteratura fantascientifica, catturando il premio Nebula, il premio Hugo e il premio Philip K. Dick. Anche se c'erano altri racconti e romanzi "cyberpunk" scritti prima che Neuromante venisse pubblicato, il 1984 marca il punto in cui il genere ebbe ciò che gli spettava e fu finalmente riconosciuto come un'entità a se stante. Gli inizi della letteratura cyberpunk, comunque, non furono pieni di lodi e di gloria. Dall'inizio il cyberpunk fu ridicolizzato e denunciato da molti critici che pensavano che il genere nel suo insieme fosse poco più di una visione depressiva e disperata di un mondo tecnologico del futuro immediato senza Dei. Alcuni critici rifiutarono del tutto di prendere sul serio il genere spingendo Bruce Sterling ed altri ad una auto proclamata jihad di rivolta in favore del genere che rivendicavano come proprio. In Mondo 2000: A User's Guide to the New Edge, Sterling spiega abbastanza chiaramente come molti critici pensassero che gli scrittori cyberpunk 'lo facevano per essere arguti'. Ci assicura poi che così non era, insistendo che 'si sbagliavano, si sbagliavano enormemente. Ci credevamo." Incuranti delle opinioni degli scrittori cyberpunk, alcuni critici asserivano che la letteratura cyberpunk avrebbe rappresentato la morte della fantascienza, mentre altri ritenevano che il genere sarebbe diventato ben presto impopolare e sarebbe svanito del tutto, lasciando la fantascienza immutata.

Le loro asserzioni non erano totalmente prive di giustificazioni, soprattutto se si guarda alla storia della letteratura. Nel suo libro Anatomia della Critica, Northrop Frye asserisce che la letteratura è progredita attraverso la storia da racconti su dei ed eroi fino al moderno anti-eroe. Ai critici sembrò che la letteratura cyberpunk si fosse impantanata nel mondo disperato e depressivo in cui ci pose Friedrich Nietzsche quando dichiarò la morte di Dio. Dopotutto, in un mondo senza Dio, nè cielo o neppure moralità, può veramente esserci una speranza? I critici pensavano di no.

Io credo possa esserci.

Intendo dimostrare che i romanzi cyberpunk portano con sè qualcosa di più del nichilismo e della disperazione; al di là delle ombre nere di strade e vicoli della città c'è un'imbottitura cromata, una speranza in una vita migliore, una specie di trascendenza. Sia che questa trascendenza si raggiunga attraverso l'uso di protesi cibernetiche; o attraverso una fuga verso una vita esterna al pianeta; o attraverso un viaggio nel mondo virtuale del cyberspazio, i personaggi cyberpunk comunque non si limitano alla diperazione.

I romanzi cyberpunk non rappresentano la fine della letteratura. Rappresentano un nuovo inizio e offrono ai loro personaggi e ai loro lettori una possibilità di trascendere le limitazioni della vita umana. Ben oltre l'anti-eroe, questi personaggi, anche vivendo nelle fogne, si protendono completamente verso le stelle. Di fronte all'inferno che è il futuro, si protendono verso il cielo completando così il ciclo che Northrop Frye ci suggerisce nell'Anatomia della Critica quando dichiara che "l'ironia [la letteratura anti-eroica] tende direttamente al mito" (57). Il cyberpunk fa tutto il possibile per creare nuovi dei, nuove divinità e nuovi miti e, attraverso questi nuovi miti, i personaggi cyberpunk riescono a sfuggire alle proprie esistenze ironiche e pietose per raggiungere trascendenza e speranza.


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