un articolo di Michael Leon Fiegel Jr.
Nel
1984 il romanzo cyberpunk di William Gibson, Neuromante, divenne
il primo romanzo ad aver vinto la tripla corona della letteratura
fantascientifica, catturando il premio Nebula,
il premio Hugo e il premio
Philip K. Dick. Anche se c'erano altri racconti e romanzi "cyberpunk"
scritti prima che Neuromante venisse pubblicato, il 1984 marca il
punto in cui il genere ebbe ciò che gli spettava e fu finalmente
riconosciuto come un'entità a se stante. Gli inizi della letteratura
cyberpunk, comunque, non furono pieni di lodi e di gloria. Dall'inizio
il cyberpunk fu ridicolizzato e denunciato da molti critici che pensavano
che il genere nel suo insieme fosse poco più di una visione depressiva
e disperata di un mondo tecnologico del futuro immediato senza Dei. Alcuni
critici rifiutarono del tutto di prendere sul serio il genere spingendo
Bruce Sterling ed altri ad una auto proclamata jihad di rivolta in favore
del genere che rivendicavano come proprio. In
Mondo 2000: A User's Guide
to the New Edge, Sterling spiega abbastanza chiaramente come molti
critici pensassero che gli scrittori cyberpunk 'lo facevano per essere
arguti'. Ci assicura poi che così non era, insistendo che 'si sbagliavano,
si sbagliavano enormemente. Ci credevamo." Incuranti delle opinioni degli
scrittori cyberpunk, alcuni critici asserivano che la letteratura cyberpunk
avrebbe rappresentato la morte della fantascienza, mentre altri ritenevano
che il genere sarebbe diventato ben presto impopolare e sarebbe svanito
del tutto, lasciando la fantascienza immutata.
Le loro asserzioni non erano
totalmente prive di giustificazioni, soprattutto se si guarda alla storia
della letteratura. Nel suo libro Anatomia della Critica, Northrop
Frye asserisce che la letteratura è progredita attraverso la storia
da racconti su dei ed eroi fino al moderno anti-eroe. Ai critici sembrò
che la letteratura cyberpunk si fosse impantanata nel mondo disperato e
depressivo in cui ci pose Friedrich Nietzsche quando dichiarò la
morte di Dio. Dopotutto, in un mondo senza Dio, nè cielo o neppure
moralità, può veramente esserci una speranza? I critici pensavano
di no.
Io credo possa esserci.
Intendo dimostrare che i
romanzi cyberpunk portano con sè qualcosa di più del nichilismo
e della disperazione; al di là delle ombre nere di strade e vicoli
della città c'è un'imbottitura cromata, una speranza in una
vita migliore, una specie di trascendenza. Sia che questa trascendenza
si raggiunga attraverso l'uso di protesi cibernetiche; o attraverso una
fuga verso una vita esterna al pianeta; o attraverso un viaggio nel mondo
virtuale del cyberspazio, i personaggi cyberpunk comunque non si limitano
alla diperazione.
I romanzi cyberpunk non rappresentano
la fine della letteratura. Rappresentano un nuovo inizio e offrono ai loro
personaggi e ai loro lettori una possibilità di trascendere le limitazioni
della vita umana. Ben oltre l'anti-eroe, questi personaggi, anche vivendo
nelle fogne, si protendono completamente verso le stelle. Di fronte all'inferno
che è il futuro, si protendono verso il cielo completando così
il ciclo che Northrop Frye ci suggerisce nell'Anatomia della Critica
quando dichiara che "l'ironia [la letteratura anti-eroica] tende direttamente
al mito" (57). Il cyberpunk fa tutto il possibile per creare nuovi dei,
nuove divinità e nuovi miti e, attraverso questi nuovi miti, i personaggi
cyberpunk riescono a sfuggire alle proprie esistenze ironiche e pietose
per raggiungere trascendenza e speranza.
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