“N”
Data: Lunedì 06 marzo 2006
Argomento: Narrativa


un racconto di Simone Conti

Noi abbiamo soppiantato l'uomo di Neanderthal da meno di 30.000 anni.
L'uomo di Neanderthal era riuscito a sopravvivere per 250.000 anni
sopportando il clima più rigido che il mondo abbia mai conosciuto.
Ciò nonostante, quando giunse il momento, come accaduto a tante altre
specie di ominidi prima di lui, anche l'uomo di Neanderthal si estinse.
In fondo noi siamo ancora agli inizi del nostro cammino.
La nostra capacità di resistenza e sopravvivenza su questo pianeta deve
ancora essere realmente messa alla prova.
(brano tratto dal sito archeologia.com)

Homo quisque faber ipse fortunae suae
(Ogni uomo è artefice della propria fortuna)



Marco Regio Semidio (Magister Militivm della Legione II Traiana) riprese i sensi nell’attimo esatto in cui una grossa femmina di tigre dai denti a sciabola comparve dal folto della giungla. Il vecchio generale ebbe solo il tempo di intravedere la bestia inferocita lanciarsi a tutta velocità verso di lui, ma quel breve lasso di tempo gli fu sufficiente per impugnare il gladio e, con mossa repentina, conficcarlo nel ventre del felino. Pochi secondi dopo, a qualche metro di distanza, Cajo Cedezio e Lucio Trebonio - Opties della Legione - si risvegliarono anch’essi, ritrovandosi ad osservare la figura del loro valoroso comandante intento a rimirare la bestia abbattuta.
I soldati non riuscivano a capire ciò che gli stava accadendo, poiché i soli ricordi in loro possesso - perlopiù frammenti sfocati di sensazioni lontane - risalivano ai giorni in cui la legione si era accampata nei pressi dell’avamposto imperiale di Leptis Magna.
Dopodichè il nulla…
– Dove siamo? – borbottò Lucio Trebonio, guardandosi attorno e levandosi dalla lorica in cuoio grumi di terra putrescente.
Semidio scrutò il corpo inerme della tigre, ansimando. Questa volta aveva rischiato grosso ma l’esperienza di soldato - accresciuta in anni di battaglie al servizio di Roma - gli aveva impedito di essere sopraffatto da un imprevisto del peso di trecento chilogrammi, dotato di impressionanti arcate dentarie.
– E’ un mistero – rispose il generale, massaggiandosi le tempie. – Come lo è che i miei soli ricordi risalgono al castrum ...
– Di Leptis Magna? – gli venne in aiuto Cajo Cedezio, aggiustandosi sul petto la corazza. – Non so voi, ma io ricordo solo Leptis Magna.
– Già! – aggiunse Lucio Trebonio, spiaccicandosi una mosca sul volto. – Terre arroventate dal sole, che nulla hanno in comune con selve remote infestate da insetti schifosi e fiere pronte a sbranarci. Io dico che questa è stregoneria!
Cercando di mantenere il controllo della situazione, il generale Semidio ripose nel fodero l’arma insanguinata, raccolse da terra l’elmo piumato e, rivolto ai suoi soldati, disse: – Non ci resta che scoprirlo.

Crononave “N”, sulla rotta per Nuova Virunga.

L’alloggiamento di Anshar, situato sotto il ponte di prua, appariva come un disordinato museo del tempo. Nella stanza vi si potevano ammirare, ammassati in pochi metri quadrati, scudi vichinghi, elmi e armature dell’Europa medievale, preziose spade provenienti dal Giappone feudale, vecchi personal computer e, impilati in cataste pericolosamente instabili, un’invidiabile collezione di antichi libri cartacei.
Anshar ( pilota comandante della Crononave “N” ) era immerso nella lettura di uno di questi, dal titolo “ Storia della seconda guerra mondiale di Wiston Churchill”, quando nell’alloggio entrò il suo compagno di missione: il secondo pilota, Anu.
data4 ha calibrato il reticolo – lo avvertì l’amico, scrutando il proprio impianto cronometrico palmare. – Lascia perdere quel libro e muoviti.
– C’è tempo – borbottò Anshar, incapace di distogliere gli occhi da una lettura estremamente interessante. – Vorrei terminare il capitolo che racconta dello sbarco…
– Le storie di una cronolinea lontana sapiens - infarcite di retorica prettamente sapiens - non ti aiuteranno di certo ad affrontare la simulazione tattica – replicò Anu – visto che, nonostante i miei consigli, hai deciso di infrangere la legge dell’Accademia, sottraendo ominidi destinati a subire una sonora sconfitta!
Anshar, possente maschio Neardental, chiuse il libro e volse lo sguardo in direzione del compagno. – In guerra quei sapiens hanno commesso molti errori, te lo concedo. Ma nonostante tutto sembrano buoni combattenti.
– Sì… come no! – lo derise Anu.
– Tu pensala come vuoi – rispose Anshar, stizzito – ma io resto della mia idea.
– Bè, in ogni caso data4 ha iniziato il download – tagliò corto il secondo di bordo, gettando un occhio al piccolo schermo a cristalli liquidi inserito nel palmo della mano destra – e tra pochi secondi i tuoi soldati si sveglieranno, quindi cerca di muoverti.
Tra le pieghe del volto scimmiesco di Anshar emerse un leggero sorriso. – Sei forse nervoso? – ridacchiò il comandante pilota.
– I sapiens selezionati dal computer sono migliori, ecco tutto! – replicò Anu. – data4 li ha testati con un imprevisto di secondo livello e quelli, a pochi secondi dal risveglio, hanno reagito senza problemi. Sembrano ottimi guerrieri, estremamente adattabili! – A quel punto il giovane Neandertal posò la mano sulla spalla di Anshar. – Lo sai anche tu che affrontare il computer è una follia, senza dimenticare che nel farlo rischiamo la corte marziale! Anshar ascoltami: la nostra missione è stata portata a termine con successo. Abbiamo raccolto più di duecento specie vegetali, animali e minerali; attraversato quattordici cronolinee senza riscontare avarie alla nave e senza interferire minimamente sul continuum spazio-tempo. No, non sono nervoso: mi chiedo soltanto che senso ha organizzare una simulazione che nessun crononauta N ha mai portato a termine.
– Non preoccuparti – lo rassicurò Anshar, fattosi serio in volto.
Anu scosse il capo. – Il computer ha calcolato ogni variabile di gioco ed è consapevole di aver sottratto i sapiens migliori. All’interno della serra ha creato un reticolo pieno zeppo di insidie, con un clima del tutto inadatto a ominidi provenienti dalla cronolinea 44/20°secolo. Inoltre ha strutturato un reticolo di suo gradimento, tale da renderti impossibile la vittoria! Quindi, vecchio mio, io dico che perderai e che il data4 non ti permetterà di entrare nelle sue grazie!
Il comandante pilota si alzò dalla branda, riponendo il libro sul tavolo. – Devo riuscire a riavvolgere il tempo e per farlo sono pronto a rischiare la mia stessa vita!
– Ma di che parli? – rispose Anu.
Anshar chinò il capo. Improvvisamente sembrava aver smarrito la sua proverbiale sicurezza. – Prima di partire per questa missione ho acquistato, da bio-trafficanti Cro-Magnon, un notevole quantitativo di Narconirvana utilizzando tutti i crediti che avevo. Purtroppo non sono stati sufficienti. Quei maledetti ominidi vogliono spremermi per bene, quindi l’unico modo per cambiare le cose è vincere la simulazione acquisendo in questo modo la password di sistema che mi permetterà di retroattivare la nostra cronolinea…
Anu, incredulo e furioso nello scoprire che il compagno di una vita era schiavo di una droga sintetica bandita in tutto l’impero e vittima palese di astrusi vaneggiamenti, batté i pugni sulla parete. – Sei un “ dipendente” e io non lo sapevo… – sibilò, consapevole del fatto che se l’informazione fosse giunta all’alto comando dell’astromarina imperiale, egli stesso ne avrebbe pagato lo scotto. – Perché mi hai attirato in questa trappola?
Anshar evitò di incrociare il volto del compagno. La vergogna era insostenibile. – I Cro-Magnon tengono in ostaggio la mia compagna – disse. – L’unica possibilità che mi resta di salvarla è ritornare a un tempo antecedente della cronolinea. Devo farlo, oppure quelli la faranno a pezzi!
Anu afferrò Anshar per il bavero dell’uniforme. – Che razza di crononauta sei diventato, eh? Uno capace di condannare a morte la sua compagna per soddisfare una schifosa dipendenza farmacologia e che adesso crede di poter manipolare il tempo, basandosi su stupide dicerie orecchiate negli spazioporti imperiali? Credi davvero di poter retroattivare una cronolinea? Bè, mi dispiace Anshar, ma nessuno può cambiare il corso degli eventi… tanto meno un narconirvanico come te!

Al suo risveglio il capitano Andreas Hoffman, ancora in preda ai postumi di uno stato letargico indotto, si ritrovò ad osservare un maestoso esemplare di Cacatua che, silenzioso, svolazzava leggiadro tra le alte fronde di una selva tropicale. L’ufficiale della Werhmacht, sorpreso e disorientato, si alzò da terra barcollando tastandosi la divisa alla ricerca della Luger d’ordinanza. Poi, improvvisamente, udì una voce.
– Herr Komandant!
Volgendo lo sguardo in direzione della fitta vegetazione circostante, l’ufficiale distinse tre figure amiche.
– Tutto bene, Herr Komandant? – chiese il camerata Jurghen, sbucando dalla giungla, seguito dai camerati Kurtz e Waldmann.
– Sì… almeno credo – balbettò Hoffman. – Avete idea di dove siamo?
– Direi un’isola del sud-pacifico o qualcosa di simile – ipotizzò il camerata Kurtz, il più giovane della squadra, guardandosi attorno. – Abbiamo esplorato la zona circostante: soltanto vegetazione tropicale, insetti e qualsiasi rumore che non si vorrebbe ascoltare!
Il capitano si passò una mano tra i capelli bagnati dall’umidità, del tutto ignaro della situazione in cui lui e i suoi uomini si trovavano.
– Lei crede che sia una sorta di esperimento ordito da Herr Himmler? – domandò il camerata Jurgen.
Il capitano Hoffman posò lo sguardo a terra, traendo un sospiro di sollievo. A pochi metri da lui, semisepolta nell’erba, intravide la nera sagoma di una Luger. L’ufficiale della Werhmacht la raccolse e, rivolgendosi ai compagni, rispose: – Non ne ho la minima idea. In ogni caso avete ancora le vostre armi?
I camerati estrassero le pistole, mostrandole all’ufficiale. Fortunatamente erano armati, pensò Hoffman, ma potevano disporre di pochi proiettili. Avrebbero dovuto farne buon uso.
– Quali sono gli ordini, Herr Komandant? – esclamò il camerata Waldmann.
– Per il momento ci togliamo da qui – rispose l’ufficiale. – Occhi aperti e pronti a sparare.

Sfruttando potenti generatori di energia quantica - necessari a creare portali di transito temporale - le crononavi Neandertaliensis solcavano i vasti oceani della quarta dimensione raccogliendo materiale per conto della ” Reale Accademia ” di Nuova Virunga, capitale dell’Impero Neandertal, ai fini di stilare la mappatura completa delle cronolinee conosciute. I vascelli erano in realtà vere e proprie macchine del tempo, dotate di una sofisticata intelligenza artificiale chiamata data4. Oltre a controllare ogni singola funzione di bordo, il computer di una crononave gestiva anche la “serra” ( il laboratorio situato nella stiva di ogni crononave) all’interno della quale le funzioni terraformanti del calcolatore ricreavano ogni singola tipologia ambientale terrestre. Durante le missioni di ricerca sulle cronolinee, infatti, i crononauti Neandertal raccoglievano grandi quantità di specie animali e vegetali per conto del museo imperiale, mentre era severamente vietato sottrarre esemplari di homo sapiens sapiens poiché tale operazione avrebbe potuto causare alterazioni irreparabili del continuum spazio-tempo.
Durante le missioni, gli equipaggi delle navi, composti esclusivamente da un pilota comandante e il suo secondo, solevano trascorrere i lunghi periodi di isolamento cronologico cimentandosi in una rischiosa attività illecita chiamata S.T.U. (simulazione tattica umanoide). Questa attività era severamente bandita dall’Accademia perchè per potervi giocare si era costretti a sottrarre esemplari umani sulle cronolinee. Sfidare il data4 in una simulazione non era impresa facile. L’intelligenza artificiale controllava totalmente la serra, il luogo dove si svolgeva il gioco, e riuscire a batterla - così da poter acquisire l’accesso al mainframe centrale - era pressoché impossibile. Nella storia delle missioni Neandertal nessuno lo aveva fatto. Questa volta, però, il comandante pilota della “N” era deciso ad andare fino in fondo.

“N”

Entrando nella sala controllo, situata al primo livello di prua, Anshar ritrovò Anu intento a scrutare i trentasei monitor di sorveglianza.
– Finalmente sei arrivato – protestò il secondo pilota, senza distogliere gli occhi da quel mosaico di video luminosi. – Il computer inizia a dare segni di insofferenza.
Anshar si accomodò su una poltrona posta di fronte alla consolle di gestione della serra: sedendosi, evitò di incrociare lo sguardo alterato di Anu.
– Dove sono i miei? – chiese Anshar.
– Eccoli! – rispose Anu, indicando con la mano ricoperta da una folta peluria piccole figure umane aggirarsi nel mezzo di un’intricata giungla tropicale mentre, sui lati dello schermo, scorrevano i dati riguardanti i parametri vitali degli umani e quelli ambientali provenienti dalla serra.
– Il data4 ha concesso libero movimento ai sapiens – continuò il giovane Neandertal. – Credo che voglia lasciare a te la prima mossa.
– Bene, allora accontentiamolo – sospirò Anshar, apprestandosi ad eseguire la procedura di inizio gioco...

Premi ≤ ENTER
S.T.U.≤ ATTIVATA
Tempo di simulazione 0.00 in standby
­data4 ≤ OPERATIVO
Premi ≤ START
Confermi? ≤ SI
Tempo di simulazione ≤ 0.01 sec.

La serra

Il Generale Semidio si fermò di colpo, scrutando l’ambiente circostante. Qualcosa non andava, pensò tra sé. Il cielo sopra di lui si era oscurato e un vento caldo si stava insinuando tra le alte fronde della foresta. Poi, improvvisamente, la terra iniziò a tremare. Semidio puntò i piedi sul terreno cercando di mantenere l’equilibrio. Alle sue spalle i due legionari si guardarono tra loro, straniti.
Un tuono sotterraneo fece vibrare l’aria intrisa di umidità. Poi le scosse si fecero sempre più violente e il ruggito della terra coprì il flebile respiro della natura circostante.
Infine tutto cessò.
Semidio fece segno ai suoi soldati di non muoversi. A quel punto l’ufficiale dell’esercito di Roma scomparve nella fitta selva e, dopo essersi fatto strada tra l’intricata vegetazione a colpi di gladium, si ritrovò sull’orlo di un vasto strapiombo. Nel rimirare l’incredibile spettacolo, il fiato gli si fermò in gola: di fronte ai suoi occhi gran parte di quel mondo straniero e selvaggio si stava letteralmente dissolvendo.

“N”

– La creazione di una voragine è una mossa di apertura alquanto azzardata – dichiarò Anu, osservando i legionari impegnati a discutere con il loro comandante. – In questo modo hai limitato il campo di azione.
Anshar, cercando di restare concentrato, tolse la mano dal pannello di controllo. – Adesso vediamo se quell’ammasso di neurocircuiti ha il coraggio di affrontarmi a viso aperto!

La serra

I soldati della Werhmacht si fecero strada in quella selva opprimente utilizzando i pugnali della gioventù Hitleriana. Intorno a loro la foresta era avvolta dalla nebbia. Da ripide pendici di sovrastanti colline, una maestosa cascata si gettava in caduta libera nel letto di un fiume tumultuoso alzando nubi di vapore acqueo che, salendo verso il cielo, avvolgevano in un delicato abbraccio antiche felci primitive, palme maestose e informi cattedrali di esotici rampicanti. Il camerata Jurghen, incaricato di chiudere la breve colonna, si rivolse al suo ufficiale. – Chiedo il permesso di parlare, Herr Komandant!
– Permesso accordato – rispose Hoffman.
– La mia opinione è che tutto questo sia un esperimento di Herr Himmler – attaccò Jurghen. – Magari, a Berlino, stanno pianificando l’invasione del sud-pacifico e la nostra strana deportazione in questo luogo insalubre è in realtà una specie di addestramento. Lei che ne dice?
– Rispetto il tuo punto di vista – rispose Hoffman – ma ho la netta sensazione che il Reich non centri nulla con tutto questo.
Improvvisamente il capitano alzò un braccio, segnalando ai suoi uomini di fermarsi.
– Lo avete sentito anche voi? – sibilò.
I tre camerati si guardarono attorno. Il solo rumore udibile era il frusciare di piante scosse dal vento. Poi, di colpo, avvertirono un ruggito sordo.
Non si accorsero di quel fiume di fango che li investì in pieno. L’onda impazzita li travolse abbattendo palme, alberi e vite umane. Hoffman si aggrappò a un cespuglio, mentre Jurghen e Waldmann furono trascinati via da un’onda di fango e detriti. Kurtz, invece, riuscì ad afferrare il tronco di una palma che, testarda fino all’ultimo, resistette alla furia delle acque. Trascorsero attimi di inferno. Infine, l’onda esaurì la sua furia. Tutto era accaduto in pochi secondi; un tempo infinitesimale, tuttavia sufficiente a stroncare le vite di due uomini.

“N”

– La voragine ha modificato la morfologia della serra – sospirò Anu, incrociando il volto atterrito di Anshar. – I dati indicano che l’equilibrio idrogeologico è saltato. Il data4 ti ha spinto a una mossa controproducente...
Anshar deglutì a fatica, allargando le ampie narici in cerca di ossigeno. L’ultima dose di narconirvana, il Neandertal se l’era iniettata al ritorno dalla cronolinea 118/Giurassico e adesso i primi segnali di una crisi di astinenza si stavano facendo strada nel suo organismo. A quel punto il comandante pilota allungò la mano sulla consolle.
– Fermati – lo ammonì Anu. – Non puoi spingerti oltre la prima mossa! Lo sai che farlo comporta un rischio che va ben oltre le nostre conoscenze!
Anshar sospirò e digitando l’opzione “CONTINUE” rispose: – Non posso…

La serra

Marco Semidio udì un sordo ruggito provenire in lontananza e si chiese cos'altro stava accadendo in quella terra straniera.
E la risposta non tardò ad arrivare.
A pochi metri dai legionari, comparve la possente figura di un grosso maschio di tigre dai denti a sciabola. Gli occhi vitrei dell’animale esplorarono le strane figure umane che gli si paravano dinanzi.
Il generale estrasse il gladio e, fissando i movimenti della bestia, si preparò allo scontro.
Cajo Cedezio fu il primo ad avanzare verso il felino. L’animale, percependo il pericolo, indietreggiò ma quando il legionario fu sul punto di attaccare, un lampo di luce riempì il cielo. Sfruttando l’istante di smarrimento dell’umano, la tigre compì un balzo fulmineo gettandosi sulla preda. Il generale si lanciò in soccorso del compagno, seguito da Lucio Trebonio. La tigre, però, dopo aver straziato il corpo dello sventurato, con un agile balzo scomparve nella fitta vegetazione. I due legionari sopravissuti rimasero lì, increduli e impotenti, ad osservare gli ultimi istanti di vita del loro compagno.

“N”

– Sei riuscito ad abbattere uno di loro – disse Anu, sempre più preoccupato. – Però il mio consiglio è il solito: fermati!
Anshar era conscio del fatto che la partita si stava mettendo male, tuttavia la crisi di astinenza iniziava a limitargli le capacità di discernimento. Così, non prestando orecchio ai consigli del suo copilota, il Neandertal sfiorò un pulsante della consolle, confermando la prosecuzione della S.T.U.

La serra

Hoffman e Kurtz lottarono strenuamente per non essere sopraffatti dalla morsa opprimente del fango. Entrambi erano consapevoli che, con ogni probabilità, non ne sarebbero usciti vivi.
In preda alla disperazione, Kurtz volse gli occhi al cielo - pregando che la vita gli fosse risparmiata - quando un lampo di luce gli ustionò le rètine. Il soldato emise un urlo assordante mentre il suo comandante, intento a liberarsi dalla morsa soffocante del fango, non poté fare altro che assistere impotente alla tragedia.
Le condizioni di Kurtz apparvero subito gravi. Il soldato non era in grado di proseguire. I suoi occhi erano orribilmente mutilati e il corpo ricoperto da estese bruciature.
– Mi lasci qui, Herr Komandant… – sussurrò Manfred Kurtz, cercando di affrontare la situazione con piglio marziale. – Il dolore è insopportabile e in questo stato non posso esserle di alcun aiuto.
Hoffman, che nel frattempo si era liberato da soffocanti spire fangose, non riuscì a trattenere le lacrime. Il camerata aveva ragione: per sopravvivere a quella follia, l’ufficiale avrebbe dovuto abbandonare il suo soldato.

“N”

Anshar scagliò i pugni sulla consolle: – Non è possibile!
Accanto a lui Anu scosse il capo. – Lo è che tu non abbia ancora afferrato la situazione! – affermò. Di rimando il comandante pilota incrociò lo sguardo del suo secondo, che rincarò la dose. – Ogni mossa che elabori ne riflette una controproducente. Il data4 non ti permetterà mai di vincere e nello stato psicologico in cui versi non sei in grado di proseguire! Fermati!
Anshar si asciugò la densa bava che gli colava dalla bocca e allungando la mano sulla consolle confermò nuovamente la ripresa del gioco.

La serra

I legionari, allo stremo delle forze, ripresero il difficile cammino. Fatti pochi passi, Semidio avvertì un fruscio nella giungla. Allora ordinò a Trebonio di trovarsi un rifugio sicuro. L’ultimo Opties sopravissuto obbedì all’ordine, mentre il generale si piazzò in mezzo al sentiero, pronto ad affrontare l’inevitabile destino.
Il capitano Hoffman si spiaccicò l’ennesimo insetto sul volto. Durante gli anni della guerra, trascorsi sul fronte del mediterraneo, non si era mai trovato ad affrontare una situazione simile. L’ufficiale strappò le fronde che gli ostruivano il cammino e, sbucando dal folto della giungla, si ritrovò al cospetto dell’immagine surreale di un soldato dell’antica Roma.
Semidio non aveva mai visto un soldato vestito a quel modo. Il Magister Militvm, nonostante si trovasse a pochi metri da lui, non riusciva a distinguere a quale strano esercito apparteneva.

“N”

Anshar osservò la griglia di pulsanti luminosi della consolle, mentre Anu teneva gli occhi incollati ai monitor.
– Questa è l’ultima occasione per uscire – sibilò il giovane Neandertal. – Fallo, ti prego…
Il comandante pilota si passò una mano sulla fronte, bassa e sfuggente, imperlata di sudore. – E’ giunto il momento di rischiare tutto! – E così, posando delicatamente la mano su uno di quei pulsanti, digitò una sequenza di cifre.

La serra

Il capitano Hoffman avvertì uno strano impulso. Con mossa repentina estrasse la Luger, puntandola in direzione di quello sconosciuto. Nello stesso istante, Semidio si aggiusto sul capo l’elmo piumato, estrasse il gladio, e si preparò a combattere.
Improvvisamente un ruggito assordante. La terra tremò, squassata da una forza oscura. Le alte fronde della foresta turbinarono in ogni direzione. Lucio Trebonio abbandonò il nascondiglio ma fatti pochi passi, fu afferrato da mascelle enormi. In pochi secondi, il corpo del soldato finì per essere tritato e ingoiato da antiche fauci bramose di carne.

“N”

Nonostante la crisi di astinenza, Anshar sorrise. – Ehi… – borbottò in direzione di Anu. – Sottrarre quel bestione è stata davvero un’ottima idea, vero?
Anu scosse il capo. – Quel tyrannosaurus Rex non era sulla lista di carico! Ti sei macchiato di una raccolta non giustificata: saremo puniti anche per questo…

La serra

Marco Regio Semidio rimase paralizzato dall’orrida visione di una creatura aberrante che, a pochi metri da lui, era intenta ad ingoiare i resti di Lucio Trebonio.
Hoffman sentì che era il momento di agire, ma in quel preciso istante accadde un evento imprevisto: l’ufficiale udì distintamente la voce di una bambina. Hoffman guardò alla sua destra e lì, retta su piccole gambe tremolanti, una bambina nuda e sofferente lo guardava, stringendo fra le mani tremanti una capsula di zyklon-B.
– Perché mi avete fatto questo? – strillò la ragazzina, mostrandogli la capsula. – I polmoni mi bruciano e mi fanno tanto male!
La percezione visiva di Hoffman cambiò in modo radicale e con essa il paesaggio circostante. La foresta pluviale scomparve, lasciando il posto a una nera distesa di fango e di baracche di lamiera ondulata. Tutto attorno, cataste di bambini abbattuti da raffiche di mitragliatrice. Corpi innocenti deformati dal gas si decomponevano velocemente emanando un atroce lezzo di putridume. L’orrore di un olocausto aberrante stava prendendo vita e Hoffman non sembrava in grado di reggere quella terribile visione di morte e distruzione.

“N”

I dati provenienti dalla serra erano letteralmente impazziti, mentre le immagini mutavano in un paesaggio completamente diverso. – Che diavolo sta succedendo? – ruggì Anshar, osservando la scena dai monitor di controllo.
– Il computer ha elaborato una proiezione olografica di primo livello! – lo informò Anu, controllando i parametri elettroencefalografici dell’ominide Hoffman. – Il data4 si è impadronito di quel cerebro sapiens proiettando in esso visioni tridimensionali di orrori futuri.

La serra

L’equilibrio psichico di Hoffamn cedette. L’orrore di un male assoluto ebbe il sopravvento. Così, con mossa repentina, l’ufficiale della Werhmacht si puntò la pistola sotto il mento e fece fuoco.
Un colpo sordo e il cranio gli esplose in mille pezzi.

S.T.U. CONCLUSA/DIGITARE CODICE IDENTIFICATIVO CRONONAUTA 1/DIGITARE CODICE IDENTIFICATIVO CRONONAUTA 2/ATTIVATA PROCEDURA DISCIPLINARE DI ASTROMARINA/

“N”

Ormai del tutto privo di lucidità, Anshar avvicinò la mano al pulsante di RESET.
– Nooo! – strillò Anu, bloccandogli il braccio. – Nessuno ha mai resettato un neurocomputer di bordo! Farlo potrebbe causare un sovraccarico energetico in grado di spingerci fuori crono-rotta! Ricorda che questa nave è una macchina del tempo nelle mani del data4. Disattivandolo non saprai come la “N” reagirà al sovraccarico dei generatori quantici!
Anshar, ormai vittima di se stesso, scagliò un violento pugno sul volto di Anu, scaraventandolo a terra. Infine pigiò il pulsante, mentre il compagno, osservando i monitor oscurarsi, strillò:– Nooo!

Silenzio…
Freddo…
Un flebile ronzio di scariche elettrostatiche…

La perdita di coscienza durò solo pochi secondi e quando Anshar rinvenne si accorse da subito che la nave, la sua nave, era cambiata. Accanto a lui Anu, ripresosi anch’esso da un brevissimo stato di incoscienza, fissò un angolo della consolle, strillando:– No! No! No!
Anshar posò lo sguardo nel punto in cui, in origine, vi era impresso il simbolo dell’accademia e il nome della crononave. Adesso, però, la scritta era cambiata in “NAVIS ONERARIA/LAUS VENERIS” / Senatus PopulusQue Romanus.
Il portellone della sala controllo si spalancò violentemente e nella stanza entrarono due ominidi rinchiusi in lucenti scafandri dorati.
I crononauti li guardarono straniti mentre gli intrusi, imbracciate armi di una tecnologia sconosciuta ai Neandertal, fecero fuoco.
Anshar si risvegliò all’interno dell’infermeria. In bocca avvertiva un sapore dolciastro, refuso dei dardi soporiferi. – Chi siete? – sussurrò, emettendo grandi quantità di saliva.
L’ominide scintillante che gli stava accanto lo aggredì esprimendosi in un idioma sconosciuto. – Tacitus, simius hostilis!
Il secondo ominide scintillante si fece avanti. Poi premette un pulsante dello scafandro e questo scomparve all’istante, svelando al suo interno la figura aggraziata di un sapiens adulto. Gli occhi del Neandertal si posarono sul volto dell’unico sopravissuto alla simulazione. In quel preciso istante Anshar si rese conto del danno irreparabile. Resettando il data4, i generatori quantici avevano subito un sovraccarico energetico in grado di catapultare la “N” in un punto indefinito di una cronolinea divergente.
Anshar - crononauta schiavo di una droga sintetica - non avrebbe più rivisto i profumati giardini pensili di Nuova Virunga. Non avrebbe più rivisto la sua compagna. Non avrebbe più rivisto il suo mondo, la sua città, la sua gente. Tutto questo, ormai, faceva parte di una dimensione a lui lontana posta oltre i confini della percezione.
Smarrito da tutto quello che stava accadendo, si guardò attorno. Accanto a lui Anu giaceva privo di sensi. Lo chiamò un paio di volte, ma Anu non rispose. Allora Anshar piegò la testa su un lato e fece qualcosa che non faceva da molto tempo: pianse….







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