BIOMECH AID SRL
Data: Lunedì 01 marzo 2004
Argomento: Narrativa


Un racconto di Claudio Tanari

L’insegna del bar usciva fuori a fatica dalla nebbia. Aveva seguito per mezz’ora il bordo della strada e adesso sterzava verso quell’insegna sbiadita dalla foschia fitta. Sceso dall’autocab entrò nel bar: c’era qualche camionista oltre al barista e alla cassiera; si avvicinò al bancone ordinando un panino e una birra.

- Ué, Piero, Ma l’hai vista la Flavia? - gridò uno dei camionisti appoggiato al bancone - Oggi sta un po’ sulle sue, eh?

- Bella cassiera, t’ha piantato il moroso? Vieni su con me che ti porto a fare un giro!

- Dacci un taglio, Piero - rispose gelida la ragazza.

Era seduta alla cassa: si voltò a guardarla, sorpreso dalla durezza di quella voce.

- Dai, Flavia, Piero scherzava - si scusò il primo camionista - Non è vero, Piero?

- Sono cinque e cinquanta - rispose Flavia.

- Vabbè, Gianni, Oggi non è giornata: - fece Piero ironico, - la signorina ci ha la luna di traverso... Ci vediamo!

Masticava lentamente il suo panino, guardando le mani della cassiera, le dita svelte con le unghie dipinte di rosso

- Flavia, io esco: pensa tu al bar, va bene? - disse il barista.

- Va bene, ciao - fece svogliata la ragazza accendendo la radio.

Aveva finito la birra. - Un bel nebbione, eh? - disse accennando alla vetrata dell’ingresso.

- Già - rispose lei senza alzare gli occhi.

- Vengo per quel guasto...

- Andiamo là, dietro quella porta indicò la ragazza bruscamente.

Entrarono in uno stanzino, occupato da scope e stracci per pavimenti, odore di detersivo e di fumo. Una poltrona lisa al centro.

- E’ stata dura trovarvi, con questa nebbia - disse l’uomo togliendosi il giubbotto.

Tirò fuori da una valigetta gli attrezzi del mestiere: chiavi, pinze, misuratori di tensione, cavi elettrici, un saldatore. Restarono in piedi senza parlare qualche istante di troppo, lei si torse le mani, tradendo qualche imbarazzo.

- Allra, che c’è che non va? - chiese lui alla fine.

- E che ne so? Ti ha chiamato il padrone, no? – Fece Flavia asciutta, sedendosi sulla poltrona.

- Vediamo - si concentrò lui senza scoraggiarsi. La toccò con delicatezza sulla scapola: Flavia, dopo un leggero fremito rimase immobile, lo sguardo attonito e improvvisamente spento.

Le innestò l’elettrodiagnostica nella porta alla base del cranio, scostando appena i capelli biondi, ne aspirò il profumo mentre li sfiorava.

- Roba da poco, disse riattivandole le funzioni vocali.

Le sollevò il golfino leggero: il portello della CPU si trovava appena sotto i seni morbidi e caldi: (sapeva che non era possibile ma) la pelle sembrò tendersi al suo tocco.

- L’hai messo a posto per bene, quel Piero – riprese riattivandole le funzioni vocali.

Flavia si scosse: - Nessuno ti aveva chiesto un parere!

- Guarda che io facevo il tifo per te...

- Me la cavo da sola.

- E il lavoro? - Riattaccò lui dopo un po’, cambiando discorso.

- Benissimo! Alla cassa dalla mattina alla sera, le battute dei clienti. E il padrone che fa il padrone… – concluse con una smorfia di disgusto.

- Beh, scappa no? – sorrise debolmente lui.

- Certo, con un principe azzurro, magari travestito da riparatore di biomecca.

L’intervento era terminato. Le guardò gli occhi grigi, dai riflessi metallici, le labbra amare…

Raccolse i suoi arnesi, riavviandole il sistema motorio centrale.

- Domattina ripasso di qui, per vedere se tutto va bene… – le disse.

- Certo. Ci vediamo. – rispose lei meccanicamente.

La mattina dopo era davvero lì ma lei non c’era.

Il riparatore chiese al barista: Flavia era fuori per il controllo dei protocolli visivi, dal costruttore, avrebbe ripreso il lavoro domani.

Seduto ad un tavolo un vecchio camionista lo guardava. Lui chiuse la lampo del giubbotto, si rialzò il bavero, fece per uscire. Incrociò lo sguardo del camionista e gli sorrise appena; quello gli restituì il sorriso.

Fuori c’erano la nebbia e l’autocab che l’aspettavano.







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