Le rane di ko samui
Data: Lunedì 15 marzo 2004
Argomento: Narrativa


Le rane di ko samui, di Paolo Agaraff, peQuod edizioni, pp. 64, € 6.

recensione di Roberto Sturm

Il fantasy, probabilmente più di altre narrative di genere, è forse uno dei rami letterari in cui gli autori si prendono più sul serio. E’ anche per questo che non ho mai amato troppo questo tipo di letteratura, oltre a causa delle sue peculirità che la rendono sempre molto distante dalla realtà e dalla quotidianità. La disputa tra fantascienza e fantasy è sempre stata molto forte, anche in Italia, ed ha assunto connotazioni che sono andate al di là dell’ambito letterario. Molti lettori di Intercom ne saranno a conoscenza, e non mi pare – tra l’altro – questa la sede adatta per ripercorrere polemiche che di frequente hanno assunto dimensioni gigantesche.

Le rane di ko samui, volumetto edito dalla peQuod di Ancona, e scritto da tre autori (Roberto Fogliardi, Alessandro Papini e Gabriele Falcioni) con lo pseudonimo di Paolo Agaraff, per fortuna esce dagli schemi tradizionali del fantasy classico.

Come afferma Valerio Evangelisti nella prefazione al romanzo, i tre autori sono riusciti nel non semplice intento di trasformare un tema lovecraftiano in un racconto esilarante. E qui comincio già a sentire i primi mugugni dei puristi del genere.

Ma, come già sperimentato da altri più noti autori, Evangelisti in testa, la narrativa di genere si trasforma oggi, spesso, in letteratura di confine, dove non esiste più linea di demarcazione tra un genere e un altro, tra mainstream e genere stesso. Ed è il mainstream stesso, oggi, ad essere sempre più contaminato dai generi.

Che la fantasy potesse passare attraverso l’umorismo, con frequenti incursioni verso il grottesco e soprattutto l’horror forse lo si sapeva, ma (quasi) nessuno ci aveva mai provato. Forse per paura di sfatare un tabù.

Il risultato ottenuto da Agaraff è senza dubbio positivo. Ottimi conoscitori del genere, i tre autori sono riusciti ad ottenere un testo molto compatto sia sotto il profilo stilistico che strutturale, partendo da un punto di riferimento importante come Lovecraft e riuscendo a riversare i temi di questo autore ai giorni nostri. Anzi, per l’esattezza, in un immediato futuro, senza stravolgerli e con una immediatezza e una freschezza sorprendenti.

La storia in realtà è molto semplice, forse per questo riuscita. Tre pensionati che se ne vanno in Tailandia per godersela e che invece si trovano invischiati (soprattutto in senso materiale) in faccende più grandi di loro.

Alcuni passaggi sono veramente esilaranti. Difficilmente il lettore riuscirà ad astenersi dal sorridere. Perché, citando ancora la prefazione di Evangelisti, la comicità condivide con la pornografia un effetto negato al resto della narrativa: provoca nel lettore visibili reazioni fisiche, che nello specifico si concretizzano nell’atto del ridere (gli effetti secondari della pornografia li tralascio).

Tutto questo con buona pace dei puristi del fantasy e dell’horror.

Roberto Sturm





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