Antologia personale di Catani: nel gioco della letteratura
Data: Martedì 15 maggio 2007
Argomento: Saggistica


di Massimo Del Pizzo

Massimo Del Pizzo è docente di Letteratura francese presso la Facoltà di Lingue dell’Università di Bari. Ha pubblicato saggi su Jules Verne, Alphonse Rabbe, J.-H. Rosny aîné, Maurice Renard, Restif de la Bretonne, nonché numerosi racconti. Oltre che sul Fantastico e la Fantascienza, fa ricerca sul Romanticismo, le Avanguardie e la traduzione letteraria.


Nel 1985 Vittorio Catani firmò, con Eugenio Ragone e Antonio Scacco, un saggio intitolato Il gioco dei mondi. Le idee alternative della fantascienza (Edizione Dedalo, Bari); il nucleo portante del volume è la convinzione, espressa dagli autori, che la science fiction è “letteratura di idee”, una formula semplice ma efficace per dire che nel fantastico di immaginazione scientifica circola non solo la linfa dell’avventura, dell’estrapolazione, dell’anticipazione ma anche quella della riflessione critica sul reale. Il futuro, come sappiamo tutti, è solo un pretesto per parlare del presente, unica dimensione che veramente stia a cuore agli scrittori della cosiddetta fantascienza. Inoltre, la parola “gioco” contenuta nel titolo è indicativa anche dello spirito ludico e “diversivo” di un genere polimorfo e fondamentalmente anomico. Sono convinto che Catani, nella propria pratica di scrittura, è rimasto fedele a questa valutazione critica. Il risultato è una grande libertà inventiva che paga tributi “generici” solo per oltrepassare il confine del genere stesso, come farebbe un esploratore astuto pur di varcare la soglia che lo immette in un altrove; pagherebbe il dazio dovuto alla frontiera, saluterebbe educatamente i doganieri – che pensano ad altro – e si inoltrerebbe felice in territori ben più ampi. È così che si scoprono nuovi mondi.

Entrare nella prestigiosa Collana “Narratori europei di science fiction” della Perseo Libri di Bologna, insieme con Pestriniero, Altomare, Vitiello, Mongini, per fare solo pochi nomi, è oggettivamente una sorta di consacrazione; della quale peraltro Catani, presente “ufficialmente” nel gioco dal 1962 (Le nevi di Oghiz che apre l’antologia personale è infatti di quell’anno) non avrebbe bisogno, per qualità e quantità di produzione, per qualità e quantità di premi e riconoscimenti (ricordiamo almeno l’altrettanto prestigioso “Premio Urania” conseguito nel 1990 col romanzo Gli universi di Moras, e diverse traduzioni). Eppure, crediamo che nel volubile mondo editoriale e dei lettori, nella volubile epoca di mode e simpatie e ideologie cangianti, una consacrazione, come l’abbiamo pomposamente chiamata, sia, non dico necessaria, ma almeno opportuna. Lo diciamo con la simpatia e la stima verso uno scrittore libero, divertente e inventivo come pochi.

Non inganni i lettori la sovracopertina di Dino Marsan, dove un uomo del futuro sembra pronto a spiccare il volo da (o con) una macchina che lo avvolge come una croce (o forse è una croce): guarda sullo sfondo una città semisommersa da nuvolaglia bassa e minacciata da nuvole nere in cielo, come chiusa in una doppia morsa: ci sembra la metafora di una sfida o di una condanna. Colori e atmosfera rimandano a scenari fantasy e perciò avvertiamo il lettore sul fatto che la scrittura di Catani non immette in una siffatta dimensione; al contrario, si àncora al reale e lo “strania”.

È, ancora una volta, il gioco dello scrivere usando i cliché fantascientifici (i procédés) come un’arma subito abbandonata per passare ad altro: una specie di machete per farsi largo nella giungla del genere, con particolare attenzione a non cadere nelle sue trappole. La scrittura che sta a cuore a Catani è inglobata in un continuum spazio-temporale che è un luogo della mente, non è mai l’inseguimento di un “modello generico”. Del resto, nel presentare il breve racconto Tra cielo e terra, in una delle sue dichiarazioni di poetica leggiamo: “Tra cielo e Terra richiama una fantascienza a me particolarmente congeniale, ambientata nel contesto spaziotemporale in cui vivo (o quasi) e rivolta all’universo interiore prima che allo spazio esterno e all’avventura”.

Introdotto da Ugo Malaguti, presentato da Lino Aldani e corredato da una puntuale bibliografia di Ernesto Vegetti, L’essenza del futuro è diviso in dodici parti che potremmo dire tematiche (politica, ecologia, amore, erotismo, religione, musica, per concludersi con l’anticipazione di un work in progress) ciascuna presentata da Catani stesso con brevi e necessarie annotazioni. Il corpo del volume – che supera le seicento pagine – non inganni a sua volta: non è, per fortuna, il solito romanzo-fiume, la saga di chi sa quale famiglia aliena o pseudo-aliena.

La bio-bibliografia si snoda in oltre quarant’anni di presenza letteraria nella forma prediletta del testo breve (“Sono sostanzialmente un autore di storie brevi”, dichiara Catani); le capacità mimetiche e metamorfiche dell’autore trovano infatti in questa forma l’ingresso ideale verso un inner space della modernità.



Vittorio Catani, informazioni sul volume



Lo speciale di IntercoM su Vittorio Catani

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Vittorio Catani, Io e Ballard







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