di Giuseppe Iannozzi
Bernard Werber è uno scrittore anomalo, che rifugge le
facili classificazioni letterarie: di spirito anarcoide, anche nella
scrittura, i suoi romanzi sono sempre spiazzanti, sempre originali,
impregnati d’un senso umoristico debolmente funesto ma soprattutto
faceto, anche quando la tragicità della storia richiederebbe magari
una bella sferzata di adrenalina nella penna.
Werber
preferisce un
aplomb misurato, propriamente francese: il
gusto per l’ironia è un po’ quello di un altro suo conterraneo,
Marc Levy; ma soprattutto c’è forte un’impronta
à la Douglas Adams con dentro un pizzico di
quello spirito corrosivo tipico del nostrano e bravissimo
Stefano Benni.
Bernard Werber non è un novellino: con oltre 15
milioni di libri venduti nel mondo, è nella rosa di quei pochi
scrittori tradotti in tutto il mondo, sempre con un forte seguito di
critica e lettori. Werber, par quasi superfluo
sottolinearlo, è uno degli autori francesi più letti nel mondo: i
suoi romanzi, tradotti in 35 lingue, sono una brillante commistione
di passione per le scienze, di cui si occupa in qualità di
giornalista, e di letteratura popolare e non. In Italia, nel corso
degli anni, sono apparsi Le formiche (Longanesi, 1992),
Il libro del viaggio (Ponte alle Grazie, 1998) e Omicidio
in Paradiso (Mondadori, 2005). L’ultimo suo romanzo è
“Il viaggiatore delle stelle” (Barbera Editore, 2007), una
storia fortemente douglasiana e di spirito anarcoide; Werber è anche
regista (Nos amis les Terriens, 2007) e rinomato autore teatrale.
Che cosa accade quando un inventore, piuttosto giovane, con tante
idee per la testa ma con il cervello fra le nuvole, finisce con
l’investire una skipper, tagliandole praticamente la carriera,
costringendola in un letto senza più l’uso delle gambe? Succede che
l’inventore finisce in tribunale perché gli sia ritirata la patente
per tutta la vita: è il minimo. Il giovane inventore ha però in
testa un progetto, grandioso, ereditato dal padre, anch’esso
scienziato: una astronave capace di viaggiare per milioni di anni
luce e raggiungere un altro pianeta abitabile. Dopo aver investito
la skipper, il giovane scienziato cerca di vivere la sua vita, senza
patente: non ci riesce. E’ letteralmente divorato dal dolore per
aver strappato le ali alla giovane skipper di belle speranze. Il
rimorso lo logora. Ma all’improvviso un eccentrico miliardario,
malato terminale incurabile, decide di finanziare il progetto più
folle che sulla Terra sia mai stato pensato: l’uomo più ricco del
pianeta ha in mente di salvare l’umanità e l’unica via per riuscirci
è quella di fuggire. Fuggire, ma dove? Ovvio: su un pianeta
simile alla Terra. Come? Altrettanto ovvio: con una
astronave più grande dell’Arca di Noè. A chi rivolgersi?
Senz’ombra di dubbio al più eccentrico degli inventori. Inizia così
la costruzione della Farfalla delle Stelle, una nave spaziale grossa
quanto tutto il Texas se non di più. Ma una nave tanto grande ha
bisogno di un’energia immane e perpetua: la soluzione c’è, pannelli
solari che raccolgono la luce della stelle per usarla come energia.
La nave avrà così delle ali gigantesche: saranno difatti proprio
queste a raccogliere l’energia stellare per immagazzinarla nel
motore. C’è un altro problema: solo una persona sarebbe in grado di
pilotare la Farfalla delle Stelle e far sì che le sue ali si aprano
come grandi vele di una immensa caravella. Peccato che quella
persona sia la skipper che l’inventore ha preso sotto con la sua
macchina costringendola a letto. Inizia così la fase più difficile
del progetto: convincere la skipper ad imbarcarsi sulla Farfalla, e
soprattutto ridarle la speranza che un giorno potrà tornare a
camminare.
Alla fine l’odissea può avere inizio, nonostante dalla Terra diversi
Stati e Associazioni si siano mobilitati per sabotare la Farfalla
delle Stelle dichiarandola illegale. Per le persone imbarcate sulla
nave è ormai chiaro che la Terra è destinata ad autodistruggersi
entro breve: dissidi razziali, guerre di religione, annientamento
sistematico delle specie animali, droga e spaccio, politica,
inquinamento, ce n’è abbastanza perché l’umanità si estingua.
L’unica salvezza è la fuga, tutti lo sanno, tutti lo ripetono. Non
c’è altra soluzione: bisogna affrontare il viaggio, un viaggio che
durerà 1250 anni terrestri: le generazioni si succederanno
all’interno della Farfalla delle Stelle. L’equipaggio originale, nel
giro di pochi anni, verrà sostituito da un’altra generazione; e così
via. La Farfalla delle Stelle non è semplicemente una navicella: è
un vero e proprio ecosistema, difatti all’interno ospita un sistema
di vita non troppo dissimile da quello della Terra, dove i
cosmonauti vivono e imparano, e con il passare degli anni imparano
anche l’omicidio fino ad arrivare a muoversi guerra. Dall’inizio del
viaggio della Farfalla alla sua mèta, un pianeta quasi in tutto e
per tutto simile alla Terra, trascorreranno 1250 anni, durante i
quali nasceranno i novelli Adamo ed Eva.
“Il viaggiatore delle stelle” è un romanzo
fantastico, una space opera filosofica, che in primis evidenzia
quelli che sono i mali della Terra: quindi non una semplice
avventura philosophique, bensì una narrazione avvolgente che prende
spunto dai tanti mali sociali politici religiosi e ambientali che
assediano l’umanità del tempo presente, mali che, a lungo andare –
ahinoi, lo stiamo già vedendo coi nostri propri occhi – finiranno
col mettere in ginocchio le riserve naturali e il pianeta tutto.
Werber espone una filosofia a tratti ironica, iperrealista, ma
soprattutto anarcoide: la speranza di conquistare un altro pianeta è
quella illusione che fa da motore a tutto il romanzo. Uno stile
diretto, privo di fronzoli, capitoli brevi e veloci, dove personaggi
e situazioni vengono descritti nella loro buffa essenzialità, spesse
volte mettendo i protagonisti in ridicolo.
Bernard Werber è come se avesse scritto il Genesi,
come è comparsa la civiltà sulla Terra, e difatti non mancano alcuni
spunti teosofici e adamitici in chiave sempre amara e divertita al
contempo. L’autore si fa demiurgo, scrive la storia dell’umanità e
di come essa è arrivata al punto di annientarsi, di come un gruppo
scelto di uomini diventa l’alieno fattore vitale il cui compito è
portare la vita su una nuova terra.
Solitamente non si guarda la copertina per giudicare un libro, ma in
questo caso sì, si guarda, perché l’illustrazione è opera di
Francesco Musante, un’opera che rispecchia fedelmente
il cuore del romanzo scritto da Werber.
Francesco Musante
è nato a Genova il 17 febbraio 1950; e in questa città si è
diplomato al Liceo Artistico ed Accademia Albertina di Belle Arti di
Torino sezione staccata di Genova. In seguito ha frequentato la
Facoltà di Filosofia dell’Università di Genova ed i corsi di pittura
presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara. Espone dal 1968 i suoi
primi quadri, eseguiti tra il 1967 ed il 1969: sono perlopiù
ricerche astratte su grandi campiture. Nel 1969/70 si assiste ad una
sorta di svolta in chiave pop: fino alla metà degli anni settanta,
Musante frequenta Torino e in particolare la galleria Sperone. Sono
di questo periodo suoi dipinti dedicati all’America con scritte e
inserti di oggetti e legni che risentono dell’influenza della Pop
sia dei Combine Paintings di Rauschenberg. Dal 1975 in poi si dedica
alla pittura figurativa, inizialmente elaborando una serie di figure
femminili ispirate a Klee e alla Secessione Viennese. Comincia anche
il lavoro con la grafica e gli acquerelli dove si intravedono i
primi spunti narrativi e fantastici che contraddistinguono la sua
opera dal 1985 fino ad oggi, con una progressiva attenzione al
dialogo tra immagini parole e storie. Dal 1971 ad oggi ha tenuto più
di trecento mostre personali in Italia ed all’estero. Ha partecipato
a numerose collettive, tra le quali varie edizioni di “Jeune
Peinture” al Grand Palais di Parigi; alla mostra “The Artist and the
Book in 20th Century”, Museum of Modern Art, New York e Fondazione
Guggenheim, Venezia e all”8° Interational Triennial of Commited
Graphic Arts in the German Democratic Republic”, Berlino. Nel 1984
ha insegnato in un corso professionale della CEE le tecniche
dell’incisione artistica; ha illustrato diversi libri di racconti e
favole.”
Non siamo di fronte a un semplice romanzo usa & getta, veniamo
invece a contatto con una formidabile penna che sa far divertire per
mezzo di una storia fantastica, che però accoglie in sé tutte le
inquietudine del nostro tempo. “Il viaggiatore delle stelle”
di Bernard Werber è anche il tentativo di
dare risposta all’eterna domanda, “chi siamo e da dove veniamo?”
Werber ci dà una risposta ironica ma entro certi limiti: difatti la
teoria esposta nel libro si basa su alcune ipotesi avanzate da tanti
scienziati e pensatori, quasi dalla notte dei tempi. Un romanzo
profetico - ma non ossessivo come quelli di Philip K. Dick - che ci
parla dell’umanità, del suo destino. Da leggere e da avere. Da
meditare con gli occhi puntati alle stelle.