VITA IN LETTERE (agosto)
Data: Martedì 25 settembre 2007
Argomento: Saggistica


di Danilo Santoni

Questa estate, in spiaggia, osservavo spesso dei pescatori. La mattina e la sera si mettevano là, in riva al mare, con due o tre canne da pesca e le piazzavano, si davano da fare con l’esca, poi facevano il lancio e poi si dedicavano all’altra canna e poi all’altra ancora e poi tornavano alla prima… si sedevano e si alzavano, guardavano il filo, riportavano a riva l’esca e si risedevano, rilanciavano… L’attività era molta ma per quanto li abbia guardati non li ho mai visti tirar su un pesce.

Nel frattempo io leggevo un libro, si trattava di Una vita da lettore di Nick Hornby e ad un tratto ho trovato una nesso logico tra i pescatori e il libro che mi ha sorpreso.

Il libro di Hornby è una raccolta di articoli che lo scrittore pubblica mensilmente su una rivista letteraria. Ogni mese fa un elenco dei libri che ha comprato e di quelli che ha letto e poi commenta gli acquisti e le letture. Tra le tante riflessione ce n’è una che ha fatto scattare la correlazione con i pescatori. L’autore, all’incirca, dice che se facessimo una lista di tutti i titoli di tutti i libri pubblicati al mondo e del loro autore creeremmo un elenco tanto lungo che una persona nell’arco della sua vita non riuscirebbe mai a leggerlo.

E allora, perché leggere e perché pubblicare?

Come quei pescatori, che pescano e pescano e non prendono niente, ci affanniamo attorno alle pagine di un libro, ne scopriamo di stupendi, ne scopriamo di buoni, ne scopriamo di pessimi, ma di milioni e milioni non sappiamo neppure che esistono. Perché non è il libro (o il pesce) quello che cerchiamo, ma l’atto, l’acquistare un volume, il prenderlo in mano, il leggerlo o il non leggerlo.

Tante volte, quando qualcuno viene a trovarmi, nel vedere i libri che ho fa la fatidica (e sciocca) domanda, ma li hai letti tutti? Senza capire che molto spesso un libro si compra perché un giorno potrai leggerlo non perché devi leggerlo.

Per questo voglio provare a fare la stessa cosa di Hornby e da questo mese inizierò su questo sito la mia vita da lettore.

Chiunque volesse inviare a me (danilosantoni chiocciola virgilio.it) la propria vita da lettore sarà il benvenuto e verrà messa in linea.


VITA IN LETTERE

(agosto)

acquistati

letti

Nick Hornby, Una vita da lettore

Erle Stanley Gardner, Perry Mason (raccolta di quattro romanzi)

Michael Cunningham, Giorni memorabili

Daniel Pennac, La passione secondo Thérèse

Paul Auster, Trilogia di New York

Dan Abnett, Guardia d’onore

Dan Abnett, Le armi di Tanith

Dan Abnett, Argento puro

Robert Jordan, The great hunt

Robert Jordan, The dragon reborn

Robert Jordan, The Eye of the world

Nick Hornby, Una vita da lettore

Michael Cunningham, Giorni memorabili (solo la prima parte)

Daniel Pennac, La passione secondo Thérèse

D.G. Hartwell, Mille e una galassia (due racconti)

Sì, ho letto poca fantascienza, ma credo che ci sia proprio pochissima roba interessante da leggere attualmente nell’universo fantastico. I libri di Abnett li ho comprati per mio figlio che è un appassionato di Warhammer. Li ho comprati anche perché prima o poi vorrei leggerli anche io (ce ne sono tre prima di quelli che ho acquistato io, li avevo comprati nei mesi scorsi) perché sento parlare bene dell’autore. Non ho però coraggio di mettermi a leggerli, non so perché ma qualcosa mi trattiene, come non sono riuscito a leggere Harry Potter. Un pregiudizio, lo so, ma è così.

Hornby è uno dei miei autori preferiti (assieme a Pennac) e questo libro lo avevo lasciato per l’estate e d’estate l’ho letto. E’ uno dei libri che più mi ha colpito negli ultimi tempi, per la sua umanità, per la sua passione per la lettura, perché con le sue pagine dà voce al lettore che sonnecchia in noi e che si sente un po’ traumatizzato da un mondo dove domina la parola urlata e le immagini rocambolesche:

Qualche anno fa stavo facendomi rasare la testa in una bottega di barbiere quando l’uomo che mi stava rasando si voltò verso la ragazza al suo fianco e le disse: «Lo sai che questo signore è famoso?»

Sussultai. Sapevo che non sarebbe finita bene. Qualsiasi fama uno possa raggiungere come scrittore, non è quella che la maggior parte della gente considera la vera fama, e neanche una falsa fama. Non tanto perché nessuno ti riconosce per strada; è che in genere non hanno mai nemmeno sentito parlare di te. È una specie di fama anonima.

Pennac l’ho ripreso perché mi aveva deluso e molto con Signori bambini e l’avevo messo in castigo. Ora dopo tanto gli ho dato una nuova possibilità. La Passione fa parte del ciclo di Malaussène ma è poco più che un romanzo breve e un po’ affrettato, manca del respiro dei primi tre del ciclo anche se c’è sempre gusto a leggerlo, anche se è un gusto che butti giù come se qualcuno ti stesse a correre dietro per rubartelo.

Tolto dal castigo, ma non messo al primo banco.

Dell’antologia di Hartwell occorre dire che nonostante lo stupido titolo che gli è stato appioppato da Urania si tratta della traduzione dell’Year’s Best SF 6 (2001), un meglio di che sta diventando la prima antologia di questo genere, soffiando il posto a quella celeberrima di Dozois. Il fatto è che Hartwell riesce a rimanere stringato e a presentare una raccolta umana mentre Dozois presenta sempre dei volumi enciclopedici che finiscono con l’impaurire il lettore. Anche perché un’antologia rappresenta una grossa sfida per il lettore: un romanzo, una volta iniziato, ti crea un suo mondo nel quale entri e ti trovi trasportato dall’autore. Dopo la fatica iniziale di ambientazione vai che è una bellezza (se l’autore è bravo). Una antologia di racconti, invece, costringe il lettore a ripetere ogni volta lo sforzo di ambientazione. Sembra un paradosso della lettura, ma il romanzo è per il lettore pigro, l’antologia per il lettore dinamico!

Hartwell presenta dodici racconti di autori quasi tutti famosi anche in Italia (fanno forse eccezione Tananarive Due e Joan Slonczewski). Come detto, ne ho letti due, Coccolare Amy di Nancy Kress e Madame Bovary, c’est moi di Dan Simmons. Mi vergogno a dirlo ma li ho letti perché erano lunghi uno tre pagine e mezza e l’altro… pure!

Poi sono passato a Settantadue lettere di Ted Chiang che è l’ultimo dell’antologia. Ted è un autore che amo profondamente: ha scritto pochissimo, solo pochi racconti ma tutti eccezionali e sorprendenti. Questo l’ho dovuto lasciare via quasi subito, non che fosse scritto male, ma era l’argomento a non piacermi: una storia alternata dove al posto della scienza sono reali molte credenze scientifiche del mondo medioevale. Va bene che stiamo a parlare di fantascienza, ma un minimo di credibilità dovrebbe pur sempre esserci.

Il questi casi la mia unica difesa è quella di abbandonare la lettura!

Michael Cunningham mi ha colpito al petto con l’inizio del suo romanzo e poi s’è perso un po’, ma solo un po’ perché poi è ripartito proprio bene. Il romanzo è composto da tre racconti collegati tra loro in tre epoche differenti, inizio novecento, giorni nostri e futuro. Poiché ho letto solo il primo ne parleremo quando l’avrò terminato.

E veniamo a Jordan.

Dopo essermi messo a paro con George Martin e il suo ciclo su Westeros (quattro maxi volumi e una marea di personaggi digeriti in pochi mesi) mi è stato consigliato calorosamente il ciclo della ruota del tempo. Ottimisticamente ho comprato i primi tre volumi e ho letto il primo.

The Eye of the world è stato pubblicato nel 1990 e da allora sono usciti altri dieci (dico dieci) volumi del ciclo e un altro (il definitivo (?)) non ha visto la luce a causa della malattia e della morte dell’autore, ma c’è chi assicura che Jordan abbia dettato tutto ai familiari e che il libro uscirà.

Ora cercate di mettermi nei miei panni, come si fa ad intraprendere un’avventura del genere a cuor leggero? Questi cicli vanno bene se li inizi quando esce la prima opera, ti leggi un volume all’anno o ogni due e nel frattempo fai altre cose; hai anche tempo di fantasticare sulle prossime uscite, sugli sviluppi, sui personaggi etc. etc. Quando invece ti trovi tutto pianificato inizia a mancarti la terra sotto i piedi e gli orizzonti ti si restringono. I personaggi del libro hanno le loro pretese e tu ti accorgi che vogliono il tuo tempo. Finisci con il litigare con loro e a togliergli la parola.

E così ho letto The Eye of the world e poi ho fatto di tutto per non iniziare il volume due: per questo anche questo mese ho letto Hornby, Pennac, Cunningham… mi sono rifugiato tra i vecchi amici e ho chiesto aiuto a loro (e devo dire che mi hanno aiutato, eccome se mi hanno aiutato)!

Con questo non voglio dire che The Eye of the world sia brutto, ma è il classico fantasy, raccontato nella classica maniera (anzi, molto ma molto più lentamente di tutti gli altri) e leggerlo dopo Martin è proprio un assassinio. Secondo me Jordan rappresenta il vecchio fantasy anche se ha cercato di renderlo più moderno, immettendo per esempio un grado di relatività alla dimensione del ‘bene’ in lotta contro il male: le associazioni che combattono il male rappresentano delle fazioni contrapposte e dei concetti diversi di ‘bene’ inteso come rapporto con il male. Ma Martin ha scardinato questo dualismo bene/male ed è andato molto oltre e ha creato una visione che è viva. Molto spesso la narrazione di Jordan si perde in se stessa, con giri inutili seguendo strade ormai percorse da tutti, e qui, anche se sai scrivere, e Jordan sa scrivere, di strada ne fai poca!

Bella comunque l’idea della frase iniziale che apre tutti i romanzi del ciclo:

The Wheel of Time turns, and Ages come and pass leaving memories trat became legenda, then fade to mith, and are long forgot when that Age comes again. In one Age, called the Third Age by some, an Age yet to come, an Age long past, a wind rose in the Mountains of Dhoom. The wind was not the beginning. There are neither beginnings nor endings to the turning of the Wheel of Time. But it was a beginning.”

Riuscirà il piccolo lettore che è in me a riprendere la lettura del ciclo? Come i pescatori che osservano l’esca e il galleggiante, che tendono il filo e liberano il mulinello, riuscirà quell’infaticabile passeggiatore di molte pagine stampate a riprendere il viaggio del secondo volume?

Se ne saprà qualcosa il prossimo mese!







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