Il potere delle biotecnologie sulla procreazione
un articolo di Antonella Russo
1.1 L’uomo diventa Creatore: riflessioni
sulla fecondazione artificiale.
Leggendo Brave New World,
potremmo stupirci per la sua straordinaria attualità. Aldous Huxley
pronosticava che nel giro di alcuni anni, sarebbe stato possibile pianificare
geneticamente, clonare e sviluppare individui normali in uteri artificiali. A
distanza di circa settant’anni, quella preconizzazione sembrerebbe avverarsi e
la profezia dello scrittore, oggi sta diventando una drammatica realtà. Il “New
World” è già iniziato: basta pensare alle banche dello sperma, agli ovuli
femminili congelati, alle tecniche di fecondazione artificiale, agli uteri in
affitto, ai bambini procreati su ordinazione per coppie omosessuali, alla
mercificazione totale della vita umana, per capire come la nostra società si
spinga sempre più nella direzione descritta da Huxley.
Gli ultimi due
decenni del nostro secolo sono stati segnati da un continuo fiorire di ricerche
e conquiste biologiche, tanto che il nostro secolo è stato definito come il
“Secolo Biotech”, ovvero il secolo delle biotecnologie.
Nell’accezione tecnica, questo termine sta ad indicare le tecniche di
correzione e di manipolazione della materia vivente. Nel dibattito scientifico,
il termine biotecnologia è associato quasi esclusivamente, ai recenti sviluppi
della genetica, quali la creazione degli embrioni in vitro, il perfezionamento
della diagnosi prenatale e il pre-impianto in utero, la ricerca delle cellule
staminali di embrioni ottenuti con la fertilizzazione in vitro e tanti altri.
Quello che però ci chiediamo è se tutto ciò che è tecnicamente e
scientificamente ottenibile, sia anche lecito e se le continue conquiste della
scienza siano sempre proficue per il bene dell’umanità. La prima cosa da tener
presente è che non esiste una scoperta scientifica buona o cattiva, ma è
importante l’uso buono o cattivo che l’uomo fa di essa. Questo, però, molto
spesso è dimenticato e si va avanti all’insegna del motto “tutto ciò che si può
fare si fa”.
Purtroppo oggi le
biotecnologie danno all’uomo un potere enorme, a tal punto che l’ambizione
smisurata di imitare l’atto divino della creazione sembra diventare realtà. L’uomo
non accetta più la natura come destino immodificabile ma come insieme di
possibilità: è penetrato nei misteri della vita, rubando quel privilegio che
solo Dio possedeva, con la convinzione di saper fare di meglio.
La vita diventa il
prodotto di una fabbrica, perchè smette di essere qualcosa di naturale ma è
dettata da una scelta: se dare vita, che vita dare, a chi e come. Quindi
possiamo decidere se diventare un Alfa, Beta, Gamma, Delta o Ipsilon della
società huxleyana. La cosa più sconcertante è che l’uomo sia ridotto ad una “cosa”
manipolabile, privato della propria dignità. Bisogna, invece, tener sempre
presente che “l’uomo non è un utensile, come prevedono le concezioni
centralistiche e totalitarie che, tra l’altro, vogliono ridurlo ad un oggetto
da manipolare in maniera codificata, ma è qualcosa di permanente e universale,
non mutevole in funzione esclusiva delle circostanze di un dato periodo
considerato. [...] Ogni uomo è unico, insostituibile e libero”(Ornello Vitali,
“La disumana illusione di avere figli perfetti”, in Il Giornale, 8-5-1998).
In Brave New World è John il Selvaggio a renderci chiaro questo
concetto, proprio nel momento in cui egli si ribella a tutta la perfezione
artificiale e prodotta in laboratorio:
I don’t want comfort.
I want God, I want poetry, I want real danger, I want freedom, I want goodness.
I want
sin (Huxley 1996: 246).
John ci rappresenta: come lui anche noi,
guardiamo inorriditi un mondo completamente sconosciuto, i cui continui
sviluppi della scienza e le nuove tecniche di biologia molecolare potrebbero
permettere di produrre individui perfetti, identici l’uno all’altro[1],
senza richiedere alle madri di sopportare nove mesi di gravidanza, un parto
doloroso e infine l’allattamento. Allo stesso tempo però, dal punto di vista
medico, gli uteri artificiali potrebbero permettere a donne con malattie non
facilmente curabili, come per esempio l’AIDS, di avere figli non infetti.
Non bisogna, ad ogni
modo, dimenticare gli effetti che la mancanza di rapporti fisici con i genitori
può avere sulle funzioni affettive e cognitive di un neonato, soprattutto
perchè viene a mancare quel rapporto di complicità naturale tra madre e figlio,
uniti dal cordone ombelicale, ma soprattutto i bambini privati del tocco umano
e del contatto corporeo spesso sono incapaci di sviluppare un pieno ambito di
relazioni umane, a volte muoiono subito dopo la nascita o diventano violenti e
gravemente introversi.
Anni fa, la
scrittrice femminista Shulamit Firestone aveva prospettato la possibilità di
usare uteri artificiali per liberare la donna dagli svantaggi fisici associati
a nove mesi di gravidanza e ai dolori del parto. Con l’introduzione della
pillola, la dissociazione tra sesso e riproduzione e l’introduzione
dell’allattamento artificiale, la donna acquisirebbe un altro livello di
libertà: ma a questo punto, l’uso degli uteri artificiali potrebbe essere
consentito anche all’uomo, permettendogli dunque di poter finalmente ottenere
un privilegio che solo la donna ha avuto e che lui per tanto tempo ha cercato
di rubare (ricordiamo Frankenstein di Mary Shelley).
Chi si oppone, in
particolar modo, alla fecondazione artificiale perchè considerata come un
“intervento tecnocratico” da parte del potere patriarcale per opprimere le
donne, è il movimento femminista FINRRAGE (Feminist International Network of
Resistance to Reproductive and Genetic Engineering), in quanto sostiene che
il corpo femminile, con la sua capacità
univoca di creare vita umana, sta per essere espropriato e sezionato come mero
materiale per la produzione tecnologica di esseri umani. [...] L’ingegneria
genetica e riproduttiva è un altro tentativo di porre fine
all’autodeterminazione dei nostri corpi . [...] Non è necessario cambiare la
nostra biologia, ma è necessario trasformare le condizioni patriarcali,
sociali, politiche ed economiche. L’esternalizzazione del concepimento e della
gestazione facilita la manipolazione e il controllo eugenetico. La suddivisione
del corpo femminile in parti distinte, la sua frammentazione e separazione al
fine di una successiva ricombinazione scientifica sono operazioni che smembrano
la continuità e l’identità[2].
Rosi Braidotti, nel
suo libro Madri, mostri e macchine, analizza come i recenti sviluppi nel
campo delle bio-tecnologie, in particolare nelle nuove tecniche di procreazione
artificiale, abbiano esteso il potere della scienza sul corpo riproduttivo
femminile. Inoltre, ci mostra come in passato l’immagine della donna/madre sia
stata associata a quella del corpo mostruoso:
l’associazione delle donne ai mostri risale
ad Aristotele che, in Generazione degli animali postula la norma del
tipo umano nei termini di un’organizzazione corporea basata sul modello del
maschio. Di conseguenza, nel processo di riproduzione, quando tutto procede
secondo la norma, nasce un bambino di sesso maschile; la femmina viene alla
luce quando qualcosa non va per il verso giusto o non accade. La femmina è
dunque un’anomalia, una variante del tema principale del tipo maschile. […]
Aristotele afferma che è solo lo sperma a essere portatore del principio
vitale, mentre l’apparato genitale femminile fornisce il contenitore passivo
per la vita umana (Braidotti Rosi 1996: 23).
Ciò rappresenta l’esempio di desiderio, e
allo stesso tempo l’ ‘invidia’, da parte dell’uomo di governare il potere
procreativo delle donne. Gli scienziati sono convinti non solo di imitare
l’opera di una donna ma anche di farlo meglio, perchè il processo artificiale
di scienza e tecnica perfeziona ciò che c’è di imperfetto nel corso naturale
degli eventi e quindi evita che ci siano errori. La nascita dei bambini in
provetta rappresenta, quindi, il trionfo degli uomini di riprodursi da sé e per
sé.
Se da un lato la
tecnica di fecondazione artificiale permette di coronare un sogno, completare
la famiglia con l’arrivo di un figlio, d’avere gravidanze e parti più sicuri e
meno dolorosi, di assicurare la nascita di figli sani, dall’altro esso comporta
conseguenze negative:
Tutte le tecniche di fecondazione
extracorporea sono gravemente lesive alla dignità umana. Produrre un essere
umano in laboratorio equivale a farlo diventare un oggetto, un prodotto
industriale, che così viene scartato se difettoso (gettato nello scarico ancora
vivo), immagazzinato se in eccesso (congelamento degli embrioni umani), scelto
in base alle sue caratteristiche (selezione eugenetica), esportato per
completarne la produzione (utero in affitto), prodotto in serie (clonazione)[3].
Inoltre, recenti studi hanno evidenziato che
i bimbi nati con le tecniche di fecondazione artificiale hanno un rischio più
elevato di danni cerebrali rispetto a quelli nati naturalmente.
Non bisogna, poi,
dimenticare che il numero dei morti provocati tra bambini scartati, congelati e
poi distrutti è enorme: infatti, per far nascere un essere umano in provetta
bisogna sacrificarne molti altri; gli embrioni vengono tutti fecondati ma solo
una parte viene collocata nell’utero. La distruzione dell’embrione è un vero e
proprio omicidio, poiché si uccide una persona: al momento della fecondazione
si forma una nuova persona umana.
Ciò che ogni
fecondazione artificiale deve salvaguardare è il diritto, di colui che viene
concepito, ad essere trattato come soggetto e non come oggetto e soprattutto il
diritto inviolabile alla vita. Ma questo forse non è importante, perchè ciò che
conta è che quella “persona” possa far incrementare a livello economico la
società, “quel corpo serve all’uomo per sviluppare il suo potere, il suo
controllo sulla natura, la sua curiosità scientifica, il suo desiderio di
superamento del limite”[4].
Ciò che si deve
evitare è l’idea di una perfezione biologica in grado di eliminare la finitezza
dell’uomo e, quindi, la malattia e la morte. In “Brave New World” tutto
ciò è possibile: la vita è programmata geneticamente e non attraverso la
procreazione, la felicità di questa società è ottenuta attraverso gli
psicofarmaci e la loro umanità è spenta. Niente amori o amicizie, nessun’arte o
scienza: essi sono privi d’anima!
E’ proprio il
significato della parola anima che negli ultimi decenni si è andato perdendo:
l’uomo, infatti, ha rinunciato all’anima e al Creatore perchè troppo occupato
ad adorare se stesso e i segreti della vita. Uno dei due scopritori del Dna,
Francis Crick, sulla rivista britannica Nature Neuroscience, scrisse: “l’anima
è solo una reazione biochimica, una fusione di neuroni”; allo stesso modo il
suo collega James Watson dichiarò: “dal momento della scoperta abbiamo smesso
di prendere ordini dal Paradiso”. Queste cose dovrebbero farci inorridire:
espropriato dell’anima, non ci sarebbe più nessuna differenza tra l’uomo e le
macchine.
Quest’ ultimo è stato
da sempre lo scopo delle ricerche nel campo dell’Intelligenza Artificiale,
perchè si è cercato, e tuttora si cerca, di produrre nelle macchine la parte
dell’uomo considerata la più importante: la mente. L’intelligenza artificiale,
creata come disciplina nel 1956, si proponeva di descrivere le funzioni della
mente tramite algoritmi o programmi e di trasferirli poi nel computer. Eseguendo
tali programmi il computer sarebbe diventato una mente. Oggi, però, si cerca di
riprodurre nei computer non solo l’intelligenza astratta ma anche i sentimenti,
le emozioni e l’anima. Se questi tentativi dovessero riuscire, si aprirebbero
davanti a noi degli orizzonti inauditi e problematici.
2.2. La clonazione: annullamento
dell’individuo come persona e della sua dignità.
I problemi fino ad
ora citati rientrano nel campo della riflessione della bioetica. La bioetica
tenta di “dare un giudizio etico su atti o comportamenti o procedure, che
interferiscono con la vita dell’uomo. [...] L’uomo viene definito come
un’entità dotata di vita, avente coscienza di sé e volontà, capace di
autodeterminazione e portatrice di una caratteristica personale”[5].
Ogni intervento sull’uomo che sia rivolto a modificare una di queste
caratteristiche deve essere giudicato eticamente scorretto: tale sono da
ritenere la soppressione della vita, la soppressione della coscienza e la
manipolazione della caratteristica dell’individualità genetica.
Tra le questioni che
la bioetica è chiamata ad affrontare c’è quella della clonazione umana. Questo
argomento, che fino a qualche anno fa aveva interessato soprattutto gli
appassionati di fantascienza e che Huxley tratta in Brave New World,
oggi si propone come una realtà paurosa. Essa consiste nella produzione
d’individui della specie umana, aventi lo stesso patrimonio genetico di un
adulto preesistente. La prima cosa da dire è che ciò comporta una chiara
violazione della dignità umana, perchè si impone ad un altro uomo un’identità
genetica determinata, si tratta quindi di un’imposizione radicale. Ciò che
viene imposto non sono solo i connotati fisici esteriori, ma l’intera identità
genetica dell’individuo: ogni singola azione vitale di ogni cellula del suo
corpo porterà per sempre il marchio di questo condizionamento.
Vi è un diritto molto
importante, ovvero il diritto di essere se stesso, che la clonazione viola in
modo diretto. La clonazione di un essere umano adulto si ottiene prelevando dal
suo corpo una qualsiasi cellula, si inserisce il nucleo di questa cellula
all’interno di una cellula uovo, dando origine ad uno sviluppo embrionale di un
individuo identico a quello da cui proviene il nucleo, che inserito nell’utero,
si svilupperà come una normale gravidanza. L’unica differenza, però, è che
nascerà un neonato con un orologio biologico spostato in avanti, di tanti anni
quanti sono quelli del soggetto clonato. Ciò vuol dire che il clone invecchierà
precocemente e raggiungerà presto l’età dell’individuo clonato. Il problema è
stato già osservato negli esperimenti sugli animali: invecchiamento precoce e
mortalità.
Brave New World, un testo di circa
settanta anni fa, rivela, nonostante le dissonanze, un’impressionante capacità
anticipatrice dei processi e del rilievo assunto dalla riproduzione artificiale
e dalla clonazione nel nostro tempo. Il processo di clonazione è spiegato nei
minimi dettagli ed ha uno scopo ben preciso. Interessante è la descrizione che
il Direttore Foster fornisce ad un gruppo di studenti:
If any of the eggs
remained unfertilized, it was again immersed, and, if necessary, yet again; the
fertilized ova went back to the incubators; where the Alphas and Betas remained
until definitely bottled; while the Gammas, Deltas and Epsilon were brought out
again, after only thirty-six hours, to undergo Bokanovsky’s Process. […] One
egg, one embrio, one adult - normality. But a bokanovskified egg will bud, will
proliferate, will divide. From eight to ninety-six buds, and every bud will
grow into a perfectly formed embryo, and every embryo into a full-sized adult.
Making ninety-six human beings grow where only one grew before. Progress. […]
Eight minutes of hard X-rays being about as much as an egg can stand. A few
died; of the rest, the least susceptible divided into two; most put out four
buds; some eight; all were returned to the incubators, where the buds began to
develop; then after two days, were suddenly chilled, chilled and checked. Two, four,
eight, the buds in their turn budded; and having budded were dosed almost to
death with alcohol. […] By which time the original egg was in a fair way to
becoming anything from eight to ninety-six embryos. […] Identical twins - but
not in piddling twos and threes as in the old viviparous days, when an egg
would sometimes accidentally divide; actually by dozens, by scores at a time
(Huxley op.cit.: 22-24).
Dopo aver spiegato come avviene il processo
Bokanosvky, il Direttore conclude elencando i vantaggi cui esso porta:
Bokanosvky’s Process
is one of the major instruments of social stability. […] Standard men and
women; in uniform batches. The whole of a small factory staffed with the
products of a single bokanovskified egg. Ninety-six identical twins working
ninety-six identical machines. […] If we could bokanovskify indefinitely the
whole problem would be solved. Solved by standard Gammas, unvarying Deltas,
uniform Epsilons. Millions of identical twins. The principal of mass production
at last applied to biology. […] Our business is to stabilize the population at
this moment, here and now (ibidem: 24-25).
Quindi, mentre nel
New World questa tecnica è considerata il trionfo della scienza, nel nostro
mondo la clonazione applicata agli esseri umani è in ogni modo quasi
universalmente contrastata. In alcuni casi, però, clonare potrebbe essere
accettato quando è a scopo terapeutico e soprattutto quando le tecniche
biologiche abbiano per obiettivo non la clonazione di un essere umano, ma di
tessuti o di singoli organi. Ad esempio, un malato di leucemia che abbia
bisogno di un trapianto di midollo spinale, deve attendere molto tempo prima
che si trovi un donatore compatibile: se fosse possibile clonare in vitro le
cellule del suo midollo questa lunga attesa potrebbe essergli risparmiata.
I rischi della
clonazione umana, bisogna ricordare, sono molto elevati: basti pensare che la
maggior parte dei tentativi di clonazione di un animale ha dato come risultato
un embrione deformato o un aborto. Nel dicembre 2002, una società statunitense
legata alla setta dei Raeliani, la Clonaid, ha annunciato la nascita di Eve,
una bambina clonata frutto dello sviluppo controllato artificialmente del
patrimonio genetico della madre. La bimba sarebbe stata generata da un pezzetto
di pelle di sua madre. Secondo la maggioranza dei genetisti, la bambina clonata
sarebbe diventata vecchia già a trent’anni e avrebbe vissuto una vita da
incubo, ovvero una vita buona soltanto per fare da magazzino di ricambio, da
schiava a qualcuno:
Il problema centrale è che in una società
divisa in classi, esperimenti di questo tipo non serviranno mai al benessere di
tutti - come potrebbe essere nel caso di clonazioni a fini terapeutici - bensì
solamente per l’egoismo della <>[6].
Nell’agosto 2002 la
commissione scientifica, nominata dal governo inglese e in seguito anche quella
statunitense, ha espresso parere favorevole alla clonazione di embrioni umani
per creare organi di ricambio e per la cura di malattie gravi (quindi a scopi
terapeutici). La clonazione umana con finalità produttiva è vietata per legge
negli Stati Uniti e in tutti i Paesi dell’Unione Europea. Nel processo di
clonazione, infatti, si verifica la rottura radicale dei vincoli di
consanguineità, di parentela e di genitorialità della persona umana ed inoltre,
come ho già sottolineato precedentemente, ha risvolti negativi anche in
relazione alla dignità della persona clonata, che verrà al mondo solo in virtù
di essere una “copia” di un altro essere. Ciò potrebbe provocare una radicale
sofferenza del soggetto clonato, la cui identità psichica rischia di essere
compromessa dalla presenza reale o anche virtuale della sua copia. Inoltre, ciò
che non è clonabile è l’individualità, poiché è unicamente determinata dalla
storia socio-biografica di un individuo. Allora, come può mai essere ammissibile
la clonazione umana, dal momento che costituirebbe un’inconcepibile estensione
di potere di un uomo su un altro uomo, geneticamente uguale ma moralmente
distinto?[7]
A pagare le
conseguenze delle tecniche di fecondazione artificiale e clonazione, è la
famiglia come ci sottolinea Huxley: in Brave New World non esiste più il
nucleo familiare, poiché quest’ultimo è soltanto qualcosa che appartiene al
passato ed è visto come una prigione, proprio come spiega il Governatore
Mustapha Mond agli studenti:
And do you know what a home was? […]
Home, home - a few small rooms, stiflingly over-inhabited by a man, by a periodically
teeming woman, by arabble of boys and girls of all ages. No air, no space; an
understerilized prison; darkness, desease and smells. […] And home was as
squalid psychically as physically. Psychically, it was a rabbit hole, a midden,
hot with the frictions of tightly packed life, reeking with emotion. What
suffocating intimacies, what dangerous, insane, obscene relationships between
the members of the family group. […] Our Freud had been the first to reveal the
appalling dangers of family life. The world was full of fathers - was therefore
full of misery; full of mothers - therefore of everykind of perversion from
sadism to chastity; full of brothers, sisters, uncles, aunts - full of madness
and suicide (Huxley A., op.cit.: 54 - 57).
La distruzione della
famiglia è una componente fondamentale dei romanzi distopici: si annulla la
famiglia, perchè il suo valore risiede nel suo essere un libero ambito
espressivo di sentimenti e di soddisfazione di istinti. Inoltre, perchè è la
famiglia a costituire l’ambito di formazione dell’individuo maturo e a porre le
condizioni per l’esercizio della sua libertà. Infine perchè l’intento è la
distruzione della memoria individuale e collettiva, che si ha tramite l’attacco
alla famiglia, essendo quest’ultima costituita essenzialmente di rapporti
personali intergenerazionali che donano alla persona il senso di far parte di
una storia passata che continua nel presente e che si protende nel futuro.
Oggi rischiamo di
diventare come gli studenti attenti alla lezione di Mustapha Mond e fra non
molto anche noi potremmo rabbrividire a sentir parlare di “madre”, “padre” e
“famiglia”.
1.3
L’eugenetica e la perdita d’identità.
L’eugenetica è una
disciplina che si propone di ottenere un miglioramento della specie umana
attraverso la distinzione dei caratteri ereditari in caratteri favorevoli e
sfavorevoli. Il suo scopo è favorire la diffusione dei primi ed impedire quella
dei secondi. Ciò, però, comporta due difficoltà: in primo luogo non è facile stabilire
quali siano da considerarsi i caratteri più favorevoli e, inoltre, é facile che
si affermino superiorità di tipi o di razze o di caste, con conseguenze molto
gravi, come dimostrano gli avvenimenti storici legati al periodo nazista e alla
volontà di supremazia della “razza ariana”. In secondo luogo tale tecnica
comporterebbe sempre di più una restrizione della libertà individuale, fino a
diventare strumento coercitivo persino nella scelta del coniuge.
Per quanto riguarda,
invece, la trasmissione ereditaria di caratteri sfavorevoli, come la pazzia,
deficienza psichica, tendenza all’alcolismo, alla prostituzione o alla
delinquenza, può essere limitata attraverso dei mezzi ben precisi come
l’aborto, la sterilizzazione, il certificato prematrimoniale obbligatorio, la
limitazione volontaria delle nascite. La religione cattolica riprova ogni tipo
di pratica coercitiva, perchè considerata lesiva della libertà individuale.
Bisogna sì ammettere
che oltre i tanti doni che la natura ci offre, ci sono anche il cancro, la
malattia, la demenza senile, l’invecchiamento, la carestia, le sofferenze
inutili, le limitazioni delle capacità intellettive che ognuno di noi vorrebbe
rifiutare. Non sarebbe, però, più giusto riformare la nostra natura in
conformità con i valori umanitari, senza superare i limiti, poiché particolari
modifiche della natura umana potrebbero essere degradanti? Non tutto il
cambiamento rappresenta un progresso, non tutti gli interventi tecnologici
sulla natura umana hanno un impatto completamente positivo. La padronanza della
tecnica porterebbe ad una disumanizzazione assoluta.
Quest’ultimo è il
messaggio che Aldous Huxley, attraverso la descrizione degli abitanti di Brave
New World, vuole trasmetterci: omogeneizzazione, mediocrità, sottomissione,
appagamento da droghe, anime senza amore e senza desideri sono i risultati
inevitabili cui la padronanza della tecnica porta. Alpha, Beta, Gamma, Delta,
Epsilon: l’unica differenza tra di loro è la classe a cui appartengono. Le loro
facoltà intellettuali, emotive, morali e spirituali sono inesistenti, o meglio
sono ingegnerizzate in modo da evitare lo sviluppo della propria individualità.
Brave New World rappresenta la tragedia di ingegneria sociale e
tecnologica deliberatamente utilizzate per annullare le doti morali ed
intellettuali di una popolazione intera. Fondamentale, per la nostra esistenza,
è che non s’ imponga dall’alto una soluzione unica, ma che l’individuo possa
decidere secondo la propria coscienza, cosa sia adatto a se stesso. Scegliere
significa essere liberi di gestire la propria vita. E’ grazie al pensiero che
noi siamo in grado di programmare il nostro destino.
In Brave New World
non c’è scelta: già prima della nascita a ciascun individuo viene assegnato
un preciso ruolo e un limitato compito sociale. Gli abitanti, però, non sono in
grado di capirlo, anzi oltre che pienamente adatti ai compiti che devono
svolgere, trovano in essi completa gratificazione. Il Direttore Foster
chiarisce questo concetto sin dal primo capitolo:
We also predestine and
condition. We decant our babies as socialized human beings, as Alphas or
Epsilon, as future sewage workers or future Directors of Hatcheries. […] The
lower the caste, the shorter the oxygen. The first organ affected was the
brain. After that the skeleton. […] In Epsilon we don’t need human
intelligence. […] That is the secret of happiness and virtue - liking what
you’ve got to do. All conditioning aims at that: making people like their
unescapable social destiny (Huxley, op.cit.: 31-34).
Oggi quanto più il processo economico si è
dilatato, globalizzandosi e ridimensionando economie e sovranità nazionali,
creando poteri in grado di condizionare la vita dei sistemi economici e degli
stessi organismi internazionali, è risultato evidente che i destini degli individui
e famiglie sono segnati dal ruolo che ad essi è assegnato dalle logiche
impersonali dei sistemi di potenza. Ormai dietro le ricerche nel campo
scientifico e biotecnologico ci sono grandi interessi economici e molti sono
gli investimenti destinati al settore. Ciò, però, comporta che le applicazioni
dei risultati della ricerca cadano nelle mani dei poteri economici e politici,
con il rischio di una manipolazione sociale, oltre che genetica.
Chi solleva obiezioni
morali sui traguardi possibili della scienza, è accusato di voler frenare il
progresso, di voler porre limiti alla ricerca, viene trattato da “selvaggio”
nemico delle novità, che dovrebbero portare alla realizzazione dell’agognato
New World. Huxley ha mostrato come la scienza ha tolto il fastidio agli uomini
di amare e di odiare, di gioire e soffrire, di dubitare e di godere della
verità, solo per rincorrere l’ideale del consumo ad ogni costo, che ogni cosa
riduce a merce. In Brave New World gli esseri umani sono generati
artificialmente perchè va eliminato il fastidio che comportano le relazioni
affettive. L’atto fecondativo è separato radicalmente da esse e il rapporto
sessuale è concepito solo come passatempo obbligatorio, privato di ogni
motivazione sentimentale e di ogni emozione, che anzi sono considerate colpe
nei confronti dell’organizzazione sociale.
Qualche anno fa,
Jeremy Rifkin, nel suo libro Il secolo biotech, ha valutato i rischi che
comporta il nuovo illimitato potere di modificare la natura offerto dalle
biotecnologie, sottolineando le possibili conseguenze politiche e sociali:
Oggi gli scienziati stanno sviluppando la più
potente quantità di strumenti che sia mai stata concepita e che ha lo scopo di
manipolare il mondo biologico. […] Nei laboratori di tutto il mondo, i biologi
molecolari operano scelte quotidiane a proposito di quale gene alterare,
inserire o eliminare dal codice genetico di varie specie. Tutte queste sono
decisioni di tipo eugenetico. Ogni volta che viene realizzato un mutamento
genetico di questo tipo, gli scienziati, le corporazioni o lo Stato stanno
prendendo decisioni su quali siano i “geni giusti” che dovrebbero essere
inseriti e preservati e quali siano i “geni sbagliati” che dovrebbero essere
alterati o eliminati. Questo è esattamente il concetto base dell’eugenetica:
l’ingegneria genetica è la tecnica pensata al fine di migliorare il patrimonio
genetico degli organismi viventi per mezzo della manipolazione del loro codice
genetico[8].
Così come durante il
periodo nazista gli slogan sulla purezza razziale affollavano la mente del
popolo, anche oggi sono sempre più evidenti tentazioni eugenetiche di pulizia
etnica nei confronti di quelli che sono ritenuti geni sbagliati, con il
conseguente consenso dell’opinione pubblica che vorrebbe veder eliminati
sofferenza e dolore. Nel mondo descritto da Huxley, il bisogno di eliminare la
sofferenza è talmente alto a tal punto da abolire emozioni e sentimenti.
Sparite le guerre, le malattie e procurato ogni tipo di piacere materiale in
cambio dell’obbedienza totale, gli abitanti del New World vivono sotto il
controllo dell’ingegneria genetica, che stabilisce, per tutti, ciò che è giusto
e ciò che è sbagliato.
Negli
ultimi anni si è andato consolidando un nuovo diritto morale, vale a dire il
diritto al caso, che contiene due fattori importanti: il diritto alla
differenza, ovvero ad un’identità genetica non predeterminata da altri e il
diritto a non sapere, ossia alla non conoscenza delle proprie predisposizioni
genetiche, come condizione della libera formazione di sé. Nonostante ciò, oggi
diminuisce sempre più il numero dei figli generati da ogni donna e aumentano i
figli nati per fecondazione artificiale allo scopo di rendere tutto perfetto,
separando la generazione dall’atto riproduttivo e dalle sue motivazioni
sessuali e affettive, aspettando forse di diventare un semplice passatempo come
in Brave New World. Il Selvaggio non è riuscito ad adeguarsi alla
“civiltà” e, umiliato e deriso, decide di uccidersi perchè solo nella morte
vede l’unica via di salvezza. Nella speranza di non essere costretti a prendere
la stessa decisone di John, vorrei concludere con le parole di Huxley:
Per adesso qualche libertà resta ancora nel mondo. Molti
giovani, è vero, sembrano non darle valore. Ma alcuni di noi credono che senza
la libertà le creature umane non saranno mai pienamente umane e che pertanto la
libertà è un valore supremo. Può darsi che le forze opposte alla libertà siano
troppo possenti e che non si potrà resistere a lungo. Ma è pur nostro dovere
fare il possibile per resistere (Huxley 1991: 340).
.
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Sitografia
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[1]
Nel New World questo processo si chiama Bokanovsky’s process.
[2]
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[3]
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[4]
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[5]
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[6]
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[7]
Cfr. Cedroni Lorella, Chiantera Stutte Patricia (a cura di), Biopolitica,
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[8]
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ed etica sociale nel <> di A. Huxley”, in Idee,
Rivista di Filosofia presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di
Lecce, anno XV, n. 43-44, Gennaio - Agosto 2000.