testo di Fabrizio Corselli
Corpus Mechanicum: I Viaggi di Nihon
Corpus Mechanicum è
un’opera che viene integrata in una particolare struttura trasposta, che per
sua natura e finalità
progettuale, riceve una forte connotazione “tecnologica”.
Essa, in dettaglio,
definisce e descrive i viaggi immaginari di un androide di nome Nihon, il quale
opera un’estenuante
ricerca sull’equilibrio tra la sua natura meccanica e la sua natura in parte
umana.
Il viaggio lo vedrà
lambire zone d’antiche città decadute, simbolo della degenerazione e della
vanificazione
tecnologica, fino a raggiungere i confini di Mekanika, rappresentata da un vero
e
proprio cimitero
delle macchine, ove sono contenute tutte le funzioni intellettive d’alcuni
androidi e
degli esseri umani
che hanno barattato il loro intelletto per un’intelligenza artificiale.
L’opera scava nei
meandri della mente, e fa emergere con forza quelle che sono le più accattivanti
e
suggestive nozioni
della scienza noetica, propinate al lettore come memorie dello stesso androide;
una materia
controversa che analizza il pensiero umano e postula ardite tesi metafisiche
sull’immaginazione.
Per questo fine,
Corpus Mechanicum effettua una traslazione del pensiero sottoforma di viaggio
simulato in una mente
immaginifica, e per l’esattezza, appartenente ad un essere che diviene la
“sintesi” tra
intelligenza naturale e intelligenza artificiale... un vero e proprio piano
metaforico, un
piano limbale, nel
quale il lettore sarà immerso sin dall’inizio delle prime strofe…
Ma alla fine una sola
domanda riecheggerà nella nostra mente: alla fine di questo viaggio virtuale,
avrà la meglio, una
vita simulata o una vita che abbiamo sempre nascosto alla nostra mente, che
abbiamo continuamente
calpestato e allontanato non appena troppo prossima alla nostra
comprensione?
“ALTERAZIONI PERCETTIVE”
Dal sogno permanente
di un essere intelligibile,
un frutto sboccia.
Al di sopra dei sogni,
l’uomo si erge:
conosce della loro virtuale
potenza,
la forza e bellezza;
Prende forma un sogno,
e della realtà le forme sovrasta:
forma plasmabile e
colossale nella sua irrealtà,
segno e simbolo di vanificazione
di quel sofferto individualismo
divino
che di un immortale la perfezione
ricerca.
POLIEDRICA ESISTENZA
INTERFACCIA
Di granitica geometria
i blocchi fluttuano nel nulla
mentre il mio corpo, nudo,
levita e cade.
Col capo volto e chino
si staglia lo zuccherino orizzonte
davanti i miei occhi di distratto
osservatore
ed io, lì, a saggiarne l’albino
livore
che di ogni spigolo smussato
la provata mente accoglie.
…piove …e tutto si fa carne!
Altri corpi cadono giù
come gocce sul bagnato,
intrappolati in quelle teche
di rorido e trasparente
cristallo
che di un lontano presente
arresta il moto uniforme;
alcuni si riversano come prospera
polpa
da contorte e penteliche placente,
contemplando di mutaformi poliedri
gl’equidistanti estremi
Altri, su se stessi accovacciati
il dito stendono come bianco
lenzuolo
mentre osservano gl’ultimi sogni
infranti
divenuti in codesto limbico vuoto,
di ognuno, eterna speranza.
Per coloro che invece
da quella notturna stanza, il nulla
mirano
di un plumbeo cielo
il riflesso di luce
penetra dall’infranta finestra
trafiggendone l’obliata mente,
come scheggia confitta
nel più profondo recesso
del proprio torpore.
Rimangono sospesi
di quelle vetrine i frammenti
come corpi in attesa,
contemplando della gravità di quei
cubi
ogni singolo ed immoto cenno.
“CORPUS MECHANICUM”
CONNESSIONI
Diviene fluida
la sintetica pelle tra le mie dita,
contatti codesti di unta follia
che traggono da ciò che amo,
l’illibato senso:
gli odori, i sapori
di una gran corruzione
che nel mio ventre riposa.
Annuso con codardia
la pestilenza di codesta parte,
adesso fattasi uomo;
Di logora genìa
il vento solleva
le pieghe e le propaggini
del mio desiderio
come manto sperduto in cielo,
e piovono come sassi
gli echi del mio pensiero
per abbandonare di ogni ragione,
gli insensati dubbi.
In carne di donna
s’apre un corpo
e incaute divengono le voci
che spande
un crine di congegnate ossa.
“CORPUS MECHANICUM”
CEREBRUM
Visione primordiale
di un’immanenza passiva,
diviene plasmabile materia
tra i sogni di codesto automa,
...pensiero
...spirito
…morte
...e destino.
Non più un ruolo subordinato
quello della macchina
che tra tanti artificiali
intelletti
una pulsione di creativa
solitudine, scorge.
Di fronte agli esseri viventi,
essa porta il nome di
Immaginazione:
umile e inconscio essere vivente
che cerca dell’uomo,
la realtà di tutti gli esseri.
“INTELLIGENZA ARTIFICIALE”
HEXAGON
Geometrici spazi colano linfa
bianca
vicino le tue infanti ali,
e di trapuntati ricami, filano
le affaccendate nutrici
di giovane insetto i compositi
ricordi.
Aguzzi trillii e colate d’arguzie,
scalpitano
e sbuffano negli esagoni della mia
mente.
Fuggono via le libellule, in corsa
contro il tempo,
per lambire interminabili forme
ove zoppa di un’ala, la mia ragione
frinisce,
ove libero il mio spirito,
sorvola della realtà le distanti
dimore.
“KYBERNETES”
A condurre la loro vita
in cibernetici involucri,
i lucidi visitatori
come anime dell’Ade
i concetti contemplano.
Privati sono, della loro capacità
di intendere e di volere,
mentre vagano tra le nervose pareti
di anatomiche verità assolute.
Ricostruendo della memoria
le singole celle, fluiscono,
le immagini correnti di antichi
mondi,
e di vetuste memorie, le rovine
come per incanto si ricompongono,
cosicché di quel corpo meccanico
che un modello umano agogna,
soverchia la mente il pieno potere:
Strutture di neurale e sintetico
tessuto,
appartenenti ad un solo scrittore
che diviene della propria cognitiva
prigionia
un cinico architetto.
“MEKANIKA”
Sento il clangore
del sangue ferroso
spargersi nell’aria,
come arrugginite armi
in quegli ossidati campi.
Cadono come rottami,
croste di ruggine
dalla mia pelle,
per acquietare
del logoro terreno,
i cinici antiquari.
Montano e smontano
i miei pensieri
come oleati ingranaggi
mentre disgregano
del mio senno,
le inflessibili molle.
“MEKANIKA II”
Estirpano dalle tenebre
di cianotici ingranaggi,
i becchi adunchi;
E disgregano del mio senno
le inflessibili molle
di una ragione
che il sonno non conosce.
I cinici antiquari
di codesta e vetusta folla
fanno concitato trepestio,
e nel mentre conciliano
della mia pelle
le croste di ruggine
che silenziose acquietano
i ferrosi echi.
“SYNTHESIS”
Nei meandri della sua mente
un corpo viaggia e divaga,
e concepisce di arboricole
strutture
il frutto della creazione.
Non un grande albero,
non un albero dei balocchi
sotto il quale attendere della
concitata folla,
le meraviglie di ogni umana
ragione.
Così, le radici tortili
affiorano da un tenebroso terreno
fino a suggere della terra,
un ramificato nervo:
canali simili a condotti neurali,
stilizzati con pieghe organiche
che richiamano di una bestia la
dura corazza.
Dendritici rampicanti
e rugginose foglie,
abbracciano dei frutti primordiali
i teneri embrioni:
feti senza un’identità,
senza un principio d’appartenenza,
mentre suggono dal grande fiume
della vita
la linfa vitale,
il pensiero di un essere umano.
Con codesto spasmo
del Creativo ogni vagito converge:
esso piange ed i feti piangono,
esso ride ed i feti ridono,
un sogno che ha un termine
e un incubo che ha un inizio,
quello della nascita.
Poco tempo dopo, di un sintetico
albero
il frutto si stacca
ed esso si adagia sul soffice
terreno ondeggiante;
Si dimenano come serpi,
viscidi e libidinosi,
estromettendo dalla struttura
“arboricola”
il frutto caduto.
Dalla sua crisalide
l’uomo come farfalla emerge,
e dal fertile terreno
un nervo afferra,
per suggere della vita
la ibrida linfa.
“COGNIZIONI”
Indomito pensiero
del mio senno
le briglie scioglie,
per mirar del nulla,
i luminosi squarci.
Corpus Mechanicum
"Prometheus" Equilibrio tra Macchina e Organica