Harold è innamorato
Non c’è modo di nasconderlo. Lo vedi dagli occhi, dalla distribuzione del calore sulla pelle, dalle svolte e dalle spire del campo magnetico del suo cervello
Va bene, Mary sa che esiste. Se guarda verso di lui, non è che lo oltrepassi con lo sguardo, non proprio almeno. Lo nota con un aspetto blandamente corrucciato. Lo nota come si può notare una scheggia nel pollice, o una sgualcitura del camice. Lo nota come si può notare un vago odore, niente di assolutamente repulsivo, ma nemmeno niente di totalmente piacevole.
Il povero Harold un tempo era un promettente chimico neurologico. Aveva scoperto un neurotrasmettitore antagonista nuovo di zecca che riusciva a rendere i topi letargici e depressi. Comunque, mentre provava che iniezioni di questa sostanza, durante o immediatamente dopo il pasto, potevano produrre una associazione di segno opposto abbastanza forte da portare alla morte per fame le creature, si punse accidentalmente con l’ago e subito scoprì che non riusciva più neppure a contemplare gli esperimenti coi topi. Così in quei giorni lavora a La Tinozza.
Harold è il responsabile della spermatogenesi. A dire la verità, non è che abbia molto da fare. Il computer monitorizza la temperatura, il pH, le concentrazioni di nutriente, i fattori di crescita e i prodotti di risulta. Quattrocento metri quadrati di superficie in vetro ricoperta di matrice gelatinosa in cui la spermatogonia, le cellule radicali, è incastonata. Allorché queste cellule si dividono, alcune di queste cellule figlie sono pressoché la stessa cosa, le altre sono spermatociti primari. Ogni spermatocita primario da vita per meiosi a due spermatociti secondari, i quali, a loro volta, si suddividono in due spermatidi. Sotto l’influenza delle cellule di Sertoli, anch’esse incastonate nella matrice, gli spermatidi maturano e diffondono citoplasma per diventare spermatozoi.
Harold ha osservato al microscopio tutti questi passaggi centinaia di volte in campioni presi per i controlli di qualità. Dovrebbe ormai trovare tutta la faccenda maledettamente terrena. A volte, comunque, trasfigurato per un momento dall’immagine dello schermo, dice (a nessuno in particolare e molto spesso proprio a nessuno) coi toni sognanti di colui che ha fatto una scoperta inattesa, "Sì! Eccola. Questa è la vita." Fissandosi su questi corpuscoli di macchinario biochimico impensabile, ha le vertigini per la meraviglia e poi si accascia per la soggezione.
Poi tira avanti col lavoro.
A volte Harold si sveglia nel cuore della notte e si mette a passeggiare per le strade deserte. Perché? E’ l’estate più calda che si ricordi e non può tornare a dormire. Perché? Amore non corrisposto, naturalmente. Perché? Studi sulla sequenza di eventi neurologici che avviene allorché un soggetto effettua una scelta auto-motivata tra il premere un bottone e il non premere un bottone hanno rivelato che il processo cosciente di prendere una decisione si avvia alcuni millisecondi dopo che altre parti del cervello si sono già impegnate nell’azione. "La volontà" non è la causa di niente, è un ripensamento al solo scopo di tranquillizzare la mente. Da quando ha letto tutto ciò, Harold ha smesso di fare qualsiasi tentativo di forzare le sue intenzioni a conformarsi al suo comportamento, non sembra esserci più alcun motivo nel mantenere l’illusione. Cammina e basta.
Anche la notte più immobile e quieta diventa viva per Harold. Vede molecole gassose che volteggiano nell’aria e fotoni che si riversano dalle stelle, allo stesso modo in cui poteva immaginare un qualche monaco pazzo durante il medioevo angeli e demoni che combattevano dietro ad ogni angolo e sotto ogni pietra. E tutta la smania non è confinata al mondo attorno a lui; la confusione principale è dentro di lui. Se li immagina tutti, in modo vivido, coi colori vistosi, da fumetti, da computer-grafica: DNA che viene trascritto, le proteine che vengono sintetizzate, carboidrati che vengono bruciati in fuochi enzimatici senza fiamme. Ognuno di noi è fatto di molecole, e moltissime persone lo sanno, ma nessuno lo sente alla maniera di Harold.
Sopra a tutto si meraviglia in modo sconcertato per il fatto che le molecole nel suo cervello si siano sforzate, collettivamente, di capire se stesse: i suoi neurotrasmettitori sono parte di un sistema che sa cosa sia un neurotrasmettitore. Lui sarebbe capace di disegnare le strutture delle cento sostanze più importanti del sistema nervoso centrale, ne ha sintetizzate più della metà con le sue mani. Ha osservato perfino delle immagini in tempo reale del suo cervello che metabolizzava del glucosio marcato radioattivamente, rivelando quali regioni fossero più attive mentre osservava se stesso che pensava di osservare se stesso mentre stava pensando.
Harold non sa bene cosa fare di questa autocoscienza molecolare. Non sa decidere se la coscienza sia miracolosa o senza senso; si dibatte tra l’estasi mistica e il più puro nichilismo. A volte si sente come un robot, cresciuto da genitori umani, che ha appena scoperto la terribile verità: riflettendo sui diagrammi dei suoi circuiti, terrorizzato ma affascinato, mentre analizza una stampata del suo software, seguendo il flusso di controllo passando da una sub-routine all’altra; comprendendo, alla fine, la futilità delle ragioni più profonde per ciò che ha sempre fatto, per ciò che sempre provato... e dissociandosi in una nebbia di un milione elevato alla quarta potenza di cause ed effetti microscopici senza scopo.
Questo umore, comunque, alla fine passa sempre.
Mary è responsabile dell’oogenesi. Oociti primari attraversano la divisione meiotica per arrivare a quattro cellule, ma solo una delle quattro è un ovulo, le altre sono cellule minuscole conosciute come corpi polari, e la seconda divisione è completata solo se si ottiene la fertilizzazione. In un sostituto culturale massivo della corteccia ovarica milioni di uova ogni giorno maturano ed esplodono dai loro follicoli... qui non c’è nienete di quella parsimonia che porta ad un uovo al mese. La Tinozza non ha tempo e nessun bisogno di mimare ponderosamente gli stadi del ciclo mestruale umano; come in ogni buona linea di assemblaggio tutto succede all’istante.
Harold sa esattamente dove vive Mary, anche se naturalmente non c’è entrato mai, e quando gironzola alle due di notte la piccola casa a terrazza è sempre buia e silenziosa. Si allontana di fretta, terrorizzato dal fatto che possa essere sveglia e possa guardare giù al suono dei suoi passi colpevoli.
Sa che deve dimenticarla. A volte giura che lo farà. Vede donne per strada tutti i giorni che gli appaiono mille volte più attraenti . Persone completamente estranee lo trattano con molta più gentilezza e rispetto. Sa che solo con la sua presenza la annoia... e che la presenza di lei evoca in lui più vergogna e confusione che tenerezza o desiderio.
Il suo amore è ridicolo. Il suo amore è una farsa, Eppure la persistenza della sua ossessione non lo sorprende per niente. L’evoluzione, sostiene lui, non ha avuto tempo per regolare la coscienza umana verso gli elementi più produttivi e più essenziali. Il suo cervello è capace di raggiungere svariati modi arbitrari, anche di tipo auto-distruttivo; forse è questo il prezzo da pagare per la sua flessibilità, forse non c’è nessuna sequenza di mutazioni di facile accesso capace di rimuovere tali svantaggi senza sacrificare cose più importanti.
Per quanto riguarda il suo desiderio di sbarazzarsi di questo amore miserevole e senza sbocchi, Harold sa che non ha nessun potere in più di cambiare i suoi sentimenti di quanti non ne abbia di cambiare il tempo su Giove o il rapporto carica-massa dell’elettrone; è semplicemente un altro spetto dello stato del suo cervello. Qualsiasi possibile progresso ammirevole l’evoluzione sia stata capace di raggiungere nei confronti di un allineamento delle intenzione con il comportamento per soddisfare le vanità della mente cosciente, è andato perduto... nel caso di Harold, almeno. I fatti neurologici si rifiutano di rimanere decentemente teoretici; l’ironia sta nel fatto che questa frantumazione delle illusioni della volontà, sebbene totalmente ragionevole, non sia in alcun modo necessaria, dopo tutto non c’è nessun editto biochimico che ordina al cervello umano di essere ragionevole. Semplicemente succede che l’epifenomeno del pensiero logico sia più elastico, in questo caso, di quanto non lo sia l’epifenomeno della volontà; in un milione di altre persone, con la stessa familiarità dei fatti di Harold, succede che la battaglia sia andata per l’altra strada.
Harold si chiede, con un misto di disturbo e di fascino, se la sua ragione sia forte abbastanza per avanzare da questa conquista verso il trionfo definitivo di scalzare se stessa.
Quando gli ovuli di Mary incontrano lo sperma di Harold, una grossa quantità ne viene fertilizzata. La maggior parte dello sperma va sprecata, ma mai quanto ne vada perso in vivo. I livelli di polispermia e fertilizzazione da sperma difettoso, di conseguenza sono più alti, ma anormalità di questo tipo non hanno interesse reale nella Tinozza.
Gli zigoti risultanti si ammucchiano, lentamente, lungo un vasto condotto. Si sottopongono alla scissione, ridistribuendo il proprio citoplasma tra più e più cellule. Tra i quattro e i cinque giorni dopo la fertilizzazione, si formano i blastocisti: palle vuote di cellule con un grappolo ad una estremità che è destinato a diventare l’embrione. Altre cellule, nel tempo, daranno vita alle membrane protettive del feto.
Lastre colturali di endometrio uterino (stimolato ormonalmente in uno stato gonfio e ricettivo, e saturo di sangue artificiale messo in circolo da pompe elettriche) vengono introdotte nel condotto nel punto in cui i blastocisti sono pronti all'impianto. Nel giro di qualche giorno dall'impianto, si formeranno i villi corionici (i collegamenti tra la scorta di sangue placentale e quello "materno") garantendo la nutrizione essenziale affinché abbia luogo lo sviluppo emotrofico.
Stanotte, passando di fronte alla casa buia di Mary, dal lato opposto della strada, come sempre, Harold s'arresta e torna indietro. Perchè? Perchè alcuni suoi neuroni motori si accendono nella sequenza necessaria. Perchè? Perchè segnali eccitatori sufficienti sono ricevuti ai loro dentriti. Perchè? A causa della topologia neurale del cervello di Harold, del prodotto del suo genoma, e della storia della sua vita, e del modo in cui sono caduti i dadi quantici.
Un vicoletto disseminato di immondizia porta a una finestra posteriore, appena accostata. Harold può infilare solo un'unghia nell'apertura, e graffiare fino ad aprire la finestra gli procura grossi dolori, ma questo non lo frena in alcun modo.
La finestra da su un bagno umido e afoso, tra un vater e una doccia gocciolante. Teme che il rumore delle gocce possa tradirlo; risuona in modo così acuto nella sua testa che crede che Mary possa svegliarsi, non tanto dal rumore in se, ma dalla percezione amplificata che ne ha. Stringe il rubinetto dell'acqua calda con tutta la forza e poi di quella fredda, ma c'è una guarnizione consumata e non c'è forza che possa riuscirci.
Va in punta di piedi in cucina, apre i cassetti e li ispeziona con metodo. Fino a ché non si ritrova col trinciante in mano, non si mette a riflettere sul suo possibile uso. Una parte di lui è scioccata, ma una parte è deliziata; è una cosa da meditare e da irritarcisi come un filosofo di decima categoria, ma finalmente c'è una prova per le idee che vanno oltre la speculazione consequenziale.
Una porzione di embrioni viene semplicemente liquefatta; le pareti delle cellule, e senza dubbio tutte le strutture intracellulari, vengono disgregate ultrasonicamente. Il brodo chimico che si produce è inserito in un sistema di purificazione sofisticato, basato principalmente sull'elettroforesi e cromatografia di affinità, estraendone molte sostanze preziose.
Gli embrioni restanti vengono portati a cellule individuali. In teoria, forse, qualsiasi cosa si può raggiungere coi batteri manipolati o con qualche linea di cellule tumorali modificata, ma in pratica ci sono ancora molte proprietà nei tessuti sani umani che non possono essere manipolate. Persuadere gli E.coli ad agitare ormoni per renderli simili all'insulina o alla dopamina è abbastanza semplice; trasformarlo in un equivalente perfettamente funzionale di una cellula isolotto o un neurone dopanimergico (una parte integrale di un complicato sistema regolatorio) è qualcosa di totalmente differente. Semplicemente è non economico provare a far lavorare tutto quel DNA umano in un ambiente estraneo, quando la cosa reale si può ottenere con una frazione del costo.
Harold attraversa le dispense refrigerate ogni mattina nell’arrivare al lavoro, e ogni sera quando se ne torna via. E’ un posto rilassato, quasi allegro; i custodi sembra che stiano sempre a fischiettare o a sentire la radio a volume alzato. I camioncini arrivano e partono ad tutte le ore, raccolgono i grossi ma leggeri contenitori di schiuma isolante in cui sono impacchettate le preziose fiale. Quando Harold vede una cassetta del prodotto finale del suo lavoro che viene caricata sul camioncino, quando vede che il conducente firma la bolla , chiude lo sportello e se ne va, dice a se stesso a voce alta, annuendo, "Sì! E’ questa. E’ questa la vita!"
Harold si ferma immobile accanto al letto di Mary. Lei sta su un fianco, girata dalla parte opposta. Lui respira lentamente, attraverso la bocca, sperando che sia il modo più silenzioso, e pensa ai miliardi di cellule del suo corpo. Se la accoltellasse al cuore, solo una piccolissima parte verrebbe uccisa dalla lama: solo pochi milioni di cellule della pelle, dei tessuti morbidi, del muscolo cardiaco. La morte dei neuroni sarebbe alquanto casuale, più un prodotto del disegno carente di questo organismo che di qualcos’altro. Uno stampo di melma sopravviverebbe facilmente ad un trattamento del genere.
Rimane fermo per un po’, aspettando di vedere cosa farà alla fine. Una parte di lui, un piccolo sottosistema vestigiale con nessun interesse nella psicologia del cervello, nella psicologia della coscienza e neppure nell’amore ossessivo, chiede con forza di fargli mettere giù il coltello e di fuggire, ma Harold gli presta la stessa attenzione che si può prestare alla musichetta di un cartone animato per bambini sentito di sfuggita dalla televisione di qualche vicino. Rimane là e aspetta.
Harold non si addolora per le brevi vite che concorre a creare; sa che moriranno molto prima che il più primitivo dei pensiero o dei sentimenti abbia la possibilità di sorgere, e non può credere che ci sia una macchina, su in cielo, che sforni un’anima vestita di bianco e con le ali piumate per ognuno di questi grappoli di cellule.
Piuttosto è contento. Perché La Tinozza parla a volte della vita umana, della vita umana di ogni età, che deve essere detta, e sebbene oggi sia da solo a tener conto di questo messaggio, sa che nel tempo questa visione interiore che ha raggiunto sarà patrimonio comune di tutta l’umanità.
Harold torna sui suoi passi. Rimette il coltello al suo posto in cucina. Se ne va dalla finestra del bagno e la chiude dietro di se.
Avrebbe voluto ucciderla, riflette, più di ogni altra cosa avesse mai desiderato prima. Voleva essere, in un modo molto sbagliato, libero. Ma qualcosa nel suo genoma, o qualcosa nel suo passato, aveva dichiarato che questo non doveva essere. O forse era successo semplicemente che i dadi quantici erano caduti in favore di lei. Questa volta.
Se ne torna a piedi a casa molto lentamente, il viso volto all’insù ai fotoni che trabordano dalle stelle e li conta ad uno ad uno.
Apparso originalmente: pp. 13-18, Eidolon 3,December 1990.Traduzione italiana Danilo Santoni
Copyright © 1990 Greg Egan. All rights reserved.